Archivio mensile:Giugno 2023

La parola ai poeti, Rosa Pierno

La poesia in prosa di Rosa Pierno

Gli antichi greci avevano due concetti di poesia, il primo era che la poesia fosse frutto dell’ispirazione divina, mentre il secondo definiva poetica solo quella forma che fosse scritta in versi. Tuttavia, che non fosse solo una questione di struttura metrica lo si evince constatando che se si fosse trattato esclusivamente di una scrittura in versi la si sarebbe potuta considerare equivalente alle arti (produzione di cose), il che, per loro, non era. Aristotele, infatti, specifica: “Il poeta è tale più in virtù del contenuto delle opere che della loro forma metrica”, giacché un trattato medico può essere scritto in versi, ma non diviene per questo poesia. In La metrica italiana, Beltrami scrive che la poesia non coincide con la scrittura in versi: «‘versificazione’ è infatti un concetto tecnico, che riguarda i tipi di discorso dotati di certe caratteristiche formali, mentre ‘poesia’ è un concetto estetico, sentito come diverso da quello di versificazione fin dalle più antiche teorie estetiche che hanno avuto importanza nella cultura occidentale». Continua a leggere

10

Stazioni


Dio ci ama, non fatica come noi, chiamati ad accettare innanzitutto noi stessi, come premessa dell’amare gli altri. Dio ci ama, ed è precisamente questo amore a permetterci di scalare i gradini, di percorrere fino all’ultima stazione il viaggio che si conclude in cielo.

14

La Spagna in lettere, di Annelisa Addolorato. Aurora Luque

Tiberiade-Galilea-Israele. A destra la poetessa spagnola Aurora Luque, al centro la poetessa russa Anna Arkatova, a sinistra Annelisa Addolorato (poetessa).

di Annelisa Addolorato

Per giugno salutiamo la primavera ed entriamo in estate incontrando la poetessa spagnola Aurora Luque, nata negli anni sessanta ad Almería (in Andalusia).

Aurora Luque ammanta da sempre la sua poesia con un velo di classicità notevole. Con classicità intendo quella inerente composite culture dell’antica Grecia e dell’antica Roma, quindi anche con echi orientaleggianti e con menzioni ad autori e autrici celebri, con allusioni ad atmosfere e luoghi geografici, mitici, letterari e filosofici, molto spesso connessi a tale contesto. Come si deduce da vari eserghi e citazioni che presenta nei suoi libri – di Hölderlin, tra gli altri – e come ha evidenziato già anche R. Virtanen, il suo approccio alla classicità ha probabilmente origine in buona parte dal filtro poetico del romanticismo tedesco e inglese, ma direi anche da un certo neoclassicismo. È anche traduttrice di poesia, anche classica. Non mancano menzioni palesi a poeti greci contemporanei (il popolare Kavafis, il Nobel 1963 Seferis, …), o italiani (Montale) e molti altri riferimenti poetici, letterari, artistici, musicali, anche scientifici (S. Hawking), che la poetessa fornisce in modo trasparente e delicato e chiaro, tra le pagine dei suoi libri. Ecco i riferimenti bibliografici di alcune delle sue opere poetiche: Carpe noctem, Hiperiónida, Camaradas de Ícaro. Si sono occupati della sua opera anche nomi della poesia spagnola quali M.Vitoria Atencia e Jaime Siles: a loro volta di ispirazione alla nostra, infatti Luque stessa li cita entrambi, nelle sue composizioni. Già da vari titoli delle sue sillogi, tra cui anche quelli che qui innanzitutto menziono, e cioè Carpe amorem (Renacimiento, 2007) e La siesta de Epicuro (Madrid 2008, premio Internazionale di Poesia della Generazione del 27), respiriamo l’aria splendente di questa aura poetica, filtrata e rimodellata nell’oggi da questa autrice andalusa. Freschi echi classici, dunque, pervadono e formano la sua poesia. Ecco altri titoli della autrice, vincitrice di vari e prestigiosi premi letterari, tra cui il X Premio Internacional de Poesía Generación del 27 e recentemente anche il Premio Nacional de Poesía 2022, con la sua opera Un numero finito de veranos. Continua a leggere

10

Racconti incantevoli di Tommaso Braccini dall’antichità ad oggi


di Sabatina Napolitano 

Molti racconti nei libri di Tommaso Braccini sono incantevoli ma altri no, parlo di alcune storie che fanno riferimento allautostoppista fantasma, alla morta innamorata e altre leggende a noi contemporanee che parlano di ragazze morte o presunte morte o spose giovani morte poco prima di consumare il matrimonio. Lo studio delle urban legends è affrontato nel libro Miti vaganti. Leggende metropolitane tra gli antichi e noi(Il mulino, 2021).

Continua a leggere

Incontri XIV

Ancora ci sei

di Rose Ausländer (1901-1988)

Butta la tua paura
nell’aria
Presto
il tuo tempo finirà
presto
il cielo
crescerà
sotto l’erba
cadranno i tuoi sogni
nel nulla
Ancora profuma
il garofano
canta il tordo
ancora puoi amare
regalare parole
ancora ci sei
Sii ciò che sei
Dai ciò che hai

Self-portrait

di Stefanie Golisch (Germania 1961)

Nel mio oggi di carne di pietra di
primavera sono la vita che nasce,
la vita che muore, la vita sorpresa
tra un respiro e l’altro, sono la parola
che mi tace, il tempo che scorre
per e contro di me, la risposta alla
domanda chi sono è un corpo
pesante di ossa, acque e altro che
non si sa, sono la bocca che dice
sì e no, la voglia di essere e di non
essere, il ricordo del pomeriggio
d’infanzia più lungo, sono l’attesa,
le ore, l’ora, ora Continua a leggere

12

Benvenute e benvenuti nel fantastico mondo di Lpels


Quando, nel 2006, nacque il blog “La poesia e lo spirito” non avrei potuto immaginare il suo futuro. Pensavo di farne un contenitore di pensieri, un canale di scorrimento del mio amore per la poesia e la narrativa. Poi è accaduto l’impensabile: un pubblico sempre crescente si è affacciato in queste pagine elettroniche, un concerto di voci che ha fatto, di un blog personale, una delle piazze maggiormente frequentate della rete in campo letterario. Un frutto genuino che non si è mai apparentato con forme pubblicitarie o commerciali. Il segreto? La seconda parola del titolo: lo spirito, ossia l’improgrammabile, il sempre e solo nuovo, tutto ciò che non può essere rinchiuso in griglie predisposte, in schemi che si scoprono invariabilmente superati. La cifra di Lpels potrebbe essere l’ordine impartito da Dio a un Abramo già avanti negli anni: lech lecha, va’ verso te stesso. Ci si ritrova mettendosi in viaggio, rinunciando alle certezze private, alle comodità del già noto, alla scontata riuscita del già fatto. Tutto ciò ha significato libertà: dai determinismi del mondo, dai meccanismi oliati del potere, dai facili giudizi su di sé e sugli altri. Questo blog è stato e vuole essere l’approdo che implica un continuo ripartire. Il fantastico mondo di Lpels, con tutti i redattori antichi e nuovi, è l’impensabile, che a volte sembra ingenuo perché ha smesso i panni dei sapienti mondani, rivelando la nudità del cuore, l’invisibile in cui si nasconde, ancora e sempre, l’essenziale.

22

La parola ai poeti. Marco Furia


Dieci
prose poetiche di Marco Furia


Chicchi dintegrale riso

Chicchi dintegrale riso essendo stati con generosità offerti, addomesticata tortora non tardò a posarsi su esterno davanzale.

Prepotente (grosso) piccione, in probabile arrivo, sarebbe stato validamente fronteggiato?

Giovane signora, assidua dispensatrice di granaglie, avrebbe rivolto contro aggressivo intruso più duno spruzzo dacqua? Continua a leggere

La parola ai poeti. Marco Scalabrino

Della Sicilia, della poesia e un po’ di me

di Marco Scalabrino 

Sti silenzi, sta virdura,
Sti muntagni, sti vallati,
L’à criatu la Natura
Pri li cori nnamurati.

Lu sussurru di li frunni,
Di lu ciumi lu lamentu,
L’aria, l’ecu chi rispunni,
Tuttu spira sentimentu.

Dda farfalla accussì vaga,
Lu muggitu di li tori,
L’innuccenza chi vi appaga,
Tutti pàrranu a lu cori.

Stu frischettu nsinuanti
Chiudi un gruppu di piaciri,
Accarizza l’alma amanti
E ci arrobba li suspiri. Continua a leggere

20 righe (per niente) facili di Pasquale Vitagliano

La poesia di Silvia Rosa in questa sua ultima raccolta Tutta le terra che ci resta (Vydia Editore, 2022) mi ha condotto nel giorno dopo di una qualche catastrofe, personale o storica. Pioggia, colori grigi, superfici intangibili, questi elementi fissano un universo nel quale ti devi toccare per saperti vivo, ti devi nominare che riconoscerti ancora umano. Esploriamo un blade runner poetico inatteso e ammaliante. Anche il linguaggio sembra aver superato i limiti di ogni prosodia, i confini di un qualsiasi canone. Non siamo nella trans-avanguardia ma al punto zero della poesia. E la cosa mi piace molto. La parola poetica è uno strumento di conoscenza e un sistema di decifrazione della inaudita realtà che, ad un certo punto, ci siamo trovati a vivere. Credo, magari inconsciamente, questo è il senso della precisione terminologica e l’effettività semantica che ricolloca il linguaggio poetico tra le scienze ovvero (ri)scopre il senso poetico delle formule e dei sistemi scientifici. In un mondo senza qualità, finiamo per dipendere anche noi dal comportamento delle isoterme e delle isòtere. Come scrive Elio Grasso nella prefazione, questa poesia è “una sorta di resistenza dove l’io manca, ma non per difetto di figura e dialogo, ma perché se l’autrice strenuamente vuole opporsi all’involucro trasparente e impenetrabile, a tenuta stagna (Calasso) in cui siamo avvolti.”

Continua a leggere

10

La tua nudità: il rumore quando spezzo una mela a metà

Chi era questo poeta che a sei anni perse la madre e poco dopo anche il padre? Bill Knott (1940-2014) cresce in un orfanotrofio. Uscito da lì, appena maggiorenne, lavora nella fattoria di uno zio, poi presta servizio militare. Scrive per sopravvivere e sopravvive scrivendo. Vuole essere riconosciuto e ha paura di apparire in pubblico. È diverso dagli altri: non per scelta, ma per natura. Vive solo in stanze che non si puliscono mai e dove nessuna donna metterebbe piede. Forse non vuole vivere così, ma non può vivere diversamente. Le sue poesie migliori hanno dell’atrocemente vero. Certo, bisogna avere la pazienza di cercarle: perché nel suo archivio online Bill Knott pubblicava tutto quello che scriveva. Volevo essere amato. Indistintamente. Per ogni verso, bello o brutto che fosse. Continua a leggere

Frammenti di Cinema # 65

A chi può interessare un film nel quale il regista racconta sé stesso? A pochi, se l’opera si rivelasse un prodotto narcisistico. Eppure, talvolta, abbiamo avuto dei capolavori. È il caso di  (1963) in cui Federico Fellini mette in scena il proprio doppio per realizzare una grande opera sul processo creativo; ma, allo stesso tempo, una memorabile testimonianza di un’epoca e di una comunità. Pretendere queste vette da parte dello spettatore può essere eccessivo. Tuttavia, davvero, si può essere delusi di fronte a risultati inattesi per le aspettative di partenza. È accaduto con Gabriele Salvatores e Il ritorno di Casanova (2023). Più che autoreferenziale, è infantile. Il doppio del regista è un regista in crisi. Tutto il film è tautologico. Ogni domanda che pone contiene già la risposta. Di chi si innamora? Di una donna molto più giovane? Cosa lo ha attratto? Il ritorno alla natura, lei fa la contadina.  Suggestiva è la messa-in-abisso della storia delle riprese di un film ispirato al libro Il ritorno di Casanova di Arthur Schnitzler (Da un suo alto libro, Doppio sogno, Stanley Kubrick trasse Eyes Wide Shut). Ma ci troviamo di nuovo di fronte ad un canone troppo scoperto: la vita vera è in bianco e nero, il cinema (il film su Casanova) è a colori: la finzione è più divertente della realtà.

Continua a leggere