Recensione di Giovanni Agnoloni
Tito Barbini, Il fabbricante di giocattoli, Arkadia Editore, 2021
Il fabbricante di giocattoli è qualcosa di più e di diverso da una biografia e da un romanzo. È sì, in parte, entrambe le cose, ma non la loro semplice sommatoria. Semmai, una combinazione, o un amalgama, che affonda nei territori della storia per estrarne un succo di verità privata – ma quintessenzialmente universale.
Tratta della vita dell’anarchico russo (in seguito divenuto cittadino argentino) Simón Radowitzky e del percorso che lo condusse, a causa dell’omicidio del capo della polizia di Buenos Aires, avvenuto nel 1909, a essere imprigionato nella colonia penale di Ushuaia, nella Terra del Fuoco, dove avrebbe patito condizioni terribili, e quindi a evaderne avventurosamente per riparare in Spagna. Qui avrebbe partecipato alla Guerra civile, e infine si sarebbe nuovamente rifugiato al di là dell’Atlantico, fabbricando giocattoli per bambini a Città del Messico, nei pressi della casa dove viveva e fu assassinato Lev Trockij.
Tutto questo complesso – e tragico – itinerario è, però, anche una sorta di “bio-autografia”, perché Tito Barbini, esperto autore di libri di viaggio, descrive a tratti se stesso impegnato nella ricerca di notizie su questo personaggio, in buona parte ancora avvolto nel mistero. La sua, dunque, è un’indagine storica che si specchia nella vita di Simón Radowitzky, non nel senso di identificarvisi, ma in quello di sforzarsi di comprenderne la misura di sofferenza, di anelito e di sacrificio.
E poi ci sono i luoghi, tratteggiati con forza evocativa e col supporto di frequenti rimandi a documenti originali. Ne risulta un dialogo tra storia e vita intima, nel quale la sensibilità del narratore va a riempire i vuoti lasciati aperti dalle fonti, sia pur intonandosi a esse e – non si fa fatica a immaginarlo – a materiali fotografici d’epoca.
Grazie a questa convergenza di piani, la verità del personaggio Simón Radowitzky emerge come un’immagine dallo sfondo di un quadro 3D. Anzi, in definitiva credo che l’essenza di questo libro stia nella comprensione del fatto che, in un universo in cui tutto si definisce in rapporto a qualcos’altro (penso a Helgoland di Carlo Rovelli, ed. Adelphi), è proprio l’interazione tra diverse voci e modalità di ricerca su una singola figura a (ri)animarla, rendendola ancora vivida e capace di comunicarci un segreto che travalica i limiti del tempo.