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Informazioni su giovanniag

Giovanni Agnoloni (Firenze, 1976), è scrittore, traduttore letterario e blogger. Autore del libro di viaggio "Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa" (Fusta Editore, 2020) e del romanzo psicologico "Viale dei silenzi" (Arkadia, 2019), ha anche preso parte al romanzo collettivo "Il postino di Mozzi", a cura di Fernando Guglielmo Castanar (Arkadia, 2019). È inoltre autore di una quadrilogia di romanzi distopici sul tema del crollo di internet e della società del controllo ("Sentieri di notte", "Partita di anime", "La casa degli anonimi" e "L’ultimo angolo di mondo finito", editi da Galaad tra il 2012 e il 2017 e in prossima riedizione in volume unico), in parte pubblicata anche in spagnolo e in polacco e in prossima riedizione in volume unico. Ha scritto, curato e tradotto vari libri sulle opere di J.R.R. Tolkien (su tutti, "Tolkien. Light and Shadow", opera bilingue italiana-inglese, ed. Kipple, 2019), e tradotto o co-tradotto saggi su William Shakespeare e Roberto Bolaño ("Bolaño selvaggio" a cura di Edmundo Paz Soldán e Gustavo Faverón Patriau, ed. Miraggi, 2019, tradotto insieme a Marino Magliani), oltre a libri di Jorge Mario Bergoglio, Kamala Harris, Arsène Wenger, Amir Valle e Peter Straub. Ha partecipato a numerose residenze letterarie e reading in Europa e negli Stati Uniti, e traduce da inglese, spagnolo, francese e portoghese, oltre a parlare il polacco. I suoi contributi critici sono disponibili sui blog “La Poesia e lo Spirito”, “Lankenauta”, “Poesia, di Luigia Sorrentino” e “Postpopuli”. Insieme alla giornalista Valeria Bellagamba, ha creato e gestisce la pagina Facebook "Anticorpi letterari", con interviste in diretta video a protagonisti del panorama culturale italiani e internazionale. Il suo sito è www.giovanniagnoloni.com.

Abilio Estévez, “Testimonianze di un’orgia poetica”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Abilio Estévez, Testimonianze di un’orgia poetica, Arkadia Editore, 2023 (traduzione di Alessandro Gianetti)

Cuba, per me, è un mito un po’ come per Abilio Estévez, autore di questo libro straordinario, Testimonianze di un’orgia poetica. Per lui – già pubblicato in Italia con Tuo è il regno (Adelphi, 1999) e I palazzi lontani (Adelphi, 2006) –, perché, dopo averci vissuto e sofferto a lungo, l’ha lasciata probabilmente per sempre. Per me, perché non ci sono mai stato, pur approfondendone da anni la realtà socio-politica nelle vesti di traduttore di un altro grande – e pur diverso per stile – scrittore cubano, Amir Valle.

In qualche modo, sento vividamente quelle strade, quegli odori e quei colori – e anche i suoni, inclusi quelli che formano le parole pronunciate e quelle scritte. E conosco, o riesco perfettamente a immaginare, sia il tormento di chi non può più rientrarvi per motivi politici, sia quello di chi ci è sempre rimasto, pagando il prezzo di restrizioni, discriminazioni e castighi perché non si allineava al pensiero unico del regime castrista, o magari perché esprimeva, col suo modo di essere ancor prima che con la sua opera, una “scandalosa” visione libera dell’esistenza. Continua a leggere

Saverio Bafaro, “Osicran o dell’Antinarciso”

Recensione introduttiva di Antonio Fiori

Saverio Bafaro, Osicran o dell’Antinarciso (Il Convivio Editore, 2024)

Saverio Bafaro, in questa ‘eroica’ raccolta poetica, si dimostra psicoterapeuta di sé. La parola, all’inizio, fatica a restituire le memorie più lontane, a raccontare l’enigma dell’identità e le lusinghe indecifrabili del mondo. L’archetipo fondamentale è lo Specchio, davanti al quale la nostra identità prende forma per essere ogni volta riscoperta, smentita e ritrovata. Poi, seguendo i tracciati lungo i quali conduce il testo, la parola si fa più consapevole e il discorso più filosofico: «Di questa epoca divisa / tra massa e persona / migrazioni e scomparse / possediamo il disumano / limite dello sguardo / l’impossibilità del volto» (dalla poesia Cuori svuotati, a pagina 42).

La poesia tenta interpretazioni del volto e interpretazioni dei sentimenti, indaga le trasformazioni secondo l’età e secondo il cuore, tenta di esorcizzare lo sguardo auto-seduttivo di Narciso, il peso enorme del Nome proprio, ma alla fine si arrende al mistero, nonostante gli strumenti della mitologia e della psicoanalisi.  D’altra parte, anche tre grandi scrittori del Novecento – Fernando Pessoa, Luigi Pirandello e Jorge Luis Borges – hanno affrontato il tema dell’identità, e anche per loro, nonostante i lasciti monumentali, è rimasta indecifrabile.

Antonio Fiori

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Maria Pia Romano, “Controluce”

Recensione di Francesco Improta

Maria Pia Romano, Controluce, Besa Muci Editore, 2024

Da due settimane è arrivato in libreria, per i tipi di Besa, l’ultimo romanzo di Maria Pia Romano, Controluce, che su proposta di Maria Cristina Donnarumma ha ottenuto una candidatura al LXXVIII premio letterario Strega. Credo che la Romano non abbia bisogno di presentazioni; attiva da una ventina di anni sul versante della letteratura e del giornalismo la scrittrice, pugliese di adozione ma originaria di Benevento, ha già ottenuto diversi riconoscimenti di prestigio. Controluce è, come si legge nella quarta di copertina, la storia di due solitudini: una pittrice che dipinge le onde e uno scienziato che studia l’aria, sullo sfondo di una terra magica e incantata, qual è il Salento. Continua a leggere

Filippo D’Eliso, “Lì un tempo fioriva il mio cuore”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Filippo D’Eliso, Lì un tempo fioriva il mio cuore (RP Libri, 2020)

Conosco Filippo D’Eliso come musicista, poeta e uomo di cultura, e posso dire che raramente ho trovato un autore che sapesse esprimere con altrettanta intensità e direi quasi compresenza molteplici sfaccettature di una stessa sostanza artistica. I versi raccolti nella silloge Lì un tempo fioriva il mio cuore lo dimostrano. Qui il vissuto dell’autore si riversa mediato dal filtro della sua vocazione umanistica e della sua competenza di compositore, accompagnandosi a risonanze cosmiche che echeggiano la sua passione per la fisica.

Leggiamo ad esempio i primi versi di Miserabili pellegrini:

Miserabili pellegrini
di un universo ignoto
vaganti nel buio
della notte amica
in cerca di verità
nel cosmo dissanguato
dalla cieca cupidigia
di mani insensibili
ai dolori
delle umane genti
occhi selvaggi
bagnano
l’asfalto grigio
strade vuote.

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Quattro poesie di Roland Orcsik

Quattro poesie di Roland Orcsik 

Traduzione dalla versione inglese di Giovanni Agnoloni

Foto di Kira?ly Farkas

Roland Orcsik ritratto fotograficamente da Farkas Király

Roland Orcsik, di cui qui sotto potete trovare quattro poesie da me tradotte, tratte da una silloge in lingua inglese, croata e ungherese, è nato a Becse (Serbia) nel 1975. Dal 1992 vive a Szeged (Ungheria). Insegna all’Università di Szeged presso l’Istituto di Studi di Slavistica. Fa parte della redazione del mensile letterario ungherese Tiszatáj. Scrive poesia e critica letteraria e traduce in ungherese da diverse lingue dell’area ex-jugoslava. La sua ricerca accademica si concentra appunto sulle connessioni tra la cultura magiara e quella dell’ex-Jugoslavia.

Finora ha pubblicato cinque volumi di poesia, e il suo libro Mahler downloaded è stato pubblicato anche in serbo. Il suo primo romanzo è uscito nel 2016 col titolo di Phantomcommando (pubblicato anche in rumeno nel 2018 e in serbo nel 2019). Ha vinto prestigiosi premi letterari per le sue opere, che sono state tradotte in ceco, inglese, francese, croato, tedesco, greco, rumeno, sloveno, francese e serbo. Suona in una band di punk psichedelico di nome Lajka.

Una nota personale. Ho conosciuto Roland e la sua famiglia nel 2014 durante una residenza letteraria in Croazia, presso Zvona i Nari. Nel giugno 2023, poi, al termine di un’altra mia residenza letteraria in Ungheria (a Pécs, tramite lo Hungarian Writers’ Residence Program), ci siamo ritrovati nella sua città, Szeged, dove abbiamo tenuto un reading da lui organizzato in un bel caffè letterario, con la partecipazione della poetessa Orsolya Bencsik.

Seguono le quattro poesie.

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“La lacrima della giovane comunista”, di Giorgio Bona

Recensione di Marco Candida

Giorgio Bona, La lacrima della giovane comunista, (Arkadia Editore, 2022)

Trama semplice e lineare e tono di narrazione pacato ed euristico, che ricorda i migliori narratori, ma la magia di questa perla di Giorgio Bona risiede davvero nel saper evocare in ogni capitolo scenari e cartografie di altri universi narrativi. La lacrima della giovane comunista contiene molteplicità di autori e romanzi e un tal gioco di prestigio a Bona riesce, in fondo, col descriverci in modo pacato, senza voli pindarici, ma puntuale, assai evocativo la città-dio Mosca. Forse questo, sopra ogni altra cosa, ci fa notare La lacrima della giovane comunista: tutti quegli intrecci di spie, quelle oscure faccende politiche, quell’incrociarsi di destini in opere narrative di matrice russo-britannico-americano ci hanno raffigurato nient’altro se non il volto immenso e plurimo di una città come Mosca. Continua a leggere

Tre libri di, su e per la traduzione di Marino Magliani 

Articolo di Giovanni Agnoloni

Tre libri di, su e per la traduzione di Marino Magliani 

Una riflessione generale sull’opera di autore e traduttore di Marino Magliani è cosa pressoché impossibile da fare in poche righe, tanto è vasta e articolata. Per di più, per me s’intreccia con il fatto di essere suo amico da molto tempo. Anzi, scrivo su questo blog perché quindici anni fa (abbondanti) mi ci introdusse proprio lui. E insieme abbiamo fatto e continuiamo a fare tante cose, in ambito letterario e linguistico.

Qui, però, vorrei concentrarmi su tre momenti recenti del lavoro di Marino, ovvero il romanzo Il bambino e le isole (Un sogno di Calvino) (ed. 66th&2nd), l’opera critica Calvino, Biamonti, Magliani. Il racconto del paesaggio, lo sguardo, la luce (di Luigi Marfè, Claudio Panella, Luigi Preziosi e Fabrizio Scrivano) (ed. Exòrma) e il volume Islario fantastico argentino (di Salvador Gargiulo, Alejandro Winograd, Gonzalo Monterroso e Alberto Muñoz) (ed. Tarka), su numerose isole(tte) del territorio argentino, trattate con spirito tra il geografico e il fantasioso, che Magliani ha tradotto con una competenza che non nasce solo dalla conoscenza della lingua, ma da quella dell’Argentina, dove ha trascorso un periodo della sua vita.

C’è un elemento comune che attraversa tutte e tre queste opere; e si tratta di qualcosa che, nel mio lavoro di saggista e di narratore, ho sempre avuto a cuore, ovvero la dimensione sottile interna al reale. Questa non è indice di “fuga dal mondo” (Tolkien avrebbe detto di “escapismo”), ma al contrario della volontà di cogliere le dinamiche più intime e apparentemente inafferrabili del mondo e della vita. È, come ho già avuto modo di scrivere altrove, la “Terra di Mezzo della realtà”, strettamente connessa con i misteri dello spazio e del tempo.

Non a caso, Il bambino e le isole ha come sottotitolo Un sogno di Calvino. Il tema è quello che il grande autore avrebbe voluto sviluppare in un suo racconto, che però non scrisse mai, e che Magliani ha “recuperato” e sviluppato con la sua voce genuina, intrecciandolo con scene e momenti attinti dalla vita stessa di Calvino, anche legati al suo supposto incontro, da ragazzo, con il filosofo Walter Benjamin durante un suo soggiorno in Liguria. Continua a leggere

“Breve amore”, un racconto di Károly Méhes

Károly Méhes (1965) è nato a Pécs, nella parte meridionale dell’Ungheria. La sua carriera letteraria è iniziata nel 1991 in campo poetico, mentre in seguito è passato ai racconti e ai romanzi. Fino ad oggi ha pubblicato ventuno libri, parallelamente al suo secondo lavoro come giornalista e autore esperto di Formula 1.

Nel 2007, insieme a sua moglie Enik? Kulcsár, ha fondato il “Pécs Writers Program”, oggi parte dello “Hungarian Residence Program”.

Breve amore

di Károly Méhes

(traduzione dall’inglese di Giovanni Agnoloni)

Domenica mattina, il direttore del villaggio turistico venne al nostro tavolo indossando una giacca a quadri e una cravatta, nonostante il caldo soffocante. Su cinque delle sue nove dita luccicavano anelli con pietre di varie dimensioni. Torcendosi le mani, si rivolse a noi – be’, devo correggermi: ad Anyuka – in tono rispettosissimo, chiedendoci se potesse far accomodare in nostra compagnia altri due ospiti che erano inaspettatamente arrivati in quel momento.

Anyuka mi guardò leggermente spaventata, ma io evitai di ricambiare la sua occhiata, per poi ascoltarla mentre rispondeva di sì a bassa voce. Credo che non riuscisse mai a contraddire un uomo in giacca e cravatta. Apuka si vestiva sempre in quel modo. Anche quando guardava le partite di calcio, lui era costantemente “in servizio”, perché un uomo, a suo giudizio, doveva essere sempre pronto per eventuali chiamate, se voleva raggiungere dei risultati. Con quell’atteggiamento, finiva che Apuka veniva ininterrottamente sballottato qua e là dagli altri.

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Poesie di Dušan Gojkov

Dušan Gojkov è poeta, autore di racconti, romanziere, saggista, giornalista, regista di drammi radiofonici, nonché fondatore e capo-redattore del Balkan Literary Herald .

Ha pubblicato 15 libri di prosa e uno di poesia. Ha inoltre drammatizzato e diretto circa 240 opere in prosa e poetiche ed è stato un corrispondente per la stampa jugoslava e serba da 37 paesi.

È segretario generale dell’organizzazione PEN aromena, e vive tra la Serbia e la Grecia.

La foto che vedete è stata scattata dallo scrittore, giornalista e fotografo a margine della residenza letteraria di Gojkov a Pécs, in Ungheria, questo marzo, presso lo Zsolnay Kulturális Negyed, per lo Hungarian Writers Residence Program.

Qui di seguito trovate alcune sue poesie in lingua inglese, tradotte da Giovanni Agnoloni, che a giugno è stato ospite della stessa residenza.

L’amore è follia, di Dušan Gojkov

N° 1

lei
ripone triste gli abiti invernali nell’armadio
cercando di ricordare
dove ha smarrito l’anno precedente
che è stato il primo e l’ultimo per molte cose
lui
appoggiato al letto
scrive versi patetici senza senso che non fanno neppure rima
ma in realtà si sforza di ricordare
come e dove si è perso l’anno prima
si avvicina alla finestra, è primavera
la strada è buia e il lampione in legno non fa più quella luce
dorata e granulosa
quella luce che odora di pane caldo appena sfornato
e d’inverno
ricordi che qualche tempo fa progettavamo di andare a Parigi
e non l’abbiamo ancora fatto
insieme
dici che il tuo tè si sta raffreddando
è una buona cosa scrivere poesia
hai sempre a portata di mano un pezzetto di carta su cui mettere
i semi degli gnocchi di susine

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Olivia Crosio, “La mentalità della sardina”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Olivia Crosio, La mentalità della sardina, Arkadia Editore, 2022

Il nuovo romanzo di Olivia Crosio La mentalità della sardina è stato per me una piacevolissima scoperta degli ultimi mesi (anche se è uscito nel settembre 2022). Non solo per la gradevolezza dello stile e della storia – il viaggio lungo la Via Francigena di una donna insoddisfatta della piega che, dopo tanti anni, il suo matrimonio ha preso –, ma per la capacità che ha di calare i lettori nei singoli luoghi e situazioni. È quasi un’opera teatrale in movimento, con molteplici incontri e confronti tra tipi umani diversissimi, scenari attinti dalle ultime tappe del cammino – dalla Garfagnana a Roma – e micro-angoli d’Italia che diventano come palcoscenici di una rappresentazione viandante.

Per quanto, indubbiamente, figlia dell’oggi, delle sue noie e delle sue tentazioni di “fuga”, quest’opera ha, come nascosta in sé, un’anima medievale, che trasuda dalle pagine quasi come se le pietre delle mura e delle case che costellano il percorso sporgessero dalla carta, portando i lettori nel – o meglio, nel qui – non solo della narrazione, ma della dimensione senza tempo che è propria dei gioielli d’arte sparsi perfino nei punti meno noti del territorio italiano. Continua a leggere

“Gli altri”, di Ignacio Carral

Recensione di Giovanni Agnoloni

Ignacio Carral, Los otros, ed. I Libri di Mompracem, 2023

Frutto di un’inchiesta giornalistica condotta dall’autore in prima persona all’inizio degli anni ’30 e uscita a puntate sulla rivista “Estampa”, Gli altri (Los otros) di Ignacio Carral, qui tradotto da Riccardo Ferrazzi, è un esempio di narrativa di grande vividezza e carica realistica, perché nasce dall’impasto stesso della vita più dura, quella degli ultimi – l’altro lato della Madrid benestante di quel periodo, immediatamente precedente il precipitare degli eventi che nella seconda metà di quel decennio avrebbe condotto alla guerra civile.

L’autore – morto di arresto cardiaco nel 1935, a soli trentotto anni – entra in quel mondo di miseria senza filtri o scappatoie. Patisce le stesse condizioni impietose dei senzatetto della capitale iberica, conoscendo il freddo, la mortificazione e la perenne stanchezza, oltre naturalmente all’onnipresente fame, sia pur temperata, a tratti, da pasti rimediati qua e là. E tutto questo lo restituisce con incandescente immediatezza e – combinazione quanto mai rara – con uno stile asciuttissimo, privo di ornamenti di sorta. Un perfetto esempio di giornalismo che si fa letteratura, in controtendenza rispetto a tanta tradizione ampollosa del tempo, com’è stato messo in luce in occasione della presentazione fiorentina del volume, cui sono stato lieto di assistere. Continua a leggere

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“Codex Rubens”, di Marco D’Aponte, Michel Hoëllard e Nathalie Neau

Recensione di Giovanni Agnoloni

Codex Rubens

Testi di Michel Hoëllard e Nathalie Neau, illustrazioni di Marco D’Aponte

 Ed. Töpffer, 2022

Opera originalissima, questo Codex Rubens, graphic novel realizzata in collaborazione tra l’illustratore italiano Marco D’Aponte e gli autori francesi Michel Hoëllard e Nathalie Neau. Sospesa tra il fascino senza tempo della figura del grande pittore fiammingo Paul Rubens (vissuto tra il 1577 e il 1640) e il mistero di una narrazione che interseca piani temporali e narrativi appartenenti al nostro presente e ad epoche lontane, ci conduce attraverso le tappe della vita di Rubens interpolandole con elementi surreali come suoi incontri con artisti novecenteschi (e non solo), creando così un mélange perfetto di biografia e ucronia che ha qualcosa del film Midnight in Paris di Woody Allen.

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Daniela Stallo, “Winday”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Daniella Stallo, Winday, Armando Editore, 2022

L’indagine al centro del romanzo Winday di Daniela Stallo è al contempo letteraria, sociale e politica. Non poteva che essere così, per una vicenda ambientata a Taranto e che ha al proprio centro l’Ilva, coi suoi fumi e il suo multiforme impatto sulla vita delle persone.

Una misteriosa esplosione che appare come un attentato terroristico sopraggiunge durante una processione religiosa in città, interrompendo le cicliche abitudini della popolazione, che sono andate avanti a dispetto dei tanti problemi causati dall’inquinamento prodotto dalle acciaierie. E la piega che prende la ricerca condotta da Lucrezia, la fotografa protagonista, insieme all’ispettore di polizia Iacovelli, finisce dunque per entrare in territori scomodi, quelli del terrorismo a matrice ambientalistica, le cui lontane matrici risalgono agli anni ’70. Continua a leggere

“Vuoto”, di Ilaria Palomba

Recensione di Francesco Improta

Ilaria Palomba, Vuoto, Les Flâneurs Edizioni, 2022

In un’una elegante veste tipografica di Les Flâneurs edizioni è arrivata in libreria l’ultima opera di Ilaria Palomba, Vuoto. La bellissima copertina di Francesco Dezio è già di per sé allusiva ed evocativa: sul davanzale di una finestra che si affaccia su una notte nera come la pece, “priva di ogni pianeta”, direbbe Dante, una giovane donna, dai capelli biondi, in atteggiamento pensoso – come si evince dalla fronte appoggiata sul palmo della mano – rimugina pensieri tristi, dolorosi, funerei e l’abito da sera, lungo fino ai piedi, sembra listarla a lutto, mentre sul pavimento fogli appallottolati e libri aperti alludono chiaramente al suo lavoro tormentato di scrittrice. Continua a leggere

“La scrittrice obesa”, di Marisa Salabelle

Recensione di Giovanni Agnoloni

Marisa Salabelle, La scrittrice obesa, Arkadia Editore, 2002

Di Marisa Salabelle ho letto diversi romanzi, e ne ho sempre apprezzato l’ironia e la leggerezza perfino nel parlare di vicende fosche. Così, in particolare, è stato nel penultimo libro, Il ferro da calza, edito da Tarka l’anno scorso, ma anche nel precedente giallo di ambientazione appenninica L’ultimo dei santi, dello stesso editore. Per Arkadia, invece, aveva già pubblicato un romanzo dai tratti molto più seri, gravidi di storia (della Resistenza) e di drammi familiari, Gli ingranaggi dei ricordi. Ora per la casa editrice sarda esce un nuovo romanzo, La scrittrice obesa, che sembra unire queste due “vene” dell’autrice. Sì, perché in apparenza si tratta di un romanzo dai tempi e dalle situazioni “comici”, ma in realtà la storia e il personaggio che racconta sono decisamente tragici.

La protagonista, Susanna, è una donna obesa, vittima della solitudine e della tristezza, oltre che, probabilmente, di un caratteraccio in gran parte indipendente dalla sua condizione fisica. Tratta male mamma (finché ce l’ha), vicini e conoscenti, e anche la sua migliore amica, Lorella, quando le prendono i proverbiali cinque minuti. Il suo tormento segreto – ma nemmeno che più di tanto – è il tentativo, continuamente frustrato dalle circostanze, di essere riconosciuta come scrittrice a livello editoriale. Vince concorsi di poco conto, ma non riesce mai a pubblicare, nonostante abbia un grandissimo (e reale) talento, per lo più misconosciuto dai suoi contatti personali e decisamente ignorato dalle case editrici, che subissa di proposte e messaggi pieni di rimostranze. Continua a leggere

Mauro Catani, “Almeno fino a qui”. Una selezione

Testo introduttivo di Giovanni Agnoloni

Una selezione dalla silloge poetica Almeno fino a qui. Cinquantatré piccole storie (ed. 96, Rue de La Fontaine) di Mauro Catani, scrittore originario di Massa Marittima e già autore per Aracne Editrice di un saggio sul tema dello sviluppo sostenibile.

Ho scelto queste poesie, in particolare, perché ben evidenziano la principale qualità dei versi di Catani, che è quella di raffigurare la quotidianità con le sue piccole (ma fortemente significative) epifanie, fotografie dell’eterno racchiuso nella fuggevolezza del momento.

Figlia di suggestioni realistiche appartenenti alla miglior tradizione narrativa italiana – penso soprattutto ai racconti del toscano di adozione Carlo Cassola -, questa silloge, non a caso, viene indicata come una raccolta di “piccole storie”. Si tratta di micro-cronache della vita di ogni giorno, anche rivisitata col filtro della memoria, e ha un che dello spleen dell’Antologia di Spoon River, tenacemente impastato con l’oggettualità delle cose e degli incontri. Come a ribadire che la vita è qui, in corso e con il risultato apertissimo. Il punto è quanto riusciamo a immergerci nel succo dell’attimo e a trarne la forza di procedere vivendolo coscientemente, ogni volta, ancora e ancora. Continua a leggere

“Le case dai tetti rossi” di Alessandro Moscè

Recensione di Monica Baldini

Alessandro Moscè, Le case dai tetti rossi, Fandango Libri, 2022

Le case dai tetti rossi di Alessandro Moscè, edito da Fandango, è un romanzo che tratta un tema assai complesso: la malattia mentale prima della Legge Basaglia che ha comportato la chiusura definitiva dei manicomi. Prima, chi vi entrava, era condannato per sempre come un ergastolano. Qualcuno non era nemmeno malato, ed è tremendo ammetterlo. Perché una prostituta, un epilettico, un barbone finivano in un istituto psichiatrico fino al termine della loro vita? Perché la società era impreparata ad accoglierli e perché le famiglie non avevano alcuna attenzione per il cosiddetto “diverso”. Oggi sarebbe impensabile, tanto che Moscè lo dice apertamente che la Legge Basaglia, promulgata nel 1980, può considerarsi la più grande conquista civile del dopoguerra italiano. Continua a leggere

Enrico Macioci, “Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Enrico Macioci, Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia, TerraRossa Edizioni, 2022

Quella di Alfredo Rampi, il bambino precipitato nel pozzo di Vermicino nel giugno del 1981 e lì morto dopo lunghi e drammatici tentativi di salvarlo, seguiti dalla TV nazionale e, suo tramite, da quasi tutti gli italiani, è una vicenda che ci ha segnati profondamente. Anzi, a ben vedere, è una delle prime di cui io ricordi degli scampoli di immagini televisive, insieme a certi flash di attentati terroristici, così frequenti in quella stagione storica.

Il punto centrale di Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia, il nuovo romanzo di Enrico Macioci, uscito da poco per TerraRossa, è proprio questo, come l’autore spiega molto bene nel capitolo di apertura. Quella tragica storia – preceduta, a livello d’impatto, forse solo dalle stragi degli anni ’70 e dal rapimento di Aldo Moro, ma in quei casi non in diretta, e inoltre, giusto un mese prima, dall’attentato alla vita di papa Giovanni Paolo II – ha determinato l’ingresso impietoso e devastante dell’occhio dei media nella vita collettiva. Uno sguardo, il loro, che ha finito per diventare il nostro con una corrispondenza pressoché perfetta, spingendoci senza riserve né pudori nei territori dell’angoscia più radicale (anche se non necessariamente nella direzione giusta, quella della coscienza di sé e della crescita personale).

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RIta Pacilio, “Quasi madre”

Recensione di Francesco Improta

Rita Pacilio, Quasi madre, peQuod edizioni

Rita Pacilio, poetessa, sociologa, mediatrice familiare, responsabile della casa editrice RPlibri, con Quasi madre, pubblicato da peQuod, ci ha lasciato, a mio avviso, un’opera per molti versi definitiva e imprescindibile. Non vorrei essere frainteso, Rita Pacilio non smetterà certo di scrivere e di farci dono della sua sensibilità, della sua lucida intelligenza e della sua personalissima vena poetica, così differente da quella dei tanti facitori di versi. Nel pieno, però, della sua maturità di donna e di artista, la poetessa, originaria di Benevento, ha sentito l’urgenza di fare i conti con il passato, in una sorta di consuntivo della propria vita, e di portare chiarezza in un rapporto complesso, problematico e fin troppo doloroso qual è quello con la madre e sotto questo profilo più che eloquente risulta il titolo (… e mi guarda // quasi madre // disabitata con la testa curva, aspra // disperata). È un corpo a corpo con chi l’ha messa al mondo ma pure con sé stessa e la poesia, passione di tutta la vita. Un corpo a corpo materiato di rimproveri, di silenzi glaciali ma anche di carezze e di baci sia pure solo vagheggiati:

Potessi ricordare una carezza // quel poco amore che era tutto // per raggiungerti. // Potessi smettere di sentire l’odio // che agiti nella testa vecchia, // mi chiami tre volte, mai con il mio nome. Continua a leggere

Laura Guglielmi, “Lady Constance Lloyd”

Laura Guglielmi, “Lady Constance Lloyd – L’importanza di chiamarsi Wilde” (Morellini Editore, 2021)

Comunicato stampa e sinossi

Colta, ironica e attraente, Lady Constance Lloyd (Dublino, 1858 – Genova, 1898), scrittrice, giornalista e attivista, è una figura femminile che deve ancora trovare la sua giusta collocazione nella Storia. Oscurata dalla fama e dal processo del marito, dal quale ebbe due figli Cyril e Vyvyan, Constance è una donna che merita di essere riscoperta. Femminista e progressista, è stata paladina di una rivoluzione culturale che voleva migliori condizioni di vita e istruzione per tutte le fasce “deboli” della società inglese, a partire proprio dalle donne. Ai suoi tempi era conosciuta quasi quanto Wilde per il suo impegno nella rigida, e spesso ipocrita, società vittoriana. Erano la coppia più in vista della scena londinese. Continua a leggere