Chissà quante volte Gesù è stato il nostro cireneo, aiutandoci a portare la croce che noi trascinavamo. È ancora questione di attenzione: ogni sospiro di sollievo presuppone il suo braccio, la sua mano, che rendono più lieve il nostro peso.
Come ricordava Antonello Sparzani prima, oggi ricorre il duecentesimo anniversario dalla composizione di uno dei più bei carmi italiani di tutti i tempi.
Come scriveva Antonello, è una poesia felice, e mi ha sempre rattristata ascoltarla in versioni cupe e tormentate, che non rendevano a mio avviso giustizia a un momento di autentica estasi gioiosa del poeta.
Mi sono quindi armata di solenne faccia di bronzo e ho deciso di farne una mia versione, che Fabrizio ha voluto che postassi. Prendetevela con lui, quindi 😉
La scorsa settimana ho terminato il mio primo semestre come collaboratrice per l’organizzazione svedese Rise, che ha lo scopo di fornire supporto a donne vittime di incesto o abusi sessuali da bambine. Ho avuto il ruolo di persona di supporto per una serie di incontri di gruppo finalizzato all’autoaiuto. Continua a leggere→
Non basta recitare il Gloria al Padre, al Figlio, in modo generico, dice il Cristo alla Bossis: bisogna chiedere questa gloria nell’uno o nell’altro degli atti che compiamo. Cosi il Signore entra davvero nell’esperienza quotidiana.
Che effetto fanno le nostre parole? A volte siamo pessimisti, pensiamo che si perdano nel nulla. Poi ci accorgiamo che qualcosa è rimasto, non per nostro merito, ma perché Qualcuno, dietro le quinte, ha suggerito.
Tempo grande, di Gian Luigi Piccioli (1932-2013), è un romanzo originariamente pubblicato da Rusconi (1984), e oggi riedito da Galaad Edizioni, a cura del critico letterario e giornalista Simone Gambacorta. Storia immersa nel mondo della comunicazione televisiva, tra Roma e la Tanzania, ha per protagoniste due personalità contrapposte, Marco Apudruen, conduttore, e Gigi Insolera, scrittore, espressioni di un approccio alla vita e alla professione rispettivamente cinico e ambizioso il primo, sensibile il secondo. Nella parte italiana, le dinamiche del mondo della TV vengono messe a nudo nella loro fredda impersonalità, laddove l’approdo in Africa lascia emergere un fondo di umanità nettamente in contrasto con il “contenitore” di una scommessa focalizzata sugli ascolti. Continua a leggere→
Un nemico insidioso è la fretta. Come può Gesù riempirci di grazia se non ci fermiamo almeno un poco? C’è una corsa buona e una cattiva. Sta a noi, come sempre, indovinare.
Proseguo la pubblicazione degli scritti di Giovanna De Angelis iniziata a gennaio scorso postando questo saggio scritto in qualità di relatrice per il convegno sulla narrativa meridionale contemporanea organizzato dall’Università del Molise nell’autunno del 2003. Il titolo è Realtà ed etica: la linea di confine e potete scaricare qui il pdf: 07 realtà ed etica.
Siamo gli specialisti del secondo passo, ma Gesù desidera che facciamo il primo: prendere l’iniziativa, spargere il bene senza aspettarsi nulla. Solo così fiorisce la libertà felice del credente.
Dio ci vuole teneri, per aprire la strada del cuore. Sembra strana, in un mondo indurito dal peccato, che calpesta ciò che è fragile, la cristalleria delicata della carità. È una sfida che, credo, vale la pena di accettare.
L’umiltà è difficile. Siamo sempre pronti a crederci di più di ciò che siamo. Un buon sistema, dice il Cristo alla Bossis, è quello di vedere Lui negli altri. Considerarsi superiori a Dio sarebbe troppo.
La possibilità di sopravvivenza delle specie animali è collegata alla capacità di valutare e giudicare. Se ci fosse indifferenza rispetto allo stato fisico degli esseri che ci circondano, non saremmo sopravvissuti altrettanto bene. Ci saremmo accoppiati con esemplari non abbastanza sani e forti, e il leone avrebbe rincorso la gazzella sbagliata – e forse sarebbero entrambi estinti. Valutazione e giudizio prediligono ciò che è ai nostri occhi “bello” laddove traduciamo la “bellezza” visiva come indice generale di salute e fertilità.
ITZHAK KATZENELSON, CANTO DEL POPOLO YIDDISH MESSO A MORTE FELTRINELLI, MILANO 2019
di Alida Airaghi
Itzhak Katznelson (Kar?li?y1886-Auschwitz 1944) è stato un poetapolacco di origine ebraica, vittima dell’Olocausto. Nato nel 1886 a Kar?li?y, vicino a Minsk, si trasferì presto con la famiglia a ?ód?, dove crebbe e studiò letteratura. Fu insegnante e drammaturgo: fondò una compagnia teatrale con cui si esibiva in Polonia e Lituania, mettendo in scena suoi testi in yiddish ed ebraico. In seguito all’invasione nazista del 1939, riparò a Varsavia, dove fu recluso con la moglie e i tre figli nel ghetto, riuscendo comunque a crearvi una scuola per l’infanzia. Scampato alla deportazione e all’uccisione dei suoi parenti nel campo di Treblinka, partecipò alla sollevazione del Ghetto di Varsavia il 18 aprile 1943. Gli amici gli procurarono un passaporto falso per l’Honduras, ma prima che potesse mettersi in salvo la Gestapo lo catturò e rinchiuse nel campo di transito francese di Vittel: qui in due mesi compose il suo capolavoro in 900 versi, Canto del popolo yiddish messo a morte, nascondendo il manoscritto in tre bottiglie che sotterrò sotto un albero, da dove venne recuperato nel 1945 grazie alle indicazioni di una compagna di prigionia sopravvissuta, Miriam Novitsch, quindi pubblicato in francese per la prima volta a Parigi nello stesso anno.
Dio è musica: è la melodia dell’universo, la nota da cui è attraversato e che prende mille forme, ricordando la bellezza che apre la porta dello Spirito. Bisogna ascoltare la musica di Dio, per poter credere.
L’eterno riposo è un concetto che spiega un punto chiave della spiritualità. Qui, sulla terra, ci si dà da fare, ci si impegna. Il riposo viene dopo. Chi lo vuole anticipare, perde tempo.
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