Archivio mensile:Agosto 2015

CrIsis

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L’Isis taglia le teste. È un modo semplice e rapido per risolvere le divergenze di opinioni. Perché perdere tempo per aprire un dialogo, cercando di convincere, dovendo magari ammettere un rifiuto, una scelta diversa dalla tua? Macché, meglio una botta e via. L’altro non è più una minaccia, non incarnerà lo scandalo eterno della libertà. Riuscite a immaginare un mondo in cui tutti la pensano alla stessa maniera? Nemmeno per amore si potrebbe perdere la testa.

A Giovanni Inzerillo, su Calvino e la musica

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Carissimo Giovanni,
il “Calvino” che mi hai inviato è, come sempre, pieno di sorprese. E questa sorpresa l’hai confezionata ad arte, in un testo che affronta rigorosamente, con piglio filologico, l’avventura calviniana tra le note alte o popolari della musica che, come ricordi nel volume, lo spaventava o lo metteva in soggezione. Continua a leggere

Le voci del Pretorio. Il romanzo epistolare di Angelo Ascoli e Pasquale Vitagliano. La terza risposta.

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Terza risposta

Daniele,
Se hai ragione tu, che «si fugge da un luogo, non dalle persone», allora è altrettanto vero che si rimane prigionieri di un luogo, anche quando si è riusciti a scappare da qualcuno. Tanto più se questo luogo è impregnato di abitudini, di stanchezze, di pigrizie.

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USA e getta

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Ci mancava l’omicidio in diretta.
La chiamano civiltà dell’immagine: le parole non servono più. L’informatica utilizza le icone; televisione, cinema, computer, esaltano i colori e le forme, per cui l’audio ha una funzione relativa. Ormai tutti cercano l’immagine: forte, d’impatto. Se possibile, una rissa, un nudo, qualcosa che sorprenda, che colga di sprovvista, che turbi o imbarazzi. L’apice di questa civiltà lo abbiamo visto in Virginia, a Smith Mountain Lake, dove un uomo ha deciso di chiudere i conti con l’antagonista in diretta tv: trasformando l’immagine di Dio, l’Adam, il progetto di verità, bontà e bellezza, nell’immagine di satana, un misto spaventoso di violenza, d’odio, di morte. Un’immagine usa e getta, destinata al nulla, come sempre ciò che nasce dal male. Le parole non servono più. In ogni caso, non ci sono parole.

Parresia

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Ho conosciuto Nunzio Galantino al Santuario del Divino Amore. Ero al corrente del suo modo di fare, di quella che negli Atti degli Apostoli si chiama parresia, ossia franchezza (4,31 passim). Gli ho detto: eccellenza, continui così, dica la verità senza paura. Lui mi ha risposto che la verità non piace e che avrebbe continuato finché non gli avessero chiuso la bocca, come ad altri. Ho pensato: è triste che, nella Chiesa e nello Stato, chi dice la verità sia fatto fuori. Ho pensato anche: speriamo che Galantino duri a lungo, che non riescano a metterlo a tacere e che abbia fiato in corpo per un numero bastevole di anni. Poi ho pensato a me, a quante volte mi dicono di smetterla, che la vita è così, che esagero e devo imparare a sorvolare. Ho pensato perfino a Gesù, e a quanto sia stato breve il tempo in cui gli hanno permesso di parlare.
Forza Nunzio, c’è chi tifa per te, non farti ridurre come gli altri.

CRESTOMAZIA 11: “Io non me la rido della morte ” di JAVIER HERAUD

“Io non me la rido della morte ” di JAVIER HERAUD

 

Tu hai voluto riposare
in terra morta ed in oblio.
Credevi di poter vivere da solo
nel mare, o nei monti.
Poi hai saputo che la vita
è solitudine tra gli uomini
e solitudine tra le valli.
Che i giorni che circolavano
nel tuo petto erano solo campioni
di dolore tra il tuo pianto. Povero
amico. Non sapevi niente e non piangevi niente.

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Salut d’amour

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Eppur si muove, qualcosa, nel mare
che da questa terrazza di Sirolo
è una coppa di vino tutto azzurro:
il sangue del Signore, misto a cielo.
Da quanti anni manchi da quassù,
con la tua voce lenta come il vento,
che è il solo a regalarmi una carezza
in questa fine d’agosto. Sul ferro
arroventato della balaustra
si specchia la paura di un bambino,
la domanda d’amore che tu solo
sapevi soddisfare, ad ogni costo.

Questo gol

Napoli
[In vita mia, ho pubblicato persino due articoli sul calcio: tra l’altro, su un sito prestigioso della mia città natale. Agosto mi sembra il mese giusto per rendervene conto. Qui di seguito, il primo. Domani toccherà al secondo.]

Col Napoli non bisogna esagerare: è una squadra di calcio. Se fosse una fede, sarebbe un pericolo mortale: potrebbe rivelarsi un idolo, muto e sordo come gli idoli, un dio che non ti può salvare e che anzi ti procura più dolori che gioie. Continua a leggere

Un no

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Mai funerale mi ha fatto più male. La Chiesa usata per una manifestazione famigliare e sociale di potenza, l’arroganza che schiaccia ogni logica giuridica, morale, religiosa. Scomunicati: termine che oggi manda un’eco sinistra, l’indifferenza cinica di chi la fa in barba a ogni potere. Perché? Ci si chiede. Perché il male ha una tale garanzia d’impunità? Perché in circostanze simili non risuona un no liberatorio, che permetta di credere in qualcosa, in questa vita difficile? La risposta, amico, soffia nel vento. La risposta soffia nel vento.

Alie Nazioni

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In questi giorni, gli articoli di Stefano Feltri, innescano polemiche infinite che non accennano a smorzarsi. Si può ragionare per secoli o millenni sull’utilità effettiva di una laurea, sulle possibilità di occupazione attuali, sulla convenienza relativa alla scelta dell’una o dell’altra facoltà universitaria. Io, la mia idea, non la cambio facilmente: se uno ha dei talenti, è chiamato a render conto di quelli, e non di altri. Se scelgo medicina perché promette un lavoro e uno stipendio più sicuri, non sarò mai un buon medico, e a rimetterci saranno i miei pazienti. Se opto per la facoltà d’ingegneria perché garantisce più assunzioni rispetto alle materie letterarie, un ponte, prima o poi, crollerà per colpa mia. Una società che non consenta a una persona di far ciò per cui è tagliata dalla nascita, è una trappola mortale, una fabbrica di esseri infelici. La rivoluzione comincia anche da qui: dal dire chi sono e cosa voglio, dal proporre al mondo le mie vere competenze, dal dare ciò che ho, e non ciò che sono costretto a fingere di avere.
Non volevo ingolfare la questione con l’ennesimo parere. Ma se seguiamo il branco in faccende come queste, la speranza salperà per altri lidi.

Sade in drogheria e altri racconti, di Roberto Barbolini

Barbolini FOTO
Brevi riflessioni attorno a un romanziere ‘sperimentale’

di Guido Michelone

Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, il divin marchese, ovvero Donatien-Alphonse-François de Sade, si trova a Modena – correva l’anno 1775 – alla ricerca, come sempre, di emozioni forti, benché il festino nel retro bottega del caffè-drogheria Giusti non lo soddisfi sufficientemente. Le gesta erotiche del filosofo-libertino sono tuttavia il pretesto per una metafora sulla violenza, con l’autore che crea un immaginario dialogo fra un tale Benelli e la coppia di sociologi francofortesi Horkheimer e Adorno. Continua a leggere

FRANCO MICHIELI, “LA VOCAZIONE DI PERDERSI

Recensione di Giovanni Agnoloni

Franco Michieli
La vocazione di perdersi
Ediciclo Editore, 2015

Questo libro di Franco Micheli l’ho visto praticamente nascere. Mi spiego meglio: l’amico e collega Davide Sapienza mi aveva parlato di un viaggio a piedi in Lapponia in programma insieme all’autore e a un terzo escursionista, Davide Ferro. Poi un’intempestiva tendinite l’avrebbe costretto a dare forfait, per cui sarebbero rimasti in due, per quella che si prospettava come una marcia senza il supporto di mappe, bussole, GPS o altri ausili tecnici per l’orientamento; solo le stelle, il sole e la conformazione del territorio.
prod_1377_MichieliLa sfida, estremamente affascinante, sarebbe poi diventata questo prezioso volumetto edito da Ediciclo, il cui titolo (La vocazione di perdersi) e sottotitolo (Piccolo saggio su come le vie trovano i viandanti) disegnano un arco ideale all’interno del quale sta racchiusa tutta la filosofia di viaggio di Franco Michieli (“Piccola filosofia di viaggio” è, appunto, il titolo della collana che lo ospita). Perdersi significa infatti mollare qualunque riferimento che possa venire da strumenti cartacei o tecnologici e affidarsi al paesaggio, lasciando che siano le sue linee, unite alla volta celeste di notte e al percorso apparente del sole di giorno, a orientare i passi. Così facendo, si apre uno scenario in cui sono le vie a venire incontro ai viaggiatori – va da sé, non del tutto impreparati sull’orografia del territorio che attraversavano né sprovveduti in materia di costellazioni e natura in genere. Inoltre, ogni strada imboccata o panorama scorto avrà il sapore di un’epifania, a sua volta capace di suggerire nuovi spunti. Continua a leggere

Wolfgang Pauli, uomo a molte dimensioni

di Antonio Sparzani
Pauli a tavola
Wolfgang Pauli (Vienna 1900 – Zurigo 1958) è stato uno dei grandi fisici del Novecento. Su queste pagine l’avevo nominato qui nel post su Helgoland, l’isoletta dove Heisenberg andò a farsi ispirare dal vento del nord l’invenzione della nuova meccanica.
Ma Pauli, cui pure è dovuta buona parte della fondazione della nuova teoria, e che venne unanimemente indicato con l’appellativo di das Gewissen der Physik (la coscienza della fisica), era anche altro, era cioè, a differenza di tanti colleghi, un uomo a tutto tondo, uno che voleva capire l’uomo da tutti i punti vista, non solo da quello scientifico-razionale. Continua a leggere

Lettera da Berlino

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di Stefanie Golisch

Hakuna Matata.
Altra borsa.

Il mio vicino di casa berlinese si chiama Herr Meister. Ha 76 anni ed è scapolo. Non si alza mai prima di mezzogiorno ed in estate può capitare che questo omone, grande e grosso, si presenti alla porta d’ingresso con addosso solo un paio di mutande. Nei molti anni che ha trascorso nella sua tana solitaria è riuscito a trasformarla in una vera e propria discarica. Herr Meister soffre di sue sindromi personali: 1. La procrastinazione 2. L’incapacità totale di buttare via qualsiasi cosa. Ovviamente le due patologie sono complementari e, insieme, fatali. Continua a leggere

Le voci del Pretorio. Il romanzo epistolare di Angelo Ascoli e Pasquale Vitagliano. La quinta lettera.

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Quinta lettera

Caro Giovanni,
Fa attenzione, te lo ripeto. Evitala, tutto è diventato pericoloso. Lo so… Non giudicarmi anche tu.
“Ti amo Daniele. Perché sei scappato?! Credi che abbia perso la ragione? Che non mi renda conto della situazione nella quale ci siamo gettati. Tu ed io. Lo abbiamo voluto. Lo sapevamo. Sei un vigliacco Daniele!” Così mi ha scritto. Ma , in realtà, ha voluto ristabilire un contatto. “Rivediamoci. Ti prego.”

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