Archivio mensile:Marzo 2007

senza titolo

le parole non sono una meta
e neppure gli uomini e le donne.
allora ti porto sulla punta delle dita
il fosforo del vuoto in cui anneghiamo.
mi piacerebbe che tu mi accogliessi
in una casa buia, con questa smania
e questo fuoco di parole che mi porto
addosso.
mi piacerebbe sentirti imperiosa
intorno a un mio ginocchio
ardimentosa come mai fu alcuna,
io rotula del mondo e tu la luna.
in piedi
davanti alla finestra tu ti schiudi.
non voglio niente del già dato:
io prendo premura delle cose
durante la loro dissolvenza,
vagheggio di sfumare, farmi vento.
sono montate le catene del saluto,
me ne vado e ciò che lascio è salvo.
 guardo la vena che riposa sul tuo collo.

Zona araba, di Bartolo Cattafi

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Dolci, biondi, leggeri
i fumi del vino d’Algeria,
voi vedete che rosa nel tramonto
i lumi già sospesi nella sera;
non vengono le tristi
tribù, aspre, adunche, assetate,
a fare polvere e fuoco sulla scena.
Col calore di oggi, di domani
presto maturano figli, frutti, larve
di mosche all’ombra
di cose calcinate,
sciame inquieto in quartieri
d’indigeni, d’insetti.
Ignoriamo il funesto
sentiero che ci assedia
pieno di piedi scalzi, di bisbigli;
non vediamo i vermigli
pensieri sulla fronte del cane,
l’altalena paziente
nel petto della iena.

(Da: Partenza da Greenwich – 1955)

senza titolo

ti voglio guardare
mentre hai gli occhi chiusi
guardare il sole che ti passa
sulla fronte, le mani
che toccano la rosa sul tappeto
e poi divampare in altri luoghi
incollare le spalle alla parete
baciarti tra le gambe, là in mezzo
l’universo è un punto fermo
e la casa diventa una foresta,
non ci sono più chiavi
né finestre, la tua voce raccoglie
il mio naufragio, il seme è sui denti,
il mondo è immacolato e leggero.

ADOLESCERE, SCRITTURE IN ATTESA

ADOLESCERE, SCRITTURE IN ATTESA

Questo spazio non vuole esplorare scritture giovani, di per sé compiute. Piuttosto possibilità, sguardi verso il prima, quando ancora non sappiamo chi siamo, né che cosa faremo nella vita. Quel momento in cui cominciamo a intuire qualcosa e ben presto sentiamo il bisogno di un maestro che ci insegni, che ci faccia specchiare, mettendoci in contatto con la nostra natura più profonda.
  E’ uno stato in cui il narcisismo dell’artista, quel bimbo che chiede a voce alta una ricompensa, ancora tace, farfuglia. Ed è questo che mi interessa.

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Bambino Gesù, di Daniele Mencarelli

Vi presento alcune poesie del poeta romano Daniele Mencarelli, tratte da BAMBINO GESU’, Ospedale Pediatrico, che uscirà prossimamente nella collana di poesia di Avagliano che dirigo assieme a Andrea Di Consoli.
Claudio Damiani

T’ho salutato per sei mesi
pensandoti impiegata o segretaria
di chissà quale ufficio dentro il paese,
poi l’anziano collega mi spiegò bene
la tua vera professione dento l’ospedale,
vivere da cinque anni dietro a un figlio,
un lavoro che nessuno potrà toglierti
per quanto sarà lunga la tua vita.
Ma tu della fatica ne fai un sorriso
del sacrificio una saggezza pratica.
Oggi sulla panchina ti godi il tempo
limpido e fresco com’è d’autunno a Roma.

(Padiglione Pio XII)

***

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Plazer

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Come risplende il tuo lucido fato
che io ti invidio, che ti fa sereno
come la luna, argento in faccia a Dio!
Quando l’angoscia è diventata piena
in questa oscena, dura e vuota notte
te costruisco, mio fantasma amato.
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La saga dei drughi – 3 (Per chi suona la campana)

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di Drugo Saya & Drugo Krauspenhaar 

Per chi sarebbe, ora, suonata la campana? Quali incontri ravvicinati attendevano i nostri proci eroi? Quale prossima moritura Sally sarebbe salita sulla cima dei nostri pennoni? O… un Leslie qualunque sarebbe stato portato via dal tornado drugo? Dove si sarebbero dirette, ora, le due lucciole intriganti con Sanremo contro? Mission possible, la pulizia territoriale dello stato nemico. Continua a leggere

ETERNO FEMININO: MARTA di Valter Binaghi

(Da: Robinia Blues, dario Flaccovio Editore 2004)

marta

Marta è dotata di un equilibrio estetico naturale, che l’ha sempre immunizzata dalle reazioni scomposte e dagli sbalzi del clima. Quando gli anni Ottanta si sono portati via la nostra pretesa di rifare la Storia, si è dedicata alla calma costruzione di un’esistenza familiare, arredandola con gusto e pazienza, e io vi ho trovato rifugio. Non che sia stato sempre un’edera al suo fianco: un tempo sapevo stupirla, e lei mi lasciava intravedere la sfrenatezza nascosta nel suo stile.
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Tutto il calore del mondo (un piccolo estratto… ovviamente inedito)

1 – Il cuore che ho tatuato sul petto è un cammeo del perdono.
Sette le spade che lo trafiggono in una nuvola di fumo.
Io non so di me, ma tento di dire per gli altri.
Nell’enigma mi dibatto; in quella culla di speranza che il certo ha trasformato nell’abbaio di un cane… perché io non voglio sapere di me, ma delle fragili conclusioni di chi mi sta dinanzi. Se conclusione può esistere, se l’osso non ha già strangolato, quel bastardo a 4 zampe.

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Se io lavoro

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Sempre più l’automatizzazione della produzione, e più in generale la possibilità di affidare alle macchine e ai computer pressoché ogni tipo di lavorazione e di attività, richiede quantità irrisorie di forza-lavoro umana. Perché dunque tutti non dovrebbero poter approfittare della ricchezza prodotta dalle macchine e del tempo liberato dal lavoro?

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senza titolo

                                                  Per E.

l’anima
questa messa spopolata
dove solo dio è in ginocchio
questo scheletro
fatto di parole e non di ossa.
l’anima
questa misteriosa nemica
che portiamo dentro
e che alcuni vorrebbero salvare
e farla arrivare intatta chissà dove.
invece deve restare qui
nella casa del mondo
come il fiore che sta per nascere
stanotte
restare qui insieme a noi
e consumarsi interamente
nella religione dei nostri baci
e delle nostre lotte.

TRIS – 1999

bicicletta2.jpg

*

Pedalando in solitudine
attraverso campi d’erba alta
in una pioggia di fiocchi di cotone
in mezzo a tanta bellezza
sento solo un sordo dolore
che la brezza non scalfisce
un piccolo dolore
che non finisce.

*

Per sapere se è arrivata davvero
la primavera
in mancanza di almeno
due rondini
vanno lo stesso bene
cinque passeri saltellanti
sul mio balcone?

*

Eravamo felicemente brilli
la luce d’aprile nei tuoi occhi belli
e le carezze e i mille baci alla Catullo…
Peccato che hai dimenticato sul tavolo
la poesia che t’avevo dedicato.

Da “Temporali”, I protagonisti, (collana Zerozerosud a cura di Michele Trecca), Foggia 2002