Archivio mensile:Marzo 2017

Danzas De Amor y Duende, Gianpaolo G. Mastropasqua. Una lettura di Pierluigi Boccanfuso

Quando la poiesis assume la sua dimensione cosmogonica.

Tra le numerose raccolte poematiche che ho letto, non ne ricordo molte che, dal campo del mio spirito, sono riuscite a divellere un fiore di entusiasmo come questa di Gianpaolo Mastropasqua. Danzas de Amor y Duende è una scoperta preziosa, una partitura wagneriana priva di musica (a meno che non si tratti dell’accordatura poetica), è intima e remota riconciliazione con lo spartito cosmico. Una Danza di Amore e Duende, appunto. Parola, l’ultima, che non va traslata. Deve essere lasciata così, nel suo idioma originario, totemico, la cosa in sé kantiana, universale, lo spirito dionisiaco e selvaggio, nel quale il nostro riconosce ogni tentativo di evasione dalla sfera del razionale.

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91. Il punto della situazione


Quando cominciai a scrivere il diario, pensavo che la situazione si sarebbe risolta in un rapido volgere di tempo, con un fulmineo capovolgimento delle posizioni. Ma il Signore ci fece capire che l’evento capitale, tra fine e inizio d’anno, era stato l’apertura della Porta Santa, che non sarebbe rimasta senza effetto. Cosa avesse prodotto rimaneva un mistero, ma certamente noi fummo tra i beneficiari di quel dono di grazia. Era difficile giustificare il ritardo della soluzione, visto che avevo parlato del tempo di Natale: nessuno pensava che l’apertura della Porta potesse coincidere con l’evento preannunciato, essendo legata non a fatti materiali, ma alla sfera sfuggente dello spirito. Il ritardo, tuttavia, non mutava la sostanza delle cose, anzi, inseriva la vicenda del Divino Amore nel più grande scenario delle profezie riguardo al mondo, e in particolare l’Occidente: la crisi nella Chiesa, l’attacco del terrorismo fondamentalista, un qualche tipo di disastro naturale o bellico. Esisteva una tale convergenza di premonizioni, che bisognava essere sordi a ogni carisma profetico per restare indifferenti. Non facevamo mai riferimenti precisi alle fonti di tali previsioni, ma chiunque avrebbe potuto trovare nomi, luoghi e contenuti con una rapida ricerca in rete. Non restava che attendere il rivelarsi della trama di un racconto noto da sempre allo sguardo del Signore: noi, negli occhi del Cristo, leggevamo con chiarezza  lo svolgersi incalzante della storia.

Grande secolo d’oro e di dolore. Intervista a Vincenzo Pardini

Grande secolo d’oro e di dolore. Intervista a Vincenzo Pardini

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di Marino Magliani
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Prendiamo l’incipit di Grande secolo d’oro e di dolore (Il Saggiatore, 2017) di Vincenzo Pardini:
«In una stanza bianca come un sudario, il pavimento di mattoni, rossi e sgretolati, le travi che hanno resistitito ai terremoti, un giorno di febbraio del 1983 è morta Leonide Francesca Lusetti dei Longobardi, ultima discendente d’una antica casata della Media Valle del Serchio».
Il lettore è conquistato dall’onestà dell’io narrante, un discendente del casato, che nella stessa pagina ci dirà:
«Con l’aiuto della memoria e di documenti, tenterò di ricostruire una cronaca di vicende ed eventi che il tempo sta cercando di ingiallire»

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Luigi Maria Corsanico legge Jorge Luis Borges. 2

[youtube=https://youtu.be/WTmlQNBipAE]

da qui

[youtube=https://youtu.be/2Ddwj9jEVME]

da qui

JORGE LUIS BORGES
LA PIOGGIA
L’ARTEFICE Jorge Luis Borges
Titolo originale El hacedor
EDIZIONE CON TESTO A FRONTE a cura di Tommaso Scarano
BIBLIOTECA ADELPHI

Lettura di Luigi Maria Corsanico

Daniel Mille – ‘Llueve Sobre Santiago” (Astor Piazzolla)

photo by Luigi Maria Corsanico © 2017

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LA PIOGGIA

Bruscamente la sera s’è schiarita
perché cade la pioggia minuziosa.
Cade o cadde. La pioggia è senza dubbio qualcosa
che succede nel passato.
Chi la sente cadere riconquista
quel tempo in cui la sorte fortunata
gli svelò un fiore che si chiama rosa
e il curioso colore del carminio.
Questa pioggia che rende ciechi i vetri
rallegrerà in sobborghi ormai perduti
i neri grappoli di un certo patio
che non esiste più. La sera rorida
mi porta la diletta, attesa voce
di mio padre che torna e non è morto.

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JORGE LUIS BORGES
LA LLUVIA
EL HACEDOR
publicado por primera vez en 1960 por Emecé Editores

Leído por Luigi Maria Corsanico

Daniel Mille – ‘Llueve Sobre Santiago” (Astor Piazzolla)

photo by Luigi Maria Corsanico © 2017

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90. Dolomiti


L’immagine era quella di un massiccio montuoso incastonato dentro il verde, un paesaggio dolomitico, probabilmente, di quelli che tante volte avevano riempito i miei occhi di ragazzo chiuso e passionale. Poi, altri occhi mi avevano insegnato a guardare con il cuore, a sentire una bellezza che nulla aveva a che fare con i sensi carnali, ciechi per principio di fronte alle cose ultime del mondo. Era il Progetto di Dio, che in quell’immagine emergeva in tutto il suo splendore, come a dire chi siamo, da dove proveniamo, dove andiamo. Avevo pubblicato il mio post solito sul blog – le “carte vincenti”, le chiamavo -, per creare un catalogo di attrezzi facilmente adoperabili, utili a chi fosse interessato a oltrepassare le menzogne del momento presente. Il Progetto di Dio, avevo scritto, è bello, buono e vero: vorrò negarlo nella mia vita? Era un modo efficace, a mio parere, per esporre il gap che lacera e separa le due volontà, quella del Bene eterno e quella della ormai ben nota “filautia”. Se il nucleo della nostra chiamata all’esistenza è una miscela incandescente di bello, buono e vero, perché farne una cosa mediocre, un mostro di abitudini grigie, rattrappite su se stesse? Era urgente riscoprire la nostra identità, ripercorrere i paesaggi che don Mario mi aveva insegnato a custodire nello scrigno del cuore. Da qui cominciava l’evangelizzazione: ridare al mondo il suo volto originario, l’impronta del Creatore. Un’opera complessa di restauro, che avrebbe assegnato il giusto posto a pensieri e sentimenti, al flusso vitale che cercava il suo alveo nel versante scosceso della Storia.

Epitaffio per Bohumil Hrabal

La vita è terribile. Io ho deciso di trovarla bella.
Bohumil Hrabal

Non si sa come è andata.
Se si è fatto cadere o se voleva
soltanto chiamare gli uccelli.
Ma forse è successo proprio
in quell’istante in cui la voglia
di vivere e quella di non esserci più
sono semplicemente la stessa cosa

Rosaria Di Donato, Preghiera in gennaio

Rosaria Di Donato

Preghiera in Gennaio

Dedicato a Fabrizio De Andrè e Maria Grazia Lenisa, dalla nuda umanità nascono il canto e la sete di Dio

 

Sommario

Prefazione di Marzia Alunni

prima che sia notte
padre nostro
lazzaro e gesù

quanto errasti maddalena
contro gli empi non distruggere crea oltre la veste
ruth
il centro non sei tu
preghiera
jesus
il padre-il figlio
Torno all’amore dei poeti

Postfazione di Lucianna Argentino

Nota bio-bibliografica

Foto

Playa de la Malvarrosa, Valencia, febbraio 2016 : foto di Rosaria Di Donato
Oceano Atlantico, Casablanca, dicembre 2013: foto di Rosaria Di Donato
Rosaria Di Donato, Roma, maggio 2016: foto di Mel Carrara Melalmar

Stridamore


Chissà cosa ci vuole per aprire il tempo,
per fare di una goccia d’acqua un fiume, un ruscello –
il capo degli spiriti, il più alto responsabile
delle anime tristi, non dirada la nebbia
del tuo cuore malato, rappreso nell’istante del dolore,
fuoriuscito dal coma della solita paura,
dell’emozione inutile, sull’orlo
dell’imbroglio, dell’auto occultazione
del senso. Mi chiami troppo tardi
dal tuo bunker amato, o illune cielo
della mia disperazione, o canto, o manto,
o santo cardine dell’intima passione.

Trittici, di Annamaria Ferramosca


Annamaria Ferramosca, Trittici – il segno e la parola, Dot.Com.Press , Milano 2016

Nota di lettura di Marco Ercolani

«La parola poetica viene così a rendere visibili con gli strumenti del suono e delle pause le medesime relazioni che un dipinto porta alla luce tramite le forme, i colori e la spazialità; grazie a quello che ho chiamato “dialogo tra le arti” la scrittura costruisce un ponte verso la pittura, non tenta di sostituirla, ma di renderle onore e di ampliare, per sua virtù immaginifica, quanto (ed è già di per sé immenso) la pittura stessa ci dona o suggerisce o trasmette per propria forza di suggestione». Continua a leggere

SUL TAMBURO n.37: Gianluca Barbera, “La truffa come una delle belle arti”

Gianluca Barbera, La truffa come una delle belle arti, Reggio Emilia, Aliberti Gruppo Editoriale, 2016

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di Giuseppe Panella

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«A voler credere alle congiunzioni astrali il 1842 fu un anno colmo di prodigi. […] E, dulcis in fundo, il mio bisnonno Petreus, detto Pepé, stupì il mondo con l’esibizione di un esemplare di sirena ribattezzato la “Sirena delle Galàpagos”. Migliaia di persone si misero in fila per ammirarla, ignare del fatto che si trattava di un banale innesto tra la testa e il torso di uno scimpanzé e la coda di un tonno essiccato. La creatura aveva la bocca spalancata, la coda piegata verso l’alto e le braccia protese, come raggelate in uno slancio disperato. Pareva morta tra indicibili tormenti. Anni dopo Pepè avrebbe ricordato la cosa con queste parole, sputando a terra: “Era una creatura brutta e rinsecchita, di colore melmoso, lunga un metro e mezzo, ed emanava un odore nauseabondo, ti assicuro…”. L’aspetto repellente della sirena non tenne lontana la folla dei curiosi venuti da ogni parte, disposti a scucire senza batter ciglio l’esorbitante prezzo del biglietto, per nulla scoraggiati dal fetore che quell’essere rattrappito emanava» (pp. 13-14).

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L’isola misteriosa. La Biblioteca dei libri inutili. N. 2

Come per l’idea rimasta incompiuta di realizzare un Catalogo delle idee chic, che avrebbe dovuto essere il seguito e la conclusione del romanzo Bouvard e Pécuche di Flaubert, letture e proposte di libri singolari eppure dimenticati.

Hocynus Orca , Stefano d’Arrigo (1975)

Hocynus Orca di Stefano D’Arrigo, può essere considerato il Moby Dick della nostra letteratura, per aver fatto del mare e dei suoi abitanti l’epico scenario di un’imponente opera simbolica. D’Arrigo stesso affrontò l’impresa come di fronte a un capolavoro del Novecento. In realtà, in quest’opera volutamente monumentale sono presenti Omero e Joyce, più che Melville, l’insonne ritorno alla propria Itaca, più che l’ossessivo inseguimento di una chimera.

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I grandi uomini


di Riccardo Ferrazzi

Secondo gli antichi, gli uomini che si elevavano al di sopra della massa avevano caratteristiche divine.
Non bisogna credere che questa idea sia del tutto scomparsa nel mondo moderno: Manzoni chiamò Napoleone “uom fatale” (l’idea del Fato resiste anche alle scosse dell’illuminismo!). E nel secolo scorso, per incensare i dittatori, si scomodò spesso la Provvidenza e il favore di Dio. Continua a leggere

FIRENZE DOVE SEI?

di Giovanni Agnoloni

Mi sembra giunto il momento di ripubblicare questo articolo, che uscì per la prima volta sul “Corriere Nazionale” il 29 dicembre 2011, nell’ambito di un progetto del quotidiano intitolato “Città d’autore”. Allora vene pubblicato su iniziativa del mai dimenticato amico Ciro Paglia, al sostegno di sua moglie Stefania Nardini e del direttore del giornale Duccio Rugani, che ringrazio ancora.

Lo ripropongo oggi su La Poesia e lo Spirito, praticamente alla vigilia dell’uscita del mio nuovo romanzo L’ultimo angolo di mondo finito (Galaad Edizioni), perché questo è un libro che sottolinea la sostanziale indistinguibilità, in una rappresentazione realistica del mondo, dei profili più materiali e di un registro visionario-sensitivo.

Prendetelo dunque come un’anticipazione di quello che si è poi rivelato, ed è tuttora, in diverse forme, l’orientamento della mia ricerca stilistica.

Firenze, dove sei?

di Giovanni Agnoloni

Ho esitato a lungo a fare questa passeggiata per Firenze. Forse perché ho dei problemi con la nostalgia. Perché Firenze è una stratificazione di epoche compresse e scomparse, e dietro alle sue facciate nasconde infiniti distacchi e passaggi di tristezze.

Ma oggi è il momento.

In una sera di primo autunno, parto dalla periferia a cui sono sempre appartenuto per salutare per l’ultima volta una città che non esiste più.

C’è un tramonto che sembra un tuorlo d’uovo stropicciato su una tovaglia. Intorno, blu profondo.  Cammino lento lungo strade che sanno di polvere. Lontano, una moto gratta l’asfalto come unghie su una lavagna nera. Sembra il lamento di un gatto agonizzante, e si allarga nello spazio,  immagine in espansione che contiene luoghi dove sono stato e altri dove ancora devo andare. Passa un camion, con il suo barrito industriale. Continua a leggere

Fabio Scotto in amore


di Guido Michelone

In amore, il nuovo volume del cinquantottenne poeta spezzino, è strutturato in una prima sezione divisa in sedici parti, e in altre quattro successive, con argomenti che, come in un romanzo in versi, vanno dai luoghi amati (il Varesotto) ai campi di battaglia dell’attualità (Siria e Afghanistan), dai laghi canadesi ai templi siciliani, dalle vacanze in Normandia alla Parigi devastata dal terrorismo fondamentalista. Continua a leggere

Ascoltare il Canto di Kent Haruf

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Canto della pianura di Kent Haruf è un libro che mi ha stupito. Pubblicato anni fa da una grossa casa editrice ma passato inosservato, è stato sapientemente ripresentato da NN editore che ne ha riconosciuto il grande valore, scegliendo di affidarne la traduzione a Fabio Cremonesi ? traduttore abituale di Haruf ? che ha saputo dare una perfetta voce all’autore americano scomparso poco più di due anni fa.
Grazie quindi alle edizioni di Alberto Ibba, questo romanzo meraviglioso è arrivato a casa mia, e poi nel mio cuore. E mi sono trasferita per una decina di giorni a Holt, la piccola cittadina di campagna dove è ambientata la storia.
Evito sempre di informarmi troppo su un romanzo che sto per leggere, per non farmi influenzare, e per qualche ragione mi aspettavo una prosa ricercata, carica, magari una struttura complessa e una storia intricata. Sono stata invece smentita da Canto della pianura ché si è rivelato un romanzo capace di scavare nel profondo dell’animo umano, al di là del suo tono semplice, di raccontare la vita, la più viscerale, fatta di sudore, sangue, dubbi, nascita e morte. E la racconta attraverso pochi – e perfetti – personaggi che si muovono in una struttura ben definita: ogni capitolo è focalizzato su uno di loro e la storia procede nell’alternanza dei punti di vista, riferiti da una voce narrante molto partecipe delle vicende di ognuno.

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Vivalascuola. L’italiano siamo noi

Gli studenti non sanno più scrivere, leggere e parlare l’Italiano. Sui banchi di scuola e all’università. Periodicamente arriva l’allarme, con lunghi intervalli di silenzio. Invece da 30 anni la politica scolastica mantiene ferrea continuità. Il Politecnico di Milano impone l’inglese come “lingua ufficiale” nelle lauree magistrali, malgrado con una recentissima sentenza (n. 42/2017) la Corte costituzionale abbia ribadito la centralità costituzionalmente necessaria della lingua italiana. E nelle scuole? Anche qui. Si realizza il programma di Berlusconi: Inglese, Internet e Impresa. 400 ore alle Superiori sottratte per l’alternanza scuola-lavoro, altre ore perse per il giochino del Clil. E in aggiunta: meno risorse, più alunni per classe, meno insegnanti, meno ore di lezione. E con i decreti attuativi della L. 107, la “Buona Scuola” di Renzi, si preparano altri tagli agli insegnamenti di base, tra cui ancora quello dell’Italiano. Ma, come scrive Giovanna Lo Presti, “privare gli studenti della possibilità di avere sufficiente competenza nella propria lingua nativa, distraendoli con lo specchietto per le allodole dell’angloamericano è un atto regressivo, è negare l’accesso ad una eredità comune preziosa”. Sarebbe ora di una nuova, diversa e attiva politica linguistica italiana: questo chiediamo con questa lettera al Presidente della Repubblica, che chiediamo di firmare e fare firmare.
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