Frammenti di Cinema # 75

di Pasquale Vitagliano

Nella “zona di interesse” non si vede passare la storia. Dunque, è lo spazio indolore dell’indifferenza. Questa è l’idea che sta alla base de La zona d’interesse (2023) di Jonathan Glazer, vincitore dell’Oscar come migliore film straniero. Svuotata di ogni significato etico, cinematograficamente si tratta di una “trovata”. Di uno spiazzamento. L’etica resta di lato e resta importante. Come si può parlare di orrore senza farlo vedere? Questa è la domanda di partenza. Esclusivamente estetica. Quante volte abbiamo visto le immagini terribili dell’Olocausto? Rischiamo l’assuefazione. Quante volte abbiamo visto le immagini dell’assassinio di JFK ad Atlanta il 1963? Peter Landesman ha inseguito la stessa idea di Glazer? E l’ha, appunto, trovata. In Parkland del 2013 entriamo nel pronto soccorso dell’Ospedale. Partecipiamo al disperato e inutile tentativo di rianimare il presidente degli Stati Uniti. Ma non una volta (ri)vediamo le immagini dell’attentato. Il punto di vista è del tutto fuori campo, nello sguardo involontario di Zapruder sui cui occhiali intravediamo il riflesso di ciò che ha filmato.

Continua a leggere

L’alba

Gesù ci fa doni di cui non ci accorgiamo. Pensiamo di aver avuto un momento fortunato, un colpo di genio, e invece era Lui che ci ispirava, suggeriva quel gesto, ci metteva sulla bocca la parola. È l’alba sorprendente, lo scenario mozzafiato.

10

Elisabetta Carbone, “La voce e le cicale”. Intervista

Intervista di Marino Magliani

Elisabetta Carbone, La voce e le cicale, Prospero Editore 2024

Per Tamara la musica è il modo di comunicare con il padre Giacomo, mentre la lettura la connette a Debora. Questi personaggi hanno quindi bisogno di un medium altro per comunicare fra loro, per tentare di capirsi a vicenda, o anche di capire loro stessi?

Tamara, Debora e Giacomo non riescono a capirsi con le parole, hanno bisogno di usare linguaggi diversi per essere in frequenza. La musica è l’unica forma di educazione di Giacomo, che riesce ad essere un esempio per la figlia soltanto nell’arte. Tamara comunica con Debora attraverso la letteratura e i gesti quotidiani. Il loro rapporto, che si costruisce poco alla volta grazie ai libri su cui Debora stessa ha imparato a prendersi cura di sé, è fatto di reciproca fiducia e condivisione. Il legame che Tamara ha con il padre, invece, si basa su una distanza che Giacomo stesso non sa superare, perché vive l’arte come un esercizio solitario, utile a glorificarlo, non come qualcosa da mettere a disposizione. È per questo che Tamara sa far tesoro dell’esperienza del padre nel mondo della musica solo quando non lo condivide più con lui, ma anche in questo senso la distanza rimane. Continua a leggere

Lo stato dell’arte. Raffaele Floris

Provo a rispondere per punti.

1. Una delle poesie più popolari di Elizabeth Barrett Browning, The cry of the children, influì molto sul pubblico riconoscimento dell’iniquità dello sfruttamento dei fanciulli. Cosa può fare oggi la poesia, la letteratura, se non c’è una consapevolezza collettiva, o meglio comunitaria, su questi e altri temi? Niente, temo. E questo non lo dico io, lo ha affermato Valerio Magrelli lo scorso fine settimana a Volpedo, nell’ambito della rassegna Fiori di pesco (https://www.fioridipesco.it/). La poesia può soltanto offrire una visione che, pur partendo da elementi che possono anche essere autobiografici, non ceda il passo di fronte alla “logica binaria che ha ormai preso il sopravvento (…) e il pensiero tecnico ha determinato la svolta antropologica della persona da homo sapiens a homo videns” (Francesco Macciò, L’universo in periferia, ed. Moretti & Vitali 2023). Continua a leggere

Abilio Estévez, “Testimonianze di un’orgia poetica”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Abilio Estévez, Testimonianze di un’orgia poetica, Arkadia Editore, 2023 (traduzione di Alessandro Gianetti)

Cuba, per me, è un mito un po’ come per Abilio Estévez, autore di questo libro straordinario, Testimonianze di un’orgia poetica. Per lui – già pubblicato in Italia con Tuo è il regno (Adelphi, 1999) e I palazzi lontani (Adelphi, 2006) –, perché, dopo averci vissuto e sofferto a lungo, l’ha lasciata probabilmente per sempre. Per me, perché non ci sono mai stato, pur approfondendone da anni la realtà socio-politica nelle vesti di traduttore di un altro grande – e pur diverso per stile – scrittore cubano, Amir Valle.

In qualche modo, sento vividamente quelle strade, quegli odori e quei colori – e anche i suoni, inclusi quelli che formano le parole pronunciate e quelle scritte. E conosco, o riesco perfettamente a immaginare, sia il tormento di chi non può più rientrarvi per motivi politici, sia quello di chi ci è sempre rimasto, pagando il prezzo di restrizioni, discriminazioni e castighi perché non si allineava al pensiero unico del regime castrista, o magari perché esprimeva, col suo modo di essere ancor prima che con la sua opera, una “scandalosa” visione libera dell’esistenza. Continua a leggere

Alla ricerca del “buon lavoro”: il saggio di Manuela Perrone e Stefano Cuzzilla

Il lavoro, anzi, il “buon lavoro”, è un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Quando in passato ho sentito l’esigenza di cambiare, ho inviato il curriculum a tante case editrici, mirato dove avrei voluto. Mi hanno chiamato dopo 4 anni perché si era liberata una posizione, sono stata in prova per 2 anni e adesso posso dire di fare un “buon lavoro”, che è quello che mi piace, per il quale ho studiato e lasciato casa venticinque anni fa.
“Che cos’è, però, oggettivamente, un ‘buon lavoro’?” Una domanda alla quale questo libro risponde con casi di studio, statistiche, dati, interviste ai più importanti imprenditori, manager, responsabili del settore Risorse umane del nostro Paese. Fa il punto su come lo stesso concetto di lavoro sia cambiato dopo il Covid, di quanto la pandemia sia stata uno spartiacque potente sia per l’organizzazione pratica del lavoro che per le aspettative che ognuno ha, pensando all’impiego ideale.

Il buon lavoro. Benessere e cura delle persone nelle imprese italiane è un saggio che convoglia in un canale altamente affidabile tutto il rumore e i luoghi comuni che ruotano attorno alla questione e ne restituisce la molteplicità di voci e aspetti, attraverso il racconto di esperienze e pratiche reali. Il giovane choosy, gli anziani che non vogliono lasciare il posto di lavoro, l’intelligenza artificiale che incombe, tutto viene rivisto in chiave reale, lontana dalla narrazione non sempre corretta degli ultimi anni, e secondo una nuova filosofia del lavoro che presenta tesi molto interessanti.
I due autori – Stefano Cuzzilla, Presidente di Federmanager, CIDA e Trenitalia e Manuela Perrone, giornalista de Il Sole 24 Ore e viceresponsabile di Alley Oop – L’altra metà del Sole ? partono da due parole chiave che possono essere considerate i punti cardine del loro percorso di ricerca: benessere e persone. Continua a leggere

Recensione de « La strada verso il canto » (RPlibri 2023) di Franca Alaimo

Il titolo “ La strada verso il canto ”  indica chiaramente come la rappresentazione del mondo si configuri per l’autrice Rossana Jemma  quale un cammino verso “quella cosa piumata” che è,  secondo una bellissima metafora della Dickinson, la Speranza che  “canta melodie senza parole/e non smette -mai-“
Il cammino è scandito dalle tre sezioni in cui si divide la silloge, definendo altrettante tappe: ‘Buio e aritmie’,  ‘Fantasmi e presenze’  e  ‘Canto e speranza’. Il filo conduttore della narrazione poetica va identificato in un profondo sentimento doloroso, declinato con tale assillo di immagini, e concrete e astratte, da dare compattezza all’intera trama compositiva. Nella prima sezione è il corpo ad urlare e di fronte all’esperienza di una malattia che ha condotto l’autrice sulla soglia della morte e di fronte all’aggressività subita da un uomo che alla farfalla ‘appena dischiusa / fremente’  ha spappolato le ali. Sarà la memoria a venire in soccorso alla poeta (‘Fantasmi e presenze’), sebbene il tempo non riesca sempre a illimpidire il male subito e gli angeli continuino a restare muti. Ma, se si fanno spazio presenze amate (la madre, un amore mai obliato, un cugino morto giovanissimo che ‘cade piano sul cuore/ si fa neve’, una cara amica), allora una dolce eco di risonanze interiori si diffonde tra i versi e le cadenze ritmiche restituiscono un distacco contemplativo e compassionevole, trasformando le immagini in epifanie.  Continua a leggere

Fare nuove le cose, fare cose nuove.


In un mondo di false novità, la novità vera è giudicata smarrimento. Si vuole incasellarla in schemi che si ritengono eterni, mentre sono incapaci di aprire uno scenario. Le scoperte scaturiscono da un gesto creativo, incurante dello starnazzare del pollaio. Qualcuno ha il coraggio di una cosa nuova ed è tacciato d’ingenuità e d’incompetenza. Ma c’è chi vive non credendo di dover essere morto  a tutti i costi.
Brindiamo alla pagina inedita: il senso è lì, ma non lo dite a nessuno. Godiamoci gli esiti, che ci ripagano del resto.

11

La parola ai poeti. Giovanni Bracco

La mia idea di poesia

 

   La mia idea di poesia e il mio modo di fare poesia sono centrati sulla parola. Mi innamoro di una parola o di un verso nel quale le parole sono incastonate come note sul pentagramma. Parola e verso sono musica, ritmo, rappresentazione di realtà e anche di verità ulteriori, scaturite da profondità altrimenti insondabili. Se me ne innamoro, procedo con la scrittura, i cui tempi e i cui esiti sono imprevedibili. Non ho idea di dove andrò a parare mentre scrivo, oppure ho un’idea assai vaga e, qualche volta, fallace. 

   Quando mi chiedono che cos’è la poesia, ricorro sempre ai versi di Giuseppe Ungaretti (Commiato), nei quali mi riconosco: «… poesia / è il mondo, l’umanità / la propria vita / fioriti dalla parola / la limpida meraviglia / di un delirante fermento. // Quando trovo / in questo mio silenzio / una parola / scavata è nella mia vita / come un abisso». Continua a leggere

Lucerne nella luce, di Lucio Brandodoro

III domenica di Pasqua anno B
Lc 24, 33-48

Non è sufficiente la gioia per capire.
Sembra esserci una indicazione di percorso, nel Vangelo di oggi.
Dopo l’arrivo dei due che raccontano di aver incontrato Gesù e di non averlo riconosciuto se non nello spezzare il pane, gli apostoli restano impauriti e sbigottiti. Mentre stavano parlando di queste cose, “Gesù in persona” si fa vedere. Lui accade mentre si parla di lui. È il parlare fra loro dei discepoli che crea lo spazio di visibilità per il Risorto. Visibile e sperimentabile all ‘interno della comunità ma non ancora comprensibile. “.. a causa della grande gioia non credevano ancora”.
Non basta la gioia, anche se avvertita e vissuta nel profondo, per credere. Quella sensazione di pace fa da guida per vincere il timore e la confusione, ma non basta per dirsi credenti.La gioia rende possibile l’esperienza. “Toccate e guardate” ma, siccome non bastano ancora il toccare e il toccare e il guardare”, “ portatemi qualcosa da mangiare “. E qui l’esperienza sì ferma. È necessaria una riflessione, non spontanea, ma guidata. E ancora una volta, come già per i discepoli di Emmaus, è Gesù stesso l’ermeneuta che aiuta ad entrare nella realtà che si sta proponendo. E, per farlo ,fa appello alla memoria. Non solo a quella vissuta come amici e discepoli, ma soprattutto a quella comune a tutto l’ Israele.
La realtà della resurrezione non si può comprendere se non all’interno di questo spazio esistenziale creato dalla relazione fra Gesù e i discepoli.
Solo a questo punto è possibile parlare di testimonianza. Non è sufficiente la gioia, non basta l’esperienza; è necessaria la rilettura della propria relazione con il Risorto, è necessario rifletterci su per dirsi testimoni della resurrezione.
Luca sembra voler costruire un percorso di formazione con al centro la memoria. Come più volte detto, la memoria non è il semplice ricordo, che tende alla mistificazione degli eventi, togliendo loro tutta la forza e la provocazione. La memoria è capacità di ascolto del proprio vissuto che apre spazi di accoglienza per un futuro che vitalizza un oggi insterilito nella propria esperienza di morte. “ Sarete testimoni” è il punto di arrivo di questo percorso di formazione e inizio di una vita nuova che non ha più in se stessa il proprio significato. Solo a questo punto, la gioia non è più impedimento al credere, ma diventa condizione esistenziale, situazione permanente. Non impedisce di vedere il male presente, l’ opacità di una storicità non ancora trasparente , ma genera l’ironia necessaria per vivere, nella storia, la assoluta novità della resurrezione.

10

Edoardo Sant’Elia. Filosofia delle narrazioni contemporanee. La Bellezza 4

Duemila. La tribù delle storie

La Bellezza 4.   Nello sguardo degli altri 

 

   “Baccalà! Baccalà! Baccalà!”. I bambini la inseguono per le strade e le offrono del pesce, glielo mettono sotto il naso: “Abbiamo trovato il fidanzato per te! Bacialo!”. Sono crudeli i bambini e lo sono anche gli adulti, perché “A forza di squamare pesci, Baccalà era talmente pervasa da quell’odore che nessun bagno o sapone potevano fare nulla per toglierglielo di dosso”. Ed è anche brutta, così la vedono e così si sente. Ma ha un animo gentile e quando in riva al fiume si intenerisce per la sorte di un rospo, “Povero rospetto…tu si che mi capisci, brutto e deforme come sei”, e compatendosi versa una lacrima per lui, ecco che dalla pelle del rospo emerge una minuscola fata, Mab, liberata proprio da quella lacrima; una fata riconoscente, pronta ad esaudire il desiderio più grande di chi l’ha restituita alla libertà: è quel desiderio è la Bellezza. “Brutta sei nata e brutta resterai”, la avverte Mab, ma le promette che “Agli occhi delle altre persone sarai l’ideale della bellezza fatta donna”.  Continua a leggere

20 righe (per niente) facili

di Pasquale Vitagliano

Non è facile recensire un libro come Tra papaveri e lattine (diddo, 2022) di Annarita Zacchi. Apprendo dalla breve nota biografica che è morta in questo stesso anno. Anzi, no. È facile scrivere di questa poesia che ci fa scoprire una voce viva e autentica. È riuscita a trasfigurare il dolore della malattia in arte pura. Non ho esagerato. La malattia non è affatto un caos calmo. Lo può raccontare suo marito. Leonardo Gandi, il quale ha pubblicato postumo il libro. Eppure, nei versi di Annarita si viene accompagnati nella prima notta di quiete. Questa è la potenza della poesia. È viva sempre. Fa vivere ancora l’esperienza esistenziale della poeta. Non leggiamo versi che invocano pietismo, non sono un’inchiesta sul dolore, non vogliono portare una testimonianza estrema del corpo. La sua poesia vive, semplicemente, nel luogo e nel tempo che le è stato concesso. Non sono queste solo parole. Provate a leggere. Nei suoi versi vibra la sua voce, risuona poeticamente esatta e laconica. E condurremo una lotta/ con gli uomini lupo/ in camice bianco/ sapendo già l’esito/ (…) se questo sia lo spazio/ di luce in cui abiteremo. D’altro canto, la poeta è già altrove. E ci ha lasciato in mano la sua poesia. Di cos’altro parliamo, quando parliamo di poesia?

Continua a leggere

La parola ai poeti. Rossella Pretto

Nell’ultimo capolavoro di Cormac McCarthy, Stella Maris, durante il lungo, affascinante, astruso dialogo in più sedute con il dottor Cohen, suo psichiatra curante, Alicia Western afferma che nell’essere umano è connaturato il senso della giustizia, e che l’idea di giustizia e l’idea di animo sono forme diverse dello stesso pensiero.
Nascendo, il bambino piange e protesta (al contrario dell’animale che soggiace al pericolo e dunque non si espone all’artiglio segnalando la propria posizione). Il bambino protesta per la rottura del patto, di ciò che doveva essere e non è, cerca di articolare dissenso, rabbia, il supplizio, e così facendo sancisce l’opposizione al mondo.
C’è, però, una tenue fiammella di speranza in lui, perché chi protesta e si arrabbia per la cacciata dall’Eden ancora crede che le cose possano essere modificabili altrimenti la rabbia si trasformerebbe in dolore, immobilità, disperazione.
E mutismo.
Tutto ciò che la poesia non è. O non è nello scontro tra spazi, pieni e vuoti. Tentando cade, ma nel cadere lascia traccia: parole sfarinate che testimoniano – ci provano – il passaggio e il farsi anima di chi le scandisce e in quel suo dire crolla. Sonoramente. Continua a leggere

Ancora attorno alla via Canonica

di Antonio Sparzani

In via Canonica (continuando questo passeggiare) c’è naturalmente la farmacia Canonica, che ha la bella abitudine di essere aperta quasi sempre, chiude nelle più buie ore della notte, ma domenica e vacanze non ne conosce, anche oggi, che è il Lunedì dell’Angelo è bellamente aperta, mentre per trovare un bar aperto, per bere il mio gin-seng, devo girare un po’. Il difetto di questa farmacia è che non vogliono i cani, neanche quelli belli come Jim. Un giorno che l’ho portato con me ben legato al guinzaglio, il farmacista grande capo mi ha redarguito e mi ha mostrato sul suo smart il filmino di Jim che faceva pipì su un basso scaffale. Ma, dico io, invece di perder tempo a fare il filmino, non poteva gridarmi allora di stare attento? Mah, non si sa mai con i farmacisti.
E poi c’è l’altro mistero del gin-seng: ormai quasi tutti i bar lo fanno, tranne pochissimi, e tutti hanno ormai l’apposita macchinetta, tipo espresso, ma dedicata solo al gin-seng; la cosa che non capisco io è come mai c’è tutta una varietà di sapori e densità diverse. Ma non è sempre la stessa macchinetta? Naturalmente ora ho una chiara classifica dei bar della zona e ce n’è uno che è il mio preferito, fa il mio gin-seng preferito, e fa anche la relativa tesserina con dieci quadratini così che quando ne hai bevuti dieci, l’undicesimo è gratis. Continua a leggere

Poesie di Francesca Pellegrino

L’ebanista

Come un pezzo di legno sto

un pezzo di legno di albero

impassibile e lento e

un milione di foglie per ingannare i secoli

giocando a tre carte con le stagioni.

*

Rivelazioni

Ormai è inevitabile come il

respiro, qualcosa che faccio

ed esisto: ingoio e

trabocco, ingoio e trabocco.

All’infinito. Sempre e soltanto

ascoltando l’eco delle lancette

sbattere fortissimo

contro il muro.

* Continua a leggere