Archivio mensile:Giugno 2022

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Lo sfondo potrebbe essere quello di Leopardi, la distesa di colli che contemplava dal natio borgo selvaggio, e che qui non è molto diverso, forse anche per la gente, poco interessata a guardare oltre la siepe, a sentire il respiro d’infinito che accarezza l’ateo, se non si trincera dietro il muro di paure e pregiudizi. È questo il discrimine, ancor più di quello religioso, che può nascondere  un’abitudine anagrafica, o il sistema difensivo che attiviamo per metterci a posto la coscienza. Sono i colli a ricordarci che là fuori c’è qualcosa, che non basta inventarsi un equilibrio per dire che si sta vivendo. Questi sfondi li usiamo per le foto romantiche, come cornici di amori improvvisati, tranquillanti a buon mercato – il verde è riposante -, o riserva di ricordi sempre buoni a sollevare il morale. E invece la siepe, il muretto, l’inferriata, provocano sempre una reazione, chiedono se ci siamo rinchiusi in un programma troppo semplice, ripetitivo quanto basta, se per caso non siamo diventati come da giovani non avremmo voluto diventare. Il cartello “confessioni” indica una direzione ben precisa, ma dovrebbe essere il punto d’arrivo di un giro assai più largo, un viaggio difficile e rischioso, che metta in discussione gli esami di coscienza, che sprofondi nell’inconscio, nel territorio inesplorato dei sogni, dove possiamo affrontare a uno a uno i mostri che ci hanno spaventato, come prove d’idoneità alla vita, per scoprire, alla fine, che non c’è mostro che non si possa sconfiggere, che anzi Gesù è venuto a sbaragliare il mostro dei mostri che è la morte.

I sessi sono due, i desideri tanti

Propongo degli appunti di Raffaella Molena, che collegano opportunamente l’attuale “politicamente corretto” in materia di “genere” con la “cultura della cancellazione” e mostrano come siano le aberrazioni ideologiche a generare aberrazioni linguistiche.

Aberrazioni (storiche) del politicamente corretto (e della ‘cancel culture’)
di Raffaella Molena

Aberrazione: illusione ottica; deviazione per errore da ciò che è ritenuto norma; deviazione del fatto commesso dal fatto voluto (es. si provoca offesa a persona diversa da quella a cui era diretta).” Continua a leggere

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Il boschetto delle confessioni è pieno di odori e di uccelli dai versi più bislacchi. Forse sono loro che confessano i peccati, in vece nostra, perché la natura sa bene dove si aprono le falle, dove i conti non tornano, anche se qui si vede meno, tra gli alberi e le siepi, le mosche che planano ronzando sui pantaloni estivi, il sole che batte al di là della tettoia, come un amico nemico pronto a colpirti. Ci spostiamo ogni tanto, fuggiamo dal calore come dall’angoscia che ti prende quando pensi a tua madre, all’incrocio impazzito dei messaggi, al temporale di comunicazioni che ti opprime ogni momento. Silenzio. Si sente un vociare femminile, oltre le mura, come se il mondo fosse fuori, come se nel giardino dei cuori contriti non ci fosse più spazio per l’incoscienza delle chiacchiere, e perfino le sedie fossero assorte in un cosmico esame di coscienza. Siamo in due a confessare: orecchi che ricevono notizie dall’ombra e le devìano in direzione del sole, al di là della tettoia, l’amico nemico che punisce e risana, e che a ogni penitenza non riesce a nascondere un sorriso. Una farfalla bianca mi ricorda di don Mario, che certamente è qui, che continua a farmi compagnia, ad ascoltare i peccati che visti dalla parte del cielo hanno un’altra consistenza, come se ciò che entra in contatto con Dio non potesse non alleggerirsi, come gli inseparabili che partono in coppia dal pino più alto e volano alla volta della chiesa all’aperto, verso le sedie sistemate dai seminaristi, i gatti che non sanno dove andare, ma ci vanno. Silenzio. La grotta di Elia è un poco oltre, col profeta che si sbraccia contro qualche idolatria: ricordo le sere in cui il futuro compariva all’improvviso, come il gatto bianco e nero che veniva vicino fingendo indifferenza. Il tempo è un animale diffidente e tenero, che ci desidera e ci evita, e noi siamo appesi ognuno al proprio filo, in volo, come gli inseparabili e le tortore, come il sole che si abbassa sempre più, che è minaccia e promessa, fiamma che brucia e luce che illumina il cammino. Ricordi? Ricordi? I peccati sono il canto di uccelli che raggiungendo il cielo si trasforma nelle scie biancastre dei velivoli, nelle nuvole che appaiono e scompaiono, nel sorriso di don Mario che è certamente qui, dall’altra parte del cielo.

Il dolore disadorno di Rossella Renzi, di Francisco Soriano

Gli scritti poetici di Rossella Renzi assumono sempre una condizione di solida emancipazione dalle parole del quotidiano, dagli onirici vagheggiamenti dettati dalle retoriche del mainstream, dai disinvolti profeti dell’oralità come forma unica di esternazione poetica. “Tocca addormentarsi in alto nella luce” è l’esergo di Maria Zambrano, scelto dalla poeta come incipit alle pagine di Disadorna (peQuod, 2022, collana Portosepolto), opera partorita da un processo di maturità e di consapevolezza che, in nessun modo, incide sulla dimensione lirica, intensa, devota, visionaria, immaginifica. Continua a leggere

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Il disordine ha una sua ragione, non è detto che un buco nero o una supernova siano ordinati, è da trovare anche qui la verità sull’uomo, su Dio che permette di lasciare le scatole accatastate le une sulle altre, le buste sulla sedia, l’asciugamano sul maglione e il tutto su una radio grigia e nera con l’antenna rivolta a sinistra. Chi lo sa se le cose sono più felici quando sono allineate o non piuttosto quando sporgono e stanno per cadere, quando pendono precariamente da superfici improvvisate, quando occupano postazioni improbabili, come la giacca del pigiama sulla poltrona che si affaccia al computer. Oltre la grata, la natura sta esibendo una sua perfezione: la bouganville si arrampica sul muro – o si getta verso il prato -, il cedro allunga le braccia come un Cristo in croce, offrendosi allo sguardo come consolatore improvvisato, la casa, sullo sfondo, nasconde vite umane passibili anch’esse di ordine e disordine, come se tutto corresse su un crinale che ha due scelte da porgere, un’opzione tra caos e armonia, sconvolgimento e regolarità. Anche il cuore si protende su scenari simili, prende ogni momento il frutto che ritiene più appetibile, più consono al desiderio in corso, alla paura nascente, alla disperazione o alla speranza. Che Dio sia ordine è un’idea diffusa: ma non scompiglia pure i piani, quando meno te l’aspetti? Non sorprende con eventi inaspettati? Non toglie il respiro con drammi senza fine? Il Dio dell’ordine è il Dio della passione, della violenza inumana che si abbatte sul Calvario, del grido smisurato che sembra perdersi nel nulla. Siamo appesi anche noi a un’altalena continua di armonia e di caos, acrobati in equilibrio sul filo, pompieri in edifici in fiamme. Del resto, l’universo nasce da un abisso informe, da una parola che fa luce nelle tenebre, da una bellezza che scaturisce dal vuoto, come per miracolo, come qui davanti compaiono il cedro, le scatole, la radio…

La muffa e le castagne, di Michele Caccamo


La muffa e le castagne (Elliot) è un libro che si legge d’un fiato. Del resto, è una poesia, non è una vera biografia. È molto più del racconto di una vita: è una vita; in poche pagine, fai il giro dell’anima, ti rendi conto che è inutile firmare registri, che tutto ciò che l’anagrafe può darti è una gomma per cancellare, un cestino dei rifiuti. Per vivere devi immaginare, usare l’anima che in genere serve a essere dimenticata. Michele ha questa capacità di entrare e uscire da qualcosa: la pagina? La vita? Con lui un’imprecazione diventa preghiera – anche Lutero diceva che Dio gradisce più le bestemmie del disperato che le composte litanie dei benpensanti. Di Madre Teresa, in questo libro, non si dice nulla; per questo si riesce a dire tutto. Ogni immagine scava un posto nel cuore, lo ferisce, lo lacera. La misura giusta è questo smisurato desiderio di toccare le corde più profonde, infischiandosene delle pretese del realismo, delle esigenze della fedeltà storica o anche solo della verosimiglianza. Non riesci a fermarti, leggendo questo libro. Stanco come sono, mi ero proposto di leggerne una parte, di ricordarne qualcosa, tanto per fare una recensione non richiesta. Mi sono trovato all’ultima pagina e ho pensato: Michele mi ha fregato un’altra volta. Mi ha messo davanti una vita a cui non avrei pensato, ma che è impossibile non riconoscere, e di conseguenza non amare. Non mi ha parlato di Teresa, per questo me l’ha fatta vedere così bene. La prossima volta mi rifiuterò di aprire il libro: voglio vedere se riesco a recensirlo senza leggerlo. Grazie, Michele, sei tra i pochi che riescono a stupirci, raccontandoti, anzi, raccontandoci.

Poesia italiana del XXI secolo

Stefano Guglielmin è nato a Schio nel 1961, laureato a Padova nel 1986 in filosofia. Tra gli ultimi libri pubblicati, troviamo le sillogi Maybe it’s raining. Selected poems 1985-2014 (2014), Ciao cari (2016) e Dispositivi (2022) e i saggi Blanc de ta nuque. Uno sguardo (dalla rete) sulla poesia italiana contemporanea, Voll. 1 e 2 (2011 e 2016) e La lingua visitata dalla neve. Scrivere poesia oggi (2019). Sue poesie e saggi critici sono usciti su numerose riviste italiane ed estere e su siti web. Un suo racconto è uscito in AA.VV., L’occhio di vetro. Racconti del Realismo terminale (2020). Continua a leggere

Frammenti di Cinema # 52

Dopo le lettere ci occupiamo delle telefonate. Abbiamo già visto in Frammenti n. 47 il legame tra telefono e claustrofobia. Ricordiamo due film, L’Amore (1948) di Roberto Rossellini e In linea con l’assassino (2002) di Joel Schumacher. L’idea di un film girato in tempo reale in una cabina telefonica era già venuta ad Alfred Hitchcock negli anni ’60, il quale, però, non la realizzò. È possibile che ne sia rimasta traccia nella scena de Gli Uccelli (1963) in cui Melania resta chiusa in una cabina telefonica per sfuggire all’attacco degli stormi in volo. Allo stesso tempo ci gira un messaggio inquietante sulla comunicazione: Melania ha a disposizione il telefono per chiedere aiuto. Ma non lo usa. Non servirebbe a nulla.

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Ascolto


Il segreto è sempre quello: ascoltare. Se trovassimo il coraggio, la forza, il desiderio di ascoltare, qualcosa cambierebbe. Il sole sorgerebbe veramente, e la notte porterebbe un riposo degno del suo nome.

Ma le donne esistono ancora

Nel Regno Unito si discute se la donna possa avere il pene e Michela Marzano riprende e rilancia su “La Repubblica”, sostenendo che “non è il sesso a fare la donna“. E’ una nuova tappa della discussione sul genere, che dai Paesi anglosassoni alcune e alcuni ripropongono in Italia. Propongo una risposta,  la cui tesi di fondo condivido, all’articolo di Marzano. L’ha scritta Marina Terragni (per Women’s Declaration International e per Rete per l’Inviolabilità del Corpo Femminile) e me l’ha segnalata l’amica Raffaella Molena, che così commenta: “Il genere è una vera e propria ideologia che mette sotto accusa (per eliminarlo) il femminismo radicale che si è sempre battuto per una espressione libera della differenza sessuale (sia maschile che femminile). La storia dell’Inghilterra è illuminante perché dopo aver adottato ogni norma e legge per il trionfo del genere neutro, oggi sta tornando indietro avendo toccato con mano gli effetti deleteri che ha provocato”.

Ma le donne esistono ancora
di Marina Terragni

Che cos’è una donna? È quella che ci ha messi al mondo, tutte e tutti. Su questo non può esserci alcun dubbio. Il che non significa affatto che una è donna solo se mette al mondo dei figli. Continua a leggere

Le magiche avventure di Ruggià, recensione di Carlangelo Mauro

Le magiche avventure di Ruggià, di Nino Velotti, Armando Curcio Editore, 2022

È stato pubblicato di recente presso Armando Curcio editore Le magiche avventure di Ruggià, un volume di fiabe in terza rima accompagnate da illustrazioni in stile manga di Marilena Imparato, un libro fantasy molto particolare opera del poeta e scrittore nolano Nino Velotti. Cultore di Leopardi, Nino Velotti ha esordito giovanissimo con la raccolta di versi Giardino di Pésah (Edizione Del Giano, testi scelti da Dario Bellezza, 1991, selezione Premio Montale 1992), e, dopo il libro d’arte Quadernetto d’amore (Il Laboratorio/Le Edizioni), ha pubblicato Pinocchio 2000 (Fabbri Editori, 1995), un rifacimento in chiave postmoderna del classico collodiano, seguito da La T-shirt bianca e altri racconti (Mondadori Education, 2003). Appassionato di musica e studioso della musicalità delle parole, con La Vita Felice nel 2017 ha pubblicato Sonetti per immagini, una raccolta di liriche nella struttura del sonetto classico accompagnate da immagini di vario tipo, frutto per la maggior parte della collaborazione con amici artisti. Continua a leggere