Archivi autore: sparzani

Ancora attorno alla via Canonica

di Antonio Sparzani

In via Canonica (continuando questo passeggiare) c’è naturalmente la farmacia Canonica, che ha la bella abitudine di essere aperta quasi sempre, chiude nelle più buie ore della notte, ma domenica e vacanze non ne conosce, anche oggi, che è il Lunedì dell’Angelo è bellamente aperta, mentre per trovare un bar aperto, per bere il mio gin-seng, devo girare un po’. Il difetto di questa farmacia è che non vogliono i cani, neanche quelli belli come Jim. Un giorno che l’ho portato con me ben legato al guinzaglio, il farmacista grande capo mi ha redarguito e mi ha mostrato sul suo smart il filmino di Jim che faceva pipì su un basso scaffale. Ma, dico io, invece di perder tempo a fare il filmino, non poteva gridarmi allora di stare attento? Mah, non si sa mai con i farmacisti.
E poi c’è l’altro mistero del gin-seng: ormai quasi tutti i bar lo fanno, tranne pochissimi, e tutti hanno ormai l’apposita macchinetta, tipo espresso, ma dedicata solo al gin-seng; la cosa che non capisco io è come mai c’è tutta una varietà di sapori e densità diverse. Ma non è sempre la stessa macchinetta? Naturalmente ora ho una chiara classifica dei bar della zona e ce n’è uno che è il mio preferito, fa il mio gin-seng preferito, e fa anche la relativa tesserina con dieci quadratini così che quando ne hai bevuti dieci, l’undicesimo è gratis. Continua a leggere

Dialoghetto famigliare di compleanno

di Antonio Sparzani

La famiglia Lampetti è formata dalla madre, matematica pura, dal padre poeta e dal figlioletto dodicenne Carletto, per nulla timido e curioso d’imparare. Un giorno – è il compleanno del padre – viene in visita lo zio Fiorino, fratello della madre e noto come filosofo un po’ rompiscatole, e si aspetta anche l’arrivo degli amici coniugi Baluba, con il loro figlio Lamberto, amico da anni di Fiorino, ma anch’essi assai affezionati ai Lampetti. La signora ha cucinato con le sue mani una stupenda crostata di mele, da abbinare ai raffinati tè che il signor Lampetti sempre serve ai suoi ospiti,
Saranno dunque in sette a mangiare la crostata e occorrerà dunque dividerla in sette parti uguali, se no sai che mugugni. La mamma pone il problema a Carletto che subito, ben fiero del suo sapere, dice che basta dividere uno per sette.

Madre: “Coraggio, bimbo mio” Continua a leggere

La Signora Adele

di Kika Bohr
Questa mattina, camminando al parco tra le foglie secche, guardando le meravigliose chiome gialle dei tigli e rosse degli aceri e i rami spogli che spuntano sopra il fogliame, mi sono sentita propensa ad evocare ricordi belli. E improvvisamente mi è venuta in mente la Signora Adele: “Adeladle” come la chiamava la bambina del primo piano. La nostra vicina di pianerottolo Salvagni Adele come stava scritto sulla casella delle lettere. Sulla sua porta in fondo al ballatoio invece non c’era scritto nulla, non c’era il campanello, le persiane sempre chiuse erano foderate con carta di giornale. Per salutarla quand’era in casa si doveva bussare forte perché era un po’ sorda. Ma non era spesso in casa perché andava al parco con la sua borsetta nera, un po’ di rossetto rosa e un cappello di lana a turbante grigio, e si sedeva a guardare la gente che passava. Continua a leggere

5
0

Un pezzetto di Milano

di Antonio Sparzani

Tempo fa, ancora in tempo di Covid, Fabrizio pubblicò qui uno dei suoi fulmini mattutini dal titolo sorridere. A me piacque molto e commentai, lamentando che la mascherina impedisse di vedere e di far vedere il sorriso, che è una cosa così bella, quand’è un sorriso vero, non di pietà o di scherno o chissà di che altro. Ripresi poi qui l’argomento, parlando di Planck che sorride a Schrödinger.
La storia del sorriso non mi è passata di testa e oggi ve ne parlo così.

Abito a Milano nelle vicinanze della via Canonica – resa celebre da Jannacci, ricordate Veronica, “il primo amor di tutta via Canonica, con te non c’era il rischio del platonico”, ecc. – e la mattina spesso faccio un giro per comprare giornale e altre cose varie, e ho imparato a guardare la gente, Continua a leggere

10

Le parole della scienza 4: che forza!

di Antonio Sparzani

Ercole Farnese

La terza puntata qui, dove sono indicate anche le prime due. Ricordo che un’altra parola importante, “energia”, l’avevo già esaminata qui.
Vorrei ora invece parlarvi della parola “forza”, che tanto posto occupa sia nel linguaggio naturale che nella scienza, fisica e non solo, anche chimica, biologia, ingegneria, ecc. Ripeto per l’ennesima volta che la scienza, e la fisica in particolare, su cui mi vorrei concentrare, pesca nel linguaggio naturale le parole che più le aggradano, bloccandone però inevitabilmente il significato ad una denotazione precisa.
Non vorrei risalire troppo indietro nell’etimologia della parola (ma il lettore curioso e appassionato di linguistica può sempre guardare qui)
Vorrei invece citare uno dei primissimi usi nella nostra lingua, che risale, guarda caso, a Dante che nel Convivio, terzo capitolo, parla, tra le molte cose, della nostra terra e del potere che essa ha di comunicare un forte e nuovo potere a chi le si affida, sentite: Continua a leggere

Le parole della scienza 2: dal consolato alla funzione

2 Consoli dell’antica Roma


di Antonio Sparzani

Qui la prima puntata di questa ricerca. Voglio ora considerare un’altra parola chiave in tutta la matematica ma anche nella scienza e nella vita più in generale. E poi questo verbo considerare è così bello perché contiene le stelle – sidera – , il verbo è infatti identico alla sua forma latina considerare, e fu usato in una prima fase dai marinai che intendevano (e giustamente) guardare attentamente le stelle per orientarsi e soppesare bene la rotta da seguire. La parola però di cui voglio chiedere a certe stelle è funzione.
Per capire una nuova idea occorre soppesarla a lungo, bisogna arrivare a mangiarla, cantava Gaber, bisogna guardarla da tutti i lati possibili, aprirne la storia, e quindi provare a usarla. Se quindi mi metto a seguire la storia della parola scopro che anche qui occorre ricorrere al latino (per non andar più lontano) e seguire poi quella serie di slittamenti di significato — cui anche la matematica ha contribuito – che hanno portato al significato moderno.
Tutto parte dal verbo latino fungor, Continua a leggere

Combattere il nazismo da dentro? Arriva Planck

di Antonio Sparzani

Max Planck (1858-1947)

Vi riscrivo qui l’esatto seguito di quanto scrive Heisenberg dopo aver dato conto del dialogo con lo studente:

Il mio visitatore si alzò per andarsene; lo trattenni offrendomi di suonare l’ultimo movimento del concerto di Schumann. Egli accettò volentieri, e quindi ci congedammo da buoni amici.
Nelle settimane successive, le interferenze della politica nella vita universitaria si fecero via via intollerabili. Levy, un mio collega di matematica, perse il posto malgrado i suoi meriti di guerra. Ciò suscitò un’indignazione tale – soprattutto tra i colleghi più giovani: ho in mente ad esempio Friedrich Hund, Karl Friedrich Bonhoeffer e il matematico B. L. van der Waerden – che pensarono di dare le dimissioni e di far pressione sugli altri colleghi affinché facessero altrettanto. Prima però di fare un passo tanto grave decisi di chiedere consiglio a qualcuno più anziano di me e di cui potessi fidarmi completamente. Presi quindi un appuntamento con Max Planck e andai a trovarlo a Berlino, al Grünewald.
Planck mi fece entrare in un soggiorno un po’ cupo, ma comodo e piacevolmente antiquato: mancava solo, per completare il quadro, un lume a olio sul tavolo. Planck mi sembrò molto invecchiato dall’ultima volta che l’avevo visto [si tenga presente che Planck era nato nel 1858, dunque aveva 75 anni, n.d.r.]. Le rughe si erano fatte più fonde sul suo viso fine e ben modellato; sorrideva a stento, di un sorriso doloroso. E sembrava terribilmente stanco.

Continua a leggere

Combattere il fascismo da dentro? #2

di Antonio Sparzani

Werner Karl Heisenberg


e questa è la seconda metà del dialogo, pubblicato qui, tra Werner Heisenberg e un suo studente verso la metà del 1933, quando Hitler era già al potere da gennaio:

W.H. Si direbbe che non parliamo la stessa lingua”, dissi per cercare di calmarlo. “Cercherò dunque di spiegarmi più diffusamente. In primo luogo, ho visto che paesi quali la Danimarca, la Svizzera e la Svezia vanno avanti benissimo anche se non hanno vinto guerre da cent’anni e non hanno un grande esercito. Questi paesi riescono a preservare la loro specificità nazionale malgrado dipendano in parte dalle grandi potenze. Perché non dovremmo tendere anche noi in questa direzione? Potrebbe obiettare che la Germania è una nazione molto più grande ed economicamente più forte della Svizzera, e che quindi dovremmo avere un’influenza all’estero proporzionalmente maggiore. lo però vorrei considerare la situazione secondo una prospettiva più ampia. Il mondo sta cambiando in un modo che mi ricorda l’Europa alla fine del Medioevo, quando i progressi della tecnica, e soprattutto la comparsa delle armi da fuoco, fecero si che castelli e città perdessero la loro indipendenza politica, Continua a leggere

Combattere il fascismo da dentro?

di Antonio Sparzani

Werner è il terzo da sinistra in prima fila, tra Bohr e Pauli

In tempi tristi come questi, in cui nel nostro Bel Paese governa la destra più destra che abbiamo e in particolare un partito che proviene direttamente – attraverso successivi cambi di nome – dal MSI, dichiaratamente fascista, mi viene spesso da interrogarmi su come ciò sia stato possibile nel 2022 (per aggiungere ridicolo all’orrore, centenario della marcia su Roma, avallata allora, lasciatemelo dire, dal maledetto Savoia di turno sull’italico trono), indagando magari come ciò sia avvenuto in altri casi forse (forse) anche più clamorosi di questo. Per cui proseguendo la riflessione e il racconto già qui presenti sull’inizio del nazismo e sugli scienziati che se ne andarono e quelli che restarono, cerco di mantenere la promessa fatta qui di esaminare il caso di Werner Heisenberg che fu uno di quelli che, a differenza di Erwin Schrödinger che se ne andò immediatamente dalla sua prestigiosa cattedra berlinese, restò invece sulla sua cattedra universitaria di Lipsia, entrambi, s’intende, ariani purosangue.
Per fare questo non trovo nulla di meglio che riportarvi qui un brano di una specie di autobiografia di Heisenberg, nella quale egli si sofferma accuratamente sulla sua difficile scelta Continua a leggere

Primi passi del fascismo nel dopoguerra

di Antonio Sparzani

A partire dalla tenera età di 3 anni (aprile 1945) e fino alla laurea (1964) ho abitato a Desenzano del Garda, ridente cittadina – così si dice nelle migliori occasioni – sul fondo dell’assai frequentato in estate, soprattutto dalla gioventù tedesca, Gardasee. Era il primo dopoguerra, tempi non facili, poco da mangiare, difficoltà di vario genere, stanze da letto non riscaldate, i miei facevano “i conti” tutte le sere appena dopocena, ma cercavano di non far mancare niente al piccolo di casa, che prima dei pasti sempre prendeva l’Amaro Medicinale Giuliani, per crescere bene e forte. La mia famiglia, prima della guerra aveva senz’altro aderito a quel regime ventennale che tutti sappiamo; soprattutto mio padre, che aveva un buon posto nell’allora esistente Ministero delle Corporazioni – ministero bellamente abolito dopo la guerra, lasciando mio padre del tutto all’asciutto e senza più un lavoro possibile. Continua a leggere

Energia

di Antonio Sparzani

Diogene Laerzio

[mi permetto di ripetere qui, con opportuni aggiornamenti e aggiunte, un post che avevo pubblicato su Nazione Indiana 15 anni fa, dato che di questi tempi il termine “energia” mi pare essere fortemente tornato alla ribalta, date le varie vicende del petrolio, del gas e tutte le altre fonti, rinnovabili e non, di questa cosa che chiamiamo energia: ma che cos’è esattamente?]

Come ci riferisce Diogene Laerzio (III sec. d.C.), allorché nelle sue Vite dei Filosofi parla del grande Epicuro (IV-III sec. a.C.), nell’antichità, ma anche – aggiungerei – poi nel Medioevo, si dibatteva del singolare tema se il piacere fosse connesso necessariamente col movimento o se consistesse semplicemente nell’assenza di dolore (piacere catastematico, ovvero calmo e stabile). Diogene osserva che, a differenza dei Cirenaici che “non ammettono il piacere catastematico, bensì soltanto quello che consiste in un movimento”, Epicuro li “ammette entrambi, quello della mente e quello del corpo”. E infatti, entrando poi nel merito della dottrina epicurea, Diogene cita esplicitamente la seguente affermazione di Epicuro:

“Infatti, l’imperturbabilità e l’assenza di dolore sono piaceri catastematici, mentre la gioia e la letizia sono viste come piaceri in movimento e in azione” (1)

Questa locuzione “in azione” è, nell’originale, (energeìa), dove la parola vale ‘attività’, qualcosa comunque di dinamico. Continua a leggere

Un raro sorriso

di Antonio Sparzani

Tra le mattutine brevissime Lodi che Fabrizio ci suggerisce giustamente all’alba, quella sul sorriso di circa un anno fa mi torna in mente ogni tanto per quel suo intenso parlare del sorriso come “cuore aperto che fa spazio”. Io mi ero un po’ dilungato sul sorriso del mare, qualche tempo fa, qui . Ora però vorrei aggiungere qualcosa che non riguarda il mare: la prima cosa, lo dico en passant, è l’immortale sorriso di Afrodite, celebrato da Saffo, ricordate

“giunsero tosto; tu, beata, quindi,
il viso illuminato d’immortale
sorriso, mi chiedesti ancor ché soffro
e ché ti chiamo”

che avevo riportato qui (nella traduzione adolescenziale sparzica), nel lontano 2009: nulla, si sa, eguaglia il sorriso immortale della dea della bellezza.

Bene, ecco la seconda cosa, il – lieve – sorriso che vedete profilarsi sul volto del personaggio a sinistra nell’immagine qui sopra non è certo quello di una dea, Continua a leggere

Pensieri sparsi (o forse sparzi…), di Antonio Sparzani

Sempre meno capisco di politica; quand’ero ventiseienne sessantottino mi pareva di avere tutte le mie brave certezze della sinistra extra extra (per fortuna mai quella clandestina, che portò all’esperienza delirante delle BR) con tanti compagni, manifestazioni, riunioni, piccole lotte locali, nel mio caso quelle studentesche delle facoltà scientifiche milanesi e via così per qualche anno. 

Allora c’erano nemici chiari e distinti, i fascisti, i democristiani, per qualche aspetto anche i socialisti e i comunisti di stretta osservanza pci. Le cose e le idee sembravano chiare e distinte, le contrapposizioni quasi ovvie, poche, certo troppo poche, le sfumature. Se faccio un bel salto di mezzo secolo abbondante arrivo all’oggi. Continua a leggere

Stanotte ho sognato due neutrini

di Antonio Sparzani
copertina II ed. Jung-Pauli
Il titolo di questo post è lo stesso che Giulio Giorello diede alla sua recensione del volume di cui voglio parlare, e ha il pregio di mettere insieme due fatti: prima di tutto che Wolfgang Pauli – straordinario fisico del Novecento dalla giovinezza dissipata – quando si decise, su consiglio del padre, illustre accademico austriaco, ad andare a farsi curare le sue dissipatezze – scelse Carl Gustav Jung, pure lui residente a Zurigo e cominciò l’analisi raccontandogli (in una prima fase ad una sua assistente) più di un migliaio di sogni che Jung accuratamente raccolse e studiò. E la seconda cosa cui allude il titolo giorelliano è che Pauli fu colui che per primo, su basi puramente teoriche, fin dagli anni Trenta ipotizzò l’esistenza di una particella, assai piccola ma non nulla, cui venne poi dato il nome di neutrino. La conferma sperimentale dell’esistenza del neutrino si ebbe solo nel 1956: un grande successo per il Nostro che raccattò subito una banda di amici e tutti insieme andarono a festeggiare in montagna, ovviamente con abbondanti libagioni. Continua a leggere

Nel giardino dell’amore

di Costanza Lunardi

Enrico Salfi, Cantico dei Cantici, 1900-30 ca


[La mia cara amica d’infanzia Costanza Lunardi, da tempo pubblicava sull’edizione bresciana del Corriere dei deliziosi quadretti letterari attorno al mondo delle piante, adesso quella rubrica è stata chiusa per ragioni economiche; io sono felice di averla convinta a passarmene qualcuno di nuovo da pubblicare qui. a.s.]

“Io sono un fior di campo/ sono il giglio delle convalli….Come un giglio tra i rovi,/ così l’amica mia tra le fanciulle./”

Cantico dei cantici (2, 1-2). Il canto altissimo. Il canto del giardino. Dove l’amore chiamando a raccolta il creato, definisce, grazie al dialogo continuato tra i due amanti, un confine intorno alla bellezza, che la tensione travalica con la pienezza del desiderio, oltre colline e deserti. Le analogie del canto biblico, attribuito al IV secolo a.C., variando nel ritmo della natura, fioriture e frutti, sapori e profumi, addensano una sensuale polifonia cosmica intorno alle figure dei due amanti. Giardino nel giardino, forse richiamo all’Eden perduto quello cui viene paragonata l’amata, “sei un orto conchiuso/ bella mia/ una sorgente sigillata, occulta..” (4, 12), che nutre melograni, nardo, croco, aloe, e “tentanti balsami”. Luogo sacro da proteggere e da cui l’amante teme di essere escluso. Il giardino dell’amore è un richiamo al bisogno di nutrimento, tra linfe che scorrono nella natura, baciati sorrisi tra labbra e guance di melagrana, albe a scoprire se fioriscono i meli, notti per fuggire come cervi “sui monti profumati” (2, 17).

[la traduzione del Cantino dei Cantici è quella di Cesare Angelini, che appare nell’edizione Einaudi, Torino 1973.]

Dante, Forese e Bonagiunta

di Antonio Sparzani

UNSPECIFIED – CIRCA 2002: The meeting between Dante and the poet Forese Donati (1250-1296), scene from Canto XXIII of Purgatory from The Divine Comedy, by Dante Alighieri (1265-1321), inscription from the Archbishop of Milan, miniature, manuscript plut 40 pp 176,15th century. Florence, Biblioteca Medicea Laurenziana (Laurenziana Library) (Photo by DeAgostini/Getty Images)


Qui vi avevo proposto la seconda parte della tenzone con Forese Donati, cominciata qui su Nazione Indiana: avevo preannunciato che Dante avrebbe riincontrato Forese nel Purgatorio e infatti ciò accade nel XXIII canto (vedi qui) e prosegue nel XXIV, che qui vi presento. Dante è affettuosamente amico di Forese, malgrado le (apparenti, ma rituali) ingiurie che si scambiarono nella tenzone, e tiene a parlare con lui del “nuovo stile” di poetare, trovandone l’occasione nel personaggio di Bonagiunta da Lucca, che pure sta lì tra i golosi. Di lui non si sa molto, se non che fu una specie di mediatore tra la poesia siciliana (ricordate il contrasto di Cielo d’Alcamo, Jacopo da Lentini e tutti gli altri?) e la nuova scuola toscana dello stil novo appunto. Come vedrete leggendo questi versi, Dante approfitta di Forese anche per chiedergli notizie della sorella Piccarda, che già sta in Paradiso per i suoi molti meriti, mentre non osa chiedergli del fratello Corso, il molto intraprendente capo dei Guelfi Neri a Firenze, responsabile della rovina della città e della cacciata definitiva di Dante da Firenze; Continua a leggere

Una bellissima briganta

di Antonio Sparzani

Michelina Di Cesare vista da Kika Bohr

Io ho frequentato la scuola elementare tra gli anni quaranta e cinquanta e poi le medie e il liceo, arrivando alla maturità (cosiddetta) nel 1960. In tutti questi anni, a più riprese e con più o meno profondità mi è stata insegnata la storia, che era soprattutto storia d’Italia, con grande enfasi sul Risorgimento, culminato con l’unità infine raggiunta sconfiggendo i biechi regimi sia di Francesco II, re delle due Sicilie, sia dell’altro Francesco (Franz-Joseph) imperatore d’Austria e Ungheria. Che bello che bello, tutti sotto i veri nostri re, i ben noti Savoia, finché naturalmente – 86 anni più tardi e finalmente – questi non sono stati opportunamente allontanati con il famoso referendum, così che andarono a rifugiarsi, con tutto l’oro che riuscirono a portarsi dietro, nell’amato Portogallo di Carmona e Salazar. Continua a leggere

Dante incontra Bertran del Born

di Antonio Sparzani


Dal canto II dell’Inferno, di cui ho parlato qui, salto al XXVIII: che Dante ben conoscesse la letteratura che l’aveva di poco preceduto non v’è dubbio. Ho già accennato alla sua frequentazione di Arnaut Daniel e oggi vorrei scrivere invece di un altro trovatore in lingua d’oc, Bertran del Born, che Dante colloca all’Inferno, e non in una bella situazione. E ciò presenta qualche stranezza perché in due delle sue opere cosiddette “minori” il poeta ne parla bene. Continua a leggere

1
1

Dante: il pane nel Convivio e “lo naturale amore alla propria loquela”

di Antonio Sparzani

una spiga d’orzo


Dante morì stanotte, settecento anni fa, della malaria contratta sulla strada che percorse andando a Venezia. Con la testarda idea di ricordarlo sempre e comunque, voglio oggi ricordare che dopo le molteplici e multiformi rime di cui ci siamo occupati (l’ultima qui) egli si dedica, secondo quanto egli stesso afferma, a cose leggermente più serie. Il Convivio è un vero convito, nel quale l’autore dibatte un tema che gli sta sommamente a cuore: quello della lingua. Come vedrete se avrete la pazienza di leggere i brani che ho scelto dal trattato primo dell’opera, si parla molto di pane, ovvero del cibo di quel convito, che non è il pane raffinato bianco di puro frumento (noi diremmo di farina doppio zero), perché quello rimane il latino, la lingua dei dotti, di quelli che se lo possono permettere, non della gente comune, della maggioranza delle persone che non se lo possono invece permettere, ma è “quello pane orzato del quale si satolleranno migliaia, e a me ne soperchieranno le sporte piene” (guardate la fine del capitolo XIII). Continua a leggere

Educazione sentimentale #5

di Antonio Sparzani


Più volte ho scritto qui e altrove su quella cosa che ho chiamato, forse un po’ troppo genericamente “educazione sentimentale” e che comunque credo rivesta un’importanza fondamentale nella vita di ognuno di noi. Ho parlato delle letture giovanili, che ritengo siano state importanti per me, “I ragazzi della via Pal” di Ferenc Molnár e, qualche anno dopo, “Tre camerati” di Erich Maria Remarque. Ma più invecchio e più mi convinco che questa cosiddetta educazione sentimentale prosegua in verità per tutta la vita, con forme varie, letture, frequentazioni, relazioni amicali ed amorose, sventure e avventure.
Verso la fine degli anni ’90, più di vent’anni fa e già ero cinquantenne, ho scoperto uno scrittore italiano ormai celebre Continua a leggere