Archivio mensile:Novembre 2021

La conversione di Gaetano Liguori. Dialogo con Guido Michelone

Gateano Liguori, pianista jazz barricadero che nel 1968 (e per almeno i due decenni successici) dava il proprio contributo artistico alla contestazione generale suonando in fabbriche, scuole, università occupate, si appresta ora a conseguire una laurea magistrale alla Facoltà Teologica di Milano, città in cui lui, partenopeo, vive dall’età di sei anni. Si tratta di una conversione insolita nel panorama artistico italiano al punto che Gianni Barbacetto, su «Il Fatto Quotidiano», in un articolo che gli dedica il 16 novembre 2011, scrive: “Come tenere insieme Che Guevara e Sant’Agostino, Dario Fo e i Gesuiti, le lotte studentesche e operaie degli anni Settanta e la ricerca teologica di Sergio Quinzio? Gaetano Liguori le tiene insieme con la sua musica”. Ma è lo stesso Liguori a parlarcene in questo dialogo esclusivo per «La Poesia e Lo Spirito». Continua a leggere

“Piazzale senza nome”, di Luigia Sorrentino

Recensione di Gisella Blanco

Luigia Sorrentino, Piazzale senza nome, Collana Gialla Oro, Pordenonelegge-Samuele Editore 2021

Leggendo la nuova raccolta poetica di Luigia Sorrentino ci si ritrova, quasi involontariamente, al centro di uno sconfinato Piazzale senza nome (Collana Gialla Oro, Pordenonelegge-Samuele Editore 2021). Nel cuore di un inverno archetipico, l’umanità è radunata al cospetto di una grande morte, nello spazio atemporale di un piazzale in cui i destini umani, pur non conoscendosi, si incrociano.

La poeta pone in esergo un frammento di Plutarco dal quale si evince la dicotomia esistenziale che attraversa l’intera opera: “La morte dei vecchi è come un approdare al porto, /ma la morte dei giovani è una perdita, un naufragio”. Sullo sfondo dei versi, infatti, esiste e insiste il parallelismo fra il morire da vecchi e il morire da giovani di una sola, identica morte. Mentre, però, la morte del vecchio uomo è una morte d’approdo che esprime la pienezza di una vita vissuta senza difficoltà, le vite dei giovani si sono spezzate prematuramente nell’ebbrezza della dipendenza, nella chimera della gioia. Il libro della Sorrentino è dedicato al padre ed è stato scritto in un periodo cronologico ben preciso (2017-2018) che, però, sembra espandersi e inerire a un presente, il nostro, in cui il passato non ha mai smesso di pulsare e di operare una costante contaminazione dell’attualità. Continua a leggere

Una bellissima briganta

di Antonio Sparzani

Michelina Di Cesare vista da Kika Bohr

Io ho frequentato la scuola elementare tra gli anni quaranta e cinquanta e poi le medie e il liceo, arrivando alla maturità (cosiddetta) nel 1960. In tutti questi anni, a più riprese e con più o meno profondità mi è stata insegnata la storia, che era soprattutto storia d’Italia, con grande enfasi sul Risorgimento, culminato con l’unità infine raggiunta sconfiggendo i biechi regimi sia di Francesco II, re delle due Sicilie, sia dell’altro Francesco (Franz-Joseph) imperatore d’Austria e Ungheria. Che bello che bello, tutti sotto i veri nostri re, i ben noti Savoia, finché naturalmente – 86 anni più tardi e finalmente – questi non sono stati opportunamente allontanati con il famoso referendum, così che andarono a rifugiarsi, con tutto l’oro che riuscirono a portarsi dietro, nell’amato Portogallo di Carmona e Salazar. Continua a leggere

“Un gelido inverno in viale Bligny”, di Arianna Destito Maffeo

Recensione di Marco Candida

Arianna Destito Maffeo, Un gelido inverno in viale Bligny, Morellini Editore, 2021

Una delle parti più gustose nei romanzi gialli o nei thriller, sono le parti iniziali, quando la vicenda non ha ancora preso piede, quando il giallo non è ancora iniziato. Oggigiorno siamo molto più proiettati verso l’inizio in medias res, sul dare subito al lettore quel che vuole. Buttarlo dentro la vicenda. Se è un giallo, il giallo deve cominciare subito. Ma in effetti le parti interessanti, spesso, sono quelle prodromiche alla vicenda vera e propria. Quando ancora ci troviamo nella classica situazione idilliaca. La famigliola felice nella sua bella casa immersa nel verde prima che arrivi una banda di malviventi incappucciati oppure, come in questo caso, il curatore di mostre playboy a cui la vita sembra dare tutto senza dimenticarsi di nulla. E nel romanzo queste parti sono essenziali. Essenziali. Continua a leggere

Il cammino per l’uomo, di Fabrizio Centofanti e Sabrina Trane


Il senso del libro di Fabrizio Centofanti e Sabrina Trane è tutto nel titolo: la conversione è un cammino per l’uomo – qui un prete alle prese con la sua fragilità umana – ma anche dell’uomo in generale – Adam, per intenderci – che non a caso prende il nome da adamà, la terra, impastata di imperfezioni e per questo bisognosa del cielo. Queste pagine sono la testimonianza di come Dio ribalti, nell’esistenza concreta di uomini e donne, situazioni apparentemente compromesse. Ciò non avviene senza costi altissimi: la sofferenza necessaria per il riscatto di una vita, e la tenebra che sempre avvolge chi entra in contatto col peccato. Gli ebrei hanno una parola struggente per dire conversione: shub, il gesto del tornare, dopo essere partiti per un paese lontano. Questo è il racconto di un ritorno, del lungo cammino dalla carestia all’eucaristia. Che possa essere d’aiuto per tutti i pellegrini della terra.

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Poesia italiana del XXI secolo

Alessandra Corbetta nata a Erba nel 1988, è dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione e dei Media e lavora come Adjunct Professor e Teaching Assistant presso l’università LIUC-Carlo Cattaneo. Ha conseguito un master in Digital Communication e uno in Storytelling. Ha fondato e dirige il blog Alma Poesia (www.almapoesia.it), con il quale ha anche curato la pubblicazione del volume Distanze obliterate. Generazioni di poesie sulla Rete (Puntoacapo Editrice 2021). Collabora con il blog spagnolo di letteratura e poesia Vuela Palabra, scrive per il giornale online Gli Stati Generali e per Rete55 conduce la rubrica “Poetando sul sofà”, dedicata a grandi autori della poesia italiana. La sua ultima pubblicazione in versi è Corpo della gioventù (Puntoacapo Editrice 2019). Sue poesie sono presenti in diverse antologie e tradotte anche su riviste straniere. Tutta la sua attività è consultabile sul sito www.alessandracorbetta.net.

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Che cercate


Gesù vuole donarsi: è il tesoro più grande, ma anche il più misconosciuto. Chissà perché è così difficile capire cosa sia vera ricchezza. Sarà per questo che il Vangelo di Giovanni comincia e finisce con la stessa domanda, prima ai seguaci del Battista e poi alla Maddalena: Che cercate? chi cerchi?

Francesco Forlani. L’estate corsa

di Roberto Plevano

Francesco Forlani si presenta come un dandy cosmopolita tra Parigi e Napoli, spazi geografici e sentimentali – e tanti sono i legami sotterranei, elusivi, imprevedibili, che si stringono tra le due capitali –, ma il suo lavoro di scrittore è assai lontano da un cliché di decadentismo.

La prosa sciolta, accattivante, è il prodotto di un progetto di radicale integrità del narrare, debitamente esposto nella citazione di Giambattista Vico in esergo al suo ultimo romanzo, L’estate corsa (Felici Editore, 2021) e compiutamente eseguito: in forza d’una corpolentissima fantasia, i primi uomini delle nazioni gentili, come fanciulli del nascente gener umano, fingendo criavano le cose, onde furon detti «poeti», che lo stesso in greco suona creatori. Questa natura criativa della finzione (narrativa) era ben chiara agli antichi. Una citazione di Tacito funge un po’ da guida intellettuale del protagonista del racconto, Frank, uno scrittore (verrebbe da dire, come tutti, ma Frank pare davvero un bravo scrittore, come pochi quindi): fingunt simul creduntque, “credevano in ciò che avevano appena immaginato”.

Queste serie premesse teoriche non introducono tuttavia un romanzo accademico e libresco. La storia che Forlani racconta ha piglio, inventiva, ritmo; le coordinate culturali, umanisticamente solidissime, sono il telaio su cui Forlani tesse una narrazione che potrebbe farsi tra le piacevolezze di un gruppo di amici intorno a un tavolo, buon cibo e ottimi vini.
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Unici


Non siamo tutti uguali, anzi, ciascuno di noi è uno stampo unico. Per questo la conversione è irripetibile, con le sue difficoltà e le sue fatiche. Dobbiamo conoscerci, prenderci sul serio, così lo Spirito può fare il Suo lavoro.

“Il ritorno dell’anima”, di Fabrizio Boscaglia, a cura di Raffaela Fazio


“Il ritorno dell’anima” di Fabrizio Boscaglia (Giuliano Ladolfi Editore, 2021)

Un piccolo assaggio

 

Non senza meraviglia

mi risveglio dall’inerte

dopo immemori cadute.

 

*

 

Tastare luce

con altre mani,

con altri nomi.

Salvare un attimo,

e trarre al cuore

la ricca pesca

dei giorni.

 

*

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La vecchia barbona

di Nino Alecci

In un logoro cappotto stinto
di almeno 3 misure più grandi
su una panchina di un giardino pubblico
siede una donna
ha con sé una misera valigia di cartone
e un vecchio caddie della spesa
pieni di ricordi e solitudine
chiunque passa, affretta il passo
lanciando uno sguardo distratto
ma nessuno si ferma
nessun gesto, alcun sorriso
solo curiosità , forse pena
invisibile, spesso, agli occhi degli altri
sta lì, su quella panchina
a far passare le ore
serenamente senza alcun tremore
gli occhi persi nel vuoto
guardano lontano
rincorrendo chissà cosa
si passa una mano tra i lanosi capelli
come per scacciare un’ombra cattiva
e rivolge lo sguardo altrove
forse a ricordare un amore o un vivo dolore
a nessuno interessa la sua vita di vecchia barbona
solo a quella cornacchia appollaiata sul ramo
che attende pazientemente l’ora fatale
per rubarle di mano quel pezzo di pane.

Frammenti di Cinema # 45

Quella del Vietnam è stata la guerra più narrata dal Cinema americano (e non solo). E’ opinione comune che in questo conflitto, prima ideologico che militare, gli Stati Uniti, anzi l’America, magari scritta anche con la K, persero la propria innocenza. Sono passati 46 anni da quando le truppe entravano a Saigon, mentre gli americani fuggivano evacuando con gli elicotteri gli ultimi civili. Quelle immagini sono state evocate con la stessa drammaticità al momento del ritiro delle truppe da Kabul, abbandonata ai Talebeni vittoriosi. Tutti hanno davanti agli occhi la fuga degli occidentali dalla capitale afgana. Quanti, invece, conoscono o ricordano ancora quanto accadde in Vietnam? I film sul Vietnam sono più di 80, da Berretti Verdi (1968) diretto e interpretato da John Wayne, che non fu il primo ma resta memorabile in quanto gli americani furono per l’ultima volta i buoni della storia, a Da 5 Bloods  Come fratelli (2020) di Spike Lee, tributo (fuori tempo massimo) al sangue nero versato contro i Viet Cong. Questa “sporca” guerra è rimasta così impressa nella coscienza collettiva degli americani da essere diventata il paradigma della crisi di tutto l’Occidente, di cui, nel bene e nel male, gli Stati Uniti ne rappresentavano l’impero centrale. Imperdibile sotto questo aspetto è Apocalypse Now (1979) di Franci Ford Coppola, trasposizione di Cuore di tenebra, romanzo di Conrad sull’imperialismo europeo in Africa. Dopo il Vietnam, tuttavia, tutto è cambiato. E’ più facile, infatti, raccontare storie sui cattivi, specie quando questi perdono. Dopo il disgelo Usa-Urss, favorito da Reagan e Gorbaciov, sembrava che il mondo si fosse riappacificato. Ed invece la fine dell’Urss ha delocalizzato e frammentato le fonti di pericolo. Questa volta l’America e l’Occidente si sono trovate, quasi senza volerlo, dalla parte della ragione(apparente). E tutto è diventato più difficile e meno narrativo. Il confine tra torto e ragione è diventato sottile e confuso. Ad entrare in crisi è stata la coscienza individuale, mentre quella collettiva veniva edulcorata dal dovere di difendere la nostra civiltà contro il terrorismo? Fino a che punto? Forse, si spiega così l’assenza di film memorabili sulle guerre, pur numerose, combattute a cavallo dei due secoli.

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