Archivi categoria: Pensiero

La necessità e il limite della connessione


di Raffaela Fazio

La presentazione dell’antologia “Connessioni” (Vita Activa Nuova, 2022), avvenuta a Roma a fine novembre 2023, mi ha spinta a proseguire la riflessione iniziata nel passato. Ho pensato che il tema potesse essere affrontato sia dal punto di vista della necessità della connessione (biologica ed esistenziale), sia dal punto di vista del suo limite (legittimo e naturale).

La necessità. Nasciamo dal e nel contatto. Nasciamo dal contatto tra due esseri umani. E cresciamo iscrivendoci all’interno di dinamiche relazionali. Attraverso il contatto e il confronto scopriamo parti di noi sempre nuove, e nuovi luoghi di appartenenza e di passaggio. Il contatto ci permette sia di conoscere i nostri confini, prendendo atto dell’alterità irriducibile dell’altro, sia di spingere più in là i nostri limiti, grazie all’apprendimento e all’arricchimento che proviene dall’esterno.  Continua a leggere

Giselda Pontesilli, “Appunti su Mario Perniola”

Cercando le idee chiave che reggono l’opera di Mario Perniola (1941-2018), si può partire da quanto, nelle sue Storiette autobiografiche (pubblicate nel 2016), egli dice di sé. Dandosi, con discrezione, del voi, egli si dichiara:  

“[…] erede della tradizione dei samurai senza padrone, i ronin, cioè di quei guerrieri solitari non organici rispetto a chicchessia in cui nel corso del tempo [voi, cioè lui stesso] avete finito per riconoscervi” (1); 

così scrive, definendosi dunque, più che filosofo, guerriero, poiché, come ben spiega nella sua penultima opera, L’estetica italiana contemporanea (del 2017):

 “In questo periodo storico l’autorevolezza della filosofia è gravemente compromessa dalla comunicazione massmediatica, che ha riportato intere popolazioni allo stadio infantile, nonché dall’arroganza della tecnica e del dogmatismo scientistico che, occultando il proprio rapporto con gli interessi economici, si è posto come unico portavoce della verità”. Continua a leggere

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Fare un passo (e cambiare l’alfabeto)

di Raffaela Fazio

 

  1. Il passo in avanti: per superare la delusione

 

A ben riflettere, la persona, la cosa che ci delude non è responsabile del sentimento che noi proviamo. Il sentimento è “nostro”.

Quando ci rendiamo conto di questo, ecco allora che spesso ci sentiamo in colpa. In colpa perché non abbiamo guardato con sufficiente attenzione chi/cosa ci stava davanti, perché abbiamo visto ciò che volevamo vedere, perché, insomma, non siamo stati in grado di valutare in modo obiettivo la situazione senza lasciarci influenzare dai nostri desideri. 

Certo, uno sguardo lucido aiuta. In qualsiasi rapporto, sarebbe bene non percepire l’altro come azionato da meccanismi interni uguali ai nostri e sarebbe sano non pensare che tali meccanismi trovino un unico canale di espressione. Ma, anche se ci sforziamo di ripulire il nostro sguardo, rimane il fatto che siamo esseri complessi, animati da aspettative.  Continua a leggere

Meditazioni catalane su tempi e modi del divenire

di Riccardo Ferrazzi

Chissà perché non mancano mai i politicanti interessati a fomentare discordie in nome delle “piccole patrie”, anche se poi, quando conquistano un po’ di potere, tutti i cambiamenti si riducono a faccende puramente nominali, come i cartelli stradali nella lingua del posto.  

Tanto tempo fa, tornando in Spagna dopo una lunga assenza, rimasi disorientato dai nuovi cartelli indicatori. In autostrada ogni tanto vedevo apparire un cartello che indicava la distanza da una sconosciuta Lleyda. Che fosse il nome catalano di Lerida? Saperlo sarebbe stato utile. Per quel che ricordavo, Lerida doveva essere più o meno da quelle parti, ma non ce n’era traccia: Lleyda rimase Lleyda anche quando passai davanti allo svincolo di uscita. Avevo forse imboccato un’autostrada nuova, che andava in tutt’altra direzione? Solo quando cominciarono ad apparire i cartelli che indicavano la distanza da Saragozza (che, non essendo catalana, continuava a chiamarsi Zaragoza) mi tranquillizzai: ero sulla strada giusta.  Continua a leggere

Poesia e Psiche, di Luca Buonaguidi


di Fabrizio Centofanti

C’è un libro che bisogna acquistare. Ecco, la solita pubblicità, dirà qualcuno.Tutto ciò che ha a che fare coi “consigli per gli acquisti”, da Costanzo in poi, non riusciamo a digerirlo. Ma qui c’è di più: è un libro che non dovremmo semplicemente acquistare, ma tenere sulla scrivania, a portata di mano, per lasciarci trasformare dal potere terapeutico della poesia, dalla sua capacità di suscitare o di risuscitare le risorse creative, di connettere il capire e il sentire, che dopo il tempo delle origini abbiamo drammaticamente separato. Continua a leggere

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Essere è ringraziare. La rivoluzione eucaristica

 

di Fabrizio Centofanti

Dalla Grecia antica, le analisi della condizione umana si succedono a ritmo incalzante, per cui è difficile formarsi un quadro coerente dei labirinti del pensiero, distribuiti in tutti i mari dell’essere, a molteplici livelli di profondità, dopo aver lambito ogni tipo di costa. A fronte di un così inesauribile scavo, non sembra affatto raggiunta una chiarezza universale, anzi, la percezione più comune è quella di un disorientamento, di una mancanza crescente di punti di riferimento, di un venir meno di fondamenti visibili o invisibili, parafrasando il titolo della raccolta poetica di Luzi. Continua a leggere

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Si vis pacem, para pacem. “Ma dove è il pericolo, cresce / anche ciò che salva”

In caso di conflitto nucleare generalizzato le vittime ammonterebbero a circa 34 milioni solo nelle prime ore. Eppure gli USA inviano altre armi, l’Ucraina invoca la no-fly zone sui suoi cieli e la fornitura di missili a lungo raggio Atacms, mentre Mosca annuncia il ricorso al nucleare nel caso queste richieste venissero accolte. A quel punto sarebbe da attendersi un intervento degli Stati Uniti: con armi convenzionali o nucleari? Le bombe russe potrebbero puntare su obiettivi strategici anche in Italia, come le basi aeree e navali e i comandi Nato. Prime nel mirino sarebbero le basi Nato di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone), che ospitano circa 40 testate nucleari. Altri bersagli, le basi e i comandi militari Nato a Vicenza, Livorno, Gaeta, Napoli, Taranto, Sigonella. In Italia il bilancio ammonterebbe ad almeno 55.000 morti e oltre 190.000 feriti. Come scrive Franco Toscani in questa puntata di Para Pacem: “Dovremmo sempre tener presente quella che Primo Levi chiamò la ‘memoria dell’orrore’, che non serve per restare paralizzati, ma per scongiurare il peggio”. Continua a leggere

Guerra / Operazione speciale) Russia – Ucraina. Avvio urgente di negoziazione.

Al Sig. Ambasciatore in Italia della Federazione Russa

info@ccir.it   ambrus@ambrussia.it

 Al Sig. Ambasciatore in Italia della Repubblica Ucraina

emb_it@mfa.gov.ua

 Al Sig. Presidente della Commissione Europea

eric.mamer@ec.europa.eu

 

Egregi Signori,

la concatenazione di azioni e inerzie riconducibili alle parti in conflitto – in particolare, alla Federazione russa – e, anche, ai comportamenti di Paesi e istituzioni internazionali dell‘occidente, può far precipitare in una situazione drammatica e irreversibile i destini degli stati europei e delle loro popolazioni. Continua a leggere

Tito Barbini, “Il fabbricante di giocattoli”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Tito Barbini, Il fabbricante di giocattoli, Arkadia Editore, 2021

Il fabbricante di giocattoli è qualcosa di più e di diverso da una biografia e da un romanzo. È sì, in parte, entrambe le cose, ma non la loro semplice sommatoria. Semmai, una combinazione, o un amalgama, che affonda nei territori della storia per estrarne un succo di verità privata – ma quintessenzialmente universale.

Tratta della vita dell’anarchico russo (in seguito divenuto cittadino argentino) Simón Radowitzky e del percorso che lo condusse, a causa dell’omicidio del capo della polizia di Buenos Aires, avvenuto nel 1909, a essere imprigionato nella colonia penale di Ushuaia, nella Terra del Fuoco, dove avrebbe patito condizioni terribili, e quindi a evaderne avventurosamente per riparare in Spagna. Qui avrebbe partecipato alla Guerra civile, e infine si sarebbe nuovamente rifugiato al di là dell’Atlantico, fabbricando giocattoli per bambini a Città del Messico, nei pressi della casa dove viveva e fu assassinato Lev Trockij. Continua a leggere

Chandra Candiani, “Un libro disordinato è un invito alla sovversione”


Foto di Alessandro Ripamonti

Su Questo immenso non sapere di Chandra Candiani
di Giorgio Morale

Questo immenso non sapere. Conversazioni con alberi, animali e il cuore umano, il nuovo libro di Chandra Candiani, pubblicato nella collana einaudiana di saggi brevi “Vele”, è una sorta di manuale per “svegliare la vita perché ci dia una mano”. Continua a leggere

Giulio da un anno non è più con noi

di Antonio Sparzani

Mi sembra ancora incredibile di non potergli più telefonare con le domande più bizzarre e di non poter più offrirgli a casa mia quei dolcetti che spazzava via in un secondo, mentre si discuteva di Feyerabend (che lui mi insegnò ad amare) piuttosto che delle strane conseguenze della relatività speciale. Giulio Giorello era guarito, così diceva il tampone, dal covid, che non so come avesse fatto a prendere, ma la sua salute era minata già da altro e non ce l’ha fatta. Si era sposato (per la prima volta nella sua vita) tre giorni prima di morire, con Roberta Pelachin, della quale è da poco uscito un bel libro: La trappola delle emozioni — dal caso Phineas Gage (1848) alla terza guerra (2048), Mimesis 2021. Ho visto Roberta al funerale, stravolta e ancora incredula: sono stati proiettati, lì al funerale laico, degli spezzoni che mostravano Giulio in alcuni eventi pubblici di dibattito, ironia e competenza. Una cosa straziante. Io gli ho scritto due giorni dopo la morte qui, dove sono arrivati vari commossi commenti.
Dirigeva con fantasia e spregiudicatezza la collana “Scienza e idee” di Raffaello Cortina, Milano, riuscendo così a far pubblicare libri non solo di filosofia della scienza o di matematica, che erano le sue discipline accademiche ufficiali, ma altri, anche suoi del tutto “fuori linea”, da Topolino alla mitologia di Gilgamesh, sempre però con qualche arguto aggancio filosofico o comunque di sapienza anche spicciola. Non so cos’altro dire se non raccomandare di leggere i suoi libri e di guardare su youtube i filmati che lo riguardano.
A partire dal 12 giugno il Corriere della Sera vende con La Lettura una raccolta di suoi interventi, a cura di Antonio Carioti. L’ultimo in ordine di tempo è un’intervista a tre, curata da Annachiara Sacchi, con Elliot Ackerman, Sergio Harari e Giulio del 7 giugno 2020. Giulio è già formalmente guarito dal covid, ha il tampone negativo: alla domanda: “professor Giorello, lei come si sente dopo la sua battaglia? Diverso o come prima?”
Risposta: “La mia sensazione, dopo essere stato toccato personalmente dal virus, è di ottimismo, di speranza. Forse in questo sono cambiato.”
Una settimana prima di morire.

Penso proprio che valga la pena di dedicargli un po’ di tempo.

La vecchia rivoluzione e quella sempre nuova

di Giampaolo Centofanti

Una radice della crisi attuale sta, come osservato per esempio da diversi filosofi e scrittori, nel razionalismo che svuota, omologa, le persone in un percorso consequenziale che è passato tra l’altro, come se nulla fosse, dalle grandi ideologie rivoluzionarie al dominio della finanza e dei potenti di internet sotto l’ombra di un astratto civismo, solidarismo, che spoglia di ogni libera ricerca identitaria e di un solo allora autentico scambio. Su queste scie ogni valore viene manipolato ai fini del potere: il femminismo per esempio può divenire scusa per cooptare persone ad hoc nel sistema. Certo anche con tali rischi vi sono molti validi motivi per dare più spazio alle donne. Ma la vera liberazione della donna non può prescindere dalla vera liberazione di ciascuno.

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Quella rinascita che alberga nella volontà di rinnovarsi, di Prisco De Vivo

Da diversi anni la mia più grande aspirazione è quella di rinnovarmi. Una rinascita lenta che cerca di guardare il mondo e la vita con occhi diversi, con occhi di luce. 

Questo rinnovo lo anelo anche nell’amare ciò che viene tenuto nascosto, abbracciando per esempio lo “scandalo della povertà”, “l’emarginazione (…) dei reietti e degli abietti”.

Lo sforzo più grande che ciascuno di noi dovrebbe fare rimane sicuramente quello di abbandonare il superfluo. 

Quando indico il superfluo non mi riferisco solo a quello materiale, ma intendo quello che maggiormente attanaglia la mente, i preconcetti e i pregiudizi che intorbidiscono qualsiasi visione del mondo.

Ma, dopotutto, va anche abbandonato il proprio vecchio corpo e bisogna prepararsi ad accoglierne uno nuovo. 

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Il parlamento uniformato: pace o tragicommedia?

di Giampaolo Centofanti

Viviamo un passaggio politico possibile cartina di tornasole di molte cose. Com’è possibile, si chiede qualcuno, che gruppi di orientamenti politici opposti si dichiarino disponibili a collaborazioni varie? È cosa buona?

Ho osservato da molto tempo che la società della ragione astratta tende a tecnicizzare ogni cosa. In vario modo ogni cosa deve funzionare. Ma così prevale una scienza falsamente neutra al servizio del più forte. L’uomo viene svuotato e manipolato. Si tende a creare un apparato al servizio di tali dominatori e una massa spogliata di tutto.

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sapete cosa mi manca di più

di Sofia Cavallari

sapete cosa mi manca di più?
mi manca tutto ciò che ritenevamo troppo faticoso, stancante o che davamo per scontato, mi mancano le corse la mattina per non perdere l’autobus, la paura di essere sempre in ritardo, la colazione mancata o fatta di fretta, la sveglia che suona in ritardo e che ti fa preparare velocemente. mi manca l’autobus pieno di gente, di cui ci lamentiamo tanto, ma dove spesso incontriamo gli amici e ci fermiamo a parlare e quasi ci scordiamo di scendere alla nostra fermata, mi manca la strada mezza addormentata la mattina per andare a scuola con le amiche, dove posso raccontare quello che mi è successo la sera prima e farmi quattro risate, o sfogarmi o arrabbiarmi e insultare il mondo, mi mancano le scale stancanti del Mosè e la mia piccola classe in cui entravo e potevo abbracciare tutti e urlare il mio ‘buongiorno’, giusto per svegliarli e vederli sorridere, mi mancano i compiti in classe in cui ci mettiamo d’accordo con i compagni per copiare, le chiacchierate all’intervallo, scendere per prendere la merenda, le battute sui prof e i litigi con loro, l’ansia pre-interrogazione e la soddisfazione di prendere i bei voti o di recuperare una materia, mi manca l’assembramento fuori dalla scuola e gli spintoni per uscire che ti fanno quasi cadere, mi manca aspettare l’autobus con le mie amiche e tornare a casa e trovare il mio cane a cui sono mancata e mi salta addosso, un pasto pronto e meritato dopo una giornata a scuola, spesso stancante e difficile, ecco, mi mancano Continua a leggere

Lettera di una studentessa al suo professore

di Serena Gerli

Caro professore,

ho trovato queste parole su internet. Ci tengo a precisare che, ovviamente, è un discorso generico che, però, esprime ciò che molti studenti provano in questo periodo così particolare. Certo, ci sono dei professori come Lei che hanno a cuore l’individualità dello studente. Ma purtroppo non è così per tutti.
Con queste parole (ripeto, non mie) non vorrei puntare il dito, ma invitare i professori a riflettere, in particolare coloro che non si interessano a nient’altro se non all’aspetto didattico.
In quarantena siamo privati di una cosa molto importante, considerando la nostra giovane età. Va compreso che vita privata e scolastica non sono due comparti stagni indipendenti, ma sono strettamente interconnessi, come ogni aspetto della vita di una persona, fa tutto parte della stessa realtà dell’individuo.
Ci sono ragazzi con parenti malati, con parenti lontani, con situazioni familiari complesse, con problemi di gestione di situazioni a volte molto difficili…
Io stessa sono tutt’altro che esente da queste problematiche.
Situazioni che influiscono sulla concentrazione e sulla serenità, e che non permettono ad uno studente di adempiere ai suoi obblighi scolastici come richiesto normalmente. Continua a leggere

Mostrare la faccia

di Stefanie Golisch

Prima di ogni forma di comunicazione verbale è il nostro viso che comunica a chi abbiamo di fronte chi siamo o chi vogliamo essere. La nostra mimica parla prima ancora di aver pronunciato la prima parola. L’innamoramento a prima vista è rivolto a un viso che ancora non conosciamo, ma dal quale, misteriosamente, ci sentiamo attratti. Il nostro viso, più che ogni altra parte del nostro corpo, ci identifica. È il mio viso che racconta la mia storia, che svela, se lo voglio o meno, chi sono.
Infatti, molti modi di dire usano il viso come metafora: si può perdere la faccia e si può salvare la faccia. In tedesco, ma anche in italiano, si può anche mostrare la faccia, che significa prendere posizione, uscire pubblicamente senza nascondersi. Continua a leggere

Lettera ai miei studenti

di Stefanie Golisch

Cari ragazzi,

parliamo di una situazione kafkiana quando, improvvisamente, ci sfugge il senso, quando ci troviamo in circostanze poco chiare, paradossali che non siamo più in grado né di comprendere né di controllare. Apparentemente tutto sembra come prima, la nostra casa è la nostra casa, i nostri familiari sono i nostri famigliari, noi siamo noi, eppure qualcosa è cambiato radicalmente: l’ordine conosciuto nel quale ci muoviamo e che, oltre magari alla noia, ci trasmette comunque un senso di sicurezza e di prevedibilità, non c’è più.

Il disorientamento esistenziale dell’uomo moderno in un mondo che non comprende più e che non può assolutamente dominare è IL tema di Franz Kafka, un autore che, come sanno molti di voi, mi è particolarmente caro e che cerco ogni anno di trasmettervi senza mai essere veramente soddisfatta, perché ogni volta mi sembra di averlo in qualche modo ridotto ad un autore che “si deve conoscere” perché fa parte della Weltliteratur, o, peggio ancora, perché potrebbe essere tema di una verifica!

Vi scrivo questa lettera perché la situazione nella quale ci troviamo attualmente ci fa leggere Kafka e, ovviamente molti altri autori, con un interesse o addirittura una urgenza nuova: le stesse nostre domande, alle quali in questo momento nessuno ha una risposta (anche se molti, troppi, pretendono di averla!) le troviamo già tra le righe della grande letteratura di tutti i tempi. Dico a proposito: le nostre domande, non le risposte perché credo che quello che alla fine conta è il flusso continuo delle domande e non certo il facile accontentarsi di risposte più o meno convenienti. Continua a leggere

Pensieri a spasso ( loro possono) di Alessandro Di Bari ( Italia, 2002)

È ormai passato più di un mese dalla chiusura delle scuole, un periodo che in qualche maniera ha cambiato il modo di vivere di tutte le persone e che continuerà a farlo per le settimane a venire.
Ci siamo ritrovati di colpo chiusi nelle nostre case, vivendo quello che sarebbe stato un sogno nella normalità: niente lezioni, niente compiti, niente interrogazioni o pressioni, possibilità di riposarsi e fare quello che si vuole.
Le prime settimane sono state viste da tutti gli studenti come qualcosa di incredibile, ma non ci è voluto molto tempo per capire che in realtà sotto tutto questo si nascondeva qualcosa di inaspettato e cioè la consapevolezza dell’importanza della scuola.
Non pensavo l’avrei mai detto e invece mi trovo a ripeterlo ogni volta che qualcuno mi chiede cosa ne penso di questa situazione.
Ho passato i primi dieci giorni nel letto, alzandomi solo per mangiare e lavarmi e mi sono accorto di star sprecando il mio tempo. Tempo che per un ragazzo di 18 anni può sembrare infinito, ma che in realtà non lo è, ed è in occasioni come questa che triplica la sua velocità e tutto quello che si vive passa in un batter d’occhio. Continua a leggere