Archivio mensile:Maggio 2019

La sua mano

Chissà quante volte Gesù è stato il nostro cireneo, aiutandoci a portare la croce che noi trascinavamo. È ancora questione di attenzione: ogni sospiro di sollievo presuppone il suo braccio, la sua mano, che rendono più lieve il nostro peso.

Una lettura de “L’infinito” di Giacomo Leopardi

Come ricordava Antonello Sparzani prima, oggi ricorre il duecentesimo anniversario dalla composizione di uno dei più bei carmi italiani di tutti i tempi.

Come scriveva Antonello, è una poesia felice, e mi ha sempre rattristata ascoltarla in versioni cupe e tormentate, che non rendevano a mio avviso giustizia a un momento di autentica estasi gioiosa del poeta.

Mi sono quindi armata di solenne faccia di bronzo e ho deciso di farne una mia versione, che Fabrizio ha voluto che postassi. Prendetevela con lui, quindi 😉

Esperienza

Non basta recitare il Gloria al Padre, al Figlio, in modo generico, dice il Cristo alla Bossis: bisogna chiedere questa gloria nell’uno o nell’altro degli atti che compiamo. Cosi il Signore entra davvero nell’esperienza quotidiana.

“Tempo grande” di Gian Luigi Piccioli. Intervista a Simone Gambacorta

Testo introduttivo e intervista di Giovanni Agnoloni

Tempo grande, di Gian Luigi Piccioli (1932-2013), è un romanzo originariamente pubblicato da Rusconi (1984), e oggi riedito da Galaad Edizioni, a cura del critico letterario e giornalista Simone Gambacorta. Storia immersa nel mondo della comunicazione televisiva, tra Roma e la Tanzania, ha per protagoniste due personalità contrapposte, Marco Apudruen, conduttore, e Gigi Insolera, scrittore, espressioni di un approccio alla vita e alla professione rispettivamente  cinico e ambizioso il primo, sensibile il secondo. Nella parte italiana, le dinamiche del mondo della TV vengono messe a nudo nella loro fredda impersonalità, laddove l’approdo in Africa lascia emergere un fondo di umanità nettamente in contrasto con il “contenitore” di una scommessa focalizzata sugli ascolti. Continua a leggere

Le pagine ritrovate di Giovanna De Angelis – Realtà ed etica: la linea di confine

giovanna de angelis

Proseguo la pubblicazione degli scritti di Giovanna De Angelis iniziata a gennaio scorso postando questo saggio scritto in qualità di relatrice per il convegno sulla narrativa meridionale contemporanea organizzato dall’Università del Molise nell’autunno del 2003. Il titolo è Realtà ed etica: la linea di confine e potete scaricare qui il pdf: 07 realtà ed etica.

Buona lettura!

Troppo

L’umiltà è difficile. Siamo sempre pronti a crederci di più di ciò che siamo. Un buon sistema, dice il Cristo alla Bossis, è quello di vedere Lui negli altri. Considerarsi superiori a Dio sarebbe troppo.

Senza oggetto o aggettivo. Solo corpi.

disaggettivare

La possibilità di sopravvivenza delle specie animali è collegata alla capacità di valutare e giudicare. Se ci fosse indifferenza rispetto allo stato fisico degli esseri che ci circondano, non saremmo sopravvissuti altrettanto bene. Ci saremmo accoppiati con esemplari non abbastanza sani e forti, e il leone avrebbe rincorso la gazzella sbagliata – e forse sarebbero entrambi estinti. Valutazione e giudizio prediligono ciò che è ai nostri occhi “bello” laddove traduciamo la “bellezza” visiva come indice generale di salute e fertilità.

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Itzhzak Katzenelson

ITZHAK KATZENELSON, CANTO DEL POPOLO YIDDISH MESSO A MORTE                   FELTRINELLI, MILANO 2019

di Alida Airaghi

Itzhak Katznelson (Kar?li?y1886-Auschwitz 1944) è stato un poeta polacco di origine ebraica, vittima dell’Olocausto. Nato nel 1886 a Kar?li?y, vicino a Minsk, si trasferì presto con la famiglia a ?ód?, dove crebbe e studiò letteratura. Fu insegnante e drammaturgo: fondò una compagnia teatrale con cui si esibiva in Polonia e Lituania, mettendo in scena suoi testi in yiddish ed ebraico. In seguito all’invasione nazista del 1939, riparò a Varsavia, dove fu recluso con la moglie e i tre figli nel ghetto, riuscendo comunque a crearvi una scuola per l’infanzia. Scampato alla deportazione e all’uccisione dei suoi parenti nel campo di Treblinka, partecipò alla sollevazione del Ghetto di Varsavia il 18 aprile 1943. Gli amici gli procurarono un passaporto falso per l’Honduras, ma prima che potesse mettersi in salvo la Gestapo lo catturò e rinchiuse nel campo di transito francese di Vittel: qui in due mesi compose il suo capolavoro in 900 versi, Canto del popolo yiddish messo a morte, nascondendo il manoscritto in tre bottiglie che sotterrò sotto un albero, da dove venne recuperato nel 1945 grazie alle indicazioni di una compagna di prigionia sopravvissuta, Miriam Novitsch, quindi pubblicato in francese per la prima volta a Parigi nello stesso anno.

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