Archivi categoria: Interviste

Intervista a Antonio Fiori

di Luca Pizzolitto

1) “La stessa persona” è una raccolta di poesie che viene pubblicata a poco più di un anno di distanza da “Vita di un altro” (Inschibbolet, 2023). Partiamo dai titoli, entrando passo passo nella tua scrittura: c’è continuità con il libro precedente o, come sembri voler suggerire fin dalla copertina, una profonda frattura?

In comune, gli ultimi due libri, hanno la convulsa ricerca di me stesso. In “Vita di un altro” mi cerco negli altri (nella poesia degli amici, nei poeti immaginari e nei ricordi, più o meno autobiografici, di una fraterna amicizia); quest’anno invece, con “La stessa persona”, ritorno ad una raccolta poetica classica, divisa in due sezioni – quella eponima e una seconda più escatologica e religiosa – con testi prevalentemente epigrammatici. Risulta, credo, abbastanza evidente il denudamento tipico indotto dagli esami di coscienza. Continua a leggere

Elisabetta Carbone, “La voce e le cicale”. Intervista

Intervista di Marino Magliani

Elisabetta Carbone, La voce e le cicale, Prospero Editore 2024

Per Tamara la musica è il modo di comunicare con il padre Giacomo, mentre la lettura la connette a Debora. Questi personaggi hanno quindi bisogno di un medium altro per comunicare fra loro, per tentare di capirsi a vicenda, o anche di capire loro stessi?

Tamara, Debora e Giacomo non riescono a capirsi con le parole, hanno bisogno di usare linguaggi diversi per essere in frequenza. La musica è l’unica forma di educazione di Giacomo, che riesce ad essere un esempio per la figlia soltanto nell’arte. Tamara comunica con Debora attraverso la letteratura e i gesti quotidiani. Il loro rapporto, che si costruisce poco alla volta grazie ai libri su cui Debora stessa ha imparato a prendersi cura di sé, è fatto di reciproca fiducia e condivisione. Il legame che Tamara ha con il padre, invece, si basa su una distanza che Giacomo stesso non sa superare, perché vive l’arte come un esercizio solitario, utile a glorificarlo, non come qualcosa da mettere a disposizione. È per questo che Tamara sa far tesoro dell’esperienza del padre nel mondo della musica solo quando non lo condivide più con lui, ma anche in questo senso la distanza rimane. Continua a leggere

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Intervista a Franca Alaimo

di Luca Pizzolitto

“100 poesie”, la tua raccolta poetica, di imminente pubblicazione, racchiude poesie intense nella loro brevità, a differenza della tua opera precedente, in cui ti sei confrontata, da un punto di vista formale, con il poemetto. Quale di queste due modalità di scrittura senti più affine?

I “Sette poemetti” (l’opera che precede “100 poesie”) non costituiscono un caso isolato all’interno della mia scrittura poetica. Mi sono cimentata altre due volte nella forma del poemetto (“Samâdhi”, Bastogi 2000; “Giorni d’Aprile”, Fondazione Thule, 2002) e molte altre raccolte, in quanto ruotanti su un solo tema, possono definirsi poematiche, anche se composte da un certo numero di testi più o meno lunghi.
In altre raccolte, invece, sperimento la quartina o la folgorante forma compositiva degli haiku e dei tanka.
Mi piace, insomma, fare esperienza della parola. Però, non saprei dire quale delle due modalità di scrittura mi sia più congeniale. A pensarci bene, direi che è il mio ritmo interiore a dettare, pressoché inconsapevolmente,  il respiro, sintetico o effuso, dei versi che scrivo. Continua a leggere

Intervista a Nadia Scappini

di Luca Pizzolitto

1) “sul fianco del mattino” è un’autoantologia di poesie che hai scritto negli ultimi vent’anni, tra il 2003 e il 2023. La tua scrittura, immagino che in questo tempo sia cambiata: come trovi si sia evoluta la tua voce poetica nel tempo?

Gli ultimi vent’anni che sono anche i primi, però. Scherzando, ma nemmeno tanto, sono solita dire che sono una primipara attempata, perché ho iniziato a scrivere dopo i cinquant’anni. La pulsione di qualcosa attinente a una zona misteriosa della coscienza ha sempre covato dentro di me, ma sembrava essersi esaurita tra le pagine di un elegante quaderno, foderato di tessuto blu a fiorellini, che custodiva una serie di poesie cariche di emozioni adolescenziali e di interrogativi sulla vita.  La svolta, nei primi anni del duemila, quando un fiume in piena che premeva da tempo ruppe gli argini e, per alcuni giorni di seguito, all’ombra delle robinie e accompagnata dal canto delle cicale, mi costrinse a scrivere versi in una sorta di trance. Era giugno, mi trovavo in campagna, nella casa dei nonni paterni, dove sono le radici della mia famiglia che improvvisamente e in modo perentorio diventarono anche mie… Compresi così che “non si colmano i vuoti del tempo, illuminarli però fa bene”, come ebbe a scrivere la grandissima filologa, critica letteraria e semiologa Maria Corti. E, in qualche modo, mi sentii liberata da tanti lacciuoli sperimentando la felicità del comporre (Leopardi docet). Sì, la mia voce ha attraversato diverse fasi: vicina al parlato all’inizio, testimoniava la gioia della neofita; decisamente ermetica nel secondo libro; essenziale e più distesa in seguito, fino a diventare canto/narrazione con i dovuti filtri ma anche con il coraggio dell’autobiografia, laddove questa poteva configurarsi come esperienza condivisibile. La poetica, invece, è rimasta la stessa: poesia, preghiera e profezia sono sorelle che ritrovo fedeli complici e compagne nel silenzio e nella solitudine. Perciò, quando scrivo, credo e prego insieme, insomma faccio un atto di fede nella vita.  Continua a leggere

Intervista a Ilaria Amodio

a cura di Luca Pizzolitto

1)  “Foglia e Radice” è il tuo esordio poetico: cosa spinge, oggi, un’autrice a scegliere la strada della pubblicazione di un libro cartaceo, nonostante la vetrina frequentatissima dei vari social?

Credo che scrivere un libro sia come partorirsi e anche la consegna della propria opera nelle mani del lettore è un atto di fiducia.
C’è una responsabilità dietro a questo perché i libri sono nostra eredità spirituale e si scrive non solo per se stessi, anche per gli altri; per dare voce a un vuoto che in qualche modo appartiene a tutti.
I social possono essere una vetrina utile per promuovere un’immagine, ma credo che l’autenticità risieda altrove: nell’incontro tangibile con l’altro.
Un libro lo puoi toccare, puoi sentire l’odore delle pagine appena stampate, c’è un coinvolgimento sensoriale che uno schermo non può restituire allo stesso modo.
Per questo ritrovo nel libro cartaceo un tentativo di scrittura più incisivo e autentico, un mezzo dove più si svela l’essenza, non l’apparire.
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Intervista a Eleonora Nitti Capone

di Massimiliano Bardotti

1) Come e da dove nasce l’idea di questo libro? E potresti dirci qualcosa sul titolo? 

Tutti i miei libri nascono figli di una vocazione e la vocazione è tentare di vivere il vero del mondo e, perciò, di cantarlo.
Il titolo è una citazione biblica dalla Lettera agli Ebrei, questa dice chiaramente, dichiara la possibilità per l’uomo, grazie al contatto con un riferimento più alto e più grande di sé stesso, una fede in un senso vasto del termine, di compiere l’incredibile, come chiudere a mani nude le fauci aperte dei leoni, o qualcosa di molto più grande ancora.

2) Da dove nasce, per te, la necessità, o l’intenzione, di scrivere poesia? Si tratta più di una scelta o una risposta a una chiamata? Continua a leggere

Intervista a Prisco De Vivo sui suoi Imperdonabili

di Rosaria Ragni Licinio

È dall’etimologia del termine filosofia (in greco antico philosophia composto di phileîn, “amare” e sophía, “sapienza”, ossia “amore per la sapienza”, che germina la produzione pittorica del pittore e poeta Prisco De Vivo. Questa nozione di filosofia trova le sue fondamenta in Platone, ma anche in Senofonte e nel giovane Aristotele ed oggi trova una sua collocazione specifica nella ricerca della verità e nei modi in cui essa si rivela, cioè attraverso il pensiero inteso come atto totale e totalizzante. Ed è proprio partendo dal concetto di pensiero che si arriva ad una profonda riflessione su quelli che il pittore De Vivo ama definire “i suoi testimoni pericolosi”, protagonisti indiscussi del ciclo I Reperti degli imperdonabili. Le opere che compongono questo ricco ciclo pittorico sono realizzate utilizzando le più svariate tecniche e materiali pittorici e extra-pittorici come: carboncino, acrilico, matite, pastelli, stoffe e pezzi di indumenti vintage, carboni, cenere, carte colorate, fiori secchi, vecchi mozziconi di sigari, corde, spaghi, gesso, metalli e cartoni invecchiati.

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Intervista a Gisella Genna

di Luca Pizzolitto

Il tuo esordio poetico (“Quarta stella”, Interno Poesia 2020) è avvenuto che avevi poco più di 45 anni. È stata una folgorazione in età adulta, il tuo incontro con la poesia, oppure un qualcosa cresciuto nell’ombra a lungo e che poi, ad un certo punto, ha preso forma e sostanza in un libro vero e proprio?

Ho sempre letto e amato la poesia, sin da giovanissima, ma non avevo mai pensato di intraprendere seriamente il percorso della scrittura poetica. Forse è giusto parlare di folgorazione, perché intorno al 2014, inaspettatamente, ho sentito affiorare con potenza qualcosa che si muoveva nella direzione della scrittura. Ho iniziato a lavorare a diversi testi ma è occorso del tempo prima che mi sentissi pronta a far leggere ad altri quello che avevo messo giù in versi. L’idea della raccolta è arrivata negli anni successivi e ha preso forma molto lentamente. Continua a leggere

La poesia dell’isola di Wight. Gian Nissola intervista Guido Michelone

Professor Michelone innanzitutto come nasce questo libro?

Me l’ha chiesto (l’editore), constatando (ma lo sapevo anch’io) che su Wight, in Italia, non era mai stato scritto né pubblicato niente, a differenza di Woodstock! Ho accettato la sfida con grande piacere perché io, personalmente, non ho mai dimenticato la storia di Wight, che non fu un unico festival ma, in origine, tre edizioni storiche consecutive 1968-1969-1970, per essere poi ripreso ininterrottamente dal 2002 sino a oggi. Il 18 giugno 2023 è terminata la nuova edizione. Continua a leggere

Intervista ad Anita Piscazzi


di Luca Pizzolitto

Poetessa e musicista, due manifestazioni che caratterizzano il tuo percorso artistico e di vita. Poesia e musica, che spesso si sfiorano, si intersecano; altre volte, invece, percorrono sentieri distanti tra loro.

Che importanza hanno, nella tua vita, queste due anime e in che modo, nella tua esperienza, si sfiorano, si intersecano o si distanziano? Continua a leggere

Intervista a Emiliano Cribari

di Luca Pizzolitto

1) Emiliano: poeta, fotografo, guida ambientale escursionistica; hai mollato tutto per dedicarti interamente a queste tre cose. In che misura espressioni artistiche così affini tra loro diventano un tutt’uno nell’espressione della tua persona, e quanto invece mantengono dei confini precisi, amplificando invece diverse sfaccettature di te, del tuo percorso di vita?
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Gabriella Greison, Ogni cosa è collegata. Intervista a cura di Guido Michelone

Gabrielle Greison è fisica, saggista, performer, drammaturga, scienziata, divulgatrice, e da qualche tempo usa i social media, i palcoscenici teatrali, le biografie quasi romanzate per far conoscere a tutti la meccanica dei quanti, la storia della fisica moderna, le grandi donne scienziate, con riscontri positivi da parte dei lettori e dei critici, come sta accadendo con il suo nuovissimo libro edito da Mondadori con il titolo Ogni cosa è collegata, sottotitolo Pauli, Jung, la fisica quantistica, la sincronicità, l’amore e tutto il resto, e come lei stessa spiega in quest’intervista per La Poesia e Lo Spirito. Continua a leggere

Intervista a Biagio Accardo


di Luca Pizzolitto

1 domanda: Luce del più vasto giorno (la tua ultima silloge) ripercorre un arco di vita di più di dieci anni: poesie scritte due lustri fa, altre composte in un periodo intermedio, altre in questi ultimi mesi. Com’ è stato il lavoro di revisione ed unione di testi così distanti nel tempo? Continua a leggere

Intervista a Manuel Lantignotti


di Luca Pizzolitto
1) Questa, Manuel, è la tua raccolta di esordio. Tu hai 28 anni. E nella vita, leggendo il tuo curriculum, ti dedichi anche ad altre forme di espressione artistica. Perché (e quando) hai sentito la necessità di investire sulla poesia e scegliere di pubblicare una raccolta?
Il mio approccio al teatro, alla musica, al cinema e alla poesia è sempre lo stesso. L’arte ha qualcosa che la vita non può dare, e cioè l’esperienza amplificata. Con questa espressione intendo indicare il potere che ha una storia, un componimento o l’interpretazione di un ruolo di proiettarti al di fuori della tua singola esistenza che, per quanto piena di esperienze, sarà sempre limitata. In questo modo tu puoi essere un ragazzo di periferia, il capotreno dell’Orient Express, un astronauta, credere in una religione che non ti appartiene, camminare tra gli edifici dell’Atene ellenistica e altre infinite possibilità. Con la poesia vi è uno step in più. Nello spazio di poche righe puoi proiettare il lettore direttamente nell’anima dell’esperienza universale che vuoi far rivivere. La poesia è l’unica forma d’arte che rappresenti nella sua essenza il ricordo, tema centrale di tutta la raccolta e l’unica che in poche righe riesce a intrappolare piccoli frammenti di senso, che una vita intera non riesce a cogliere. Ho sempre amato leggere e scrivere poesia, raggiunta una certa consapevolezza sia tematica che stilistica, ho deciso di mettermi all’opera e creare qualcosa che potesse avvicinarsi a quello che cerco dall’arte.

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Guido Michelone tra l’Arcana e il jazz, intervista con Gianfranco Nissola

Guido Michelone il suo ultimo e sesto libro, in ordine di tempo, per l’editrice Arcana, Il jazz e i mondi, è uno sguardo sul jazz oltre gli Stati Uniti, il Paese dove è nata questa musica?

Sì, ben oltre, è una ricerca per scoprire dove si annoda questa musica, il jazz, in tutti gli altri continenti. Tutti meno l’Europa, su cui uscirà presto un volume specifico, perché il nostro vecchio continente è ricchissimo di proposte interessanti, avendo una storia jazzistica autoctona lunga, talvolta, cent’anni. Tornando a Il jazz e i mondi, ho raccontato la storia del jazz in Messico, Canada, Argentina, Cuba, Nigeria, Sudafrica, Cina, India, Giappone, eccetera, spinto dalla curiosità di indagare cosa accade nelle città e nelle nazioni in Centro e Sud America, in Asia, in Africa, in Oceania, imbattendomi sempre in scoperte interessantissime. Continua a leggere

INTERVISTA A MASSIMILIANO BARDOTTI

di Luca Pizzolitto

 

  1. Io ti dico “Poesia” e tu, in cinque righe, scrivi cosa vuoi…

 

In alcune tradizioni orientali il simbolo della poesia sono le foreste di bambù: quando soffia il vento, una musica meravigliosa si leva nell’aria. Ma le canne da sole non possono nulla, e anche il vento per tramutarsi in musica ha bisogno di uno strumento. Il vento è l’ispirazione, la canna il poeta. Da questa segreta relazione nasce il mistero della poesia. Continua a leggere

Dalla disco-music alla Blue Note Records. I libri di jazz in Italia nei racconti di un protagonista

 

Guido Michelone conversa con Francesco Cataldo Verrina

 

Francesco Cataldo Verrina, sessantenne perugino di chiare origini calabresi, è forse un unicum nella recente storia della critica musicale italiana, non solo per i mille mestieri (dj, pubblicitario, romanziere, doppiatore, giornalista), ma soprattutto per il modo con cui tratta la cosiddetta jazzologia: dal forum ‘Jazz&Jazz’ su facebook dispensa consigli e stroncature per quanto  riguarda soprattutto il jazz moderno e contemporaneo, nella cui storia discografica può  ormai considerarsi un’autorità assoluta, in particolare per ciò che concerne l’hard bop e la new thing e in genere tutto il jazz nero tra gli anni Cinquanta e Ottanta, non senza qualche predilezione per alcune strettissime novità. In quest’intervista inedita, Francesco Cataldo Verrina si racconta a “La Poesia e lo Spirito”, svelando molti aspetti della sua poliedrica attività passata, presente e forse futura. Continua a leggere

Il nuovo Magellano di Barbera. Torna la narrativa per ragazzi. Intervista di Guido Michelone a Gianluca  Barbera

Uscito da pochi giorni in libreria, Magellano e il tesoro delle Molucche (Rizzoli editore) è il nuovo romanzo dello scrittore cinquantenne reggiano (ma  senese  d’adozione), che per la prima volta si  confronta con la cosiddetta narrativa per ragazzi, riscrivendo la vicenda da lui già svolta nel romanzo per adulti Magellano (2018) con le motivazioni da egli  stesso proposte in quest’intervista esclusiva. Continua a leggere

Enzo Gentile e la critica musicale. Guido Michelone intervista il massimo esperto di rock e di pop

Enzo Gentile breve bio

Nato a Milano nel 1955 sotto il segno dei Gemelli, come egli stesso tende a precisare, cresce e vive nel capoluogo lombardo, dove, in parallelo con l’università di scienze politiche, inizia a lavorare giovanissimo con le prime radio libere nell’ambito della critica musicale (tra i fondatori di Radio Popolare e poi in Rai con rubriche e ospiti), optando per la carta stampata con diverse testate, addirittura un centinaio, fra cui i quotidiani Il Manifesto, Repubblica, La Stampa, i settimanali Epoca, Panorama, Europeo, i mensili specializzati Jam e Rockstar. A 22 anni pubblica il suo primo volume Note di pop italiano (1977) per l’editore Gammalibri. Tra le altre iniziative, oltre una ventina di tomi a proprio nome, vanno segnalate alcune mostre a tema, per esempio sui Beatles e sulla psichedelia e la direzione artistica di “Suoni e visioni” e oggi “Naturalmente pianoforte”.  Enzo Gentile insomma  risulta ormai tra i decani della critica rock italiana, figlio di un generazione postsessantottesca che riesce a captare i nuovi segnali di un rinnovamento culturale partito dalle radio libere, dall’editoria alternativa, dalle fanzines musicali. Quasi mezzo secolo di ininterrotta attività di saggistica, giornalismo e divulgazione, che proprio in questi giorni sta ottenendo un notevole riscontro grazie al libro Onda su onda. Storie e canzoni nell’estate degli italiani (Zolfo Editore), di cui si parla nell’intervista. Continua a leggere

Io sono un jazzista e altre storie. La nuova opera narrativa di Guido Michelone

Intervista di Giuseppe Garavana, esclusiva per la Poesia e lo Spirito

 

Guido Michelone, parliamo della sua nuova opera narrativa Io sono un jazzista e altre storie?

Certo, fa bene a chiamarla ‘opera narrativa’ e non ‘romanzo’ anche se il libro viene spesso etichettato come tale e in molti mi chiedono se sia il mio nuovo romanzo. No, sono quattro racconti (tre lunghi, uno breve), di cui il primo porta lo stesso titolo del libro, tranne la piccolissima variante del punto interrogativo (presente nel racconto, ma non in copertina). Fatta questa precisazione, inizierei col dire come nasce questo libro: un amico mi parlò nella primavera del 2020 di una nascente collana di un piccolo editore, basata sui racconti di argomento jazzistico. Mi convinse a scriverne uno, sicuro che, dopo le prime due uscite (già programmate e realmente avvenute) toccasse poi a me. La collana però è rimasta ferma a quei primi due titoli e io non solo avevo scritto il racconto, ma mentre lo scrivevo mi accorgevo che stavo diventando qualcosa di più di un semplice bozzetto. Continua a leggere