Archivio mensile:Luglio 2015

Le voci del Pretorio. La seconda risposta del romanzo epistolare di Angelo Ascoli e Pasquale Vitagliano

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Seconda risposta

Mio Caro Daniele,

Ancora una volta trovo difficoltà a scriverti. Del resto, perché dovrei farlo? Tu sei fuggito via, sei ormai a Potenza, io sono rimasto qui e ho dovuto ricostruirmi una tana solitaria dove dormire? Rifugiarmi? Semplicemente attendere? E che cosa poi? Mi scrivi che Rosaria ti ha sconvolto la vita. Immagino che anche tu, in qualche modo, abbia dovuto innalzare mura dove custodire le assenze, credo. Quella di Rosaria, innanzitutto, ma anche la mia, e quindi la tua innocenza che portavi a spasso con me, la sera, per la via del paese, in un rigurgito di tardiva adolescenza che accettavamo, cercavamo, anzi. Rosaria…

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SUL TAMBURO n.4

Gualberto Alvino, L'apparato animaleGualberto Alvino, Scritti diversi e dispersiGualberto Alvino, L’apparato animale, introduzione di Giovanni Fontana, Torino, Robin, 2015; Gualberto Alvino, Scritti diversi e dispersi (2000-2014), prefazione di Mario Lunetta, Roma, Fermenti, 2015

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di Giuseppe Panella

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Scrive Giovanni Fontana nella sua lunga introduzione al libro di Gualberto Alvino (e il titolo del suo testo critico la dice lunga sul taglio dell’intervento dello scrittore di Frosinone):

«Il suo testo si torce in un’orgia di materia grondante di umori. Talvolta Gualberto Alvino svolta repentino. Fugge per la tangente. Poi torna grondante per apparire di fronte e di profilo a un tempo. Per scomporre l’immagine di sé in vortici. E analizzarne gli elementi. Radici. Ecco che propone allora accumulazioni drammatiche e fluttuazioni incongrue. Una Humanitas fatta di parti anatomiche. Per esempio. E’ un duro atlante di anatomia che si esplica nell’elenco spietato delle membra rivelandone la fragilità come su un tavolo di analisi. Tarsie di cose morte. […] E’ qui che Alvino (si) scrive il corpo in latino. L’elenco articolato nel linguaggio dotto degli antichi. Rotto in sequenza dalla scansione libresca e didattica che ricostruisce sulla pagina i segreti di quel corpo»(1).

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CRESTOMAZIA 8: “Aiére” di Albinio Pierro

Aiére

Aiére nun ha’ vinute,

e a mmi ca t’aspittèj cannijànne

passàite ‘a morte cchi ncolle

e si facìte u fridde cchiù grane.

Pò come nda nu mère di nive

si fècete citte u munne:

avì schitte nu passarelle

cch’i scille tise a lu funne.

 

(da un pianto nascosto)


 

“Dell’altra moltitudine che abbiamo di versi, quasi infinita, ha scelto ciò che gli è riuscito o più elegante, o più poetico, o anche più filosofico, e infine, più bello […]” (Tratto dalla Prefazione alla crestomazia italiana de’ poeti di Giacomo Leopardi)

Perché di questo si tratta. 11.

Beato Angelico
B) Leggendo Diventare se stessi, si ha la sensazione che questo divenire si realizzi più per ri-costruzione che per costruzione.

F) Ricostruire è importante, ma il problema è la prospettiva, o meglio la chiave con cui l’operazione si conduce. Si dice che il diario sia terapeutico, ed è vero: l’importante è che crei una distanza dal magma della vita, dalle reazioni più istintive, dal mare agitato in cui ci si trova troppo spesso a vivere. Ricostruire il passato significa vederlo con gli occhi dell’oggi, dalla roccia che appare nuovamente, dopo una tremenda mareggiata. Continua a leggere

Alain Baraton, “Il giardiniere di Versailles”

Alain Baraton, Il giardiniere di Versailles, Skira – Storie, 2015, pp. 213, euro 17,00

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di Andrea B. Nardi

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Alla mia bell’età ho finalmente scoperto quale sia il più bel mestiere del mondo: quello di Alain Baraton, capo giardiniere del Parco di Versailles. E ne è prova anche il fatto che, pur non essendo un professionista della scrittura, il signore in questione abbia nel suo lavoro accumulato una tale sensibilità d’animo, una così marcata acutezza intellettuale, un’esperienza di vita tanto serena, da consentirgli di scrivere questo libro sorprendente.
Ancora una volta il catalogo Skira si arricchisce di un volume fuori dai contesti omologati, un memoir dalla prosa suadente, elegante e divertentissimo, con la storia di un modesto giardiniere diventato, dopo una lunga carriera, direttore del parco più famoso della storia, quando la vita vera sa essere più affascinante di un romanzo.

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Perché di questo si tratta. 10.

Anima
B) Quotidianità e altrove, un altrove che è territorio dell’anima in cui convergono ricordi d’infanzia, volti di persone appartenenti al passato, emozioni e desideri provati per un istante e che si sono fissati per sempre nella carne come tatuaggi indelebili. Via di fuga e al tempo stesso tesoro prezioso al quale attingere, dove l’alto sentire e il più basso desiderio, come scrivi nella poesia Chopin, possono toccarsi. Continua a leggere

CRESTOMAZIA 7: “Le mani giunte” di KIKUO TAKANO

LE MANI GIUNTE

Quando la scimmia col suo piccolo in braccio
corre sconvolta ma non fa in tempo
a fuggire, né trova il suo rifugio,
verso chi le punta il fucile
giunge le mani e implora

di lasciarla andare, di salvarla,
piangendo disperata, strofinandosi
le mani con tutte le forze.
Il suo gesto nel chiedere pietà
al cacciatore, è come quello dell’uomo.

Per quanto esperto, il cacciatore di scimmie
non se la sente allora di sparare.
“Su, fuggi, fa presto!” Chiusi gli occhi
scoppia a piangere – così ci racconta.

Sebbene non ricordi più il nome
del vecchio che mi ha raccontato
con amarezza quel suo lugubre lavoro
dicendomi di non volere mai più affrontare,
né in campagna né sui monti,
la tragedia del cacciatore di scimmie,
non posso scordare le mani giunte
della scimmia, quel tremolio di mani
che ad altre somigliano.

(KIKUO TAKANO, da Nel cielo alto, Oscar Mondadori, 2003)

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E vedrai che un giorno ti servirà

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“La stellina e la luna”, “La quercia grande e i suoi visitatori”, “Le sette menestrelle” e a seguire “L’apetta golosetta”, “La signora Bisbetica e le sue ancelle Scarpa e Ciabatta”, “Lina la lucertolina”, “La scimmietta Pilù e la Savana”: sono solo alcune delle storie contenute nei volumi Le fiabe di Ambretta (Edilcolors, Joy Division, 2015) e I racconti fantasiosi di Ambretta (Edizioni Il Villaggio Ribelle, 2015) illustrati rispettivamente da Liliana Carone e Valentina Virdis.
Nelle parole dell’autrice, le storie contenute nelle sue opere sono “un inno al Creato e alle sue Creature e hanno tanti insegnamenti e valori che oramai, in questa nostra amata Italia, sono un po’ annebbiati. Nei miei scritti”, prosegue, “il rispetto per la Natura e i suoi abitanti è ricorrente, insieme a piccoli riferimenti religiosi”.
Ambretta Centofanti vive in un Continua a leggere

MARINO MAGLIANI, “IL CANALE BRACCO”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Marino Magliani, Il canale bracco (Fusta Editore)

MarinoUn nuovo viaggio di Marino Magliani nei luoghi d’Olanda. Dopo Soggiorno a Zeewiijk (Amos Edizioni), Il canale bracco (Fusta Editore), un’opera dal sapore consonante ma diverso. Qui, infatti, si parla non della zona di IJmuiden dove l’autore effettivamente vive – come nella prima opera –, ma del Noordzeekanaal, il canale che collega Amsterdam al Mare del Nord, nel quale sfocia proprio in corrispondenza di IJmuiden. Perché “bracco”? Per una sorta di calco italiano dell’aggettivo olandese brak, che significa “né dolce né salato”, in quanto a metà tra il fiume e il mare. Continua a leggere

Giacomo Sartori, “Rogo”

sartori_rogo_coverGiacomo Sartori, Rogo, CartaCanta – I Cantastorie, 2014, pp. 199, euro 14,00.

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di Andrea B. Nardi

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Bruciano le parole di Giacomo Sartori, nonostante siano di ghiaccio. L’ambivalenza è segno di questo romanzo, in forma e in merito. La scrittura, da un lato, colpisce acuta, schegge di brace ustionanti, secca e potente; le immagini, dall’altro, evocano cime nevose di freddo e desolazione, frustate da venti gelidi fin nell’anima. Così le storie, sospese nell’ambigua esperienza della maternità, oscillano fra entusiasmo e disperazione, bulimia e vomito, dolcezza sognante e incubi neri. La struttura s’impernia su tre personaggi femminili, tutti coinvolti nel rogo della gravidanza, ognuno a modo proprio, ognuno col suo destino mai coincidente con le aspettative.

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73. Alla ricerca del senso perduto

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da qui

La perdita dell’unità dell’essere è la grande malattia dell’uomo moderno ed è la fonte delle maggiori depressioni che colpiscono i giovani d’oggi, perché perdendo l’unità di se stessi si perde il senso della vita. Continua a leggere

SUL TAMBURO 3

Francesco Russo, Viola! Viola! Duce ! Duce!Francesco Russo, Viola! Viola! Duce ! Duce!, di calcio, d’amore e di guerra, Orbetello (Grosseto) Effequ, 2014

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di Giuseppe Panella

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Francesco Russo, oltre a essere un giornalista e un esperto di relazioni internazionali (materia nella quale si è laureato alla Facoltà di Scienze Politiche), è un appassionato storico della Fiorentina (di ieri e di oggi). Ma, oltre a conoscere le vicende più o meno “segrete” della squadra viola, è anche uno scrittore emulo della grande tradizione narrativa di Firenze e soprattutto si è posto nel solco di Vasco Pratolini. Perché Viola! Viola! Duce ! Duce!, di calcio, d’amore e di guerra ricorda moltissimo le storie drammatiche ma anche struggentemente sentimentali, le iniziazioni alla vita e al sesso, le passioni politiche e sportive che costellano le pagine di libri ormai entrati nella storia della letteratura italiana come Le ragazze di San Frediano o Il Quartiere o La costanza della ragione. Ovviamente, lo stile sfoderato da Russo è molto più moderno di quello dello scrittore fiorentino e le articolazioni delle sue storie meno appesantite dal carico spesso ingombrante della necessità ideologica che predomina in alcune prove, anche molto notevoli, di Pratolini.

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CRESTOMAZIA 6: “Mi alzo con le palpebre infuocate” di Pier Paolo Pasolini

Mi alzo con le palpebre infuocate.
La fanciullezza smorta nella barba
cresciuta nel sonno, nella carne
smagrita, si fissa con la luce
fusa nei miei occhi riarsi.
Finisco così nel buio incendio
di una giovinezza frastornata
dall’eternità; così mi brucio, è inutile
– pensando – essere altrimenti, imporre
limiti al disordine: mi trascina
sempre più frusto, con un viso secco
nella sua infanzia, verso un quieto e folle
ordine, il peso del mio giorno perso
in mute ore di gaiezza, in muti
istanti di terrore…

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72. Bontà e bellezza

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da qui

Qualche tempo fa, in occasione dell’anno dedicato a Giorgio Vasari, il Cardinal Ravasi lodava l’abilità del maestro nel «riuscire a ricostruire il proprio passato, attraverso il filo continuo della memoria e l’intreccio tra vita, santità e bellezza». Per Vasari la bontà, che raggiunge i suoi massimi vertici nella carità tipica dei santi, è dunque legata inestricabilmente alla bellezza.
Eppure questa unione, per noi, non è così immediata. In un’epoca in cui il pensiero cristiano impregnava la cultura e la mentalità, era più facile intuire questo dato: arte e fede si abbracciavano e vivevano l’una dell’altra. Poi si è consumato un divorzio, per dirla ancora con Ravasi. Quel legame non ha caratterizzato soltanto la cultura cristiana. Anche nel Primo Testamento compare chiaramente: per esempio nel primo libro delle
Cronache dove, in ebraico, si usa la stessa parola per indicare l’ispirazione dei musicisti e dei profeti, o in Esodo, dove si afferma che l’artista costruttore dell’Arca era “avvolto dallo Spirito di Dio”, come un profeta.
Un autore più vicino a noi, Hans Urs Von Balthasar, ha contribuito a ricostruire la continuità tra queste dimensioni: nella sua “via estetica” sostiene che la bellezza è il punto di partenza, perché una bontà senza bellezza rischia di ridursi a norma rigida e ben poco attraente. Nella sua prospettiva, la contemplazione della bellezza fa trascendere i limiti presenti nella mente dell’uomo, gli permette di non appiattire la realtà col suo metro insufficiente. La stessa esperienza si ritrova nell’amore autentico, in cui si passa il limite del calcolo e dell’egoismo naturale.
Entrambi i valori dilatano i confini della vita: la bontà esercita attrazione e dunque è bella; la bellezza dilata mente e cuore, e innalza l’uomo al di sopra della sua mediocrità, ricordandogli chi sia veramente e di quale bene possa essere essere capace.

Vivalascuola. Gli Asini 27-28. Una scuola per dividere

E’ uscito il n. 27-28 de Gli Asini (maggio/agosto 2015), rivista di educazione e intervento sociale diretta da Luigi Monti che unisce riflessione teorica e pratica didattica. In questo numero sono in bel dialogo, per contrasto, gli articoli dedicati alla scuola di oggi e alla “riforma” renziana appena approvata – “una scuola per dividere“, come recita il titolo della rivista – e la parte dedicata ai “veri maestri” della pedagogia, di cui viene fornita una antologia di brani. Vivalascuola ne propone l’indice, un articolo di Mauro Boarelli e l’introduzione alla sezione dedicata ai “maestri“. Continua a leggere

BRUNO VALLEPIANO, “OSCURI PERCORSI”: UN ESTRATTO

Da Bruno Vallepiano, Oscuri percorsi, ed. Araba Fenice

Oscuri_Percorsi

Cap. 1

-Eccome se lo conosciamo. Voglio dire io e mio marito. Lo conosciamo benissimo…-
-E non avete idea dove sia adesso?-
-Eh no, questo no. Ci ha parlato di qualche parente. Sapete, aveva anche questa gamba che gli dava fastidio.-
-Fastidio?-
-Sì, sì zoppicava. Aveva questa gamba un po’ …-
L’ispettore Matteo Tarditi, nel pieno della sua funzione investigativa, prendeva appunti mentre chiedeva informazioni alla donna, annotando di tanto in tanto qualche parola su un piccolo notes coi fogli a quadretti.
-Un po’?
-Ma sì non so come dire. Zoppicava, aveva una gamba con un difetto credo; oppure gli faceva male. Che ne so? Non gli ho mai chiesto. Non è mica simpatico chiedere a qualcuno per quale motivo stia zoppicando, insomma…-
-Abitava qui da molto tempo?-
-C’è stato due anni. Sono veramente dispiaciuta che se ne sia andato, sa. Persone così non se ne trovano molte. Ora chissà chi ci verrà ad abitare qui…- Continua a leggere