Archivio mensile:Marzo 2022

Una scheggia di tristezza purissima. Remo Bassini intervista Simona Matraxia

Una violinista e la sua schiena. L’idea, che nasce durante un concerto, diventa parola. “La curva perfetta tra la scapola destra e la natica e? l’orlo del baratro. Una follia” è infatti la prima frase del giallo di Simona Matraxia, Una scheggia di tristezza purissima, uscito il 10 marzo per Golem Edizioni. Trentasei anni, scrittrice di racconti e di un libro segnalato dal Premio Calvino e poi autoprodotto, Simona Matraxia per qualche anno ha gestito una libreria e, al contempo, ha suonato il violoncello. E scritto, sempre. Vivere in mezzo ai libri, venderli. È nella tua libreria di Vercelli che ti ho conosciuta. Eri una libraia particolare. Avevi sempre un libro tra le mani, sorridevi, ma era raro vederti parlare con i clienti. Timidezza? Continua a leggere

Si vis pacem, para pacem. Accogliamo con razzismo

Straordinaria mobilitazione dell’Europa per accogliere i profughi ucraini, che sono più di 4 milioni da quando è iniziata l’invasione russa. La Commissione europea ha presentato un piano per loro. La Repubblica titola: “La svolta solidale dell’Europa: ‘Mille euro per ogni profugo e mezzi gratis per spostarsi'”. L’Italia non è da meno, sono arrivati 74 mila profughi ucraini e c’è un piano per aiutarli: 30 euro al giorno, più contributi ai centri d’accoglienza. I rifugiati non sono più un problema, si potrebbe pensare, è così semplice, basta predisporre l’accoglienza. Si potrebbe pensare a una vera svolta dell’Italia e dell’Europa e, perché no?, degli Stati Uniti. Senonché le notizie dicono anche che: africani residenti in Ucraina al momento dell’invasione non hanno lo stesso trattamento da parte di autorità di frontiera, di politici italiani, di persone che avevano dato disponibilità ad accogliere. “Che differenza c’è tra un ragazzo ucraino e un ragazzo nigeriano che vive in Ucraina? Sono entrambi esseri umani in fuga dalla stessa guerra”. (vedi qui) Continua a leggere

Nuovo


Ogni giorno è una nuova creazione. Se ci alzassimo con questa coscienza, non potremmo non cambiare il mondo. È il nuovo di cui abbiamo bisogno: non la patacca dei modernisti d’ogni tempo, ma quello che proviene dal cielo.

Continua a leggere. 12


Ricordi il paradiso terrestre, quest’isola fuori d’ogni male, la natura originaria, dove il progetto è visibile e tangibile, dove la cattiveria e la violenza, l’invidia e la malignità non si sa cosa siano e se ci siano, perché il Signore ha parlato, e tutto esiste? È allora che tornano alla mente i momenti in cui si è espresso l’unico volere produttivo, la sola modalità di costruzione in mezzo alle macerie di una umanità che ora, proprio ora, entra nel tunnel di cui discutevamo da tempo immemorabile, quando tutti ridevano di queste prospettive un poco ostiche alla pancia molle della terra. Ma ora, a poco a poco, la nebbia si dirada, e si vede che cosa si annidi dietro la facciata del tutto è lecito, basta che lo si voglia realizzare. È il momento dei nodi che vengono al pettine, delle richieste esasperate che si scontrano le une con le altre, e i pensieri diventano cannoni, i sentimenti bombe nucleari, destinate a esplodere nel cuore malato del mondo, umano, troppo umano, che ha smarrito il senso di un progetto incubato nella notte dei tempi, quando ancora non c’era quello che vediamo, quando tutto era un punto nella mente di Dio e noi aspettavamo di scoprire l’oscuro antiprogetto in cui ogni intenzione è rovesciata nel contrario, dove la penna diventa fucile, la lettera d’amore dichiarazione di guerra, l’accoglienza invasione. Solo adesso s’intravede lo scenario che nessuno potrà mai chiamare castigo di Dio, ma solo conseguenza di ogni azione andata in direzione opposta al paradiso preparato dai secoli dei secoli. Amen.

Colori


Abbiamo i mezzi per farci santi, anche se li trascuriamo. Dio ci ama e vuole che realizziamo il nostro potenziale, è impensabile credere di non avere una strada avanti a noi. La via è Cristo, fiducia, carità, speranza, un cuore che si apre a questo dono colore del cielo.

Si vis pacem, para pacem. Una falsa narrazione impedisce la pace

Propongo un articolo di Joe Lauria, redattore capo di Consortium News, che riferisce una storia diversa da quella che ci raccontano i media occidentali. La stampa dominante dà una narrazione a senso unico dell’andamento della guerra in Ucraina, secondo cui l’esercito russo starebbe impiegando al massimo la sua forza distruttiva con scarsi risultati e, frustrato, starebbe prendendo di mira popolazione e strutture civili. Notizie trapelate dal Pentagono e diffuse da Newsweek e alcuni media statunitensi narrano una storia diversa. Se questo è vero, acquista sempre più forza la necessità di non inviare armi all’Ucraina e di perseguire la via diplomatica, nella ricerca di una mediazione di cui l’Europa dovrebbe farsi carico. Cosa osteggiata dal Congresso USA e da gruppi di potere politico ed economico che calcolano guadagni dal prolungamento della guerra. “La guerra, da millenni, è tragedia immensa e grande affare politico ed economico, ma è sempre più chiaramente anche una cartina al tornasole per capire la reale qualità e le gerarchie di voleri e di valori” (da qui). Continua a leggere

Continua a leggere. 11


L’aria d’ospedale ti entra nei polmoni, è un edema spirituale, un ricordo dei momenti più difficili, come quando pregavo in ginocchio perché stavi, come sempre, in bilico, e mi guardavano come fossi un marziano. Chissà da lassù come li vedi i nostri tempi tormentati, in quel Gemelli dove mi dicevi sempre di portarti, per non finire al Grassi. Erano i giorni del dimagrimento, in cui mangiavo in fretta e furia dopo una breve fila al bar più rumoroso del mondo, dove si parlava di calcoli e colesterolo, di glicemia e pressione, per cui avevi l’impressione di riempirti lo stomaco di medicinali. Metà della vita l’abbiamo passata tra iniezioni e test, con l’aria navigata di chi ne sa più degli altri, a forza di fare avanti e indietro per i corridoi giallastri, dove perdi il senso dell’inizio e della fine, della sinistra e della destra. Pensavo, a volte, che la mia esistenza fosse un grande ospedale, dove ogni tanto metti il naso fuori per respirare un poco. Ma vedendola da qui, quasi quindici anni dopo, mi sembra che la vita sia stata un’esperienza unica, folle e bellissima, con continui mutamenti di scena, come un film che rivivrei mille e mille volte, pur di stare con te. Ora che c’è silenzio, in questo corridoio giallastro, con due anziani che mi guardano come fossi un marziano, tutti i ricordi si accavallano, come l’ovatta e le siringhe accatastate sul tavolo della sala da pranzo, dove si svolgeva il rito quotidiano della prova della glicemia, con te che mi porgevi il dito rassegnato, e io ero pronto a inveire contro gli spaghetti e il pane, che ti proibivo di mangiare, sapendo che avresti trasgredito. Ricordo tua sorella che faceva lo stesso col marito, schiantatosi poi con l’auto sulla strada per Taormina, e mi chiedevo a cosa fosse valso rinunciare alla pasta alla norma e agli arancini – che poi neanche lui ci rinunciava tanto. Nell’ospedale della vita, i malati sono quelli che si curano di meno, forse per un sesto senso che gli fa intuire che il gioco non vale la candela. O forse perché, alla fine dei giochi, quello che ricordi è il grazie, il passaporto per il cielo, dove solo chi passa la vita a lamentarsi non può entrare.

 

Si vis pacem, para pacem. Ma questi vogliono la guerra mondiale!

Propongo due brevi testi: un “sogno” su il Foglio di Adriano Sofri, di cui in genere non condivido le affermazioni quando parla di guerra, però condivido questo sogno; e un apologo storico che Alessandro Dal Lago (deceduto ieri) ha ricordato nel suo ultimo articolo su il manifesto. Mi portano a condividere questi due interventi i discorsi del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina continua a chiedere ai Paesi occidentali armi, intervento della Nato, no fly zone. Mi limito a ricordare i discorsi delle ultime due settimane. Continua a leggere

Continua a leggere. 10

Ora che mia madre è in ospedale, il tempo si è arrestato: c’è solo il fermo immagine delle corse in macchina, di comunicazioni ansiose con parenti e amici, la ricerca di una calma che sta sotto, nel profondo, qualcosa che resiste alle tempeste, come quel giorno, sulla barca, che Gesù disse: taci, calmati! e subito le acque tornarono lisce come l’olio, in quel lago dove, come niente, ti trovi nei pasticci. Anche qui ci troviamo nei pasticci, negli alterchi che nascono dal nulla, nella paura del male, della morte, che toglie il barlume di lucidità indispensabile alla vita. Ma ci sei Tu, che mi segui così, senza parere, sembra quasi che ti sia eclissato, e invece ecco, un segno, un’improvvisa coincidenza di eventi e tutto si riallinea, come nelle corse in cui l’auto fa più giravolte e poi si rimette miracolosamente in sesto. Sì, ci sei, soprattutto qui, nella tempesta, a dire taci, calmati! a chiederci ancora una volta della nostra poca fede, del nostro incorreggibile contare solo su noi stessi, poveri cristi senza Cristo, credenti miscredenti, gente che non sa che Tu risusciti anche i morti, che non temi le polmoniti e le ischemie, le incompetenze della scienza, la pigrizia e l’arroganza, perché Tu sei Dio, e Dio non corre sul raccordo sperando che basti la benzina, oppure sì, ma ha sempre un asso nella manica, qualcosa che cade dal cielo quando meno te l’aspetti, anche se Gesù sembra dormire, che tu dici come fa, in mezzo alla tempesta, ma Lui è Dio, e le tempeste le conosce bene.

Continua a leggere. 9

Si avvicina sempre più la verità, che per me è il momento soprannaturale della sua entrata in chiesa, la rivelazione inaspettata di un progetto, la Tua volontà di salvarmi ad ogni costo, nonostante i miei limiti, le pesantezze esasperanti. Bisogna ricordare, tornare al momento decisivo, in cui l’impressione era quella di un futuro che riappare all’improvviso, una speranza, un filo d’oro che credevi perso, e che ora riprendevi nella mano allungata a raccogliere il biglietto, neanche fosse un tagliando per il cielo. Che poi era questo, perché mi riportava al rapporto con don Mario, smarrito in quella gelida mattina di dicembre, quando ti vidi steso sul tavolo del Grassi, avvolto nel lenzuolo, e ricordavo le volte che avevo chiesto a Dio di morire insieme a te, e forse ero morto davvero, quel mattino, fin quando non sei entrata col respiro strozzato nella gola e mi hai allungato il biglietto scritto da lui, avvolto nel lenzuolo bianco come un beduino del deserto, un biglietto arrivato fino a me, e solo allora il mio povero cuore ha cominciato a battere di nuovo.
E quindi sì, è tutta una questione di memoria: tornare a quel momento, esattamente come quando tornavo alle corse con don Mario, alle avventure con poveri spacciati, con gente perduta e ritrovata, alle cene, ai pranzi, alla bellezza che non riusciva a estinguersi, ma era solo interrotta da un ictus, da un’emorragia, un attentato incendiario in cui tutto sembrava finito e invece tutto cominciava di nuovo, come sempre.

Si vis pacem, para pacem. Investire in armi sporca l’umanità

Propongo dei brani di discorsi di papa Francesco, che in questa settimana ha parlato tre volte sulla guerra in Ucraina condannando in modo assoluto la corsa agli armamenti e il ricorso alla guerra come modo di risoluzione di conflitti. Anzi, dai suoi discorsi emerge sia la condanna della guerra come pazzia sia l’avvertimento che è necessario un modo diverso di governare il mondo. I media non hanno dato alle sue parole lo stesso rilievo che hanno dato ai discorsi di Zelensky o di Draghi, che negli stessi giorni esaltava l’impegno del governo italiano di portare le spese militari al 2% e di inviare armi all’Ucraina. Eppure, a stare alle statistiche, il 79,6% della popolazione residente in Italia risulta cristiano (in particolare il 74,6% cristiano cattolico). I cattolici stanno con Draghi o con il Papa? Continua a leggere

Intervista a Rossella Renzi

di Luca Pizzolitto

  1. Io e te (le nostre scritture, meglio) si sono incontrate attraverso la rete. Quali sono, secondo te, i vantaggi e i limiti della rapida diffusione di varie forme di scrittura poetica sui diversi canali della rete, tra cui, soprattutto, i social?

 

Rispondo prima in modo generico, poi entro nello specifico. I vantaggi della rete sono moltissimi, in primo luogo quello di mettere in contatto persone che spesso condividono cose, praticano forme d’arte, attività simili o affini, che possono intrecciare il loro operato e costruire qualcosa… nel nostro caso mi pare stia funzionando. Anche i social hanno un loro vantaggio, ma credo che pongano anche moltissimi limiti; come il fatto che all’interno di questi canali si creano delle bolle, per cui, ad esempio sulla bacheca di FB compaiono post di persone o realtà che hanno qualcosa in comune col tuo profilo. Si vengono così a creare “comunità” di profili omogenei o affini, che a mio avviso sono rischiosi, perché risultano “esclusivi”, nel senso che non includono profili di chi ha prospettive, posizioni, modi di pensare differenti. Questo lo sento come un grande limite e mi spaventa, perché tende a chiuderci, invece che ad aprirci, a ridurre gli sguardi e le prospettive, a limitare il confronto, il dialogo e la comprensione… che comunque difficilmente possono accadere in uno spazio virtuale. Sono molto scettica e fatico ad accettare certi fenomeni sociali come positivi… mi sento una creatura del Novecento, anche se l’ho attraversato solo nell’ultimo ventennio e riesco timidamente a comprenderlo a distanza di anni.    Continua a leggere

Poesia italiana del XXI secolo

Antonio Fiori è nato a Sassari nel 1955. Nel 2004 è tra i sette poeti vincitori per la silloge inedita al Premio Montale Europa e nel 2019 ha ricevuto il riconoscimento ‘Per una vita in poesia’ al Premio Lorenzo Montano. Ha pubblicato: Sotto mentite spoglie, Manni, 2002, La quotidiana dose, Lietocolle, 2006, Trattare la resa, Lietocolle, 2009, In merceria, Carlo Delfino, 2012, Nel verso ancora da scrivere, Manni, 2018, I Poeti del sogno. Piccola antologia, Inschibboleth, 2020. Suoi testi sono apparsi su ‘L’immaginazione’, ‘Mathesis’ e ‘Gradiva’. Tra il 2005 e il 2010 è stato redattore nei blog letterari Via delle belle donne e Oboe sommerso. Dal 2015 al 2019 ha collaborato come recensore al mensile ‘Poesia’. Dal 2020 è redattore nelle riviste on line Avamposto poesia e Atelier poesia. Collabora inoltre con Menabò, quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria, Terra d’ulivi editore.

Continua a leggere

Tenerezza


Gesù ha bisogno di tenerezza, nonostante sia Dio, anzi, proprio per questo. Se Dio è amore, ha i tratti dell’amore. Siamo noi che riduciamo la realtà a pensieri, articoli di fede, ideologie. Lui, grazie a Dio, è di più.

Si vis pacem, para pacem. Siamo fatti per vivere con questo odio?

“Lo si sente, cresce, aleggia attorno noi, guadagna terreno ogni ora, ogni giorno di guerra: l’odio”. Così comincia un articolo di Domenico Quirico su la Stampa che propongo. Parla dell’odio verso i russi. Nelle nazioni occidentali infatti l’odio per Putin si sta riversando su tanti russi che non vivono in Russia. Da un giorno all’altro. Si è cominciato con il boicottare, discriminare, vietare manifestazioni culturali riguardanti la cultura russa, con il voler mettere al bando parte della nostra storia, della nostra sensibilità e della nostra cultura, da Dostoevskij a Ciajkovskij a Gagarin. (Quel Gagarin di cui ricordiamo più che mai con commozione le parole: “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini.”) Poi si è proseguito con discriminazioni e manifestazioni di odio, dappertutto, dall’Europa agli Stati Uniti, contro singoli. Si segnalano anche casi di bullismo nelle scuole nei confronti di studenti russi, come questo avvenuto in un paese della Liguria. Parafrasando la risposta di Antigone a Creonte: “Siamo fatti per vivere con questo odio”? Continua a leggere