Archivio mensile:Gennaio 2022

Le Muse nascoste di Nicola Vacca (Galaad Edizioni)

 

Cosa unisce Claudia Ruggeri ed Emiliy Dickinson, oppure Agota Kristof e Nadia Campana? Con il suo nuovo saggio militante, Nicola Vacca non azzarda un’antologia della poesia al femminile, facendo storcere il naso saccente di qualche accademico placido sulle proprie sicurezze letterarie. Muse nascoste – la rivolta poetica delle donne (Galaad Edizioni, 2021), è il catalogo di un Pantheon personale e intimo delle voci poetiche femminili più autentiche e per questo più lancinanti. Si intuisce, quasi in modo tattile, la consonanza delle esperienze che vengono proposte al lettore e la sensibilità dell’autore, poeta in rivolta egli stesso. L’importanza di questa raccolta di profili biografici si lascia apprezzare più intensamente se la si inserisce prospetticamente nel lavoro di ricerca e condivisione che Vacca conduce ormai da alcuni anni. I suoi saggi più recenti, infatti, ci permettono una ricostruzione non convenzionale del Novecento letterario, integrale, non amputata delle testimonianze più coraggiose e per questo più vivide e feconde. Le ricerche di Vacca non inseguono rassicuranti e pigre conferme, le sue letture contengono sempre delle pagine inedite e inattese. Insomma, non ci ripropone riscaldati pezzi del secolo scorso estratti dal congelatore alla bisogna. La lettura di questi bio-testi possiede essa stessa una stimolante carica di (ri) esplorazione.

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Isacco TURINA, Non come luce. Recensione di Antonio Fiori

Isacco Turina

Non come luce

Terra d’ulivi, 2021

 * 

Sembrerebbe per Turina un momentaneo abbandono della sociologia per far posto alla poesia. Invece scopriamo che anche qui – nella collana Deserti luoghi di Terra d’ulivi diretta da Giovanni Ibello – avanza con piglio deciso dentro la società, dentro la polisemia della nostra lingua e dentro gli enigmi della relazione amorosa (L’amore è la linea/ più lunga fra due corpi). Il poeta dunque resta sociologo e il sociologo accoglie il poeta, come d’altronde dovrebbe accadere sempre, perché la poesia estende lo sguardo e non accetta recinzioni.

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“Anatomia del ritorno”, di Paolo Ciampi

Recensione di Francesco Improta

Paolo Ciampi, Anatomia del ritorno (Italo Svevo Edizioni, 2021)

Paolo Ciampi, narratore di viaggi o meglio di luoghi come egli ama definirsi, in questo libro dal titolo fin troppo eloquente torna a occuparsi di viaggi ma da un’ottica diversa. Non racconta esperienze, incontri o avventure capitate durante il suo girovagare ma si sofferma a indagare e a riflettere sul senso del viaggio e del ritorno, prendendo spunto dall’isola in cui si trova a trascorrere una settimana di relax e dalla lettura di un libro di Luigi Malerba, Itaca per sempre. Continua a leggere

In ricordo di Cristina Annino

E’ venuta a mancare la poetessa e pittrice Cristina Annino. E’ stata un voce poetica discreta ma significativa. Vogliamo ricordarla riproponendo la sua poesia per Poesia italiana del XXI secolo, con una nota di Rosa Salvia e una riflessione di Stefano Guglielmin.

Cristina Annino, all’anagrafe Cristina Fratini (Arezzo 1941), a Firenze si laurea in Lettere moderne e frequenta il Caffè Paszkowski dove entra in contatto con il Gruppo 70. Nel 1969 con le Edizioni Tèchne di Firenze, pubblica il suo primo libro di poesia, Non me lo dire, non posso crederci. Nel 1984 Walter Siti la include nel terzo volume di Nuovi poeti italiani (Einaudi). Nel 1987, grazie ad Antonio Porta pubblica Madrid (ed. Corpo 10). Nel 2001 Franco Loi e Davide Rondoni la inseriscono nell’antologia Il pensiero dominante – Poesia Italiana 1970 – 2000 (Garzanti, 2001). Fra le sue raccolte poetiche più recenti Magnificat, raccolta antologica di tutta la sua produzione (puntoacapo, 2009 – Premio Lorenzo Montano nello stesso anno); Chanson turca (LietoColle, 2012); Poco prima di notte, plaquette (Arca felice, 2013); Anatomie in fuga (Donzelli, 2016). Le sue opere in prosa: Boiter, l’affarista della sua pace (Forum/Quinta generazione, 1979); Connivenza amorosa (Greco§Greco, 2017). Appassionata pittrice, ha curato numerose mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero. Continua a leggere

Poesia italiana del XXI secolo

Gianluca Garrapa è nato in provincia di Lecce nel 1975, si occupa di scrittura desiderante e counseling creativo; è conduttore radiofonico; scrittore cromatico e desiderante in prosa e in poesia, comico; sue cose, tra cui recensioni e interviste, su: Utsanga, GAMMM, Compostxt, Slowforward, Interno poesia, Nazione Indiana, Frequenze Poetiche, L’estroverso, Critica Impura, Poetarum Silva, Verde Rivista, Fara Poesia, Patrialetteratura, Larosainpiu, Il Fatto Quotidiano, Il Sole 24 Ore. Libri: di fantasmi e stasi. transizioni, poesie, postfazione Gabriele Frasca, Arcipelago Itaca, 2017); Il 23 agosto, un piattello di segreti, romanzo, Eretica, 2018); Un ronzio devastante e altre cose blu, racconti, prefazione Paolo Zardi, Terra d’Ulivi, 2018; La cosa, racconti, Ensemble, 2020; Pagina Bianca, poesie Miraggi ed., 2020; è in La parola informe, a cura di S. Caporossi, Saya, 2017; in Dizionario di Counseling e di Psicoanalisi laica, Clinamen, 2018; e in Counseling Psicoanalitico e Istituzione. Politiche e pratiche del counselor a orientamento psicoanalitico, Editrice Aracne, 2019. In passato performer di Situazioni: Voceluceburattini, reading di poesia e videoinstallazione, giugno 1998, Arsenale Cult, Pisa; Lettura di Maschere, reading di poesia e videoinstallazione, luglio 1998, Pontedera; Gli Assenti, tre atti sul concetto d’assenza, (installazione video-poetica e performance, dicembre 1998, Teatro del Tè, Pisa; performance musicale e videoproiezioni di opere digitali, 29 gennaio 2003, Centro Culturale IMAGO, Pisa; Spettacolo teatrale l’Abbandono, dicembre 2005, Lucca, regia di Bernardo Cirillo; Reading e videoproiezione nell’ambito dell’iniziativa Okkasioni del Centro Arte Moderna.

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Cambia


Gesù ci ama. Possiamo sentirci lontani, pensare che, visti dal cielo, siamo piccoli e invisibili, atomi sperduti in un cosmo abbandonato a se stesso. E invece no: siamo amati. E questo cambia tutto.

Borges e Macedonio sotto le stelle

di Gustavo Micheletti

Era una notte chiara e l’aria di una canzone triste risuonava in una piazza affollata di Buenos Aires. Il pensiero era leggero e il cuore stava sospeso nel tepore dell’aria estiva. Come capita ai pensatori lievi, lasciava i suoi pensieri nella loro forma nascente, che rendeva più triste e sola ogni canzone. Anche il rumore delle stoviglie che risuonò durante un intervallo musicale gli parve più triste, nonostante il profumo di carne arrostita e di pietanze speziate che faceva venire un certo appetito.

Anche Jorge Luis Borges e Macedonio Fernández erano seduti lì fuori, al tavolino dello stesso bar, lo sguardo ogni tanto rivolto verso le stelle e i lampioni che ne nascondevano la luce. Ascoltavano quella stessa canzone, che ora assomigliava a una sconosciuta di Gardel, mentre lui ascoltava i loro discorsi, la malinconia sorridente delle loro voci.

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La parte opposta


Il cristiano vive al contrario: non cerca sicurezze, ma affida l’incertezza  all’Unico sicuro, non vive di debolezze, ma di rinunce che aprono allo Spirito, non vive di gratificazioni, ma del dono del cuore, che dà gioia. Vedere il mondo dalla parte opposta: questo è il suo talento.

Pietà


Il cristiano è amabile: se Dio è carità oltre ogni limite, il figlio di Dio partecipa di questa natura. È il motivo per cui il Cristo può dire: amate i nemici, salutate chi non vi saluta, pregate per chi vi perseguita . Tutto ciò si giustifica se visto dal cielo, dove il male muove soltanto a pietà.

Marino Magliani intervista Lamberto Garzia

Marino Magliani intervista Lamberto Garzia sul suo nuovo libro Capped Dice (Betti Editrice, 2021)

Il titolo del libro, Capped Dice, prende spunto da un termine desunto dal gioco dei dadi o Craps, che vuole intendere un dado (truccato) sottoposto a limatura di uno dei lati e consequenziale certosino riempimento/incappucciamento (capping) dello spazio lavorato con un materiale diverso, che alla vista appare identico all’originale, ma anche e più semplicemente L’INCAPPUCCIATO (l’autore) DICE, racconta, attraverso le pagine di un Diario allucinato e a tratti esilarante, di una pericolosa  indagine tesa a svelare un Mistero, nella quale il personaggio principale, almeno nelle prime pagine, è quello del grande scrittore Tommaso Landolfi («Giusto appunto, mi hai detto dell’esistenza del gran segreto, che se permetti lo intenderei col termine inganno. E quindi, più precisamente, mi hai rivelato di possibili, sebbene in dato modo catalogabili, malefatte di tale signor Landolfi. Ma questo oscuro non me lo puoi per il momento squadernare, anche perché questo oscuro non è ancora per te del tutto chiaro… e una volta portato alla luce ciò che è intimo nella sua mantella lisa, sarà una calamità, anche se poi una calamità per chi, Lamberto…»). Ma accanto all’illustre narratore, nel Diario compariranno, sotto forma di racconto diretto o citazione, personaggi reali noti (Valentino Zeichen, Giuseppe Conte, Nico e Matteo Garrone, Oriana Fallaci, Rocco Carbone, Franco Cordelli, Alberto Sironi, Antonio Franchini, Alessandro Ceni, Giovanni Maccari, Aldo Gabrielli, Jonny Deep, Orson Welles, Sylvester Stallone,  Sugar Ray Leonard, Roberto Duran, Eddy Merckx, Philip Warren Anderson e molti altri, che per “opportuna delicatezza” verranno nominati soltanto con la lettera X, sia perché alcune indagini non sono concluse e sia perché alcune sono donne che nei loro specifici campi sono assai popolari) e meno noti, ma non per questo meno importanti all’interno della puntigliosa struttura del romanzo. Continua a leggere

Momenti


Ci sono momenti in cui occorre spogliarsi di tutto, per stare in solitudine davanti a Gesù. Momenti in cui il mondo resta fuori e si affaccia l’eterno. Un tempo di là  dal tempo dove Dio parla, nel giardino degli inizi.

Senza di Lanfranco Caminiti (minimum fax, 2021)

“Se non raccontiamo l’inverno, non arriverà mai primavera”. Parto da qui, da questo post che Lanfranco Caminiti ha lasciato in bacheca il 1 gennaio.
Dicono che un lutto vada “elaborato”. Credo invece che vada attraversato, e questo piccolo e prezioso romanzo ne è la dimostrazione nero su bianco.
Attraversare un lutto significa prendere coscienza del “fatto” che la persona amata non ci sia più, che non si possa più parlare con lei (con Paola, nel suo caso), abbracciarla, programmare il futuro, anche quello più prossimo e in apparenza banale, come andare a fare la spesa insieme.
Quindi, è utile ripercorrere la strada prima del lutto, senza dimenticare che “quel” cammino è finito e si deve scegliere un altro sentiero. Impervio, accidentato, ma necessario.

Mia nonna diceva sempre: “Amaru a ccu mori? Amaru a ccu resta!”. Chi resta deve infatti fare i conti con il vuoto, che si riempie solo di mancanza; un puzzle di tutti i momenti passati insieme, scampoli di vita che si cercano di mettere da parte, e a volte si tracciano, nero su bianco, come fossero puntini da unire per rileggere il passato e cercare di immaginare un futuro anche “senza”. Ed è quello che fa Lanfranco Caminiti in questo romanzo molto atteso: traccia una mappa della mancanza e racconta la trasformazione di un’unione, un matrimonio, in vedovanza.

Il romanzo inizia con uno spartiacque, tangibile, concreto, fra la vita “con” e la vita “senza”:

L’avrebbero vestita le sue nipoti. Io diedi loro l’abito che aveva comprato da poco e una camicia di percalle. L’abito era rosa antico e smanicato. E Paola non girava mai a braccia nude, le sembrava poco elegante.

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Per Alessandro Baricco


A raccontare è il migliore. Certo, García Màrquez, Vargas Llosa…ma quando legge L’infinito, o parla della mappa mentale di Alessandro Magno, o del paesaggio della domanda da preferire alla prevedibilità delle risposte, non può non incantarti. Baricco ha una leucemia aggressiva. Penso si possa fare molto per guarirlo. L’aiuterà l’amore per la bellezza, la frequentazione dei grandi, la forza intrinseca della letteratura. Mi auguro che ritrovi la salute, che torni prestissimo a sedersi nei palchi dei teatri con quella faccia sognante capace di evocare sogni. Mi auguro che ritrovi, anche, la salvezza, il fascino di quello che non passa, la musica che nasce dalla fine di tutte le illusioni. Perché possa tornare a regalarci storie, a incantarci con mappe e paesaggi, col bagaglio inesauribile del narratore che ha una trama fantastica in più, da raccontare.

Su “A grandezza naturale. 2008-2018” di Raffaela Fazio

Su “A grandezza naturale.2008-2028” di Raffaela Fazio, Arcipelago Itaca, 2020. Nota di lettura di Carlo Giacobbi

Nella silloge in commento, Raffaela Fazio opera una sorta di redde rationem della sua produzione poetica intercorsa tra il 2008 ed il 2018.

Un decennio, dunque, che ci consente di sviluppare un’indagine diacronica sugli aspetti contenutistici e formali assunti dalla poetessa a cifra stilistica della propria versificazione.

A voler effettuare una sorta di sistemazione dei topics rinvenibili nel macrotesto, con tutti i limiti insiti in ogni intento classificatorio, si potrebbero utilizzare tre categorie ontologiche: a) l’essere in mundo (di cui alle sezioni “Il senso e l’andatura” e “Cento modi per chiamare o nessuno”); b) l’essere pro mundo (pertinente alle sezioni “Voci abitate”, “Prospettiva inversa” e “Tra visione e forzatura”); c) l’essere ultra mundo (relativo alla sezione “Altro da Te”). Continua a leggere

Adesso e nell’ora della nostra morte


Il criterio più importante della vita è nascosto nell’Ave Maria, la preghiera più semplice di tutte. C’è un passo che ricorda l’essenziale: “adesso e nell’ora della nostra morte”. Se riusciamo a collegare l’adesso col momento della morte, abbiamo risolto ogni problema. Nell’ora della morte svanisce il superfluo, che appesantisce il momento che viviamo. Collegare il presente con la morte libera dalla zavorra del non senso.

Frammenti di Cinema # 47

 

Il cinema è per sua natura claustrofobico e corale. A differenza del teatro, per esempio, è raro vedere film interamente girati al chiuso e con un solo personaggio. Quando avviene, infatti, ci troviamo di fronte a sperimentazioni o a prove d’attore (o d’attrice). E lo spettatore, in genere, è diffidente. Ad esempio, molte attrici si sono misurate con un testo teatrale (appunto) di Jean Cocteau del 1930, La voce umana. La prima è stata Anna Magnani nel 1948 nell’omonimo episodio de L’amore di Roberto Rossellini.  Tutto il film ruota sul personaggio di una donna che parla al telefono con l’amante che l’ha abbandonata. Nel 1966 con questa prova si cimentò anche Ingrid Bergman in una versione di Ted Kocheff per la televisione britannica: un vero e proprio duello a distanza tra le due, dopo essersi contese il grande regista del neo-realismo. Nel 1988 ci provò anche Ornella Muti in Codice Privato di Citto Maselli. E per ultimo Tilda Swinton in The human voice, cortometraggio in inglese di Pedro Almodòvar del 2020. Alle prese col telefono sono Tom Hardy in Locke (2013) di Steven Knight e Jake Gyllenhaal in The guilty (2021) di Antoine Fuqua, remake de Il colpevole del 2018 esordio dello svedese Gustav Moller. Entrambi sono una riflessione sulla colpa e la responsabilità, il primo girato in tempo reale, senza stacchi di telecamera; il secondo interamente girato all’interno di un centralino di smistamento di chiamate urgenti della polizia. Infine, Colin Farrell riesce persino ad interpretare un thriller restando al telefono nel film In linea con l’assassino (Phone Booth) di Joel Schumacher (2002).

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