Archivio mensile:Novembre 2023

La Signora Adele

di Kika Bohr
Questa mattina, camminando al parco tra le foglie secche, guardando le meravigliose chiome gialle dei tigli e rosse degli aceri e i rami spogli che spuntano sopra il fogliame, mi sono sentita propensa ad evocare ricordi belli. E improvvisamente mi è venuta in mente la Signora Adele: “Adeladle” come la chiamava la bambina del primo piano. La nostra vicina di pianerottolo Salvagni Adele come stava scritto sulla casella delle lettere. Sulla sua porta in fondo al ballatoio invece non c’era scritto nulla, non c’era il campanello, le persiane sempre chiuse erano foderate con carta di giornale. Per salutarla quand’era in casa si doveva bussare forte perché era un po’ sorda. Ma non era spesso in casa perché andava al parco con la sua borsetta nera, un po’ di rossetto rosa e un cappello di lana a turbante grigio, e si sedeva a guardare la gente che passava. Continua a leggere

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Disinnescare da dentro. La testimonianza di Etty Hillesum

di Raffaela Fazio

Etty Hillesum, giovane ebrea olandese morta ad Auschwitz nel novembre del 1943, risponde alla guerra, o meglio all’odio che la guerra comporta, con un duplice movimento di disinnesco, interiore ed esteriore: 1) un profondo scavo introspettivo per estirpare dentro di sé le radici delle pulsioni negative (le stesse che si riconoscono negli altri), superando quei sentimenti “a buon mercato” e non risolutivi come il rancore e il desiderio di vendetta, e mantenendo vivo il senso di gratitudine, di fiducia e di accettazione, accettazione che non è rassegnazione o fatalismo, ma capacità di trasformare la prova in forza, in energia costruttiva e benevola; 2) un’appassionata, quotidiana dedizione agli altri, nella consapevolezza di ciò che ogni scelta implica e nell’incrollabile amore per l’umanità, nonostante le aberrazioni e le atrocità del suo tempo. 

Etty guarda in faccia il dolore e non si tira indietro. Vuole esserci. Vuole essere là, per condividere il destino della sua gente, alleviandone come può la sofferenza e testimoniando fino in fondo che “la vita è bella e ricca di significato” e che “ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo rende ancora più inospitale”.

A mio parere, il messaggio di Etty non solo è sempre attuale, ma è anche sempre attuabile se si coglie il suo fulcro: non preoccupiamoci di cambiare il mondo, ma pensiamo a cambiare noi stessi. Cambiare noi stessi è sempre possibile (per quanto richieda un lavoro costante): questa è la nostra vera libertà. Una libertà che nessuno, in nessuna circostanza, potrà mai sottrarci. Il resto poi verrà.

 *

(per Etty Hillesum)

Dentro
mi porto tutto
anche a fatica, col fiato corto.
La vita, una cesta piena
sino alla fine.
E se interrotta
farò il mio meglio
sulla soglia di un’altra stagione
passerò – staffetta –
il testimone.

Raffaela Fazio
da Gli spostamenti del desiderio (Moretti&Vitali, 2023)

Qui, il link a: “Versipelle. Poesie di guerra e di pace. Raffaela Fazio e Etty Hillesum” (15/11/2023)

https://www.youtube.com/live/chvFyl__ZQs?si=lURcPwnnZ25vmJMp

La Spagna in lettere, di Annelisa Addolorato. Clara Janés (terza parte)

di Annelisa Addolorato

Il post di novembre lo dedico, facendole anche gli auguri di buon compleanno (la scrittrice spagnola compia gli anni in novembre), di nuovo a Clara Janés (quest’anno per la terza volta). E do spazio anche alle parole di Youssef Bissani, che recentemente ha discusso a Barcellona la sua tesi di dottorato, intitolata Presencia del sufismo en la poesía española contemporánea (presso la Universitat de Barcelona), in cui ha dedicato un’ampia parte del testo all’opera della scrittrice, poetessa, traduttrice e intellettuale spagnola, da sempre versata riguardo a misticismi occidentali e orientali, sia come traduttrice che come scrittrice. Traduco dallo spagnolo le sue parole: “L’opera di Janés è un invito al dialogo tra le diverse tradizioni e culture. Attraverso le sue poesie, saggi o traduzioni, esiste la volontà di avvicinarsi all’altro e svelare i segreti delle altre culture. In  fondo, si tratta di uno modo di cercare questa unità nella molteplicità che caratterizza le esperienze mistiche, poetiche e amorose. Continua a leggere

La parola ai poeti. Antonella Sica

Sono stata, come tanti, un’adolescente triste e solitaria. Ricordo che mi sentivo quasi condannata ad essere un’osservatrice silenziosa delle vite degli altri, come il Tonio Kröger di Thomas Mann che ai margini della sala da ballo, nella penombra, osserva i ragazzi e le ragazze “dagli occhi azzurro-acciaio” volteggiare nella loro giovinezza senza pensieri.
Un verso che, in quel capitolo della mia vita, mi ossessionava era la chiusa di Falsetto di Montale: “Ti guardiamo noi, della razza di chi rimane a terra.”
Questa attitudine a osservare, quel vuoto di me, è diventato negli anni la mia più grande ricchezza. Ho lavorato per anni come filmmaker; avvolta nella placenta di una sala di montaggio mi sentivo a mio agio, trascorrevo ore a mettere in relazione fra loro le immagini, a meravigliarmi di quanto potesse mutare il senso del lavoro mutandone la posizione, la durata, il ritmo. Il montaggio, per me, è poesia. Continua a leggere

La parola ai poeti. Maddalena Pezzotti

La poesia è una risposta a un impulso atavico che procede dalla fondazione del pensiero e le domande cardine sul senso dell’esistenza e le possibilità della conoscenza. Parte della condizione umana, la poesia è connessa al nostro destino – fragile, precario, incerto. Nell’età arcaica, era attributo degli oracoli degli dei, Apollo a Delfi o Zeus a Dodona, ma prima del pantheon patriarcale, a Delfi, e altri centri, gli oracoli erano di divinità femminili: Gea, dea primordiale della terra, Febe e Temi, sue figlie, una dea dell’intelletto e l’altra della legge naturale. La mediazione fra i piani del terreno e l’ultraterreno, compreso l’inframondo, la decrittazione dei segni della natura, l’esegesi del futuro, la rivelazione degli arcani del passato e del presente, si dava in versi, in esametro omerico. Era chiaro ai greci il valore sapienzale della poesia, espresso nella configurazione di inni, poemi epici e tragedia. Continua a leggere

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La parola ai poeti. Sarah Talita Silvestri


Kai palin katakypsas egraphen eis ten ghen

E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
Gv. 8,8

Dover parlare di poesia genera in me sempre del disagio, associato alla consapevolezza dei miei limiti e della mia inadeguatezza sul tema. È come se non riuscissi a dire in modo esaustivo quello che davvero vorrei dire a riguardo. Una luce ad intermittenza, un respiro, una sparizione, una magia, tutto e niente.

 Non so perché mi sia venuto in mente quel versetto di Giovanni, inserito nella pericope della peccatrice perdonata, celebre per la durezza e la verità di quelle parole, che alla condanna sostituiscono l’esame interiore di sé, che al furore e alla violenza sostituiscono la misericordia per la condizione umana: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».  Continua a leggere

Lucerne nella luce, di Lucio Brandodoro


Qual è il mio peso?

[Mt 25,31-46]

?Il grande affresco raccontato da Matteo parte da un termine: gloria.

In ebraico, gloria è kabod e kabod si può tradurre con peso.

Dunque siamo nel tempo in cui il peso si manifesta. È il tempo in cui viene presa in considerazione la consistenza, ciò che conta di ognuno, della realtà.

Subito appare chiaro che ciò che conta è il fare o il non fare.

Ciò che avete fatto..” e “ciò che non avete fatto…”

Questo è il peso che viene dato ad ognuno. Non conta come ci si è comportati verso Dio o verso il culto, conta solo ciò che abbiamo fatto o non fatto verso uno dei più piccoli.

Non si tratta di compiere una certa azione in se stessa, quanto piuttosto di vedere l’altro come termine del nostro agire o come mezzo per ottenere una ricompensa. Prova ne è la meraviglia con cui i due gruppi rispondono: “Quando ti abbiamo visto?” Chi non ha esitato ad avvicinarsi al povero, al nudo, al carcerato, non aveva la consapevolezza di avvicinarsi al re. Semplicemente ha visto qualcuno che aveva bisogno di lui o di lei in quel momento. L’altro era visto come fine del proprio agire, non si chiedeva nessun ritorno per questo.

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La parola ai poeti. Patrizia Baglione


E c’è che vorrei il cielo elementare azzurro come i mari degli atlanti

la tersità di un indice che indica questa è la terra, il blu che vedi è mare.

Pierluigi Cappello

Questi versi di Cappello cui sono molto legata – mi accompagnano in lunghe passeggiate nelle vie dell’eterno. Versi indelebili. Tatuati fino all’ultimo strato di pelle. In fondo è a questo che serve la poesia: a condurci in luoghi sospesi, senza tempo, nel vuoto più assoluto che si trasforma in pieno. Una linfa che scorre tiepida all’interno, che non brucia, ma fa parte del corpo stesso. Un’amica a cui confidare le cose più tenere e disgraziate. Una compagna fedele negli anni avvenire. Delude poco, se non pochissimo. Ti resta accanto mentre tutto il resto del mondo prova a sbriciolarsi sotto i piedi. La poesia è azzurra. Il mio colore preferito. Celeste, come i mari del poeta. Celeste, come tutta la mia infanzia. Sognare ad occhi aperti, continuare a farlo anche di notte. La poesia è soprattutto sfinimento. Andare a dormire a tarda ora senza far riposare neppure le stelle. Cantare l’alba. Chiedersi – poi in fondo – a cosa porti tutto questo.
A viversi davvero
È dunque la risposta.

Patrizia Baglione Continua a leggere

In memoria Christian Bobin ( 1951-2022)

Ce qui parle à notre
cœur-enfant est qu’il
y a de plus profond.
J’essaie d’aller par
là. J’essaie seulement.

Ciò che parla al nostro
cuore bambino è cosa
più profonda.
Cerco di raggiungerlo.
Ci provo soltanto.

Christian Bobin

Prima di partire

a C.B.

Imparare a accarezzare un gatto, imparare io sono io
e tu sei tu, imparare il mondo è mio, imparare non è
così, imparare il tempo delle cose, imparare il mio
tempo, imparare che quando il gatto dorme dorme,
imparare a dormire anche io

Stefanie Golisch

Oggi, un anno fa, è morto lo scrittore e poeta francese Christian Bobin.
Il quadro è di Janet Sobel.

Nelle braccia


Addormentarsi nelle braccia di Gesù: così ci si prepara alla morte. Non bisogna lasciarsi sorprendere dal buio, ma entrarci con Colui che ha detto: Io sono la Luce. Non c’è da aver paura, mano nella mano con l’Altissimo.

Appena cominciato


Il bello di Gesù è che è senza limiti. Noi fatichiamo a fare il bene, ci sembra di esaurirlo, di svuotarci, di non averne più per niente e per nessuno. Gesù, al contrario, è sempre lì che dona senza sosta, come un mare di cui non s’intravede il fondo, come un cielo che sembra spegnersi sulla linea d’orizzonte e invece è appena cominciato.

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L’Atlante dantesco di Gianluca Barbera

Atlante dantesco di Gianluca Barbera
Una guida ai luoghi dell’Alighieri e della Divina Commedia

Intervista all’autore di Guido Michelone

In questi ultimi mesi lo scrittore reggiano Gianluca Barbera (classe 1964), oltre i romanzi in cui indaga le vite di celebri esploratori e i misteri dell’Italia contemporanea, si dedica anche ai due maggiori letterati del nostro Paese – Dante Alighieri e Alessandro Manzoni – analizzandoli secondo una prospettiva insolita almeno per quanto concerne la critica tradizionale, ovvero i posti abitati e gli spazi fisici sia concreti sia immaginati nel caso di Dante, che costruisce il proprio capolavoro – La Divina Commedia – architettando Inferno, Purgatorio e Paradiso mediante paesaggi fantasiosi anche se spesso crudamente realistici. Gianluca Barbera in quest’intervista inedita si rivela disponibile a raccontare il primo dei due volumi. Continua a leggere