Archivio mensile:Settembre 2023

La parola ai poeti. Andrea Margiotta

[foto di Simona Nobili]

Raccolgo l’invito cortese di Fabrizio Centofanti, e con piacere torno su La poesia e lo spirito forse per la quarta volta. Ho pubblicato un nuovo libro, uscito a giugno nel 2022 (a 22 anni dal primo!) nella collana di Passigli fondata da Mario Luzi. http://www.passiglieditori.it/il-paradiso-allombra-delle-spade. Mi fa piacere, perché Luzi – il candidato italiano al Nobel proposto dall’Accademia dei Lincei per anni – lo frequentai a Firenze, nella sua casa “spartana” e piena di libri sparsi. Io studiavo e abitavo a Bologna (poco distante dalle Due Torri, dunque in pieno centro), ma passavo lunghi soggiorni nella villa sui colli di una mia fidanzata fiorentina, figlia di un architetto persiano. Lei mi portava in macchina a casa del maestro, e mi veniva a prendere puntuale dopo un’ora e mezza; di solito gli incontri duravano quel tempo lì: nella prima ora, io e lui parlavamo dei “massimi sistemi” e di temi legati alla sua poesia, nell’ultima mezz’ora, Luzi leggeva i testi miei che gli portavo, e mi dava  pareri e consigli. Il “format” era sempre quello. Solo l’ultimo incontro durò due ore (ma non sapevo che sarebbe stato tale per questioni mie private): pioveva a dirotto, dovevo fare delle fotocopie e Luzi mi prestò un suo ombrello gigante che gli avevano regalato, ma che non aveva mai usato. Aveva anche un sorrisetto, vedendomi uscire con quell’ombrello-paracadute imbarazzante (ma comodo). Poi tornai, e lui pareva incuriosito da una lampadina che si era accesa, fatto anomalo perché era sempre spenta (forse aveva dimenticato di cambiarla). La luce, nella poesia di Luzi (specie nelle sue ultime stagioni), ha sempre avuto una sua importanza, anche metafisica. Per questo, tra i miei testi che leggerete sotto, ne ho scelti due, diciamo così, in tema. Continua a leggere

La parola ai poeti. Fabrizio Miliucci

Provando senza successo a scrivere qualche pagina di “poetica” su invito di Fabrizio Centofanti, mi sono imbattuto in un file audio di cui non conservavo nessuna memoria, registrato dopo aver licenziato il mio secondo libro (Saggio sulla paura, 2022) a dodici anni dalla prima prova (Nuove poesie, 2010). Ne trascrivo il testo.

Mi decido a parlare dentro questa macchina perché non ho voglia di scrivere – e in un certo senso ho paura di scrivere – su quello che riguarda il mio rapporto con la poesia, o meglio su quello che io ho riversato nella poesia in questa prima parte di vita e intorno a quanto me ne rimane al giorno d’oggi, rispetto alle idee e al senso che alla parola poesia avevo dato in anni precedenti.

?Faccio questo licenziando un secondo libro che ho messo insieme, malgrado anni di profondissima sfiducia nei confronti della poesia, nei quali ho cercato di abbandonarla, riducendola a zero per lunghi periodi, cercando di sfibrarla e di fare in modo che non esistesse più, perché ero arrivato a odiare l’idea di poesia che era cresciuta in me, fino alla pubblicazione del primo libro. La questione è molto difficile perché non si tratta solo della poesia ma del rapporto che ho avuto con me stesso, dato che per un periodo l’identificazione con questo valore esistenziale-emotivo era stato portante. Continua a leggere

Gran Sarto


Chiediamo tante cose a Gesù, legittime, sensate, ma non ci poniamo mai la domanda decisiva: perché non lasciare fare a Lui? Non ne sa più di noi? Non ha confezionato un abito su misura per ciascuno, da gran Sarto qual è?

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Isabella Bignozzi, Memorie fluviali

di Rosa Salvia

Isabella Bignozzi, Memorie fluviali, MC edizioni, Milano 2022

 

La poesia di Isabella Bignozzi è calda, delicatissima e quasi violenta nell’amore che esprime.

Originale nella percezione e nella formulazione delle sue metafore, unisce un vivo sentimento

del reale a un teso ascolto della sua raison de coeur.

Un “quaderno di spine” che si dipana attraverso un dire sottratto al tempo, forma accertata e durevole da opporre agli eventi ambigui e precari dell’esistenza.

Rinvii ed echi si diramano da profondità e sapienze ancestrali, da un’innata vocazione alla classicità, fino a coniugare versi di sofferta consapevolezza (sulla scia di poeti quali Paul Celan): […] non cercare il guado indenne / l’astro, il chiarore / canta il velo che sbiadisce / la ruggine sul fondale / la spina del cardo // se vuoi esser (poeta) / con quelli tesi alla bellezza salvifica dell’amore in senso lato (dove Amore e Divino rappresentano un corpo unico come per Cristina Campo): […] lo vedi amore mio / con questa preghiera selvaggia fiamma libera / come saliamo in alto sopra il taglio e la tregua / com’è avvolta di salvezza ogni nostra cura // e queste nere piccole morti / che provano a stringerci i polsi / non hanno più la via né le mani / diventano giorno diventano acqua // ora che tutto schiarisce e aiuta / le persiane che biascicano il buio / fanno estate dolce, nave che salpa, vela pulita / fanno luce di alba buona.  Continua a leggere

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La Spagna in lettere, di Annelisa Addolorato. Montserrat Abumalham

di Annelisa Addolorato

La poesia è dichiaratamente e sempre la prima passione (forse presente anche nel suo dna) e fonte anche per la narratrice, arabista, già cattedratica di Lingua e letteratura araba presso la Universidad Complutense de Madrid, Montserrat Abumalham, a cui dedico questo post settembrino di LA SPAGNA IN LETTERE. Sono tre i testi di narrativa di questa autrice spagnola – di origine libanese, nata a Tetuán alla fine degli anni ’40 – a cui faccio riferimento e di cui traduco i titoli in italiano: Ti ricordi Shahrazad? (2001), Tutti stranieri (2019) e Panni sporchi (2022). Menziono subito la poesia, perché sia nei suoi libri di narrativa, sia nelle sue lezioni e seminari di Dottorato, non fa mistero della sua grande conoscenza e passione per la poesia araba, e non solo. Continua a leggere

Incontri XXII

poesia per una mosca

di Kurt Marti (Svizzera, 1921-2017)

a nessuna ora
(fuori cade la neve)
si è svegliata
nel silenzio della stanza notturna
una mosca

blu scintillante
nella luce gialla
di una lampada di carta di riso
ronzando
davanti agli scaffali

e cosa vorresti
(ecco la domanda)
dirci con questo?

nulla nulla
lo scrivo
per la mosca

La mosca

di Stefanie Golisch (Germania, 1961)

C‘erano pesci e topi e un triste sole.
Il mondo non ha alcuna opinione di
noi. Il giallo è un gioco di luce e io
sono un pesce stanco, vivo perché
sono mortale. In un giorno di primo
autunno siamo un giallo, una stanchezza
di pesce, una magra coda di topo, la
mosca di nessuna ora Continua a leggere

Trasversalità, di Rosa Pierno. Gabriella Drudi

Gabriella Drudi “Senza titolo”, frammenti, Anterem n. 56, I semestre 1998

I frammenti di Gabriella Drudi, pubblicati dalla rivista Anterem n.56, I semestre 1998, sono tratti da Senza titolo, edito dallo Studio Durante nell’autunno del 1989 in occasione della mostra – dedicata a Samuel Beckett  – di Claudio Adami, Luisa Gardini, Nunzio, Pizzi Cannella, Marco Tirelli, Toti Scialoja.  Artisti diversissimi fra loro, dunque, ma nei quali la Drudi riconosce un comune atteggiamento nei confronti dell’arte: essi, infatti, guardano alla tela:

“come al luogo dove può accadere di tutto e persino uno scambio di residui umani non meno persuasivi di tanti eccessi
e non sostegno di vaste ideologie, estetiche salvifiche, o raffigurazioni di una cascata spumeggiante per depressione del letto vuoi esterno vuoi interno
il preteso silenzio è brulicante di parole, la pittura cosiddetta astratta ci ossessiona di figure, così come la nostra supposta vita interiore che si dà in un video di voci fugaci e scorie di apparenze”.
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In origine (L’albero)

Tornare agli archetipi significa riprendere il gioco necessario con il mondo, non dargli una risposta. 

Risaliamo la corrente fino all’Albero-Frutto, in cui non c’è distinzione e tutto è unito, il bene e il male, l’inizio e la fine.

La Donna, mangiandone, assimila questa coesistenza tra gli opposti, che si porterà dentro per sempre. Non sarà più separata neppure dal mondo: la conoscenza è ormai interiore, è un sapore, non è più solo distaccata visione.

Forse, l’errore della Donna non è il desiderio, ma l’impazienza. Nell’assaggio, è stata la prima. E la prima è anche l’unica, in quell’attimo fondante di solitudine, di non-condivisione.

Tornare agli archetipi significa riprendere il gioco necessario con il mondo, non dargli una risposta. 

Risaliamo la corrente fino all’Albero-Frutto, in cui non c’è distinzione e tutto è unito, il bene e il male, l’inizio e la fine.

La Donna, mangiandone, assimila questa coesistenza tra gli opposti, che si porterà dentro per sempre. Non sarà più separata neppure dal mondo: la conoscenza è ormai interiore, è un sapore, non è più solo distaccata visione.

Forse, l’errore della Donna non è il desiderio, ma l’impazienza. Nell’assaggio, è stata la prima. E la prima è anche l’unica, in quell’attimo fondante di solitudine, di non-condivisione.

In origine

L’albero

[…] 

Io sono l’albero-frutto

succoso

in tutte le mie parti.

Da me si passa

per morire.

La donna lo sapeva:

per generare

barattò l’eterno con la storia […]

 

Per custodire il fuoco, di Luigi Maria Epicoco

di Alida Airaghi

Mantenere acceso il fuoco

 

L’epigrafe tratta dal Vangelo di Luca, 12 49, “Sono venuto ad appiccare un fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già divampato!”, bene riassume l’appassionata sollecitazione che Luigi Epicoco suggerisce nel suo saggio einaudiano Per custodire il fuoco. Vademecum dopo l’Apocalisse. All’umanità di oggi manca il fuoco, che erroneamente si è sempre accostato all’immagine dell’inferno, mentre l’incandescenza, l’ardore, la luminosità della fiamma sono simboli di vita, di slancio, di passione, laddove invece è il ghiaccio che meglio rappresenta l’isterilimento di qualsiasi desiderio, l’assenza di energia, la mortificazione di ogni aspettativa. Continua a leggere

La linea d’ombra di Ezio Settembri

di Angelo Restaino

La prima raccolta poetica di Ezio Settembri (Macerata, 1981), D’altra luce, edita da peQuod, collana portosepolto di Luca Pizzolitto, nel 2023, è un libro che tutti i poeti almeno per tirocinio dovrebbero provare a scrivere. Chiunque faccia poesia dovrebbe provarci perché vi si pone in versi in modo esemplare un tema lirico di partenza, la ricognizione del manifestarsi dei segni familiari nella memoria e nel sangue, l’usarli come rampa di lancio per il volo futuro che ci si sceglie. Settembri ha saggiamente posto questo tentativo all’inizio del suo pubblicato, riuscendoci completamente e confezionando un esordio che si pone come un solido e visibile riferimento nel (fortunatamente, per chi scrive: a chi legge, poi, tocca il piacere di sceverare) tanto che si scrive e pubblica “andando a capo”. Continua a leggere

Lucerne nella luce, di Lucio Brandodoro


Primi e Ultimi

[Mt, 19,30; 20,1-16]

Quando Gesù chiama, c’è sempre un atto di rottura: giratosi, uscì etc… C’è, in sostanza una interruzione di una continuità. Come dire: da questo momento in poi, nulla sarà più come prima.

Non è solo una rilevazione di fatto, un comportamento suo, personale; è piuttosto una proposta di stile e una richiesta a fare altrettanto.

“Che ci guadagniamo, noi che abbiamo lasciato tutto, per seguirti?” è la domanda di Pietro e dei discepoli. Continua a leggere

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