Archivio mensile:Febbraio 2023

Davide Cortese, Zebù bambino Terra d’ulivi edizioni, 2022. Con una missiva di Giorgio Linguaglossa

Caro Davide,

ho letto in questi giorni la tua silloge e ne sono rimasto sorpreso, ammaliato dalla ariosa cantabilità delle poesie; tu sai trascinare il lettore con grazia aristocratica nelle spirali sinuose dei versi brevi (settenari e novenari) arricchiti da rime alterne mai telefonate e sempre esattamente calibrate al gioco fonico; tu, come il pifferaio di Hamelin, sai modulare le note voluttuose e smemoranti per poi all’improvviso spalancare davanti al lettore il precipizio del coinvolgimento liquoroso, psicologico, empatico. L’onirico è sempre intessuto con il simbolico, con il quotidiano e con lo psicologico; in un certo senso così ringiovanisci il quotidiano in quanto lo rivesti di nuovo simbolico. Queste 21 poesie sono ventuno salvataggi nel mare in tempesta del cattivo gusto oggi imperante e della mala grazia del nostro tempo. Ma dove conduce il viaggio? Le figure che si susseguono in visionarie fantasmagorie (specchi, statue, ombre, arabeschi e merletti) sono in realtà tutti miraggi, illusioni della Musa sapiente. Già il titolo, Zebù bambino, è quasi un gioco fiorito, un gioco infantile, ma quanta verità nel tuo gioco, quanto mistero in quell’enigma! Riaffiorano immagini ed echi di antica esoterica psicocosmica poesia, ritornano alla mente, in filigrana, le strofe brevi del più grande lirico del novecento: Sandro Penna, ma come rivisitate e posposte nel nostro tempo post-utopico e post-storico. Forse il sigillo più accattivante di questa tua silloge sta proprio nella capacità che hai di trasfigurare le situazioni solitarie del “poeta fingitore” in una nuova poesia delle situazioni quotidiane.

 

(Giorgio Linguaglossa) Continua a leggere

La parola ai poeti. Enrico Fraccacreta

 

Prima del canto

L’Ente regionale di formazione mi chiamò nell’ottobre del 2001 per un corso di vivaismo che doveva durare circa sei mesi. Andò avanti per due anni. I ragazzi, prima di arrivare nel laboratorio della scuola, dovevano raggiungere il Centro di igiene mentale vicino alla chiesa dei cappuccini. Io, un collega tecnico agrario e la psicologa li aspettavamo in aula. Arrivavano già stanchi, alla spicciolata, si sedevano composti e ci guardavano con vaga e annoiata curiosità. Così potevo osservare mani che nascondevano gli sguardi, mani nei capelli, mani che tremavano, sentivo voci rimbalzare tra i muri bianchi come piccole palle di gomma. Sentivo la mia voce, completamente fuori registro, atona, uno sparo accorato che diceva di come siamo chiamati a indirizzare il processo produttivo sugli schemi più consoni e più adeguati agli orientamenti economici. Come ci dobbiamo avvalere di un complesso di nozioni che devono rappresentare una sintesi di tutti gli studi che riguardano le piante, oggetto di sfruttamento, e l’ambiente, inteso come clima e terreno, nel quale si svolge la produzione agricola. Parlavo, gesticolavo, proponevo imbelle, sotto lo sguardo sbalordito della psicologa, che le soluzioni saranno soggette a un vaglio economico agente sulle scelte dei mezzi tecnici da applicare, e quindi il tipo di preparazione e l’aspetto generale dei problemi trattati faranno pertanto di voi di clinici e non degli specialisti. Continua a leggere

Lucerne nella luce, di Lucio Brandodoro. Prima domenica di Quaresima


Prima domenica di Quaresima anno A

[Gn 2,7-9;3,1-7    Rm 5,12-19   Mt 4,1-11]


“si accorsero di essere nudi”.

Forse, quaresima è proprio accorgersi di “essere nudi”.

Erano sempre stati nudi, Adamo ed Eva, ma ora si accorgono di esserlo. Il fatto nuovo è la loro consapevolezza.  Era stato preannunciato dal serpente: “qualora ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi”. Ora, gli occhi si aprono e la prima cosa che vedono è che “sono nudi”. Continua a leggere

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Poesia italiana del XXI secolo

Enrico De Lea è nato nel 1958, originario del messinese, vive in Lombardia, pur restando da sempre assai legato ai luoghi e alle comunità da cui proviene. Come autore di versi ha pubblicato: Pause, 1992, Edizioni del Leone, Ruderi del Tauro, 2009, L’arcolaio ed., Dall’intramata tessitura, 2011, Ed. Smasher, Da un’urgenza della terra-luce, 2012, Ass. La Luna, nella collana diretta da Eugenio De Signoribus, le plaquettes Suffragi del bianco (2014) e Sarmura (2015), per Officina Coviello- Milano,  La furia refurtiva (2016, Vydia editore), e da ultimo, nel 2022, la raccolta Giardini in occidente, 2022 Seri editore- MC. Suoi testi sono apparsi inoltre, fra le altre, nelle riviste WimbledonSpecchio (de La Stampa), SudAtelierTuttolibriPoesia, Registro di PoesiaCaffé Michelangiolo e nelle antologie “Poesia di strada – Licenze Poetiche” – Vydia, 2011 – Seri Ed.,  2018), e Parabol(ich)e dell’ultimo giorno – per Emilio Villa –– DotCom Press edizioni, 2013.  E’ presente altresì in vari siti online.

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Un ricordo di Nina Maroccolo

Qualche giorno fa è venuta prematuramente a mancare Nina Maroccolo, scrittrice e performer che abbiamo avuto il piacere di ospitare qualche anno fa con un fortissimo e indimenticabile contributo per il mio progetto “Deragliate“.
La ricordiamo con affetto e gratitudine attraverso un suo brano che ha ispirato suo fratello Gianni (il più grande bassista italiano di tutti i tempi) alla composizione di uno splendido brano musicale.
Grazie Nina, e grazie Gianni ?

«Quando Loletta inciampò lungo la strada che ogni giorno percorreva per andare a scuola, cadde e si addormentò. Inciampò fra le radiche di piante secolari e un’insolita pioggia di pietrisco. Forse erano soltanto i detriti dei sogni. O la consegna di una bimba a una manciata di stelle, prima di scivolare nel suo ventre di polvere.» Nina Maroccolo

LEDA ERENTE – inediti

Proponiamo all’attenzione del lettore di LPELS la poesia di Leda Erente (autrice della recente raccolta “Madreselva”, edita nel 2022 da Nulladie ed.), pubblicando alcuni testi inediti coi quali è stata finalista al Premio Poesia di Strada-Licenze Poetiche- Citta di Macerata 2022.    

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La fiducia nell’attesa è un’impronta

lasciata nel manto cavo di una conchiglia squamosa,

su un fondale di roccia.

Dai margini dentati tesse seta marina,

spalancata come una porta,

aspetta il ritorno della metà del guscio a cui riunirsi sul dorso

e poi aprirsi col desiderio di mordere il mare

in un ultimo boccone ancora. Continua a leggere

A quelli che verranno di Bertold Brecht

A quelli che verranno

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Davvero, vivo in tempi bui!

La parola innocente è stolta. La fronte distesa
Vuol dire insensibilità. Chi ride,
Non ha ancora saputo
La notizia atroce.

Che tempi sono questi, quando
Discorrere di alberi è quasi un delitto,
Perché comporta il silenzio su troppe stragi!
Colui che traversa tranquillo la via
Dunque non è più raggiungibile agli amici
che hanno bisogno?

È vero: ancora mi guadagno da vivere.
Ma, credetemi, è soltanto un caso. Nulla
Di quel che faccio mi autorizza a sfamarmi.
Per caso sono stato risparmiato. (Se la fortuna mi lascia,
Sono perso).

Mi dicono: mangia e bevi! Accontentati.
Ma come posso io mangiare e bere, quando
Quel che mangio lo strappo a chi ha fame e
L’acqua che bevo manca a chi sta morendo di sete?
Eppure mangio e bevo.

Vorrei anche io essere saggio.
Nei libri antichi è scritta la saggezza:
Stare fuori dalle contese del mondo e trascorrere
Il breve tempo senza paura
Spogliarsi di violenza
Rendere bene per male
Non soddisfare i desideri ma dimenticarli
Dicono, è saggezza.
Tutto questo io non posso:
Davvero, vivo in tempi bui! Continua a leggere

La Spagna in lettere. Bruno Mesa

di Annelisa Addolorato

Bruno Mesa, o, potremmo dire: Tenerife nell’anima.

Bruno Mesa (nato negli anni ‘70) è uno scrittore spagnolo, nato e cresciuto alle Canarie (Tenerife), anche se, nello spirito che gli è proprio, in missive e comunicazioni letterarie spesso saluta chiarendo che proviene “dall’Africa”, aggiungendo luce alle sue frasi che in effetti fanno incontrare affettività esuberante con – e/o sé dicente seria – seria misura. 

Sarcasmo, ironia e talvolta nonsense permeano da anni la sua poesia, i suoi aforismi, i suoi racconti.

Come punti fermi di riferimento chiari e forti ha senza dubbio, tra gli altri, Borges e Pessoa.  

Affine alla lussureggiante e splendida ricchezza naturale della sua isola, lui raccoglie un lessico vario, colto, alto e ironico, ora spigoloso ora ferocemente morbido. Continua a leggere

La parola ai poeti. Alessandro Moscè

La poesia è un capolavoro di umanità

Molti si chiedono a cosa serva la poesia. Se sia portatrice, realmente, di un valore aggiunto. Lo stesso ci si chiede sul conto della narrativa e della critica letteraria. Ne discutevo durante un viaggio, sorridendo e provocando chi ne sminuiva la funzione (non il ruolo, che di fatto non esiste). Oggi, una società sempre più edonista e mercificata, fa i conti con il prezzo, con la quantificazione di ciò che si vede, si prende in mano e si pesa. Tutto ciò che non è un oggetto materiale passa in secondo piano perché indefinibile. E tutto ciò che è indefinibile spaventa. La letteratura serve, eccome. Ma non in misura reale, per la maggior parte della gente. Quindi nella percezione comune se ne potrebbe fare a meno. La ragione del bene della letteratura ce la fornisce Tzvetan Todorov, il pensatore di origine bulgara morto il 7 febbraio 2017. Un suo intervento esposto in Italia nel 2010 fu ripreso dal quotidiano “Avvenire” il giorno dopo. In poche parole Todorov dice tutto. La letteratura non è forma, non è gergo, non è solipsismo, non è rigore. E’ semplicemente un capolavoro di umanità, di esperienza e testimonianza. Possiamo fare a meno di testimoniare il mondo? Di tentare di capirlo attraverso le persone, i gesti, le parole? No, non è possibile. La vera vita è nella letteratura, dunque, perché essa si occupa della condizione umana. Siamo senso, spirito, emozione, paura, speranza. Siamo gioia, tristezza, euforia, disperazione. Siamo una direttrice di senso. Quale migliore introduzione alla comprensione dei comportamenti e dei sentimenti umani, se non immergersi nell’opera dei grandi scrittori che si dedicano a questo compito da millenni? I sogni e gli incubi fanno parte di noi, ma non ne parliamo volentieri. Anche una felicità improvvisa che tende a sfuggire, non la mettiamo mai in cornice. Eppure ci coinvolge in modo assoluto. Continua a leggere

L’unico successo


Ci preoccupiamo, a volte, del successo, del riconoscimento, dell’approvazione; spiamo ogni segno di riuscita, come se la vita dipendesse da questo. Poveri illusi. È Gesù che si occupa di noi: l’unico successo da inseguire è accogliere il Suo amore.

“Mostra, non dire”. Consigli d’autore per scrivere (e leggere) meglio

“Nun lo famo, ‘o dimo”.

Il guaio dei nostri tempi, la genesi del “sei troppo didascalico”, leit motif di tantissime schede di valutazione di manoscritti inediti e non solo. Concetto che gli sceneggiatori di Boris hanno azzeccato in pieno.
Se non ci sono i soldi (le competenze, le possibilità, il talento) di mostrare un avvenimento, un carattere, un aspetto del personaggio – il famoso “show, don’t tell”, mantra di tante scuole di scrittura creativa – allora parte il racconto di quanto accaduto, e che ha condotto a un determinato punto, attraverso lo “spiegone”.

Nel caso di Boris, la produzione non aveva i fondi per scene elaborate. Chi scrive un romanzo, o una serie, pare presupporre, a volte, il non poter contare sul lettore; quindi si pone come guida, muove le gambe al posto suo, e attiva immaginari sottotitoli con audiodescrizione.
Se un personaggio ha utilizzato, per esempio, un determinato farmaco e dopo venti minuti tracce di quel farmaco vengono trovate sulla scena del crimine, si sente la necessità di dire, appunto, che quel farmaco proprio quello era stato usato dal tizio poco prima, come se lo spettatore fosse stupido, o distratto. Capisco il voler intrattenere, senza stressare, ma così è proprio troppo.

Come antidoto alla cattiva scrittura, di cui Nun lo famo, ‘o dimo è solo uno dei sintomi, vengono in soccorso tanti libri di scrittori che condividono il loro punto di vista in maniera diversa; ne scelgo tre: una raccolta di epistole, un volume prezioso e originale, una biografia particolare. Continua a leggere

Down Under: Finalmente letteratura!!! LEONARDO SCIASCIA

Sponsorizzato dall’Ambasciata d’Italia a Wellington, dal Ministry for Ethnic Communities della Nuova Zelanda e dalla Società Dante Alighieri di Auckland, il podcast Finalmente letteratura! vede il Professor Bruno Ferraro* e Matteo Telara chiacchierare di autori, società, letteratura e cultura italiana dal lato opposto del mondo, in leggerezza, nel cosiddetto Down Under neozelandese, tra aneddoti curiosi e brevi approfondimenti.

In questo episodio, Bruno e Matteo ci parlano di Leonardo Sciascia, presentato da Bruno attraverso le sue numerose opere e Continua a leggere