Archivio mensile:Luglio 2014

La poesia di Rudy De Cadaval

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di Max Ponte

Rudy De Cadaval stupisce per la vita irrequieta e per gli incontri con personaggi del mondo dello spettacolo, fra cui numerosi flirt con dive degli anni ’60 e ’70. Una biografia dove non mancano colpi di scena, riconoscimenti e intuizioni anche di carattere tecnologico (mi racconta al telefono di aver lanciato l’uso del cd-rom per i contenuti enciclopedici).
La sua poesia non è estroversa come le vicende personali, si confronta spesso con questioni esistenziali e contiene passi di grande intensità in grado di sostenere la sua opera. Il confronto col dolore corrisponde, dal canto suo, ad una scrittura che si scontra con la gravità. E qui lo stile risente di più di un’insidia lessicale.
Mi pare nel suo complesso una poesia autentica, come il tono della voce dell’autore attraverso l’apparecchio, cioè De Cadaval non è un poeta che si nasconde dietro a costruzioni retoriche, e questa è la principale garanzia per chi legge. Forse anche per questo ha meritato l’attenzione di poeti illustri come Ungaretti che devono aver trovato in lui i segni di un vero talento. Ritengo sia necessario leggere tutta l’opera di De Cadaval per elaborare un’analisi critica esaustiva, mi stupisce che non sia ancora stato fatto visti tutti i riconoscimenti da lui ricevuti (meritatamente o meno, sono in ogni caso eventi che devono spingerci ad un’analisi). Fra le poesie che trovate sul suo sito la mia attenzione è caduta su questa.

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29. La miscela

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da qui

Facendo un poco d’ordine tra le carte accatastate sopra il tavolo, mi venne incontro un’immagine che mai avrei supposto di trovare: un Gesù misericordioso uguale a quello rinvenuto nel santuario abruzzese, che nel frattempo si andava rivelando una presenza decisiva nel nostro percorso verso Dio. Continua a leggere

I LIBRI DEGLI ALTRI n.90: La narrazione come forma privilegiata della vita. Fabio Stassi,” L’ultimo ballo di Charlot” & “Come un respiro interrotto”

Fabio Stassi, L’ultimo ballo di Charlot Fabio Stassi, Come un respiro interrotto

 

La narrazione come forma privilegiata della vita. Fabio Stassi, L’ultimo ballo di Charlot, Palermo, Sellerio, 2012; Come un respiro interrotto, Palermo, Sellerio, 2014

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di Giuseppe Panella

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E’ strapotente nella scrittura di Fabio Stassi la tentazione della nostalgia, la sua volontà di fare del passato la chiave di volta su cui si può costruire la prospettiva del presente, il desiderio di rendere mediante un’affabulazione forte e rigorosa le atmosfere, i sogni, i desideri e le disillusioni di una generazione ancora non del tutto perduta.

Il suo esordio narrativo (che gli fruttò il Premio Vittorini Opera Prima[1]) è stata una “storia di formazione” ambientata nella Sicilia degli Anni Cinquanta ancora provata, nel suo sforzo di rinascita e di crescita morale e civile, dalle conseguenze della strage di Portella delle Ginestre avvenuta nel primissimo dopoguerra.

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27. L’immagine

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da qui

Non che tutti i problemi fossero risolti: restavano residui di senso di possesso e gelosia, l’umanità che urla nei fatti concreti della vita, quando il bene sembra messo a repentaglio e si viene lambiti da un senso acuto d’inadeguatezza, dalla paura che assume volti e nomi e ti fissa con piglio minaccioso. Continua a leggere

Yuri, il primo romanzo del musicista Andrea Chimenti

yuri chimentiUn esordio narrativo molto convincente per un compositore e cantante con alle spalle (e davanti a sé!) una lunghissima carriera nell’area più raffinata della musica cantautoriale indipendente italiana, un romanzo che per certi aspetti sorprende, con una trama avvincente che trascina senza usare meccanismi troppo semplicistici della costruzione della fabula. Anzi, Andrea Chimenti si prende un rischio non piccolo (cosa che del resto fa da sempre anche in campo musicale) scrivendo un romanzo che ben prima del successo della seria televisiva “Trono di spade” lambisce ? in una delle due storie che scorrono parallele nel romanzo – elementi ascrivibili al genere fantasy, esponendosi così a un possibile disdegno aprioristico di questo lavoro. Ma, proprio come per la serie, l’utilizzo di personaggi e situazioni di quel mondo è soprattutto funzionale al comunicare alcuni archetipi e contenuti di bene e male, a comporre una complessità psichica di ciascun personaggio. Continua a leggere

Certo che eravamo inimitabili

Momo libertà
[un mio giovane e caro amico, che chiameremo Momo Getter, mi ha fatto leggere pochi giorni fa questo testo che scrisse sette anni fa, quando aveva diciott’anni. Io ci ho sentito dentro una tale pienezza e ricchezza di vita, che gli ho chiesto di lasciarmelo pubblicare; e lui ha acconsentito, quindi ecco a voi. a.s.]

Certo che eravamo inimitabili… Non avevamo che un palco d’estate per noi, giovani diciottenni, eppure… la musica delle notti di luglio pulsava nelle nostre vene, in un duo meraviglioso con il nostro cuore immaturo. Eravamo gli stessi dell’aprile e del maggio, ma guardavamo con un misto di gioia e malinconia a quell’estate finalmente nostra… Quel sogno che facevamo ad occhi aperti, che tagliavamo con le nostre utilitarie fiammanti, che affumicavamo, che drogavamo, anche, forse, ma che certo la vita non ci vietava, né ci offriva per caso. Continua a leggere

I LIBRI DEGLI ALTRI n.89: Il Grande Gatsby o dei giovani meridionali.

Gaetano Cappelli, Romanzo irresistibile della mia vita vera raccontata fin quasi negli ultimi e più straordinari sviluppi Gaetano Cappelli, Romanzo irresistibile della mia vita vera raccontata fin quasi negli ultimi e più straordinari sviluppi, Venezia, Marsilio, 2012

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di Giuseppe Panella

Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald è il libro di più di una generazione tra scrittori e cuorinfranti adolescenziali ma finora non era stato mai virato con il filtro di un’educazione sentimentale meridionale (tra le Puglie e Ravello, sulla costiera salernitana). E’ quello che succede a Giulio Guasso, aspirante nuovo Arturo Benedetti Michelangeli, poi pianista in un albergo di lusso in un grande albergo di Ravello, appunto, e, infine, grande scrittore che trova la sua apoteosi come “candidabile” al Premio Nobel mercé l’uso del tutto improprio di una carota da parte di una sadica e prepotente critica letteraria tedesca. Continua a leggere

Ballate di Lagosta, di Christian Sinicco

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Poesia ad un tempo periferica ed europea, se ne è possibile una, questa delle sue ultime ballate si estende da Trieste alle terre slave, per consolidarsi attorno al topos prediletto del mare. La riempie, la motiva e soprattutto la muove un istinto forte delle sovrapposizioni e delle metamorfosi, grazie a un principio irresistibilmente dinamico, musicale, in non pochi passaggi narrativo, che affonda radici nella propensione per così dire naturale della Mitteleuropa al concerto babelico delle voci e dei suoni, delle lingue e delle storie, tra i microcosmi del suo inesausto destino migratorio.
(Dalla nota di Alberto Bertoni)

Christian Sinicco è nato a Trieste nel 1975. Nel 1999 organizza una serie di letture nella sua città assieme a molti poeti della sua generazione Continua a leggere

25. Pietra miliare

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da qui

Una mattina eravamo ai ferri corti: lei fermamente intenzionata a mantenere un contegno distaccato, reprimendo ogni minima traccia di affetto o tenerezza; io che sondavo il terreno per capire cosa fosse accaduto, quali affronti avessero causato una condotta così dura. Continua a leggere

PIERRE RABHI, “PAROLE DI TERRA”

Pierre Rabhi, Parole di terra. Dal saccheggio della terra al ritorno della comunità, ed. Pentàgora (trad. di  M. P. Corpaci e P. Lemoussu)

Parole di terraQuando sono trattati dalla penna dello studioso, del politico, dell’economista, del sociologo, del critico… gli argomenti che riguardano la vita e la morte e la rinascita delle comunità non arrivano a tutti e spesso non arrivano proprio a quelli – i contadini, chi abita nei paesi, la gente di popolo – che ne sono diretti destinatari e protagonisti e, a volte, vittime. Perché da quelle penne escono saggi e analisi qualche volte tanto approfondite quanto astratte, senza sangue, e che alla terza pagina o alla terza nota fanno sbadigliare di sonno o d’impotenza chi non ama o non sa accastellare concetti su concetti, parole astratte su parole astratte. Rabhi, in Parole di terra, scrive proprio di quegli argomenti e parla delle comunità che, dopo l’incontro con il nostro Occidente e quell’industria estrattiva chiamata impropriamente agricoltura, diventano periferia e baraccopoli, della terra che diventa deserto, di povertà convertita in miseria, di uomini integri che diventano squali su autovetture potenti o stracci alcolizzati. Ma lo fa con penna leggera, con parole di passione, con tocco narrativo, con la partecipazione e la compassione e la solidarietà di chi quegli argomenti non li ha studiati o pensati, ma conosciuti con gli occhi e con la pelle. E, facendo così, Rabhi parla a tutti e va dritto al cuore.

(nota di Massimo Angelini)  Continua a leggere

Provocazione in forma d’apologo 270

Dovendomi recare nella piccola città dove risiede il maestro di un tempo, ora vecchio, spero di non incontrarlo e a tal fine pongo in atto qualche trucco innocente; e invece, come capita, la prima persona che incontro è proprio lui, con orecchino e stracci variopinti, certo per confondere la nuova compagna che subito scambio per sua nipote.
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24. Bruttezza

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da qui

I dialoghi tra noi si facevano più fluidi, ci capivamo meglio; la verità delle nostre paure e dei nostri desideri emergeva senza suscitare attriti o incomprensioni; le parole s’inseguivano non più per sprofondare negli stessi gorghi, ma per giungere a una meta condivisa. Continua a leggere

ne vale la pena

SABATO
Quando vedo, il sabato,
le donne di una certa età
che escono dalla parrucchiera
con la messinpiega
e il viso arrossato,
per andare a custodire
uomini, figli, vicini, vecchi,
e negli occhi
la stanchezza;
o le straniere
che camminano dietro ai mariti
a testa bassa
e a testa bassa anche da sole,
mi prende a volte una tenerezza
e una voglia di piangere e di gridare
per tutte le carezze, gli abbracci, i baci
che non abbiamo avuto o potuto chiedere,
per la bellezza lasciata nei fossi
come fiori selvatici
appassiti,
sotto il sole che ci ha cresciute
e che ci voleva a testa alta
e ad occhi aperti.

una di quelle poesie che poi ….

Da somministrare con cautela. Osservazioni su La vita in tempo di pace di Francesco Pecoraro

di Roberto Plevano

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Sul romanzo di Francesco Pecoraro si è concentrata una certa attenzione critica che non ha lesinato accostamenti con esperienze letterarie definitive. A titolo di esempio, A. Bajani (la Repubblica) mette in fila una discendenza “di grandi ulcerati, di Céline e del Volponi di Corporale, del Pasolini di Petrolio, di Luigi Di Ruscio, di Malcolm Lowry, del DeLillo di Rumore bianco e in qualche modo persino del Max Frisch de L’uomo nell’Olocene. In mezzo ci siamo noi, in questa guerra totale di tutti contro tutti, in quello che Michel Houllebecq (letterariamente parente, a suo modo, come lo è evidentemente Walter Siti) chiamava «l’estensione del dominio della lotta»” e risale a una matrice del canone letterario del Novecento occidentale come T.S. Eliot.
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