Archivio mensile:Marzo 2019

La badante

di Stefanie Golisch

La badante

Ha dormito in tutti i modi. Sul divano.
Nel letto matrimoniale. Al posto di lui
o di lei. Ha dormito bene. Ha dormito
male. Non ha dormito per niente. Una
volta ha dormito molto bene e quando
si è svegliata, il nonno non respirava
più. Non doveva nemmeno chiudergli
gli occhi. Prima di chiamare la figlia,
si era lavata i denti per bene. Alla fine
del mese mancavano due settimane di
marzo piovoso. Nel cuore della vita
abitava la morte, da subito, non c’era da
spaventarsi. Solo i corvi vivevano cento
anni, si diceva nel suo paese, ma lei non
sapeva se era vero

Uno specchio

Chi abbiamo nel cuore? Se l’essere è relazione, tutto dipende da qui. Se poi la relazione fondante è quella con Dio, la soluzione al problema della vita è avere nel cuore Gesù: cos’è mai un anima che lo ignora o lo disprezza? Ci vorrebbe davvero uno specchio per le anime, più utile di quello per i corpi. Un’anima senza Dio spaventerebbe, e sarebbe l’inizio di quella che il Vangelo chiama conversione.

Ornithology 28. Montale, Neri e Renzetti

Bufera Montale
Sul Llobregat

Dal verde immarcescibile della canfora
due note, un intervallo di terza maggiore.
Il cucco, non la civetta, ti dissi; ma intanto, di scatto,
tu avevi spinto l’acceleratore.

*

Eugenio MONTALE, La bufera e altro (1940-54; pubbl. 1956)
in Tutte le poesie
a cura di Giorgio Zampa
Oscar Mondadori, Milano, 1990

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Lui e basta


Gesù vuole l’esclusiva. Dev’esserci Lui e basta. Qualcuno potrebbe obiettare: ma se l’amore è fare spazio? Se il Cristo vuole tutto, non è per Lui, ma per noi. Solo con la sua presenza ininterrotta si riempie il nostro vuoto. L’amore purissimo lo sa, e si propone.

Maddalena Capalbi, Ribbelle (Edizioni del Verri, 2018)

Chi sceglie di scrivere poesia nel dialetto della propria terra affronta una sfida assai rischiosa. La poesia dialettale, infatti, è stretta tra vari angoli angusti, la storia patria o il folklore, se non addirittura il trash. D’altra parte, nessuno può negare la legittimazione poetica e letteraria di scrivere versi in lingua. Quello che conta è conoscere il pericolo che c’è dietro l’angolo. Il Ribbelle di Maddalena Capalbi riesce a liberarsi da quella strettoia e ci propone una raccolta di poesia in romanesco che non ci lascia come eravamo prima di inoltrarci nella lettura. (…) così ciò er pianto a véde er ffinimònno,/ la lupa poi, che manco a immaginallo,/ me spingne indove er sole s’aripone. Impresa ancora più insidiosa con il romanesco, lingua per sua natura teatrale e dunque, come sappiamo, malleabile ad un uso ridanciano e istrionico. Insomma ci vuole coraggio. Continua a leggere

SUL TAMBURO n.80: Leandro Piantini, “Il poeta non deve tacere”

Leandro Piantini, Il poeta non deve tacere, Fucecchio (Firenze), Edizioni dell’Erba, 2018

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di Giuseppe Panella

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Ma perché poi dovrebbe? Il poeta non lo spiega né desidera farlo e infatti parla, racconta, descrive, rigira il coltello nella piaga. Egli parla di sé e analizza la propria poesia:

«La poesia più bella è sempre l’ultima. Lo dico ad alta voce / quello che mi spinge all’espressione / è forte e se trova ostacoli / non s’arresta / ed ecco arrivano i soccorritori / e domani mi vedrete scalpitante / con le parole che / fanno a gara ad agghindarsi / a dimostrare la loro fedeltà / la loro vocazione ad essere / nei casi estremi il rimedio migliore» (p. 73).

Scrivere poesia è una vocazione irrefrenabile e non si contenere facilmente: le parole urgono e vanno usate per esprimere ciò che si prova e si sente in maniera assoluta. L’ansia di scrivere poesia non si arresta facilmente sulla soglia della pagina bianca. La poesia è qualcosa che non si può né si deve arginare: il poeta non deve tacere perché non può tacere. Ma di cosa parla però? Quali sono gli argomenti che mette sul tavolo quando si cimenta con la scrittura? Il poeta essenzialmente parla della poesia:

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Quattro poesie di Mario Novaro

Quattro poesie di Mario Novaro (1868-1944) in italiano e in inglese.

La traduzione inglese è di Giovanni Agnoloni.

Qui potete invece trovare le stesse poesie tradotte in spagnolo e danese da Martha Elias.

Mario Novaro (foto tratta da Wikipedia)

Aria di primavera

Giovine luce,
aria di primavera!
soffici nuvole bianche
ragnano il cielo puro:
chiama
la numerosa alterna
voce del mare.

 

Air of springtime

Young light,
air of springtime!
soft white clouds
cobweb the pure sky:
the plentiful,
alternate voice of the sea
is calling. Continua a leggere

Andare

Perché è così importante la preghiera? Perché è relazione, è credere nell’altro, riconoscere l’importanza della sua presenza. L’eterno bivio della vita è fra l’amore e l’egoismo: cosa vogliamo, l’uno o l’altro? Il primo porta con sé felicità, il secondo tristezza; il primo unità e pace, il secondo divisione. Dove vogliamo andare?

Il regno

Venga il Tuo regno: non sempre ci rendiamo conto dell’importanza di una richiesta come questa. Il regno di Dio è un’altra vita, che comincia qui, dalle piccole cose. Ogni vittoria sull’egoismo e sull’orgoglio è il regno che avanza, inesorabilmente, è la morte che recede.

Valentina Di Cesare, “L’anno che Bartolo decise di morire”

Estratto dal romanzo L’anno che Bartolo decise di morire, di Valentina Di Cesare, appena uscito per Arkadia Editore, nella collana “Senza Rotta”

L’anno che Bartolo decise di morire

Quel giorno il portalettere era stato costretto a lasciare la busta in portineria, perché aveva suonato ripetutamente ma nessuno rispondeva. Il portiere riordinò tutto, considerò che forse Lucio fosse al mare, come faceva spesso di sabato mattina, divise la corrispondenza per ogni inquilino e tornò a sedersi nell’androne. Più volte nei giorni successivi Lucio pensò che proprio mentre il postino gli consegnava la busta, lui veleggiava spensierato con la sua motocicletta sul lungomare e, in quell’esatto momento, non si preoccupava di niente, era libero, pienamente libero con il vento sugli occhi, a sorpassare linee di villette rosa a grappolo sulle colline. Continua a leggere

Comunque

Come amare Gesù? Un modo speciale ce l’abbiamo: amarlo nei fratelli. Possiamo fare a loro ciò che vorremmo fare a Lui. Il Vangelo di Matteo lo spiega bene. L’esame finale verterà su questo: avevo fame, avevo sete, e mi avete assistito. Rispondere ai bisogni, e prima ancora accorgersene. Per farlo, ci vuole una disciplina delle parole, dei gesti, dei pensieri. Bisogna aprirsi a Dio e dare agli altri quello che si è preso. Ringraziando comunque.

Vedere Dio

Stare nel presente con purezza: così si vede Dio. Cosa desideriamo, se non questo? Tutti i nostri obiettivi impallidiscono di fronte a questa condizione, inclusa nelle beatitudini. Gesù se ne intende di felicità. L’ha fatta Lui, e Lui solo la rende possibile. “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” : così ci ha detto. Come non credergli?

Figure della condivisione

Figure della condivisione (da “Banalità – luoghi comuni, semiotica, social network”,

di Stefano Bartezzaghi, Ed. Bompiani Campo Aperto, pagg. 53,54, 55)

a cura di Barbara Pesaresi

«Qualcuno, proprio oggi, cioè nel giorno in cui scrivo queste pagine, ha postato su Facebook:  “Mi chiedono perché sono assente da un po’ di tempo e non scrivo nulla. È che non ho opinioni da condividere”.

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Sarò Io

Abbiamo paura di morire. Il problema è il cambiamento, la trasformazione. Potremmo dire, dunque: abbiamo paura di cambiare. Si muore tante volte, nella vita: amare è cambiare, giorno dopo giorno, imparare a fare spazio, lasciare i propri beni, la terra dove ormai ci sentiamo a casa nostra, e compiere un esodo pieno d’incertezze. Gabrielle chiede a Gesù, pochi giorni prima di spirare: e dopo, cosa sarà? E Lui risponde: sarò Io, sarò sempre Io.

Il momento

Cosa faremo quando staremo per sciogliere le vele, quando non vedremo quasi più, né avremo forza per amare? Gesù dice a Gabrielle: “Prendi il Mio sguardo. Prendi la Mia voce. Prendi il Mio amore”. Parole da custodire con cura per il momento decisivo.

Intervista a Giuseppe Lupo

Gli anni del nostro incanto
Breve intervista a Giuseppe Lupo
di Guido Michelone

Nato a Latella nel 1963 e giunto con Gli anni del nostro incanto al settimo romanzo nel giro di un ventennio, Giuseppe Lupo si conferma narratore dalla prosa raffinata, struggente, evocativa, grazie a un personale sentimentalismo, forse derivato dallo studio attento della letteratura italiana, di cui è docente all’Università Cattolica di Milano e su cui ha pubblicato articoli, saggi, monografie. In questa breve intervista, l’autore spiega le motivazioni intime di questa nuova fatica letteraria.

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