di Giuseppe Granieri
“Mi interessa come la gente vive la vita di tutti i giorni. Sì, insomma, il modo in cui le persone trascorrono il tempo, le cose con cui lo riempiono. Non quelle grandi, i piccoli dettagli: la donna che stende i panni sul filo, alla vecchia maniera, rompendo con la convenzione dell’asciugabiancheria a gas, il movimento fluido delle sue braccia che sollevano le lenzuola, una molletta di legno tra i denti, l’ondeggiare del filo, carico di lenzuola gonfiate dal vento, in risposta al modo in cui la donna si alza e si protende verso di lui quasi in segno di saluto; un ragazzo al distributore di benzina che fa il pieno ai clienti, un piede sulla striscia nera del paraurti in gomma, la gamba che dondola con decisione su e giù mentre lui riempie il serbatoio, la macchina che si alza e si abbassa dolcemente, e intanto i suoi occhi si perdono a fissare un punto sull’orizzonte e lui si pizzica le macchie sotto le maniche della felpa verde. Sono un cacciatore di gesti. Catturo istanti e me ne prendo cura”.
Sto leggendo, in questi giorni, Episodi incendiari assortiti (una raccolta di racconti di David Means, pubblicata da minimum fax, 163 pag., 9 euro). Quello che avete appena letto è l’incipit dell’undicesimo racconto, Il cacciatore di gesti. Un attacco tanto denso di significato che non mi ha ancora permesso di andare avanti nella lettura del racconto: leggo e rileggo queste righe. Sarò in grado di procedere nella lettura?