A oriente di qualsiasi origine, di Annalisa Rodeghiero

La poesia di Annalisa Rodeghiero è fatta di cose in un mondo di non cose, come direbbe Byung-chul Han, che approverebbe, per questo, l’attenzione naturale alle albe, alla neve, alle montagne, che popolano i versi di A oriente di qualsiasi origine. Se può essere un credo condiviso che l’amore e la poesia siano le due sole cose che contano davvero, come scrive la Nostra, non si può dimenticare “che siamo ciò che guardiamo”, e lei sai dove guardare. E anche come misurare: “In fondo siamo noi a decidere le altezze “. 

In “Canzone per l’estate”, De André si chiedeva “com’è che non riesci più a volare”. La Rodeghiero risponde “che mai si arrende in noi questo volare inquieto”. È la leggerezza di calviniana memoria, quella che fa balzare Cavalcanti al di là delle tombe, e che attraversa queste pagine con una coscienza lucida del rischio di “finire schiacciati dal peso per non essere stati”. L’origine è “perpetuo ricrearsi”, quel vestirsi d’alba che è quasi il marchio di fabbrica di una poesia che lascia trasparire, ancora e sempre, la cosa, e non la non-cosa. Ma non è un naturalismo naïve: “La fedeltà è nel nome pronunciato/ a oriente d’ogni altro nome”. Il senso appare chiaro, se “ora noi siamo ciò che saremo domani”. C’è un prezzo da pagare, in un tempo in cui l’ostacolo esaurisce l’amore, mentre è l’amore a superare gli ostacoli: “Abito – come ognuno – dentro questa lotta”. Non la non cosa, ma la cosa: “nelle chiese, dove un amore/ che si pensava credibile, accadeva”. Solo così avvengono i miracoli dell’essere, che c’è al di là di tutto, anche dell’esserci: “perché c’era la neve anche se non c’era”. È il superfluo il problema, la superfetazione diabolica, che corrompe l’essenza divina delle cose: “basterebbe… rendere afona la voce pensante della mente”. Una certezza antimontaliana: “forse cos’altro siamo/ se non esattamente quello che vogliamo”. Agostino sarebbe d’accordo sul “dovere di dedizione/ al nostro desiderio/ per essere beati”: è in questa consonanza, nell’agganciarsi e ritrovarsi sulla frequenza d’onda della vita la cifra da raggiungere: “Quale che sia la meta/ è tutto nella fede dell’andata il compimento”.  La fiducia cieca è la sola via d’uscita dall’aporia di un mondo che non riesce a conoscere perché non sa più riconoscere: “Crederci, come bambini si credeva/ alla parola data per certa”. Allora tutto diventa eternità, tutto si collega all’origine, anzi a oriente di qualsiasi origine: “È un’invenzione il tempo/ non esiste./ Mai l’abbiamo perso/ né mai lo perderemo”.

In un mondo di disperanti incertezze, Annalisa Rodeghiero ci lascia la certezza dell’altro, l’unica realtà credibile.

Annalisa Rodeghiero, A oriente di qualsiasi origine, con prefazione di Massimo MorassoArcipelago Itaca, 2021.

2 pensieri su “A oriente di qualsiasi origine, di Annalisa Rodeghiero

    1. Annalisa Rodeghiero

      Paolo Valesio, grazie per la lettura. La nota pubblicata è di Fabrizio Centofanti.
      Annalisa Rodeghiero

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