Amerai

Ed ecco: nella vita accade qualcosa. Dovremmo avere le antenne sempre tese per cogliere gli eventi. Ogni incontro è un evento. Anche quello col dottore della legge, che non promette nulla di buono. I dottori della legge, nel Vangelo, appaiono esperti di qualcosa di diverso dalla vita.

Si alzò per metterlo alla prova. Per cosa ci alziamo? Il figlio prodigo dice tra sé: mi alzerò, tornerò. È l’inizio della conversione (in ebraico: shub, ritorno). Il dottore, invece, vuole mettere Gesù in difficoltà. Ci alziamo sempre, finché siamo vivi, anche col pensiero. Anche malati. Ma perché ci alziamo? Per correre incontro al senso della vita? O per negarlo? Sorprende la pazienza di Dio: si aspetta sempre qualcosa di buono. 

Che cosa devo fare? È il solito equivoco: buttarla sul fare. Posso fare rimanendo lo stesso, guardandomi bene dal cambiare. È la religione dell’ipocrisia, antica come il mondo: con un paio di trucchi, mettersi a posto la coscienza. Il fare dei nostri rituali può essere il colmo dell’accidia: credere di salvarsi per magia, barattare l’eterno con un’ora noiosa di preghiera.

Come leggi? Gesù capovolge la questione: il come conta più del cosa. Nella vita spirituale, il come è il cuore. Senza il cuore non c’è niente. Posso compiere l’azione più pia, ma se il cuore non partecipa, è dannosa. Per questo non basta l’ormai celeberrima domanda: che fare? Ce n’è un’altra più urgente: come fare?

Amerai: il comandamento è al futuro. Chi pensa di essere arrivato, si è già perso. Chi vince è perduto, canta De Gregori. La crescita è infinita: anche di là, sarà pieno di sorprese. 

Fa’ questo e vivrai. Gesù collega il fare alla vita. Se le cose non sono collegate, c’è il rischio di alienarsi. Il fare deve sorgere da una fonte vitale, e dare vita. Qualcuno ha scritto, a proposito dell’annunciazione a Maria, che se l’angelo non sorge dall’intimo, non accade nulla (Jodorowsky). Chi non rinasce dall’alto, non entra nel Regno, confida Gesù a Nicodemo in una sera ventosa in cui parla del Pneuma, della Ruach (Spirito e vento).

Ma quello. È il ma a rovinarci. Le obiezioni a Dio hanno le gambe corte, come le bugie. Non arrivano lontano. Ogni volta che opponiamo un ma alla vita, tarpiamo le ali alla fiducia, perdiamo il canale che connette con il centro motore, le energie primordiali, dono di Dio.

E chi è il mio prossimo? Dubitare dell’altro è dubitare di se stessi. Cancellare l’altro è cancellare se stessi. Da qui la regola d’oro: fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te. Quando il tu sono io e l’io è il tu, è crollato il muro di separazione, il filo spinato che esclude l’accoglienza.

Un uomo scendeva. C’è sempre il momento in cui si scende. Vivere è rischiare: cerchi la profondità e trovi l’Ombra. Ma evitare di scendere è evitare di vivere.

Cadde nelle mani. Gli portarono via tutto. Lo percossero a sangue. Lo lasciarono mezzo morto. Sono modi per indicare il potere distruttivo dell’Ombra, che può essere terribile. Il male nostro e degli altri. Qualcosa che ferisce, che può uccidere. il buonismo è inconcepibile.

Per caso. Se la nostra è la religione dell’ipocrisia, tutto avviene casualmente: non camminiamo alla presenza del Signore, come ricorda il salmo 114. Vaghiamo senza meta.

Un sacerdote. Non c’è casta che tenga. Il ruolo dice poco. Anzi: se il ministero diventa esercizio di potere, può essere letale. Non accorgersi dell’altro è un omicidio.

Quando lo vide. Passò oltre. C’è un vedere che nega, che ignora. È la vera cecità. Se sono cieco, posso farmi guidare. Se non voglio vedere, tutto è buio e l’altro scompare, come in questo caso.

Un samaritano. Per il Giudeo è un eretico, uno di cui diffidare, anzi, da odiare. Da Nazaret può venire qualcosa di buono? Lo stesso vale per la Samaria. La vera religione abbatte il pregiudizio. Smaschera i tre verbi della carne: pretendere, possedere, giudicare. Inaugura i tre verbi dello spirito: accogliere, dare, perdonare.

Che era in viaggio. Non si dice più “per caso”: quest’uomo è in cammino. Sarà pure un eretico, ma è in cammino: dall’io al tu, dall’io a Dio. Supera se stesso, ritrovandosi nell’altro.

Passandogli accanto. Ogni espressione è la rivelazione implicita d’ogni vero incontro. La vita vera è accanto, il diabolos separa.

Vide. La cecità è l’indifferenza, la chiusura del cuore, che chiude anche gli occhi. L’amore vede. Si aprirono loro gli occhi, si dice dei discepoli di Emmaus, raggiunti dall’amore di Gesù.

Ne ebbe compassione. È il sentimento elementare e sublime che colma le distanze. È l’unico cammino che conduce alla meta: era in viaggio. Nulla è per caso. Si smette di vagare senza meta.

Si elenca qui una serie di azioni che esprime il vero “fare”: vicinanza e cura sono l’agire che viene dalla vita, e che dà vita.

Chi di questi tre. La logica del Regno è stringente: non ci sono dubbi su chi ama e chi fa finta. Alla fine della vita saremo giudicati sull’amore, non sui proclami. Beato chi ascolta e mette in pratica, dirà Gesù, parola fatta carne.

Va’ e anche tu fa’ così. Le due regole del vivere: mettersi in cammino e agire. Ora sappiamo da dove provengano, da quale sorgente scaturiscano. Rinascere dall’alto, dal Pneuma, dallo Spirito. Amerai: per chi è stato raggiunto da Gesù, il futuro è già presente.

[Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. “Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. “Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Vangelo di Luca 10, 25-37]

Un pensiero su “Amerai

  1. S&R

    Splendido questo incalzare che quasi non lascia scampo alla coscienza, illuminata dalla Parola spezzata nei dettagli, perché la mente possa toccare nei dettagli “come è il cuore”.

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *