Sarebbe arrivato alle quattro.
Nonostante il caldo, indossa un abito estivo color crème e tiene al guinzaglio un vecchio cane dal pelo maculato. Fa fatica salire gli ottantotto gradini che portano a casa mia, ma deve farcela perché ha qualche cosa di importante da darmi. Il suo unico romanzo. Il romanzo della sua giovinezza : Gli Eletti.
A dire la verità, è solo un esile racconto che nessuna casa editrice ha voluto pubblicare. Ma lui non si arrende, consegnando le 30 pagine fotocopiate personalmente a chi vorrebbe leggere la storia di un gruppo di giovani intellettuali che nella Napoli degli anni Cinquanta sognano un grandioso avvenire. Continua a leggere
Archivio mensile:Luglio 2007
Una tragedia negata
Saggio di Demetrio Paolin, Vibrisselibri.
di Elena F. Ricciardi
“La speranza vagante tra gli errori
a molti è un bene, ad altri è solamente
una trama di vuoti desideri:
penetra l’ignaro animo, prima
che l’uomo incontri il fuoco sul cammino.
Un saggio fu colui che pronunciò
questo motto famoso: il male sembra
un bene all’uomo quando un dio gli vuole
oscurare la mente: allora è breve
il tempo che precede la rovina”.
(Sofocle, Antigone)
Il saggio che si accinge a leggere chi apre il testo di Demetrio Paolin “Una tragedia negata” attraversa, come da intento dell’autore, la letteratura che negli ultimi anni ha cercato di dire l’epoca del terrorismo in Italia.
Provocazione in forma d’apologo 27
Il quasi vecchio artista non ci vede più come un tempo, perciò, durante i pasti, invece di leggere, ora ascolta rubriche di notizie. Una di queste, proprio oggi, lo ha lasciato sconvolto ma non sorpreso.
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Il testamento del lettore
Sono un lettore e in questo momento mi trovo presso il notaio che mi aiuterà a redigere il mio testamento. Il notaio mi sta spiegando che l’incipit rituale di queste pratiche mortuarie è una frase del tipo «Io sottoscritto Tal dei Tali (seguono dati anagrafici), nel pieno possesso delle mie facoltà mentali…».
Cominciamo male, vorrei dire al notaio, ma in realtà non apro bocca. Vorrei dirgli che questo incipit un poco mi spaura, perché temo che adottandolo così com’è io corra più d’un rischio di dire il falso. Innanzitutto c’è la questione dei dati anagrafici, che il notaio sembra dare per scontata, ma che per me è alquanto problematica: dove sono nato come lettore, e quando? Dovrei dichiarare il giorno il mese e l’anno in cui aprii il mio primo libro e il luogo in cui mi trovavo, ma proprio non riesco a ricordarlo. D’altronde, siamo seri, chi mai a questo mondo ha ricordi precisi e chiari sul momento della sua nascita? E poi non sono sicuro che sia corretto far corrispondere il parto lettoriale con la lettura del primo libro: prima dei libri ci sarà pur stato un abbecedario e cartelli stradali e insegne di negozi decifrate a fatica.
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Ascolta, è già notte fonda… # 3
FRANCESCA E CUNIZZA : IL MISTERO DELLA SCRITTURA
Si può essere certi di ciò che per natura è un’incertezza? l’apparente contrasto trova una giustificazione quando rifletto sul significato dell’arte. Che per essere l’approdo di un conflitto assumo come origine e dispensa di un mistero. Sostanzio l’astrazione proponendo un mio quesito, di sempre: perchè Dante relega Francesca da Rimini all’Inferno? trattandosi di una donna dolce e conflittuale, affatto lussuriosa, secondo la balorda accezione di allora? e perchè non lo fa con Cunizza da Romano, robusta divoratrice di sesso (fatto conclamato, e Dante lo sapeva bene) a sua volta sistemata in Paradiso?
Con le spalle rivolte alle immagini
[Questo articolo è stato pubblicato nel giugno 2004 sulla rivista «Accattone. Cronache romane»]
Andiamo, tu e io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente addormentato sul lettino.
Andiamo, per certe strade mezze vuote,
bisbiglianti ricoveri
Di notti insonni in alberghi diurni a poco prezzo
E ristoranti coperti di segatura e gusci d’ostriche;
Strade che si susseguono come noiose chiacchiere
viscidamente tese
a spingerti verso domande maledette…
Oh, non chiedere «Cos’è?»
Andiamo a fare il nostro giro. Continua a leggere
Onirico
L’arte alla sera rimescola le carte e il castello precipita sull’asse di picche.
La donna di cuori, cortigiana puttana, sceglie, a caso, nel mazzo il bacio della rana.
E la pioggia punteggia, puntiglia lo stagno addormentato.
Chè il vilipendio arpeggia nel vivere contenzioso.
La penultima parola
Apparentemente senza grandi avvenimenti si svolge la vita del poeta espressionista August Stramm (*29.7.1874) che cadde nel 1915 in Russia, l’ultimo del battaglione da lui comandato.
Solo negli ultimi anni della sua vita, Stramm, che fu dirigente nel ministero delle poste a Berlino, trova il suo inconfondibile linguaggio, la cui radicalità lo distingue da altri poeti espressionisti della sua generazione, in fondo più tradizionalisti. Continua a leggere
PRIMA E DOPO IL ’68: IL PORCELLINO E IL MAIALE
di Valter Binaghi
Pubblicato su “Il Domenicale” numero 30 – 28 luglio 2007
Giusto quarant’anni fa ero in quinta elementare. La scuola iniziava in ottobre, allora.
Il primo giorno convenevoli e prolusione del pedagogo incravattato e deamicisiano, il secondo e il terzo vedere i compiti delle vacanze, il 4, san Francesco, era già festa.
Il quinto giorno, puntuale come la morte, entrava in classe il direttore, accolto dal maestro con sussiego: era per distribuirci il solito regalo della Cassa Rurale.
Il porcellino. Il salvadanaio di terracotta, accompagnato dal fervorino con cui il direttore esaltava la virtù civica e privata del risparmio, e avviava alla banca locale nuovi clienti.
I genitori a casa approvavano, posavano l’oggetto in luogo visibile e invitavano il piccolo a mettere lì almeno un’avanzo della mancetta della domenica (non erano previste elargizioni infrasettimanali, per i piscialetto degli anni Sessanta). Avevano patito la fame in guerra, i nostri vecchi, adesso c’era lavoro e paga, si poteva comprare a rate, ma non si fidavano troppo: contadini nell’anima, temevano la grandine dopo il bel tempo.
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Vincent – di Davide Racca
Da VINCENT
(dalla 62 alla 78)
Sei tubi grossi giallo cromo, più uno limone.
Sei tubi grossi verde Veronese e tre di blu
di Prussia. Dieci tubi grossi di bianco di zinco
e – folgorazioni – in cinque metri di tela. Continua a leggere
Nei meandri della lingua
Prima di addentrarci nei meandri della lingua che – come abbiamo visto altre volte – è ricchissima di parole che usiamo con la massima indifferenza senza conoscerne il significato “recondito”, soffermiamoci un attimo sull’accezione “nascosta” di meandro, appunto.
Adoperiamo questo termine quando vogliamo mettere in particolare evidenza l’ “intricatezza” e la “tortuosità” del linguaggio di talune persone nell’esporre il proprio pensiero o il proprio scritto. Il meandro, dunque, è ciascuna delle anse, delle sinuosità che i fiumi determinano scorrendo su un terreno piano o con lieve pendenza. Anche questo vocabolo proviene dal tanto bistrattato latino: “meandrus” (curva), tratto dal nome del fiume Meandro che scorre in Asia Minore in numerosissime sinuosità.
Alle radici della poesia di Francesco De Girolamo
La lingua degli angeli di Francesco De Girolamo è un testo che piace particolarmente in quanto, attraverso lo scorrere dei versi, il lettore si fa partecipe della mente amara e intrepida del poeta, della sua ironica e tuttavia appassionata nozione del mondo, in cui il suo spirito disilluso e limpido non vede che gli elementi di un gioco effimero ed estremo “dammi un martirio che mi renda vivo”, futile “amore furtivo, svanisci tra le ombre di questa notte di vetro e di velluto” e assoluto “l’io che non sono ha ucciso l’io che ero”, in un variopinto gioco di passaggi ariosi, in un’assenza che si tramuta in perfetta presenza.
Scene dal raccordo (di Cletus)
Giovedì di fine luglio tarda mattinata,
C’è coda non appena lo svincolo vomita
nella grande arteria.
E’ una sorta di buongiorno,
volevi far prima ? Eccoti punito. Continua a leggere
da “Un gerundio di venia” – di Marina Pizzi
16.
chiamami al viso e torna più sovente
qui che ti veda fiaccola contenta
qui che lacrime di bilico rasento.
avveri amore un apice
atto vestale stato a compimento. Continua a leggere
Ascolta, è già notte fonda… # 2
John BERRYMAN – Dream Songs (Canti Onirici)
52.
Silent Song
Bright-eyed & bushy-tailed woke not Henry up.
Bright though upon his workshop shone a vise
central, moved in
while he was doing time down hospital
and growing wise.
He gave it the worst look he had left. Continua a leggere
E tutti dicono
E tutti dicono
Poi tacciono
Infine si nascondono
E tutti pretendono
Poi chiedono
con le palme tese
al crocevia dello scontato
Infine una delle tante croci
suggella il fallimento
dell’illusione pagata con comodi ratei
Pochi parlano con occhi aperti
Pochi ascoltano
Pochi accettano
la mediocrità
che vuole assurgere ad archetipo
di ogni tempo
Pochi salutano
l’umile albergo
dei turisti
occasionali
SATANA E I BANCHIERI di Giacinto Auriti
Giacinto Auriti (1926-2006) fu docente di Giurisprudenza e co-fondatore dell’Università di Teramo. Le sue teorie monetarie sono molto vicine a quelle che fruttarono al poeta Ezra Pound l’accusa di anti-americanismo e la reclusione in manicomio.
Goethe affermava che “nessuno è più schiavo di chi si ritiene libero senza esserlo”.
Questo principio è particolarmente valido nel sistema monetario vigente.
Il cittadino si illude di essere proprietario dei soldi che ha in tasca, mentre ne è debitore. La banca, infatti, emette la moneta solo prestandola, sicché la moneta circola gravata di debito.
Il segno della schiavitù monetaria è data dal fatto che la proprietà nasce nelle mani della banca o, per meglio dire, del banchiere ché emette prestando e prestare è prerogativa del proprietario.
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L’organigramma
L’ORGANIGRAMMA
romanzo di Andrea Comotti
di Elena F. Ricciardi
La strage di Piazza Fontana avvenne il 12 dicembre 1969, provocando la
morte di sedici persone ed il ferimento di altre ottantotto. La bomba
esplose alle 16.37; lo stesso giorno venne scoperta un’altra bomba,
fortunatamente inesplosa, nella sede di Milano della Banca Commerciale
Italiana: venne fatta brillare subito dopo,
occultando così una prova importantissima che avrebbe forse permesso di
risalire a chi aveva preparato gli ordigni.
Nomadi e monadi
Il senso che manca tra nomadi e monadi
Contributo al convegno: Canone e canoni – Pozzolo (AL), 23 giugno 2007
Adam Vaccaro
È opportuno, negli spazi qui disponibili, dare conto dei punti ritenuti essenziali, lasciando aperti sviluppi per altre occasioni.
Maionese impazzita e specchio rotto sono due metafore di Eugenio Scalfari (Repubblica, 3/6/07) riferite allo stato attuale della società italiana, in cui “si procede a tentoni, animati solo dall’istinto di sopravvivenza …dalla psicologia del branco, dai legami corporativi”. Sono immagini purtroppo riferibili anche all’ambito della cultura e dell’arte, in cui manca un pensiero critico del mondo nel suo complesso. Senza toccare tale nodo credo rimanga esercizio retorico un esame dei canoni in atto – per il passato e il presente – nell’assordante silenzio (di senso) in cui siamo. Continua a leggere