Per fare spazio a quanto di bello abbiamo nella vita, a volte dobbiamo eliminare tutto, ridurre all’osso le nostre giornate, i nostri contatti e assaporare il vuoto(pieno) attorno a noi.
Teresa e Maria, madre (figlia di una madre complicata e fredda) e figlia (amatissima, di Teresa e Moussa), lasciano tutto e si trasferiscono in una casa nel bosco. Passeggiano, accendono fuochi di notte, raccolgono erbe, parlano e pensano. E iniziano a stabilire connessioni, fra loro e con i mondi sottili, che possono essere la pura energia che ci avvolge, gli spiriti guida, ciò che eravamo e non ricordiamo, sicuramente presenze amorevoli di cui non ci accorgiamo e che invece si accorgono di noi.
Solo dopo aver fatto spazio ed essere arrivati all’essenziale, si può tornare alla vita di tutti i giorni, e affrontare le delusioni (un matrimonio finito e un uomo sbagliato, nel caso di Teresa; i piccoli screzi, a scuola, i pregiudizi, le riserve per Maria) con più leggerezza e il cuore pieno di bellezza.
Parlare d’amore, non solo quello familiare o di coppia, ma il legame universale fra le persone, la natura, il passato, le radici, sembra oggi un tabu, un segno di debolezza; si scopre il fianco ad essere troppo amorevoli e gentili. E invece Sara sparge amore a piene mani fra le pagine di questo libro; l’amore che cura, riempie, e offre punti di vista a un metro da terra, ché la giusta distanza dalle cose aiuta sempre.
La base sicura negli uomini attecchisce unicamente in presenza di amore incondizionato, è solo questo il nostro terreno buono, la giusta esposizione. In assenza di riserve, l’uomo può radicarsi a terra e sopportare anche le frustrazioni, la nostalgia, la fatica.