Archivio mensile:Agosto 2023

La parola ai poeti. Michela Zanarella

Parlare di poesia oggi rischia di diventare motivo di discussione, può innescare una miccia esplosiva. Anche se chiunque, poeta onon poeta, dovrebbe essere libero di esprimersi a riguardo, c’è chi si sente autorizzato a saperne di più, ad assegnare sentenze e giudizi, ma onde evitare il tono polemico del momento, partirei da un articolo datato 2015 di Franco Loi uscito su “Il Sole 24 ore” dal titolo “La poesia secondo me” che sottolinea proprio come anche tra i letterati l’andare a capo, fare una riga corta, o utilizzare una rima e contare le sillabe secondo alcuni aspetti tecnici, significhi fare una poesia. Sono sempre stata dell’idea che la poesia non si insegna, ma si può apprendere nel tempo, avendo quel ‘fuoco sacro dentro che smuove l’anima e le stelle. Loi scrive: La poesia è qualcos’altro. E’ un movimento che attraversa l’uomo e sono pienamente d’accordo, perché se non ci fosse moto della parola, delle emozioni, non ci sarebbe cambiamento, trasformazione, evoluzione. Ma aggiungerei che prima di scrivere in versi il poeta dovrebbe avere alle spalle una buona quantità di letture, o almeno la curiosità di conoscere la poesia di chi lo ha preceduto. Perché se è vero che non si diventa poeti a comando, la poesia merita rispetto e non è qualcosa che si fa tanto per fare, richiede pazienza, ascolto, costanza. Sempre nello stesso articolo Loi scrive: “fondamentale è lo stupore che il poeta prova di fronte alla propria espressione. Il poeta non sa quello che scrive ed è proprio nello stupore che si muove l’intuizione creativa, l’ispirazione. Molti poeti del passato hanno confermato quanto sia importante questo aspetto, ci si esprime secondo il proprio essere, ed è lì la vera autenticità. In tutte o quasi le interviste ai poeti viene chiesto cosa sia la poesia. Difficile definirla, ma al di là delle personali visioni o convinzioni, ciò che conta credo sia che siamo qui a parlarne a distanza di secoli, e nonostante tutto, cerchiamo di capire cosa renda questa arte in versi così magica. Parlando della mia esperienza personale, posso dire che negli anni mi sono trovata di fronte a molteplici visioni, le più diverse, sull’argomento, posso condividere alcuni aspetti e altri meno, ho sempre cercato di ascoltare e trarre le mie conclusioni senza ostacolare il pensiero degli altri. Penso che oggi manchi un confronto costruttivo sulla poesia, ma a me piace pensare che tutto questo ‘fermento’ faccia parte di quel movimento di cui parlavamo poco fa. Ogni poeta ha la sua storia, un contesto ambientale e storico in cui vive, da questo secondo me bisogna partire quando si entra tra le pagine di un libro di poesia. E’ anche vero che la poesia non ammette troppe certezze e quindi direi che l’unica cosa giusta da fare sia leggere, prestarsi all’ascolto, farsi coinvolgere dalle immagini poetiche che quello scritto trasmette.
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La Spagna in lettere, di Annelisa Addolorato. Marta López Vilar


di Annelisa Addolorato

Questo intenso agosto mi porta a parlarvi della figura della poetessa, filologa e docente universitaria – prima presso la Università di Alcalá di Henares e ora presso la Complutense di Madrid – Marta López Vilar. Nata a Madrid negli anni Settanta, è da sempre interessata alla letteratura ed alla poesia contemporanea in primis: soprattutto quella spagnola, catalana, portoghese, greca.

Ecco alcuni versi, che ho tradotto, dedicati dalla autrice a quelli del poeta spagnolo F. Brines, uno dei componenti della Generazione poetica spagnola degli anni ’50. Per approfondimenti riguardanti la Generazione spagnola poetica degli anni ’50, consiglio il libro curato da me e da Gabriele Morelli Poesia spagnola del Novecento: la Generazione del ’50 (Firenze, Le Lettere):  Continua a leggere

Desiderio


Cerchiamo amore, e ne troviamo poco. Le nostre aspettative sono fatte apposta per essere deluse. Potremmo attraversare spazi e tempi, e resteremmo con un pugno di mosche nella mano. Poi ci viene in mente di chiedere l’amore a Gesù, che arde dal desiderio di donarlo.

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Alessandra Giappi, La perfezione del giorno

a cura di Luca Pizzolitto

(…) Questo intreccio di etica ed estetica è un tratto caratterizzante di Giappi, profondamente convinta della funzione anche civile della poesia, pur scevra da ogni schematismo ideologico. Toccando la storia con mano lieve, Giappi sta sempre dalla parte giusta, che è poi quella dell’umanità, della pace, della civiltà: il Tibet oppresso, le Due torri abbattute, la Terrasanta in fiamme.
Se la piazza “piazza coperta di sangue e di fiori” si fa il luogo fisico di una polarità di fondo, “sangue su neve” è l’immagine che fissa lo stato d’animo di un rosso amore che “fiorisce”, nel bianco inverno: un apparente ossimoro, una sintesi rivelatrice.
Non dirò del linguaggio se non della sua trasparenza ed esattezza, frutto (immagino) di uno strenuo lavoro di lima e soprattutto (ne sono certo) di un addestramento interiore, di un’autoeducazione al culto della parola precisa e semplice, direi nuda come la verità.

Pietro Gibellini (dalla quarta di copertina) Continua a leggere

Trasversalità, Di Rosa Pierno. Fausta Squatriti

Fausta Squatriti “Carnazzeria. Poesie, Collages” Testuale, 2004

Nel libro di Fausta Squatriti Carnazzeria. Poesie, Collages, Testuale, 2004, gli interventi critici di Gio Ferri, Milli Graffi e Angela Madesani cercano di individuare le tangenze tra le poesie e i collage che il libro espone, perché se i due linguaggi sono irriducibili, pure è solo una la mente che li pensa e d’altronde la formalizzazione poetica o visiva deve congegnare mezzi espressivi che siano di sostegno a una medesima visione. Continua a leggere

Un pezzetto di Milano

di Antonio Sparzani

Tempo fa, ancora in tempo di Covid, Fabrizio pubblicò qui uno dei suoi fulmini mattutini dal titolo sorridere. A me piacque molto e commentai, lamentando che la mascherina impedisse di vedere e di far vedere il sorriso, che è una cosa così bella, quand’è un sorriso vero, non di pietà o di scherno o chissà di che altro. Ripresi poi qui l’argomento, parlando di Planck che sorride a Schrödinger.
La storia del sorriso non mi è passata di testa e oggi ve ne parlo così.

Abito a Milano nelle vicinanze della via Canonica – resa celebre da Jannacci, ricordate Veronica, “il primo amor di tutta via Canonica, con te non c’era il rischio del platonico”, ecc. – e la mattina spesso faccio un giro per comprare giornale e altre cose varie, e ho imparato a guardare la gente, Continua a leggere

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Incontri XIX

The Laughing Heart

di Charles Bukowski (USA, 1920-1994)

la tua vita è la tua vita
non lasciarti mettere sotto.
stai attento.
ci sono delle vie d’uscita.
da qualche parte c’è luce.
forse non tanta, ma
abbastanza per vincere il buio.
stai attento.
gli dei ti offriranno occasioni.
riconoscile.
coglile.
non puoi sconfiggere la morte, ma
a volte la puoi sconfiggere in vita.
e più lo impari a fare,
più luce ci sarà.
la tua vita è la tua vita.
sappilo mentre ce l’hai.
sei meraviglioso
gli dei vogliono gioire
in te.

Camillo Sbarbaro (Italia, 1888-1967)

Non, Vita, perché sei nella notte
la rapida fiammata e non per questi
aspetti della terra e il cielo in cui
m’oblio –

per le sue rose che non sono ancora
schiuse e si sfanno; per il Desiderio
che nella mano ratta lascia cenere;
per l’odio che ciascuno porta a sé
del giorno avanti; per la sordità
di tutto ai sogni che ci metton ali;
per non potere vivere che l’attimo
al modo della pecora che bruca
andando questo o quello ciuffo d’erba
e non vede non sa fuori di esso;
per la tristezza ultima d’Amore;
il rimorso che sta in fondo ad ogni
esistenza; d’averla spesa invano,
come la feccia in fondo del bicchiere;
per la felicità grande di piangere,
il non sapere e l’infinito buio…

– per tutto questo amaro t’amo, Vita. Continua a leggere

Polvere

Tenere in ordine la casa è il segno di un ordine ulteriore: quello dell’anima. Solo il Creatore può assicurare che trovi il posto giusto ciò che appartiene alla creatura. In Paradiso, di certo, non c’è polvere.

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Repetita iuvant, forse.


Calcinacci e polvere

di Fabrizio Centofanti

Oggi giornata strana: una corsa continua da un malato a un altro, da un moribondo a un altro. Certe volte l’universo mi sembra un edificio fatiscente che sta cadendo a pezzi, e l’incubo è che tocchi a me tappare le falle, arginare la materia franante, puntellare le crepe che avanzano. Oggi ero talmente stanco che ho dato di matto: sulla Via del Mare un’auto mi ha stretto sul lato destro in malo modo. L’ho accettato tante volte, ma in questo giorno strano non potevo. L’ho superata e le ho tagliato la strada. Era nera, e in lei vedevo il buio della giornata, l’oscuro del nemico, l’antagonista, il diavolo. La macchina voleva sorpassarmi, ma la costringevo all’esterno. Ha dovuto rientrare in carreggiata una o due automobili più avanti. A quel punto ha inserito le doppie frecce e si è fermata. Ne è uscito un omone di quelli che non vorresti mai vedere. Veniva verso me, come in un film western dove l’unica certezza è che ci scappa il morto. Si avvicinava con le braccia a mezz’aria per la mole del torace. Ormai era a due metri; sono sceso, guardavo l’energumeno e pensavo: un prete che fa a botte è una cosa che non quadra, potrebbe esserci qualche parrocchiano; mi tornavano alla mente i malati in attesa, il dolore e il buio della vita, l’edificio franante e fatiscente del mondo, l’assurdo dei tumori e degli ictus, le lacrime inutili dei cari, la mia voce lenta e bassa che cercava di portare conforto. L’omone insultava, minacciava, faceva segni come se volesse picchiarmi a due mani, ridurmi in polpette. Io neanche l’ascoltavo, pensavo ad altro, e così se n’è andato, sbattendo la porta della mia Micra 900. Prima, però, ho accennato a un vaffanculo, così, più per dovere che per altro. Allora è tornato: Come, vaffanculo? Ma non ci credeva neanche lui. Il moribondo aspettava, sotto l’ennesimo crollo di calcinacci e polvere che alla fine è la vita.

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20 righe (per niente) facili di Pasquale Vitagliano

Vorrei dedicare queste righe ad un’intera collana di poesia. Curata da Luca Pizzolitto per la casa editrice PeQuod, mi ha interessato per la sua forte capacità di far (ri)emergere pezzi della migliore poesia italiana contemporanea. Non solo esordienti, ma anche autori e autrici che pur già affermati, conservano una brillantezza che li contraddistingue in un momento affollato per la produzione attuale, che per questo motivo rischia annebbiamenti. Si coglie l’intuizione di attingere ad un fondale (potenzialmente) inesauribile di valore poetico. A questo punto, va riconosciuto che difficilmente si sarebbe potuto trovare un nome diverso da Porto sepolto per intitolare la collana.

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Riccardo Bravi, “Train de vie”, con uno scritto di Daniele Piccini

di Alberto Fraccacreta

Riccardo Bravi, Train de vie, con uno scritto di Daniele Piccini, peQuod, 72 pagine, 14 euro 

 

Quando il flusso del tempo scorre inarrestabile e lascia le sue pieghe sul volto come ferite non rimarginate, la poesia può essere una cura, un lenitivo al dolore della perdita. Train de vie, seconda silloge del chiaravallese Riccardo Bravi dopo il virtuosistico Poesie di solitudine e di rivolta (Arcipelago Itaca, 2021), funziona come il Bildungsroman di un io lirico che sommuove e rimesta i momenti dell’esistenza alla ricerca di un accadimento, un incontro risolutore in grado di «risanare anni di strappi». Scrive Daniele Piccini nell’aletta di copertina: «Leggendo i testi di questo libro si ha la percezione di una sfocatura, come se l’autore stesse parlando in souplesse, per una sorta di distratta elencazione di stati d’animo, di cose viste e sentite, attraversate una volta e ritrovate in una specie di stato di semi-veglia. È come se l’autore stesse ripescando con noi fotogrammi perduti, attimi, durate brevi e definite (i mattini, i pomeriggi, le sere…: non giorni, ma frantumi)». Continua a leggere

Poetry Therapy, di Dome Bulfaro

“Sarebbe bello creare una sinergia tra Poetry Therapy Italia e La Poesia e lo Spirito. Pensi che si possa aprire una finestra in cui promuovere nel nostro blog collettivo di letteratura e società questa esperienza a mio parere assolutamente necessaria?” Nasce da questa richiesta di Fabrizio Centofanti questa finestra chiamata semplicemente “Poetry Therapy. Di Dome Bulfaro”, una finestra con affaccio diretto sulla rivista online che ho fondato e dirigo dal 2020 con la cura di Mille Gru, il gruppo di ricerca poetica con cui sviluppo progetti e pratiche di Poesiaterapia dal 2009.

L’idea è quella di rilanciare gli articoli più significativi pubblicati in questi anni ma anche di pubblicarne di specifici scritti appositamente per questo blog. Continua a leggere

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La parola ai poeti. Piergiorgio Dallan Viti

Scrivere è l’unica forma di interazione con gli altri che pratico con disinvoltura. Parlo poco, odio il telefonino, fatico a stare in mezzo alla gente, forse perché ho sempre saputo, già da piccolo, quando leggevo i grandi poeti, perché mia madre, maestra, me li faceva leggere, che il linguaggio era qualcosa di prezioso e il linguaggio poetico, il più prezioso di tutti. L’unico linguaggio che mi apparteneva, una seconda pelle. Allora, quando componevo i primi versi, più o meno intorno ai sei anni, sapevo che non dire era molto più importante di dire: selezionare con cura non solo le parole, ma anche i silenzi, le pause, gli “a capo” contro il barbaro mondo ruminante che mi circondava, incapace di venire a patti con la mia timidezza, la mia scelta marginalità. In fondo non ero altro che un grazioso soprammobile che “guarda com’è tranquillo” dicevano, e me ne stavo lì con i fogli stropicciati a scrivere. A scrivere sempre, dappertutto, nel mio disparte. Anche dentro la macchina, nei tragitti che mi permettevano di osservare le rondini, le spiagge, le colline delle Marche, l’unico mondo possibile, perché, certo, non si navigava nell’oro: il mare era quello di Porto San Giorgio, a dieci minuti da casa, e le gite fuori porta, poche, e frizzi e lazzi, pochi, anche quelli. Continua a leggere