Archivio mensile:Aprile 2022

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Che poi il caos ti insegue, ti si aggrappa addosso, quando meno te lo aspetti. Le nevrosi del mondo ti prendono per la collottola e t’ingiungono di fare questo o quello, ti succhiano la vita fino a lasciarti esausto. Se tutte le malattie del mondo si radunassero qui, in questa piazza cotta dal sole, si potrebbe fare un gran falò, una colonna di fumo che raggiungerebbe le case, le camere, e tutti sentirebbero l’odore acre della follia, il senso dell’umanità per ciò che è fuori del limite, che non tollera rinunce o restrizioni, che invade, che ingombra, e tu stai lì che speri di farla franca, almeno questa volta. La dinamica è la stessa: puoi fare questo? puoi fare quello? e ti chiedi quale sarà la posta in gioco, se sia più alta, se perderai tutto in una volta, o continuerà lo stillicidio, il dissanguamento progressivo.
I passerotti continuano a parlarsi, forse parlano a noi, ci ricordano che c’è salute, in qualche posto, che forse siamo noi l’unico angolo malato, mentre il resto è Regno di Dio, Suo progetto, bellezza incompresa in questo mondo di mostri, di guerre, di violenza. Chissà da dove viene il male, dove attinge la sua forza, le sue motivazioni, dove trova la forza di opporsi a un disegno così chiaro, un’unione, un’armonia, un essere gli uni per gli altri e non nemici, diffidenti, pronti a pensare male del prossimo che arriva, come se nel fondo dell’uomo e della donna ci fosse una tenebra invincibile, mentre è vero il contrario e allora perché non rischiare sul prossimo che arriva, questo ragazzo confuso, aggressivo, che denuncia il male che lo assedia, e tu gli dici aspetta, siamo noi che dobbiamo custodire, abitare la luce, e lui ci crede, se ne va sovrappensiero, come se il canto degli uccelli gli avesse ricordato qualche cosa, come se il progetto fosse emerso all’improvviso in tutto il suo splendore, e per un momento, per un solo momento, il paradiso fosse qui, un angolo di paradiso in questo giorno di merda, come aveva detto entrando, poco prima.

Convolare


Pensiamo che la fede sia sforzarsi. Per questo molto fuggono, cercando mete più attraenti. Pochi sanno che maggiore è l’amore, minore è lo sforzo, perché amarsi vuol dire affidarsi e confidarsi, non è un peso, è alleggerirsi, è convolare.

Poesia italiana del XXI secolo

Italo Testa è nato nel 1972, vive a Milano. Tra i suoi libri di poesia: quattro, Oèdipus, 2021; Teoria delle rotonde, Valigie Rosse, 2020; L’indifferenza naturale, Marcos y Marcos, 2018; Tutto accade ovunque (Aragno, 2016); i camminatori, Valigie Rosse – Premio Ciampi, 2013; La divisione della gioia, Transeuropa, 2010; canti ostili, Lietocolle, 2007; Biometrie, Manni, 2005. Suoi testi sono stati tradotti in inglese, francese, spagnolo, tedesco e cinese, e sono inclusi nell’antologia di poesia europea Grand Tour. Eine Reise durch die junge Lyrik Europas, Hanser, 2019. Dirige la rivista di poesia L’Ulisse, ed è coordinatore del lit-blog leparoleelecose. Insegna Filosofia teoretica all’Università di Parma.

  • Foto di Dino Ignani.

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Essere


Nella preghiera, non dobbiamo fissarci su ogni singola parola: è più importante il cuore, l’amore con cui ci rivolgiamo a Dio, il sorriso dedicato a Gesù. La preghiera non è una matematica, una legge, è un abbraccio che rimette in pista, un esserci di nuovo, grazie all’Essere.

Si vis pacem, para pacem. Pace o distruzione del nemico?

Io sono senza parole. Lascio parlare per me il professor Giovanni Orsina: nella guerra in Ucraina “le parti sono ben chiare, Putin è l’aggressore e Zelensky l’aggredito, e si può e si deve simpatizzare con gli ucraini e antipatizzare con Putin. Quel che mi preoccupa, però, è l’emotività della sfera comunicativa occidentale, che ha fame di sensazioni forti e tende, di conseguenza, a essere manichea, a definire i buoni e i cattivi”. E propongo il documento che segue solo per rilanciare la domanda di Paolo Colantoni: nella guerra in corso perseguiamo “Il tentativo di trovare un accordo e di terminare il conflitto, o la voglia di alimentare il duello, provando ad annientare l’avversario, chiedendone la distruzione culturale e mediatica?” Continua a leggere

Stanotte ho sognato due neutrini

di Antonio Sparzani
copertina II ed. Jung-Pauli
Il titolo di questo post è lo stesso che Giulio Giorello diede alla sua recensione del volume di cui voglio parlare, e ha il pregio di mettere insieme due fatti: prima di tutto che Wolfgang Pauli – straordinario fisico del Novecento dalla giovinezza dissipata – quando si decise, su consiglio del padre, illustre accademico austriaco, ad andare a farsi curare le sue dissipatezze – scelse Carl Gustav Jung, pure lui residente a Zurigo e cominciò l’analisi raccontandogli (in una prima fase ad una sua assistente) più di un migliaio di sogni che Jung accuratamente raccolse e studiò. E la seconda cosa cui allude il titolo giorelliano è che Pauli fu colui che per primo, su basi puramente teoriche, fin dagli anni Trenta ipotizzò l’esistenza di una particella, assai piccola ma non nulla, cui venne poi dato il nome di neutrino. La conferma sperimentale dell’esistenza del neutrino si ebbe solo nel 1956: un grande successo per il Nostro che raccattò subito una banda di amici e tutti insieme andarono a festeggiare in montagna, ovviamente con abbondanti libagioni. Continua a leggere

Frammenti di Cinema # 50

Il dio minore si è emancipato. L’Oscar 2022 al film CODA – I segni del cuore di Sian Heder è un riconoscimento ex post (un po’ anche postumo) a Figli di un dio minore (1986) di Randa Haines. Marlee Matlin, che nel primo vince l’oscar come attrice, unisce i due film. A parte questo, CODA, per giunta il remake del film francese La famiglia Bélier (2014) di Eric Lartigau, è un film progettato e costruito per “vincere”, utilizzando, neanche alla perfezione, tre format vincenti: il pietismo; l’entusiasmo di Saranno Famosi; il riscatto di Flash Dance-Cenerentola, con una pescivendola al posto della saldatrice. Insomma, il rischio di questi film è noto, molto alto, alla pari del successo, se il meccanismo funziona. Continua a leggere

Porti

Dio non può non amare. È una bella notizia, per noi: un Vangelo, secondo l’etimologia della parola, che dovrebbe attrarci a Lui in modo irresistibile, convincerci una volta per tutte che solo nel Suo porto c’è salvezza.

Si vis pacem, para pacem. Mercanti d’armi e finanzieri

Il 26 aprile è nata un’alleanza di 40 Paesi per dare armi pesanti all’Ucraina nella prospettiva di una guerra lunga anni se non decenni. E un tavolo permanente per la guerra anziché un tavolo permanente per la pace. Al contempo nessun sostegno per la missione di pace del Presidente dell’Onu Guterres. L’interesse generale è concentrato sulle armi, e ci mancherebbe non fosse così, visto che dall’inizio della guerra in Ucraina i profitti di produttori d’armi e finanzieri sono lievitati. C’è da domandarsi se questi profitti siano una conseguenza imprevista della guerra o la causa scatenante. La risposta è semplice, essendo noti gli intrecci fra la politica e la lobby delle armi. Secondo uno studio del 2018 del Project on Government Oversight 380 ex ufficiali militari e funzionari del Dipartimento della Difesa sono dirigenti, membri del consiglio di amministrazione, consulenti di società della Difesa o lobbisti essi stessi. Un caso per tutti: Lloyd Austin, ex generale e segretario della Difesa degli Stati Uniti e ispiratore dell’alleanza dei 40, è consigliere della società di consulenza aziendale WestExec Advisors, che lavora in particolare con l’industria delle armi; è nel fondo di investimento di Pine Island Capital Partners e siede nel consiglio di amministrazione di Raytheon. Siccome siamo in pochi ad avere queste notizie, spero non abbiano a saperle Biden, Johnson, Scholz, Macron e Draghi, che mandano armi pensando di operare per la pace e potrebbero restarci male. Continua a leggere

Down Under: Finalmente letteratura! ANTONIO TABUCCHI

Sponsorizzato dall’Ambasciata d’Italia a Wellington, dal Ministry for Ethnic Communities della Nuova Zelanda e dalla Società Dante Alighieri di Auckland, il podcast Finalmente letteratura! vede il Professor Bruno Ferraro* e Matteo Telara chiacchierare di autori, società, letteratura e cultura italiana dal lato opposto del mondo, in leggerezza, nel cosiddetto Down Under neozelandese, tra aneddoti curiosi e brevi approfondimenti.

In questo episodio, Bruno e Matteo ci parlano di Antonio Tabucchi, conosciuto da Bruno nel 1991 durante un sabbatico alla Normale di Pisa. Il loro incontro segnò l’inizio di un’amicizia ricca di esperienze e collaborazioni, tra cui l’introduzione e l’analisi del testo curata da Bruno per Sostiene Pereira, nell’edizione Loescher. Ascoltiamo da Bruno vari aneddoti della loro amicizia.

Per l’ascolto di questo secondo episodio del podcast Finalmente letteratura! CLICCATE QUI.
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Bruno Ferraro ha insegnato per più di venti anni presso varie università australiane, e ha completato la sua carriera accademica all’università di Auckland, in Nuova Zelanda, dove tuttora risiede. Nel corso della sua carriera ha pubblicato edizioni critiche di commedie inedite del ‘500, traduzioni in inglese, e numerosi articoli e recensioni. Per la letteratura moderna ha contribuito agli studi su Italo Calvino e a quelli sul suo compianto amico Antonio Tabucchi.

Prima o poi


Il nostro è un Dio che condivide. Noi fatichiamo a dire cose tipo: quel che è mio è tuo, ma per Lui non è un problema. È come se qualcosa avesse senso solo se messo in comune, se fuori da quella condizione, per noi privilegiata, che chiamiamo possesso. C’è più gioia nel dare che nel ricevere, come disse Gesù. Prima o poi lo capiremo.

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La pioggia, stamattina, ha lavato via tutto, persino i penitenti:  solo due, mezzi ubriachi per gli anni e le amarezze, si sono spinti fin qui, a raccontare i loro poveri peccati. Il mondo purificato è un’anticamera del paradiso: via il superfluo, i pensieri che deviano la vita verso abissi da cui a volte non si torna. Perché partire per quel paese lontano? Perché chiedere la parte di patrimonio che ci spetta, ma può essere goduta solo se la si prende come un dono? Non ne abbiamo abbastanza di sbagliare? Dico a te, lettore, dico a te, lettrice: non abbiamo assaporato a sufficienza la carestia, le ghiande dei maiali, che nemmeno ci danno? Guardiamo negli occhi la realtà, scopriamone i dettagli che ingannano con meccanismi tanto oliati da diventare una seconda natura. Perché non cambiare? È la prima parola di Gesù, quando comincia a predicare. È il desiderio più profondo, quello che emerge se facciamo silenzio, se lasciamo che il mondo scorra con la sua follia, con le pretese assurde, le nevrosi, che si aggrappano a te come all’ultimo porto di salvezza, ma avrebbero solo l’effetto di attirarti nell’abisso, in quel paese lontano. Bisogna uscire dai gorghi ciechi che vogliono distruggere, sotto l’apparenza di bene, tutto quello che gli capita a tiro. Siamo ancora in tempo, mi dico stamattina, mentre la pioggia cade a tratti, come un segno del cielo. Ho ancora modo di cambiare, di scrivere parole che indichino la strada percorribile, l’unico percorso sensato. I penitenti aumentano, cominciano i canti della messa, tutto appare col suo dolore antico, la sofferenza che purifica, che addita una via d’uscita dai meccanismi oliati, dalle abitudini che provocano nausea eppure sono lì, a impedirci di alzare il capo, come dice Gesù, perché la nostra liberazione è vicina. Se cominciassimo dalle parole? Se non ci facessimo guidare mai più da termini come lamento, critica, giudizio? Se ci guardassimo dentro e scoprissimo che al di là della tristezza e della rabbia esistono una terra e un cielo nuovi? Lo spirito, lo spirito! mi diceva don Mario. Sì, è l’ora dello spirito, il tempo è scaduto: comincia l’eterno, già da ora, già da qui.

Priorità


Quando viene il turno di Gesù? Gli anteponiamo tante cose, quasi tutte, a volte. Lui aspetta: la carità è paziente, benevola, non cerca il suo interesse. Ma quando capiremo che dare a Dio la priorità è il nostro interesse più prezioso?

Si via pacem, para pacem. Il 25 aprile non è la festa del nazionalismo armato

Buon 25 Aprile a tutti. Con commozione e gratitudine per quanti “volontari si adunarono, per dignità non per odio”, come scrisse Piero Calamandrei. E con la consapevolezza che il frutto più maturo della Resistenza è l’articolo 11 della Costituzione Italiana che recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Le parole migliori che oggi ho letto per rendere onore a questa data e alla sua eredità mi sembra siano quelle di Tomaso Montanari, che propongo di seguito. Continua a leggere

Lo sguardo


Tenendo lo sguardo fisso su Gesù, così dovremmo vivere, come ricorda la lettera agli Ebrei. Distogliersi da Lui significa perdere la rotta, rischiare di finire in secche impraticabili, in tempeste fatali. Tornare è il verbo della conversione, ricordare di Chi siamo.

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La piazzetta è piena di risate, di gente che festeggia anniversari, il giorno in cui ci si dimentica del male e si ricorda solo il bene. La prima sensazione è di fastidio: ho sempre tollerato poco il chiasso, la sguaiataggine dei momenti topici delle agende mondane, in cui la fede sembra più un intoppo che un aiuto: si guarda l’orologio e si muore dalla voglia di uscire dal tempio, il luogo strano dei silenzi incomprensibili e delle formule ancora più astruse. C’è un abisso tra l’atmosfera del sacro e quella delle frasi da osteria, ma il confine, in questi casi, è così labile che non sembra esserci distanza, come se Dio fosse sceso a brindare in qualche bettola in cui si canta e si bestemmia. Gesù, in effetti, ha fatto questo, suscitando il rimprovero degli avversari, sempre in cerca di critiche e di scandali: per questo il fastidio è una pellicola che è possibile tirare via, lasciando il posto all’ennesimo ricordo di don Mario, il saper stare tra la gente più semplice, l’ascoltare le parole della pancia, anche piena e ubriaca, degli ultimi invitati. La fatica diventa meno improba quando in mezzo ai crocchi si fa strada quel suo sguardo, che sempre di più si sovrappone allo sguardo di Gesù: anche adesso che squillano i clacson delle auto, nell’esplosione dell’euforia più sgangherata, il cuore si spalanca a qualche ignoto incantesimo, assapora la gioia del superarsi, del leggere tra le righe storte del mondo un antichissimo progetto, perduto nella notte del tempo: e vide che era cosa molto buona, sesto giorno. La vita ha senso, mi viene da pensare, solo in questo scorcio che provoca vertigini, in questo squarcio nel tempo, che lascia intravedere la luce rarefatta dell’eternità. Da questa angolazione, perfino le risate e le battute indecenti, le pacche violente sulle spalle, sono canti di angeli e santi, è l’alleluja del mondo.

Confidenza


Confidenza col cielo, con i santi, con gli angeli: è un segno dell’amore, una conferma che tutto è relazione, e che la vita dipende dalla qualità di questa relazione. Pregare è mandare un bacio, un saluto, soffermarsi un momento sui fili che ci legano all’eterno.