Archivio mensile:Aprile 2009

Da Le finestre Verdi

di Fabrizio Falconi

Mare verticale

Incanta l’onda, irretisce
gli sguardi prima che il sole
declini
a Occidente, rosso come sipario:
mare
mosso e mai stanco
mare madre e mare vulcano
mano di Dio, e Dio nella mano.

 

Lontananze, madre,
ne ho attraversate,
e teneri addii, pallidi
arrivederci,
mesti ritorni,
perdite, mancanze,
ironiche attese
sparsi giorni tinti di ricordi,
mancavano i tuoi,
mancano anche oggi
quel che eri, quel che sei
il nastro di organza,
il ditale, la spilla. Continua a leggere

Botta e risposta: Enzo Bianchi – Vito Mancuso

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Com’è difficile dialogare

di Enzo Bianchi

Da anni vado ripetendo che con la fine della cristianità e lo sviluppo di una società civile sempre più consapevole della propria laicità e della molteplicità di culture e religioni che si incontrano e intrecciano nel quotidiano, la capacità di dialogo e di ascolto reciproco diventano condizioni indispensabili non solo per una crescita in umanità ma, in prospettiva, per la stessa sopravvivenza di una convivenza civile degna di tale nome. Ma accanto a questa convinzione se ne riafferma in me anche un’altra: nonostante i numerosi sforzi che da più parti si compiono in questo senso, restiamo ancora “all’età della pietra” per quello che concerne il dialogo, tuttora balbettanti nel definire e soprattutto nell’assumere una autentica “deontologia del dialogo”. Continua a leggere

Vada giù, vada giù

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=xSV7Fin34K0&feature=related]

da qui

Verrà un giorno in cui solo i belli avranno diritto di vivere.
Il mondo sarà una superficie levigata su cui più nulla farà attrito.
Supplicheremo di vedere un volto insignificante, un brutto muso, ma l’orizzonte sarà vuoto e muto, come una stanza di obitorio.
Solo allora sarà chiaro che la verità era nel rovescio delle cose; che attraverso le contraddizioni, le crisi, le ferite si entrava nella vita.
Ma sarà troppo tardi: la velina sculetterà un’ultima volta, poi tutto precipiterà nel nulla.

STORIA CONTEMPORANEA n.6: Professore di desiderio – i due tempi di Gianni Conti: “Odiata Claudia ti amo…” e “Il professore”

conti-il-professoreNegli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei. (G.P.)

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di Giuseppe Panella

 

6. Professore di desiderio – i due tempi di Gianni Conti: … odiata Claudia ti amo …, Firenze, Morgana Edizioni, 1993; Il professore, Firenze, Polistampa, 2008

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1. Quindici anni prima

Il primo tempo di Gianni Conti professore di desiderio è rappresentato proprio dalla sua prima prova narrativa (che data ormai a quindici anni fa) che arriva a sorpresa dopo una serie di scritti di più stretta osservanza storico-storiografica. Esso si pone, fin dall’inizio, sotto il segno di una dimensione scolastica che l’autore sembra, da un lato, disdegnare come non-luogo della vita perduta e, dall’altro, invece, assumere come metafora dell’esistenza (sua e altrui). Ciò è evidente in …odiata Claudia ti amo…. Continua a leggere

Tre domande a Peter Brook da «Teatri delle diversità».

di Matteo Gorla

Nel corso della conferenza stampa di presentazione dello spettacolo Fragments da Samuel Beckett (il 10 dicembre 2007 a Milano), abbiamo avuto modo di porre a Peter Brook e agli attori del suo ultimo spettacolo alcuni dei tanti interrogativi possibili sul tema teatro e diversità. Ecco, nella trascrizione della traduzione simultanea di Ira Rubini, quanto ci hanno detto.

Domanda. La prima domanda è forse anche la più scontata: perché per lei è così importante avere attori internazionali di culture e lingue diverse, proventi da differenti esperienze e che le portino all’interno del suo teatro?

Risposta. Questa è una domanda che di solito mi fanno gli attori, aggiungendo “perché non io?”: per ogni scelta che fa il regista ci sono fra i 5mila e i 10mila attori che potrebbero essere scelti per quel ruolo. Nel corso degli anni a questa domanda ho dato due risposte. Una delle risposte è che il teatro è scorretto e quando sono costretto a dire che cosa cerco in un attore dico loro qualcosa in inglese che non è possibile tradurre: io cerco qualcuno che abbia cuore e arte [n.d.r. Peter Brook gioca con l’assonanza fra le due parole inglesi heart e art]. Ci sono attori con grande sentimento ma con poca capacità tecnica, essi sono quindi chiusi nell’eccesso di sentimento; altri invece sono così esperti e così virtuosi che, come accade anche per il virtuoso musicale, sono chiusi in un altro senso perché il cuore non appare. Continua a leggere

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di Gabriele Cremonini

Anche se non c’era la banda, come promesso, per la ripicca di Ariodante Bugamelli, primo trombone e capo degli Atletici Musicanti, che per principio, occasione o no, non voleva suonare agratis, c’era gente sotto il palco con i lucciconi agli occhi, come la Suelen Suprani, parrucchiera specialista in colpi di sole, o la Deborah Costa, regina della piadina sfogliata. “Ma dobbiamo imparare la sua lingua?” aveva chiesto la Deborah all’amico e vicino di posto Kevin Pascoli. “Ma no, veh, io continuo a parlare così, anche perché m’han detto che le carte le fanno in due lingue: siam mica pochi, quelli rimasti. Poi, non senti, loro lì son bravi con le lingue, una settimana e zac, li senti strascinare con la parlata che è una bellezza, e diobono fan tutto come noi, son mica quei zucconi di tedeschi, te li ricordi?, che potevano anche venire dieci anni di seguito ma non gli entrava in testa di rotolare la tagliatella solo con la forchetta, nossignore, se non c’era il cucchiaio erano persi”. Continua a leggere

Non ho avuto il tempo di finire

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Selma Meerbaum-Eisinger

Poesie sopravvissute alla Shoah
A cura di Adelmina Albini e Stefanie Golisch

57 poesie sono il lascito della poetessa Selma Meerbaum-Eisinger, una
lontana cugina di Paul Celan. 57 poesie che parlano della sua voglia di
vivere e della paura di morire. Con passo accelerato la giovane Selma
attraversa le varie tappe della vita umana per testimoniare non solo la
sua esistenza individuale, ma quella di un mondo scomparso: la Bucovina,
quella zona agli estremi confini dell’ex- impero asburgico, luogo di nascita
di un impressionante numero di autori e poeti di lingua tedesca.
Sopravvissute alla guerra e giunte, prima in Israele, poi in Germania, le
poesie di Selma Meerbaum-Eisinger nel mondo di lingua tedesca sono
considerate una importante testimonianza della fertile convivenza di due culture, l’ebraica e la tedesca. Tradotte nelle maggiori lingue del mondo, ora appaiono per la prima volta in traduzione italiana.

MIMESIS EDIZIONI
Collana
IL QUADRIFOGLIO TEDESCO
Isbn 9788884838810 – 15,00 euro
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“Dieci luoghi dell’anima”, da Taizè al Negev: intervista a Fabrizio Falconi

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di Eleonora Bianchini

“L’unica funzione della nostra coscienza è quella di creare finzioni, mentre la conoscenza è data dal cuore, dall’anima”. Fabrizio Falconi raccoglie l’eredità di Andrej Tarvovskij nel suoDieci luoghi dell’anima – dieci itinerari dieci storie (Cantagalli, pagg. 114, euro 13.90) per raccontare con l’armonia delle parole la manifestazione della spiritualità, passando dal Monastero del Monte delle Tentazioni di Jericho fino a Taizè. Abbiamo incontrato Fabrizio, oggi caposervizio vaticanista di Mediaset, per parlarne insieme.

Perchè hai deciso di scrivere questo libro? Continua a leggere

I racconti dell’età del jazz 3 / Billy Tipton

di Sergio Pasquandrea

billytipton1Oggi vorrei parlarvi di un musicista che probabilmente non avete mai sentito nominare, che non aveva un particolare talento, non ha fatto dischi memorabili ed è diventato famoso, dopo morto, per motivi che c’entrano poco o niente con la musica.
Si chiamava Billy Tipton, era un pianista e sassofonista, era nato nel 1914 e morì nel 1989 per un’emorragia causata da un’ulcera non curata.
Quel che si scoprì dopo la morte, e che Billy era riuscito a tenere segreto per quasi cinquant’anni, è che non si trattava di un uomo, ma di una donna. Nata, per la precisione, Dorothy Lucille Tipton, e vissuta en travesti per buona parte della sua esistenza.

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I POETI ITALIANI PER L’ABRUZZO E L’AQUILA LUOGHI D’ARTE E CULTURA

[Ricevo da Nina Maroccolo. FK]

Le Edizioni Tracce stanno organizzando, in collaborazione con l’Associazione Poeti Abruzzesi, un movimento umanitario di adesione, da parte dei poeti italiani, all’Abruzzo terremotato.
Le ultime drammatiche vicissitudini che hanno colpito l’intero Abruzzo e in particolar modo la città dell’Aquila, distrutta nei monumenti più belli e storici dal terremoto, hanno scosso le coscienze degli Abruzzesi per le vite perdute sotto le macerie. Nella memoria collettiva si è aperta una profonda ferita ma il popolo dei poeti sente una viva energia che li spinge a non arrendersi agli eventi naturali e all’incuria degli uomini, attraverso la poesia e la creatività. Continua a leggere

Una vita in fuga

di Pasquale Giannino

Il paese era in festa. Come sempre, d’estate, le vie gremite di giovani con abiti alla moda. Gianni era un adolescente timido. Andava bene a scuola e prendeva lezioni di pianoforte.
Aveva concluso il primo anno di liceo scientifico con la media dell’otto. Non era riuscito a superare l’esame di ammissione al conservatorio, ma continuava a recarsi due volte la settimana dal maestro Iannuzzi. “Non devi scoraggiarti Gianni, capitò anche a Giuseppe Verdi!” “Maestro, io penso di non esserci portato.” “Studio, Gianni, applicazione! Sai cosa diceva il grande Rossini?” “Non ne ho idea.” “Solo il dieci per cento dell’arte è dovuta al talento. Il rimanente è studio!” Continua a leggere

Kebab e Protezione civile, libertà e censura

byoblulogoIn questi giorni si è parecchio parlato, sulla Rete, del caso del video di un giornalista free lance contenente un’intervista ad una sopravvissuta del terremoto abruzzese, censurato misteriosamente da YouTube (qui sotto ne abbiamo pubblicato un altro, certamente più enfatico e schierato, ma di uguale coraggio e correttezza, datatao dicembre 2008).youtube

L’episodio va visto all’interno delle modalità con le quali noi tutti ci rapportiamo al Web, e in modo particolare al connubio, che noi tutti diamo per scontato gratuità/libertà. YouTube uguale spazio libero, o solo spazio gratuito? E se non è libero cos’è?

La cosa singolare è che negli stessi giorni un’altra notizia ha fatto ancor più rapidamente il giro della Rete, ma in questo caso non ha subito alcuna censura. Anzi.

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Vivalascuola. Fannullone o parassita?

“L’insegnamento non può essere un lavoro a tempo, l’insegnamento non finisce mai. Nel senso che quando esci dalla classe ti senti chiamato ad accompagnare idealmente le cose che hai detto e a concretizzarle” (Eraldo Affinati, qui)

Fenomenologia del parassita
di Alessandro Cartoni

Giovedì 30 ottobre 2008 tornando da Roma dopo la manifestazione degli insegnanti, nei vapori della stanchezza, un po’ osservando i corpi dormienti sul pulman, un po’ ascoltando le chiacchiere politiche dei colleghi, per una sorta di strana identificazione col carnefice, mi scopro a domandarmi “chi sono i parassiti?” Continua a leggere

C’è una strada. Una poesia di Roberto Nassi

C’è una strada
di Roberto Nassi

C’è una strada inconsistente come le parole
che sono bit o esiguità d’inchiostro
fatta soltanto della sua direzione
come un pellegrinaggio

un filo incorporeo che ha un capo inchiavardato
alla tua carne e lo tessi istante su istante
nella tua natura di ragno itinerante
che non si sente a casa se non si muove su quel filo Continua a leggere