Sarà col crescere del mondo e delle parole, più onnipresenti e fuggevoli. Sarà l’ingigantirsi illimite dell’io, di milioni e milioni di uomini che migrano verso lo spazio infinito, del web, per ritrovarsi di nuovo, e poi di nuovo, ancora, con battesimale parola: “id…” “Madre, da questo luogo remoto e vicino io scrivo, mi disvelo come mai avrei creduto, per smentirmi, magari, poco dopo, per dichiararmi e prendere forma, davanti a una platea di occhi invisibili, silenti, che vedono e non vedono, come nell’abisso d’un oceano. Osservo come un possidente i miei poderi sconfinati, di parole, di immagini e di suoni; e il ripetersi del nome, il mio, come eco infinita; e le messi dei commenti per aver forza di nutrire, poi, altri poderi, e avere nuove messi, ancora, da riversare; sono qui sospeso, mano nella mano, assieme ad altri; contandoci, ogni volta, per scoprirci più lontani o affiatarci, dopo oasi di silenzio e solitudine: per la parola di troppo, od omessa, per un saluto apparso poco autentico, per la mia riga in meno nel dirti di me, o di te, per la risposta disguidata e perdutasi, per i contatti diradati nelle feste, e nelle ferie, a cui ho rinunciato da tempo, immerso, ormai, in un altro mondo; non surrogato di vita ma altra vita, raduno forse di presenze poco definite, di pochi pixel; non meno luminose nello scarto di tempo, nella fisicità che manca. Rimettimi alla luce un’altra volta, madre, sopra il pelo d’acqua sospingimi, ogni tanto; fuori da questa vita anfibia, da questa prossemica malata; ritorni pure l’aura all’esatto contorno del mio viso, e tuoni immediata la parola, non echeggi; e mi rispondano gli amici per le rime, guardandomi negli occhi, scuotendomi, con mani d’ulivo.
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