Hijas mías, este
es es sueño decisivo de papá. Pidan silencio.
El ruido del mundo ya es bastante
para su edad y su juicio. Que su resto de luz
cese con dignidad. Su corazón bombea
pesadamente. La realidad se atasca
en las arterias del cerebro. Él está
clínicamente terminado, el ser
universal y privado huye de sus ojos. Continua a leggere→
Nel Pater recitiamo sempre: venga il Tuo regno. Dice il Cristo alla Bossis: quale amore tenero e puro quando potrai dire: il Tuo regno è venuto! Una questione temporale, ma soprattutto cardiologica.
Il segno della croce ci protegge. Se vogliamo liberarci da ogni forma di negatività, basta compiere questo gesto con fede. Lo garantisce il Cristo alla Bossis: quando fai il segno della croce, ti chiudo dall’alto in basso e in tutta la tua larghezza. Altro che superstizioni.
Si può rilevare nella Chiesa un oscillare tra vari orientamenti. Alcuni più vicini ad un certo razionalismo, fino ad assumere criteri in parte ideologici. Altri che non si riconoscono in tale astrattismo ma non trovando il sostegno di una cultura rinnovata si rifugiano spesso in due limitate tendenze variamente distanti anche tra loro. Una di queste si focalizza su una crescita prevalentemente spirituale demandando il vasto campo dell’umano concreto alla cultura intellettualista vigente. Vista con vario sospetto ma anche senza conosciute alternative. Si finisce così nello spiritualismo, in un considerare un cammino solo delle intenzioni profonde ma con forti rischi di schematismo, di poca incarnazione. L’altro invece è un orientamento pragmatico che cercando di non restare impelagato nelle astrazioni del razionalismo e dello spiritualismo si getta nel vissuto senza trovare però più distintamente riferimenti alternativi. La cultura di fondo, pur vista con sospetto anche qui, resta quella in varia misura dei ragionamenti a tavolino.
Gesù ci ama in mille modi, è presente in ogni istante con la Sua bontà dalle infinite sfumature. Un buon esercizio è coglierne qualcuna, per poter immaginare, in minima parte, tutto il resto.
Invochi il respiro, la giusta
posizione del cuscino, l’accento
che dai limiti del mondo giunge qui,
apre le finestre, chiama
ogni poesia alla guarigione.
Non ha più contorno
la ferita che abitava nel seno,
preme sui vetri e sulle pentole,
esce tra i semafori
della Prenestina, grida che niente
diventerà parola, che tutto
era scritto.
Milo De Angelis, Tema dell’addio, Lo Specchio, Mondadori, 2005, p. 75.
Dio non spreca nulla, dà a ciascuno le grazie che servono. È inutile chiedere i doni di questo o quel santo. Qui e ora ci vuole qualcos’altro: quello sarà concesso, come in un mirabile mosaico in cui ogni tessera è al suo posto.
Non siamo andati dietro a favole, ricorda la seconda lettera di Pietro. A volte, parlando della fede, può sembrare di perdere il tempo in fantasie. Per prima cosa cerca la verità, dice il Cristo alla Bossis. Dio la vede così.
Noi viviamo della luce di Gesù, che si riflette nell’anima. La bellezza è tutta lì. Come si fa a stare senza? È come essere proprietari di una reggia e vivere in caserme piene di topi e di serpenti. Tutto è possibile, ma tutto ha un limite, persino la follia.
La fede è desiderio, sosteneva Agostino. E il Cristo dice alla Bossis: desidera! desidera! Desiderare è allargare la capacità di ricevere. Diamoci da fare.
Spesso preghiamo distraendoci, pensando a tutto, meno che a Dio. A Gabrielle che pregava meccanicamente in tram, soffermandosi su passanti e negozi, Gesù dice amabilmente: se fossi semplicemente un uomo, ti domanderei: mi stai prendendo in giro?
Siamo convinti che alcune cose non abbiano valore, che siano ininfluenti nel significato generale della vita. Per questo le facciamo senza amore. Dice il Cristo alla Bossis: quando piallavo legna, forse che questo non contava per salvare il mondo?
Gesù ha portato il cielo sulla terra. Guardare Lui, farne il punto di riferimento assoluto, ci fa vivere in un riflesso di paradiso. Chissà perché lo desiderano in pochi. E non è merito loro: tutto è grazia, come ormai sappiamo.
L’uomo d’affari il grande accumulatore /
dopo anni di assiduo lavoro controlla i risultati, /
preparandosi per l’ultimo viaggio, /
affida case e terreni ai suoi figli, lascia beni, merci, fondi,
per una scuola o un ospedale, /
lascia denaro ad alcuni camerati per comprare doni, ricordi
quali gemme e oro. /
Ma io, al contrario, ripensando alla mia vita, facendone il consuntivo, / non avendo nulla da mostrare e lasciare dopo questi anni oziosi, / né case né terre, né lasciti di gemme o d’oro per i miei amici, / null’altro, se non alcuni ricordi di guerra per voi, e in vostro onore, / e pochi ricordi di accampamenti e soldati, con il mio amore, / io riunisco e lascio in questo fascio di canti.
Walt Whitman, O Capitano mio Capitano, a cura di Bianca Tarozzi, Corriere della Sera, 2012, p. 115.
Come in cielo così in terra: affascina questa equivalenza, come ci fosse un canale segreto che collega i due mondi, come non esistesse soluzione di continuità fra l’eterno e il tempo. Dice il Cristo alla Bossis: dammi il buongiorno a ogni risveglio come se tu entrassi in cielo. Un bel modo di cominciare la giornata.
Dio ci ha amati per primo, dice la Bibbia. È essenziale prendere l’iniziativa: vuol dire che rischi, ti sbilanci, accetti di comprometterti con l’altro. Chi non ama non fa mai questo salto nel buio: non passa all’altra riva, come il Cristo fa spesso, nel Vangelo.
Non basta portare la croce: bisogna prenderla, dice il Cristo alla Bossis. Ne parlavo ieri, confessando una persona. Non possiamo subire, dobbiamo scegliere: un atto umano è sempre un atto libero.