Archivio mensile:Maggio 2007

Silenzi di pianura, parole di fiume. Umberto Bellintani

di Adelmina Albini

Come il personaggio che esce dallo schermo ne “La rosa purpurea del Cairo” per abbracciare la spettatrice in sala, innamorata di lui, così Umberto Bellintani mi è venuto incontro con un cappello di paglia logoro, calzato all’indietro e un volto che lascia poco all’intuito, uscendo da un film. “Affettuosa presenza” è una poesia in immagini di Franco Piavoli che ripercorre la corrispondenza – lunga quasi quanto la vita – di Umberto Bellintani con l’amico-poeta fiorentino Alessandro Parronchi.

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Cinque paragrafi su “enigma” – di Marco Giovenale

Cinque paragrafi su enigma – di Marco Giovenale

enigma

1.

Lo status di paradosso della parola poetica può consistere nella sua capacità di esibire la propria necessità di esistenza (certe frasi nascono ‘compiute’) senza che di questa si conoscano in anticipo delle regole (di formazione), delle ragioni. Tende a risalire alla propria fonte, in una sorta di non miracolosa né ineffabile ma certo inafferrabile autofondazione. Non verificabile però sempre verificata, accertata. Continua a leggere

E. M. Cioran, da “Lacrime e santi”

Come mai i santi scrivono così bene? Soltanto perché sono ispirati? Fatto sta che, appena descrivono Dio, hanno uno stile. Per loro è facile scrivere, l’orecchio teso ai suoi sussurri. Le loro opere sono di una semplicità sovrumana, ma, poiché non trattano del mondo, non possono avere l’appellativo di scrittori. Non li riconosciamo come tali perché in loro non ci ritroviamo.

[a cura di Sanda Stolojan, Adelphi, 2002, 4a ed.]

Liberare la poesia

Non so se si può riportare qui un articolo di giornale. Semmai avvertitemi, che lo ritiro.
Il pezzo è tratto da “Il Sole 24 ore” del 27 maggio 2007, inserto culturale “Domenica”, p.31.

Togliamo la poesia dal ghetto

Di Alfonso Berardinelli

Le antologie che cercano di raccogliere, selezionare e documentare la poesia contemporanea sono sempre più voluminose (quelle pubblicate l’anno scorso dall’editore Sassella a cura di Andrea Cortellessa , Paolo Zublena e altri arrivava a 1177 pagine per 64 poeti). Si moltiplicano i commenti, le introduzioni, le analisi. Ma chi conosce a memoria un paio di testi scritti dalle ultime generazioni di poeti? Si direbbe che quanto meno intensamente si legge poesia tanto più i critici e gli insegnanti si accaniscono a spiegarcela. Così a scuola la poesia comincia subito col sembrare materia per produrre interpretazioni.

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tre testi

(ottobrina)

Corta voglia del gatto è tramutare
d’eccellenza, per il patto
dell’innesto calcareo.
Infoiato annusa nel quadrato
foglie secche, non sospetta
replica di sorgenti, col vino
dentro il fresco del carrubo.
Prossimo di calvario, svia
dal contorno delle case,
ripristina lo sgorgo
del resecato torto,
degli averi.

(tua voce)

Se d’un virile sgomento
ciba la corda l’arco lo stromento,
strazia la gola
dissecca la favella.

(scritturale dei muri)

Celletta del monaco
orfeo, ivi s’aggruma
melico il candore
del corpo lasso,
della parola offesa,
corrugata passione per tortora e sparviero
o pertinenza alla catena buia.

Lei è un altro

annovi terza persona cortese copertina

 Nel 1967 la chitarra di Lou Reed e il caustico violino di John Cale dettero vita a quel perturbante gioiello rock che è Venus in furs, inquietante riassunto psichedelico dell’omonimo romanzo di Leopold von Sacher-Masoch. Erano gli anni della Factory di Andy Warhol: mentre sull’assolata West Coast il flower power imponeva un rassicurante ottimismo, a New York la pop-artera pronta a smascherare con massicce dosi di iperrealismo il lato oscuro del sogno americano. “Kiss the boots of shiny shiny leather”, cantavano i Velvet Undergorund: il binomio piacere-dolore faceva così il suo magistrale ingresso nella cultura e nell’immaginario musical-popolare.

 

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Firenze Poesia

FIRENZE POESIA 13 –18 Giugno 2007 voci lontane, voci sorelle 5a edizione

Margarida BALLESTER (Barcellona1942), vive attualmente a Minorca. Ha studiato Lettere e filosofia a Madrid e, oltre che poeta, è insegnante di storia. La sua opera poetica include: L’infant i la mort (1989). Els ulls (1995) e Entre dues espases (2004). Ha vinto in Catalogna numerosi premi di poesia, tra cui il Jocs Florals de Barcelona-Viola d’Or i Argent (1994) e il Cavall Verd-Josep M. Llompart de poesia (2005).

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Adriano D’Aloia – Buio dei miei occhi (LietoColle)

d'aloia

Caro Adriano D’Aloia,

Lei mi chiede, nella sua lettera, se “vale la pena”. La mia risposta è: sì, vale la pena. Lei possiede, a mio avviso, una grazia naturale nell’usare e accoppiare le parole e nel sottometterle a una necessità ritmica.

Viva e si lasci vivere, e dopo la possibilità di essere poeta arriverà anche, diciamo così, la poesia in carne e ossa. Occorrono, e bastano, due cose: il dono (e lei ce l’ha) e l’esperienza. Mi faccia sapere!

Il suo libretto, naturalmente, lo tengo io. I libri si fanno per gli altri, no? — Abbia i miei auguri più cordiali per il nuovo anno e per tutto quello che Le sta a cuore.

Giovanni Raboni
Milano, 27 dicembre 2003

Tu vieni dal fondo con un vuoto nelle mani
e sei invisa e clamorosa mentre fissi
il tempo che ci arrampica alla vita
l’ora esatta della posa — tu sei ferma
eppure procedi e stringi fra i tuoi steli
il perimetro dell’aria nella forma
ch’è incolore e trema e buia
ma smuove e si ridicola in un grumo —
vedi, la linea che insisto per traverso
è la trama sfatta che ci annuncia e spaccia
dietro il volto della tempesta
anche il buio ha un’immagine esatta.

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Giacomo e Maria Grazia Calandrone

Giacomo e Maria Grazia Calandrone

(Tratto dal blog di Stefano Guglielmin, www.golfedombre.blogspot.com)

Oggi pomeriggio, lunedì 28 maggio, ore 14,00, alla facoltà di lettere e filosofia di Arezzo, Maria Grazia Calandrone rivisiterà la guerra di Spagna attraverso le parole di Giacomo Calandrone, suo padre. Continua a leggere

Vicky

Chi ha nostalgia dell’acqua? L’acqua è tanta. Neanche il Cristo dipinto, il volto di agnello biondo e mansueto, «è dell’Allegri»; eppure sembra bello. Siamo stati a Correggio per Tondelli. E perché non sono solo? Perché? Indovina. Già volevo esserlo, ma arrivano due uomini. Non è bello ripetere che Vicky godeva, che Vicky ha goduto molto. E quanto era solo, Vicky? Arìn bucìn, dunque – con tutto quello, pura filastrocca emiliana, che segue. Poi si parlerà d’altro, ancora, in pura finzione. In questi segni c’è troppa personalità. La videoscrittura li elimina in un soffio, copiando: non sono belli i segni graffiati su una carta, in treno, e quasi massacrata la carta. Ho studiato e guardato. Ma non studio e non guardo più. Tanto lavoro è stato contorto, troppo. La sorella inizia un percorso alto, alta. Il fratello, che è scrittore, rientra in una sua condizione e la lascia – libera. Questi figli, i figli, crescono e si inoltrano. Di notte ha pianto, disperatamente, e non pensava al dolore del mondo. Pensava ad un uomo composto, che entra e mangia cioccolato a chili, di notte, come un ladro che veglia. Quello si è reso brutto mangiando, e rovina i vestiti buoni. Ha pianto, perché si riconosce nella caricatura, brutto: così mangerò per essere visto, e non goderne; e voglio che uno arrivi, e dica «ti perdòno», «sei libero». Nel film avviene, dove l’uomo è rialzato presto. Al mattino telefona qualcuno, ride, porta il bene al fratello. Ora scherza su una volontà di sparire a cui – forse – non si dà più peso, giustamente. Dopo i segni, desidero l’affetto: cioè il loro silenzio. Il fine è molto lieto. Ho pietà per Tondelli, di cui si parla, come si usa un vessillo per dire: non è tuo, è mio.
(«pezzo facile», da Digesto, inedito)

Lorenzo Calogero (1910-1961)

ANGELO DELLA MATTINA

Angelo della mattina
risvegliami ancora
per la nuova fulgente aurora
che s’arrossa sull’orizzonte o s’incrina.

Io sono uno strano mendicante
che chiede amore e parole,
sono un solitario emigrante
verso le terre della luce e del sole.

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Come misurarsi con una società sempre più violenta ?

 

Shanni Naylor, una ragazzina di dodici anni, è stata ripetutamente accoltellata all’interno della sua scuola a Sheffield, nell’Inghilterra Centrale, a una cinquantina di chilometri da Manchester, dopo aver cercato di difendere un altro ragazzino che da giorni veniva continuamente preso in giro.

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Questo è un rapporto di amore

German Carmona Sanchez, campesino e muratore di Malinalco.

Io conosco le erbe. Ho imparato da piccolo perché i miei genitori le conoscevano. C’è l’erba per guarire i reumatismi. Il tepozan serve per far passare i bruciori. La prodigiosa. La epazote serve per cucinare, dà sapore alla trota quando si cuoce alla brace, e la radice di epazote è molto buonissima per ristabilirsi al mattino quando la sera prima uno si sbornia: si può anche combinarla, nell’infuso, con le foglie di arancio e di limone. La levatrice conosce le erbe clauchiaua e choniquil che ristabiliscono dopo il parto, quando le donne partorendo rimangono con le articolazioni fiacche. Del carrisillo, che è una canna si usano le foglie.

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Mister Mattina

di Emanuele Kraushaar

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Il tipo che se ne sta tutta la mattina al bar e che porta solitamente cravatte dai colori impossibili, quello tutti lo chiamano Mister Mattina. Ogni mattina è lì al bancone. Che poi è un po’ suo quel bancone, un po’ suo quel bar.
“E’ una certezza come il sole che sorge” mi dice Salvatore Racconigi. Con lui faccio colazione al bar e poi vado in città. Un giorno offro io e guida lui, un giorno al contrario.

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Il ventennale della morte di Borges – di Sergio Garufi

Il ventennale della morte di Borges. Di Sergio Garufi.
Note e riflessioni sulla figura e l’opera di Jorge Luis Borges. # 2

babele

Pontiggia affermò (ne L’isola volante, Mondadori) che scrivere su Borges è come scrivere su la Gioconda. L’assimilazione lo ha reso rassicurante, familiare, innocuo. “Anziché riconoscerci nell’estraneo, l’estraneo diventa noi, ossia irriconoscibile”. E’ il destino di tutti i grandi scrittori del Novecento, come Kafka e Pirandello, quelli che si neutralizzano trasformandoli in un aggettivo. Continua a leggere

Preghiere laiche

Federico Garcia Lorca

Il canto del miele

Il miele è la parola di Cristo,
l’oro colato del suo amore.
Il meglio del nettare,
la mummia della luce di paradiso.

L’alveare è una stella pura,
pozzo d’ambra che alimenta il ritmo
delle api. Seno dei campi
tremulo d’aromi e di ronzii.

Il miele è l’epopea dell’amore,
la materialità dell’infinito.
Anima e sangue dolente di fiori
condensati attraverso un altro spirito.

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