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Frammenti di Cinema # 75

di Pasquale Vitagliano

Nella “zona di interesse” non si vede passare la storia. Dunque, è lo spazio indolore dell’indifferenza. Questa è l’idea che sta alla base de La zona d’interesse (2023) di Jonathan Glazer, vincitore dell’Oscar come migliore film straniero. Svuotata di ogni significato etico, cinematograficamente si tratta di una “trovata”. Di uno spiazzamento. L’etica resta di lato e resta importante. Come si può parlare di orrore senza farlo vedere? Questa è la domanda di partenza. Esclusivamente estetica. Quante volte abbiamo visto le immagini terribili dell’Olocausto? Rischiamo l’assuefazione. Quante volte abbiamo visto le immagini dell’assassinio di JFK ad Atlanta il 1963? Peter Landesman ha inseguito la stessa idea di Glazer? E l’ha, appunto, trovata. In Parkland del 2013 entriamo nel pronto soccorso dell’Ospedale. Partecipiamo al disperato e inutile tentativo di rianimare il presidente degli Stati Uniti. Ma non una volta (ri)vediamo le immagini dell’attentato. Il punto di vista è del tutto fuori campo, nello sguardo involontario di Zapruder sui cui occhiali intravediamo il riflesso di ciò che ha filmato.

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20 righe (per niente) facili

di Pasquale Vitagliano

Non è facile recensire un libro come Tra papaveri e lattine (diddo, 2022) di Annarita Zacchi. Apprendo dalla breve nota biografica che è morta in questo stesso anno. Anzi, no. È facile scrivere di questa poesia che ci fa scoprire una voce viva e autentica. È riuscita a trasfigurare il dolore della malattia in arte pura. Non ho esagerato. La malattia non è affatto un caos calmo. Lo può raccontare suo marito. Leonardo Gandi, il quale ha pubblicato postumo il libro. Eppure, nei versi di Annarita si viene accompagnati nella prima notta di quiete. Questa è la potenza della poesia. È viva sempre. Fa vivere ancora l’esperienza esistenziale della poeta. Non leggiamo versi che invocano pietismo, non sono un’inchiesta sul dolore, non vogliono portare una testimonianza estrema del corpo. La sua poesia vive, semplicemente, nel luogo e nel tempo che le è stato concesso. Non sono queste solo parole. Provate a leggere. Nei suoi versi vibra la sua voce, risuona poeticamente esatta e laconica. E condurremo una lotta/ con gli uomini lupo/ in camice bianco/ sapendo già l’esito/ (…) se questo sia lo spazio/ di luce in cui abiteremo. D’altro canto, la poeta è già altrove. E ci ha lasciato in mano la sua poesia. Di cos’altro parliamo, quando parliamo di poesia?

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Poesie di Francesca Pellegrino

L’ebanista

Come un pezzo di legno sto

un pezzo di legno di albero

impassibile e lento e

un milione di foglie per ingannare i secoli

giocando a tre carte con le stagioni.

*

Rivelazioni

Ormai è inevitabile come il

respiro, qualcosa che faccio

ed esisto: ingoio e

trabocco, ingoio e trabocco.

All’infinito. Sempre e soltanto

ascoltando l’eco delle lancette

sbattere fortissimo

contro il muro.

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La poesia è un atto gnoseologico

di Monia Gaita

Se ci chiediamo che cos’è la poesia, una delle risposte potrebbe essere: la poesia è un atto gnoseologico, cioè un modo per conoscere il mondo. Che cosa conosciamo con la poesia? Non solo il mondo visibile, quello in cui siamo immersi e che vediamo con gli occhi, ma anche quello non visibile, il mondo immateriale o spirituale che esploriamo e scrutiamo con gli occhi interiori, gli occhi della coscienza e del cuore. Dunque, la poesia si insedia in due territori: quello che investiga e celebra i gesti concreti, e quello affidato alla capienza e all’arbìtrio dell’immaginazione. Nei versi i due ambiti si intersecano in una sorprendente gamma di sfumature in cui l’autore non solo relega sé stesso e la propria visione soggettiva, ma deve anche uscire da sé stesso e spogliarsi dell’involucro limitante e limitato dell’individualità.

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20 righe (per niente) facili

di Pasquale Vitagliano

Con chi dialoga Vito Davoli in Carne e Sangue, raccolta pubblicata nella collana Poeti della Vallisa, Tabula Fati, 2022? Dio, un amore, un doppio, la poesia stessa? “È vero che quel tu può anche non essere sempre riferito all’oggetto amato, ma anche a sé stesso, come in una conversazione intima”, scrive Daniele Giancane nella prefazione. In effetti, lo specchio è molto presente nel testo. Anche se la riflessione quasi mai è fissa e fedele. Invece, è mobile e deformante. Davoli ci rende testimoni dei movimenti di una persona che, alla maniera di Ingmar Bergman, deve ricomporre i frammenti che essa stessa ha materializzato. Cocci di specchi barbagliano di luce/ petali rossi e magenta con me/ come su tomba etrusca. La scrittura di Davoli trasmette una sensazione di formazione permanente. Ci trattiene sulla soglia di un evento che ci cambierà la vita. Anzi, è in bilico su questa linea.

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Cerco il tuo volto, poesie di Paola Meroni

Da Cerco il tuo volto, Signore, Prometheus, Milano 2023, di Paola Meroni

 

DONNE SULLA VIA DELLA CROCE

 

«Gesù, voltandosi verso le donne, disse:

“Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me,

ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.”»

(Lc 23, 28)

Donne, tue compagne,

sorelle, amiche,

quante colpite nell’anima e nel corpo,

violate nei sogni più sacri.

Pietre, insulti,

disprezzo, macerie, abbandono,

deserto di solitudine

senza più oasi di preghiera.

Quante in fila ad attraversare

distese e montagne,

fardelli pesanti sulle spalle e sul cuore,

speranze appassite dal sole.

E Tu, Signore, che tardi

a interrogare ancora i farisei,

a fermare la loro mano

dal crimine atroce.

Posa il tuo sguardo sul loro viso,

attendi quei piedi sulla via del Calvario,

lascia la tua traccia sulla sabbia,

che riapra il futuro, curi i peccati.

*

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Frammenti di Cinema # 74

I primi alieni nella storia del cinema appaiono ne Il Viaggio sulla luna del 1902 di Georges Méliès. Ma sulla terra arrivano negli anni ’50 con un capolavoro di B-movie. Il primo è Ultimatum alla Terra del 1951 di Robert Wise. A parte il remake del 2008, si tratta del capostipite del filone che immagina una guerra tra mondi.  La guerra dei mondi (2005), infatti, si chiama uno dei film che Steven Spielberg, il regista più attratto di tutti dagli extraterrestri. Independence Day (1996), invece, combina questo genere con il disaster movie, fino all’apoteosi dell’attacco alieno alla Casa Bianca. Gli effetti speciali, tuttavia, non scalfiscono la straordinaria stilizzazione di altri due film degli anni ’50. Plan 9 from Outer Space del 1959 di Edward D. Wood Jr., consacrato da Tim Burton re dei B-movie; e quel cult che è L’invasione degli ultracorpi diretto da Don Siegel nel 1956.  E’ la prova di quanto più potente sia l’immaginazione rispetto alla tecnologia, malgrado l’ingenuità delle forme, e grazie alle paure implicite di un’epoca (gli anni della corsa allo spazio).

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20 righe (per niente) facili

di Pasquale Vitagliano

Anno Domini 1981: muore Montale, nascono i Metallica. Questo è il tempo culturale che scandisce Donato Di Poce nel suo nuovo, spiazzante ma seducente lavoro. Ed è un tempo fuori dal coro, controcorrente, dissonante ma non disarmonico. E’ un tempo poetico. Poesia/Eresia (la sovversione non sospetta dei poeti eretici, outsider e underground), Eretica, 2023. Per Di Poce, dunque, la poesia è una forma di eresia. Per corollario ogni espressione che metta in discussione il comune senso dell’arte è per se stessa poetica. Cos’è questo nuovo libro del poliedrico Di Poce? Già rispondere a questa domanda significa porsi fuori da un canone. Saggio, antologia, innesto o ibridazione? Anche nella sua veste editoriale il testo è disarticolato, ma sempre coerente, al punto da farmi venire in mente una fanzine. Poi, non ultimo, c’è il contenuto.

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20 righe (per niente) facili

di Pasquale Vitagliano

Quintuplice ferita non rivendica/ il capo incastonato nel carminio/ d’un vivo, enfisematico suo vanto. Chi pensa che la poesia debba essere facile, stia lontano dall’ultima raccolta di Diego Riccobene, Larvae (Arcipelago Itaca, 2023). La deriva della poesia verso le diabetiche sorprese dei cioccolatini qui è del tutto arginata. Anzi, ci troviamo di fronte ad una convinta restaurazione della parola e della sua complessità. Ma subito mi domando, nella mia costante vigilanza dialettica, fino a quale limite questa difficoltà può spingersi? Ammesso che un limite alla difficoltà debba esserci. Rinsaldo con il malleo,/ incorporando a organici convogli/ le maschere deposte sugli avelli,/ contubernali a incàvo come falde/ di albugine divelta.

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Frammenti di Cinema # 73

di Pasquale Vitagliano 

Ci sono due colonne di confine del cinema spaziale. 2001: Odissea nello spazio (1968) prodotto e diretto da Stanley Kubrick (con il suo prototipo Ikarie XB 1 diretto nel 1963 dal ceco Jindrich Polák)  e Solaris (1972) di Andrej Tarkovskij. Ogni altro film ha puntato al loro vertice di qualità senza mai superarlo. Hanno fornito un canone oscillante tra profezia tecnologica e simbolismo etico. Chi lo ha abbandonato è scivolato verso uno scontato e prevedibile prodotto di genere. Il capolavoro russo è stato seguito dal remake di Steven Soderbergh del 2002 con George Clooney, dandone una versione psicanalitica e bergmaniana. Dieci anni, nel 1977, dopo l’Odissea di Kubrick, Peter Hyams ci racconta con Capricorn One la dietrologia del (presunto) falso allunaggio.

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20 righe (per niente) facili

 

di Pasquale Vitagliano

La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una immane raccolta di merci. È l’incipit de Il capitale di Carlo Marx. E anche le informazioni sono merci. E le informazioni sono parole. Questo è lo scenario nel quale si inserisce l’esordio poetico di Luca Baratta, Hanno ragione i poeti (Eretica Edizioni, 2023). Per sua dichiarazione indica anche il proscenio della sua orazione civile. Il titolo esprime la sua precisa risoluzione.  Il proverbio Navajo in esergo, infine, ne svela lo statuto naturale. I poeti sono nella nostra epoca pari agli uomini “contrario” nella cultura dei nativi americani, gli Heyoka, uomini che erano pervasi dalla presenza del Grande Spirito. A loro, e solo a loro, di fatto dei matti, era permesso tutto. Capovolgendo la realtà ne indicavano l’anima. Come i poeti, appunto. Solo che oggi sono tutt’alto che intoccabili.

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20 righe (per niente) facili

di Pasquale Vitagliano

Inizio a leggere La comunità dei viventi (Editrice Clinamen, 2023) di Idolo Hoxhvogli e mi trovo di fronte ad un mistero? Cosa sto leggendo? Non è una raccolta di poesia, per la precisione, di poesia in prosa; non è una raccolta di aforismi; non è un saggio filosofico, anche se si avvicina alla struttura pascaliana dei Pensieri. Cos’è allora? Il potere per conquistare l’uomo legge di fronte a lui un testo. Il punto decisivo del testo è la nascita del potere, scrive Idolo al numero 14. Ecco, una possibile rotta. Questo libro è un protocollo di esercizi contro il potere. E’ un dispositivo che persegue il disegno di proporre a noi viventi “un compito infinito chiamato libertà”. Per costruire questa comunità bisogna destrutturare i segni e compiere atti di forza. La libertà combatte contro l’organizzazione linguistica del sacro, quale paradigma del dominio. La salvezza è in esilio dal nome. La libertà non è mai un diritto acquisito ma un atto di forza contro la formattazione securitaria.

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Frammenti di Cinema # 72

Nel giornalismo ci sono cani da caccia e cani da cuccia. Dedichiamo questo frammento allo scomparso Andrea Purgatori. Prendiamo una battuta dal film Fortapàsc del 2009 di Marco Risi, dedicato alla vicenda di Giancarlo Siani, giornalista de Il Mattino ucciso dalla Camorra il 23 settembre del 1984. Purgatori, che firmò con altri la sceneggiatura, è stato senza alcun dubbio un cane da caccia del giornalismo italiano. Con un pedigree di grande valore. Un altro film sul giornalismo investigativo, Il muro di gomma del 1991 sempre di Marco Risi racconta le origini della sua attività, quando per il Corriere della Sera mise in dubbio la versione del cedimento strutturale nella strage dei passeggeri del DC-9 Itavia sul mare di Ustica.

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20 righe (per niente) facili

di Pasquale Vitagliano

Con la sua raccolta d’esordio, Ter (r ) apeutica (Lietocolle, 2023) Luca Chendi affida alla parola poetica la realizzazione della sua statua interiore. Così lo scienziato François Jacob definì a metà del secolo scorso la struttura della personalità che ciascuno di noi per un’intera esistenza si adopera di scolpire, alla ricerca di un’identità capace di relazione con l’altro. Come egli stesso chiarisce nella sua Nota, la terza stanza in cui si articola il testo – Tra i corti di Moretti – è dedicata al “rendere la propria esperienza un culto”. Il culto è coltivazione e cura di sé stessi, come indica la prima – Dolore – mentre la seconda – Miele – pianta la radice di questa esperienza poetica nella relazione.

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The Old Oak, una recensione del film di Ken Loach

di Giulio Bruno

“The Old Oak” dell’87enne Ken Loach (“Stavolta vi do speranza, poi mi ritiro”). L’integrazione sociale problematica, la gratuità capricciosità del male, l’indifferente egoismo dell’uomo, la disillusione e la desolazione di una vita di fallimenti, da un lato; la fratellanza umana, il discreto affiorare di un fremito di speranza, dall’altro: molti sono i temi che Ken Loach tratta nel suo ultimo film, il piccolo capolavoro ‘The old oak’, con la sua delicata grazia, smisurata e al tempo stesso misurata, quasi sussurrata, mai compiaciuta.

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20 righe (per niente) facili

di Pasquale Vitagliano

Qual è la religione della bellezza? Questa domanda ci sollecita la raccolta di poesia di Ilaria Giovinazzo La religione della bellezza (peQuod, 2023). La risposta è fin troppo scontata, la poesia. Ciò nonostante, in questa opera non c’è nulla di scontato. Cos’è la poesia, allora? Un corpo a corpo/ tra te e il verso. Dunque, in questa religione non c’è nulla di vanamente spirituale. L’anima, perché un’anima alla fine c’è, è quello che resta dopo questa lotta. Questa lotta è la nostra lotta. Non c’è peccato nella bellezza. Dunque, è una religione laica, nella quale, come scrive David La Mantia, “l’elemento naturale diventa lo strumento per cogliere l’assoluto”.
Mi accorgo che gran parte dei libri di poesia che sto leggendo in quest’ultimo periodo sono stati scritti da poetesse. La scelta è casuale. La constatazione è oggettiva. Credo ci siano antenne più sensibili su quest’altra faccia della luna. Non credo che esista una poesia femminile. Ma certo esiste una percezione più acuta e una lingua poetica più sincera.

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Frammenti di Cinema # 71

Killers of the flower moon (2023), l’ultimo film di Martin Scorsese, ci insegna qualcosa di drammatico sulle guerre che sono riesplose in tempi recenti. Certo, è terribile. Ma se i nativi non fossero stati piegati, anche l’America oggi sarebbe ancora in fiamme. Il finale sembra alludere all’ascolto giovanile del regista del racconto radiofonico della storia della tribù degli Osage. Questo ricordo sentimentale addolcisce appena il senso di colpa di una nazione che viene ancora una volta evocato. Sono passati 53 anni da Soldato blu (1970) di Ralph Nelson. Questo film ha spezzato la narrazione tradizionale degli indiani cattivi, assegnando loro il giusto e autentico posto di vittime della colonizzazione, come quella che si stava tentando in forme nuove in Viet-Nam in quegli stessi anni. È curioso notare che anche nel mio immaginario giovanile, quello che più plasma la nostra identità futura, gli indiani hanno occupato un ruolo importante.

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Premio nazionale di poesia Elio Pagliarani – IX EDIZIONE

premio nazionale di poesia Elio Pagliarani

 

L’Associazione letteraria Premio Nazionale Elio Pagliarani –
Centro Studi e biblioteca sulla poesia contemporanea

(https://associazioneletterariapremioeliopagliarani.it – https://premionazionaleeliopagliarani.it)

ha indetto la

IX edizione del PREMIO NAZIONALE ELIO PAGLIARANI

presieduto da Cetta Petrollo Pagliarani

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Intervista a Prisco De Vivo sui suoi Imperdonabili

di Rosaria Ragni Licinio

È dall’etimologia del termine filosofia (in greco antico philosophia composto di phileîn, “amare” e sophía, “sapienza”, ossia “amore per la sapienza”, che germina la produzione pittorica del pittore e poeta Prisco De Vivo. Questa nozione di filosofia trova le sue fondamenta in Platone, ma anche in Senofonte e nel giovane Aristotele ed oggi trova una sua collocazione specifica nella ricerca della verità e nei modi in cui essa si rivela, cioè attraverso il pensiero inteso come atto totale e totalizzante. Ed è proprio partendo dal concetto di pensiero che si arriva ad una profonda riflessione su quelli che il pittore De Vivo ama definire “i suoi testimoni pericolosi”, protagonisti indiscussi del ciclo I Reperti degli imperdonabili. Le opere che compongono questo ricco ciclo pittorico sono realizzate utilizzando le più svariate tecniche e materiali pittorici e extra-pittorici come: carboncino, acrilico, matite, pastelli, stoffe e pezzi di indumenti vintage, carboni, cenere, carte colorate, fiori secchi, vecchi mozziconi di sigari, corde, spaghi, gesso, metalli e cartoni invecchiati.

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20 righe (per niente) facili

di Pasquale Vitagliano

Quanti tipi di famiglia ci sono? Il tema è attuale e quasi sempre divisivo. E’ un tema centrale, perché è un tema di civiltà. E interessa la letteratura, che è il luogo della libertà. Sulle pagine di un romanzo possiamo aprirci a riflessioni senza pregiudizi e senza partito preso. Da Tolstoj con Anna Karenina in Occidente (e la Russia stava e sta in Occidente) ci domandiamo se la famiglia sia una culla o una gabbia. A partire dalla famiglia naturale, per arrivare alle famiglie arcobaleno. Per esempio, il mondo in cui è cresciuto Alessandro Manzoni, figlio di Giovanni Verga e non di Pietro, conciliava il massimo della libertà sessuale con il massimo dell’ipocrisia convenzionale. Ho pensato a tutto questo leggendo il romanzo di Nicola Apollonio, Questione d’Amore (Edizioni EspressoSud, 2023).

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