Archivio mensile:Dicembre 2018

Still lifes

di Stefanie Golisch

Ho visto in un largo viso nero
la stanchezza degli uomini

Sei felice? Non so. Sono
quasi nessuno. Non so come
chiamare la felicità

Non ha mai imparato il mestiere di
vivere
. È rimasto il bambino con il
quale non si gioca

Non spiega i suoi quadri. Non so,
dice, cosa significano, e se lo sapessi,
non saprei

So di cannella. So dove giorno e notte si
affidano nomi di stelle. So dove nascono
i versi

A mezzogiorno l’aria sa di bucato e ragù.
Un vecchio in canottiera si sporge dalla
finestra della cucina. In strada la primavera
gioca con mozziconi e teste di rose Continua a leggere

Il racconto

Gesù ci ama anche quando siamo caduti, quando abbiamo toccato il fondo: ci viene incontro per portare la croce che abbiamo sulle spalle, come una madre, dice il Cristo alla Bossis. Non dobbiamo temere, fuggire: è questo che fa male all’amore. Raccontiamogli invece i nostri errori, le falle che si aprono nella vita quotidiana, e Lui curerà ogni ferita, guarirà le nostre piaghe.

CRESTOMAZIA 32: “L’appello” di Harry Martinson

“L’appello” di Harry Martinson

La luna piena risplende sul mare
e tu nel mio cuore.
La riva attende e invecchia. Tu non vieni mai.
Fugace il sentiero lunare sul mare che inghiottì
il veliero col quale a lungo avremmo vagato
condotti dal desiderio, suonando il flauto e la cetra
unendo canto e carne nell’argenteo vento.
.
(trad. Giacomo Oreglia)
.
da Le erbe nella Thule (Einaudi1975, pag.61)

Ornithology 14. Lorca e Pasolini

LORCA

Casida delle oscure colombe

Claudio Guillén
bambino a 
Siviglia 

Tra i rami dell’alloro
vidi due colombe oscure.
Una era il sole,
l’altra la luna.
«Comari», dissi:
«dov’è la mia sepoltura?»
«Nella mia coda», disse il sole.
«Nella mia gola», disse la luna.
E io che camminavo
con la terra alla cintola
vidi due aquile di neve
e una ragazza nuda.
Una era l’altra
e la ragazza nessuno.
«Aquilette», dissi:
«dov’è la mia sepoltura?»
«Nella mia coda», disse il sole.
«Nella mia gola», disse la luna.
Tra i rami dell’alloro
vidi due colombe nude,
una era l’altra
e tutt’e due nessuno.

Casida de las palomas oscuras Continua a leggere

Amore e tenebra. Il passaggio in terra di Amos Oz

di Giuseppe Panella

«”Tel Aviv non era abbastanza radicale”,  “solo il kibbutz era abbastanza radicale“»

(Amos Oz)

E’ quasi inevitabile collegare Oz alle vicende politiche dell’intellettualità politica di Israele, in particolare al loro giudizio sull’eterna vicenda del conflitto con i palestinesi. Se già nel 1967, Oz si schiera a favore della teoria dei due popoli, due stati, frutto dell’evoluzione politica conseguente alla guerra detta dei Sei Giorni, prende posizione a favore del Partito Laburista Israeliano di Shimon Peres in cui assume cariche dirigenziale di un certo peso tanto che il suo leader, prima di abbandonare la politica, lo prende in considerazione come suo possibile successore. Deluso dall’evoluzione del Partito Laburista, successivamente Oz prende posizione a favore del nuovo partito Meretz (energia!) che si collocava più a sinistra di quello Laburista anche in virtù della sua stima per Shulamit Aloni, leader e fondatrice del partito. Le posizioni di Oz erano laburiste di stampo classico (sioniste ma fortemente progressiste) anche se non pacifiste o fusioniste. Lontano dall’aggressività della destra di Netanyahu, Oz aveva difeso l’esercito israeliano durante la battaglia per il Libano sostenendo che non si trattava di una guerra d’occupazione di territori esterni a Israele ma di una forma necessaria di autodifesa contro gli hezbollah. Tale posizione sarà abbandonata quando l’esercito israeliano deciderà di continuare nell’occupazione del territorio libanese. Insieme a David Grossman e Abraham Yehoshua, Oz firmerà una dichiarazione a tale proposito ribandendo che non si trattava più di auto-difesa.

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In noi

Gesù prega in noi, per noi. È Lui che si rivolge al Padre in nome nostro, e quanto più efficace e potente è la sua preghiera! Ti ringrazio, Padre, dice nel Vangelo, perché mi hai ascoltato; Io so che sempre mi ascolti. Ecco, questa è la certezza che dobbiamo avere: Gesù prega in noi. Per noi. E la sua preghiera non può non essere esaudita.

Paure

Il motivo per cui Gesù è venuto è abolire la paura. Si diceva: vedi Dio e poi muori. Per aver toccato l’Arca dell’alleanza, che stava vacillando nel trasporto, Uzza viene folgorato. Molti personaggi del Primo Testamento pagano cara la loro piccola o grande infedeltà. Dio spaventa: anche i buoni, i giusti sono turbati al suo apparire. Gesù è venuto per abolire la paura, e raccogliere l’amore: così dice alla Bossis. E possiamo crederci.

Il tesoro

Gesù non fa mancare niente, a chi lo cerca. È una sorgente zampillante, un fuoco incessante, un tesoro inesauribile, che colmano la vita di ciò che la nutre veramente. Sta a noi accoglierlo, invocarlo. È tanto difficile? Viviamo sempre a un passo da ciò che può renderci felici.

Metanoeite

Abbiamo un problema ricorrente: non domandiamo. Per sfiducia, per rassegnazione, perché ci hanno insegnato a evitarlo. Ci sono archetipi che parlano di questa tara antica: pensiamo a Parsifal. Se non domandiamo, nemmeno otteniamo. Restiamo nella nostra povertà, in quell’intrico di sentimenti negativi che è spesso il sottofondo della nostra vita. Gesù ci esorta a chiedere, per poter cambiare. Metanoeite: è questo il suo messaggio.

Ornithology 13. Farabbi e Bellintani

ANNA_farabbi

Maternità del rosso

Rosso che è il rosso viscerale
nella gola secca del gallo
tragico, lì
che canta che canta che canta
lì, sull’aia sterminata e deserta
sotto le mappe celesti.

Lui non è uccello ma è il rosso terrestre,
la prima sentinella,
dritta dalle sue zampe alla cresta,
cresta che spartisce il vento il vento il vento.

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Attendere

A Gerusalemme, vicino alla Porta delle Pecore, c’era una piscina con cinque portici, chiamata Betzatà, sul bordo della quale, da trentotto anni, un uomo aspettava che qualcuno lo immergesse, quando l’acqua si agitava. Chi scendeva nell’acqua, infatti, guariva. Così dobbiamo attendere il passaggio, in noi, dello Spirito Santo: quel “fuoco di luce intima”, quel “fuoco di bontà dolce”, come il Cristo dice alla Bossis. Bisogna raccogliersi per riceverlo nel momento giusto, che nessuno conosce. Ma vale la pena: il desiderio intenso non è già beatitudine?

Sete

Gesù ha sete di noi, ci vuole come Lui, perché è l’unico modo per essere felici. Per questo ci invita a seguire le sue orme, ad agire e tacere, per il bene, come facevano Lui e la sua famiglia, nei trent’anni della vita nascosta. Che influenza sul loro vicinato! Seminare bontà, seminare amore, soprattutto sui malvagi, raccomanda il Cristo alla Bossis: specchiarsi nel desiderio infinito di un Dio che ama solamente.

Alberto Odone intervistato da Guido Michelone su La meccanica del delitto

Quando, nell’agosto scorso, La meccanica del delitto è uscito nelle edicole vercellesi, dopo pochissimi giorni era già esaurito. Il motivo c’è: il n° 28 della serie Oro è scritto da un vercellese doc, ovvero Alberto Odone, che tutti conoscono quale trascinatore dei corsi di scrittura creativa all’Università Popolare e come autore di numerosi racconti insigniti di prestigiosi premi letterari. Ora, con La meccanica del delitto, l’attenzione verso Odone si sposta sul terreno del genere noir, benché il libro vada anche oltre le categorie o gli incasellamenti, come ci spiega lo stesso Autore in quest’intervista inedita.

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