Mappa dei voli
Quando gli astronomici migratori atterrano –
e intersecano i transiti
sulle geografie primaverili
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Mappa dei voli
Quando gli astronomici migratori atterrano –
e intersecano i transiti
sulle geografie primaverili
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Il pavone
Tocca terra con le piume
e sembra, se fa la ruota, più bello
ma in verità mostra implume
il sedere questo uccello.
Le paon
En faisant la roue, cet oiseau,
Dont le pennage traîne à terre,
Apparaît encore plus beau,
Mais se découvre le derrière.
Oche selvatiche
Non devi essere buono.
Non devi camminare in ginocchio
per cento miglia nel deserto in penitenza.
Devi solo lasciare che il tenero animale del tuo corpo
ami ciò che ama.
Dimmi della tua disperazione, la tua, e io ti dirò della mia.
Mentre il mondo va avanti.
Mentre il sole e i cristalli della pioggia
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I cigni selvatici a Coole
Gli alberi sono nella loro bellezza autunnale,
I sentieri del bosco sono asciutti,
E l’acqua nel tramonto d’ottobre
Specchia un cielo immobile;
Sull’acqua traboccante fra le pietre
Cinquantanove cigni stanno.
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Signa
I pochi passeri per poche briciole
avventuratisi sul davanzale
innevato mi hanno lasciato un loro
cuneiforme tutto da decrittare,
o forse un senso più semplicemente
letterale: Fa freddo e abbiamo fame.
Cape Ann
Oh svelto svelto svelto, ascolta svelto il passero canoro,
Il passero di palude, il passero astuto, il passero vespertino,
Nell’alba e nel crepuscolo. Segui la danza
Del cardellino d’oro a mezzogiorno. Lascia la scelta
Al pettirosso gorgheggiatore, allo scontroso. Saluta
Con stridulo fischio la nota della quaglia, il piccolo fagiano
Che saltella sui cespi dell’alloro. Segui il piede
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Attilio Bertolucci, La capanna indiana
III
Dov’è volato l’uccello che nell’ora
più calda ti è passato sopra
alto, e i pali, i tronchi giovani
di gaggìa che ti formano, capanna
deserta, si sono rigati di freddo
un attimo nella quiete del sole?
[Il cigno arrostito canta]
Un tempo vivevo nei laghi,
un tempo ero bello,
quando ancora ero cigno.
Rit.: Misero! me misero!
ora nero
e dal fuoco arrostito!
Dove stanno bene gli uccelli
Le rondini, sui fili del telegrafo.
Le candide colombe, sulle gronde.
I falchi, in mezzo a le rovine e sulle cattedrali.
I corvi, sopra il capo degli impiccati.
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Rovina
Di sera, quando le campane suonano pace,
seguo i voli meravigliosi degli uccelli
che in lunga schiera, simili a pie file di pellegrini,
scompaiono nelle chiare lontananze dell’autunno.
Il sogno del Simorgh
Là sulla strada di pietra resta un’impronta,
la piuma del Simorgh, affermano i saggi
e quelli che si spinsero verso il deserto
prima del grande fiume e del Palazzo di Khublai,
verso la verde montagna dove dicono
si celi il nido d’oro del grande uccello
che fece nascere la vita nel mondo
e il regno degli alati e degli umani
con una remigante dell’ala sinistra
mentre volava verso il mare al tramonto
lì mentre il sole si tuffava nel mare.
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«È un pettiazzurro… Cosa vuoi che sia Einstein in confronto.
(Non buttar via. Posso un giorno averne bisogno).»
Annotazione manoscritta da Umberto Saba su volantino pubblicitario di un manuale di birdwatching [“studio delle voci degli uccelli”] in lingua tedesca.
*
Al lettore
Se leggi questi versi e se in profondo
senti che belli non sono, son veri,
ci trovi un canarino e tutto il mondo.
*
Fratellanza
Ho fatto un sogno, e all’alba lo ritrovo.
Parlavano gli uccelli, o in un uccello
m’ero, io uomo, mutato. Dicevano:
NOI DI BECCO GENTILE AMIAMO I FRUTTI
SAPORITI DEGLI ORTI. E SIAMO TUTTI
NATI DA UOVO.
Proprio il sogno d’un bimbo e d’un uccello.
*
Pettirosso
Trattenerti, volessi anche, non posso.
Vedi, amico del merlo, il pettirosso.
Quanto ha il simile in odio egli di quella vicinanza par lieto.
E tu li pensi compagni inseparabili, anche agli orli
di un boschetto sorpreso li sorprendi.
Ma un impeto gioioso al nero amico,
che vive prede ha nel becco, l’invola.
Piega un ramo lontano, cui non nuoce,
se un po’ ne oscilla, l’incarco; la bella
stagione, il cielo tutto suo l’inebbriano,
e la moglie nel nido. Come un tempo
il dolce figlio che di me nutrivo
si sente ingordo libero feroce;
e là si sgola.
*
Umberto SABA, Uccelli. Quasi un racconto (1948-51)
in Tutte le poesie, a c. di Arrigo Stara
“I Meridiani”, Mondadori, Milano, 1998
Non avevo mai visto gabbiani sulle rive del Tevere
cangianti in questa fine d’inverno le penne e le acque.
Mi sono appoggiato al granito come fanno quelli
che vegliano sulla propria vita o morte usando
Egrette bianche
I
Attento alla luce del tempo e a quanto spesso permetterà
alle ombre del mattino di allungarsi sul prato
alle egrette impettite di scuotere i becchi e inghiottire
quando tu, non loro, o tu e loro, sarete spariti;
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Mettono gioia tra i rami d’inverno i nidi
Non hai risposto ancora alla domanda
«D’inverno, mettono gioia, tra i rami, i nidi?»
Hai finalmente una risposta pronta
o attendi un’altra estate e i suoi ricordi?
Sorridi, la nuca poggiata sul mio petto
I piedi nudi immersi nell’azzurro
La nube d’oro cela ali fuggenti
Tra quelle foglie lampi di cielo
Questa è l’Estate non dimenticare
Quella che arriverà sarà l’Estate
E allora rispondi, attenta, alla domanda
«Mettono gioia tra i rami d’inverno i nidi?»
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Il falco apollineo, amante del sole, della luce;
il falco dall’occhio spietato, dal volo
verticale, lontano da acquitrini e terriccio;
il falco ubbidiente al padrone, fedele
ai ritorni; assuefatto alle corti medievali,
alle cacce dei nobili, ai banchetti
negli affreschi nelle ottave dei poemi.
Si confonde di infinito e di azzurro,
in gloriosa ascesi verso l’alto,
il suo divino alto immisurabile.
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Il civettino
Non porta male una che sbatacchiando
le ali precipita in casa
dalla finestra di cucina un giorno,
alberi erano intorno, d’estate o di primavera.
Un uccelletto
Proprio ho sperato che volasse via,
e non cantasse sempre davanti a casa mia;
gli ho battuto le mani dal limitare
quando non l’ho potuto più sopportare.
Mio in parte il torto dev’essere stato.
L’uccelletto non era stonato.
E qualcosa non va, qualcosa manca
in chi vuol far tacere uno che canta.
Uccelli migranti
sull’isola che calano
quando la stagione si ammala
in paesi distanti.
Calano per stanchezza
sul silenzio del dosso
che a sera si fa rosso
per tanta grande tristezza.
Vengono da lontano
alla fine dell’estate
dalle grandi solitudini;
riposano, e se ne vanno.
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