Archivi tag: Arkadia Editore

Vladimir Di Prima, “Il buio delle tre”

Recensione di Marco Candida

Vladimir Di Prima, Il buio delle tre (Arkadia Editore, 2023)

Credo qualsiasi appassionato lettore si formi nella mente prima o poi una sua antologia personale contenente pagine di alta scuola di romanzi italiani. Di sicuro, nella mia vi appare Un anno di corsa di Giovanni Accardo, in particolare l’episodio, interno al romanzo, della zuppiera. Vi appare senz’altro l’episodio della voliera contenuto in Seta di Alessandro Baricco. E adesso è da inserirsi l’episodio dell’eruzione vulcanica narrata nel romanzo Il buio delle tre di Vladimir Di Prima. Pinuccio Badalà, protagonista del romanzo, incontra per caso a un raduno Lucio Dalla, e questi amichevole gli richiede in lettura il suo romanzo eternamente in cerca di editore; così Badalà scappa a casa e stampa il libro, e corre alla sontuosa villa dove alloggia l’interprete di Attenti al lupo per consegnargli il manoscritto, ma mentre la stampante lavora all’Etna vien voglia di farsi sentire, e così Badalà deve affrontare una tempesta di cenere mentre a bordo della sua macchina porta il manoscritto al grande e generoso cantante. Bisogna leggerlo. Un capitolo che ti riconcilia con la voglia di letteratura, di grande letteratura. Ma data una simile premessa, si capisce che Il buio delle tre è in realtà un ben più esteso florilegio di episodi da antologia. Pinuccio Badalà anche col suo nome, e le sue tragicomiche peripezie per affermarsi come scrittore (cosa che detta così a schiaffo farebbe tremare il lato conformista del più libero dei bohemien), ti rimane nella testa simile a personaggi quali Vitangelo Moscarda o Mariano Grifeo Cardona di Canicarao o Giovanni Percolla. E il bello è pure che nelle prime pagine il romanzo fa pensare più a gag alla Ficarra e Picone che alla Muscarà e Scannapieco. Ti dà il tempo di farti acclimatare in una morbida atmosfera di puro divertimento; ma poi, dall’episodio della morte del padre sindacalista in seguito a un capriccio del destino, il livello narrativo vertiginosamente si alza, e comincia a risuonare, nella prosa brillante, affabulatoria, grande pregio. Continua a leggere

“La lacrima della giovane comunista”, di Giorgio Bona

Recensione di Marco Candida

Giorgio Bona, La lacrima della giovane comunista, (Arkadia Editore, 2022)

Trama semplice e lineare e tono di narrazione pacato ed euristico, che ricorda i migliori narratori, ma la magia di questa perla di Giorgio Bona risiede davvero nel saper evocare in ogni capitolo scenari e cartografie di altri universi narrativi. La lacrima della giovane comunista contiene molteplicità di autori e romanzi e un tal gioco di prestigio a Bona riesce, in fondo, col descriverci in modo pacato, senza voli pindarici, ma puntuale, assai evocativo la città-dio Mosca. Forse questo, sopra ogni altra cosa, ci fa notare La lacrima della giovane comunista: tutti quegli intrecci di spie, quelle oscure faccende politiche, quell’incrociarsi di destini in opere narrative di matrice russo-britannico-americano ci hanno raffigurato nient’altro se non il volto immenso e plurimo di una città come Mosca. Continua a leggere

“La scrittrice obesa”, di Marisa Salabelle

Recensione di Giovanni Agnoloni

Marisa Salabelle, La scrittrice obesa, Arkadia Editore, 2002

Di Marisa Salabelle ho letto diversi romanzi, e ne ho sempre apprezzato l’ironia e la leggerezza perfino nel parlare di vicende fosche. Così, in particolare, è stato nel penultimo libro, Il ferro da calza, edito da Tarka l’anno scorso, ma anche nel precedente giallo di ambientazione appenninica L’ultimo dei santi, dello stesso editore. Per Arkadia, invece, aveva già pubblicato un romanzo dai tratti molto più seri, gravidi di storia (della Resistenza) e di drammi familiari, Gli ingranaggi dei ricordi. Ora per la casa editrice sarda esce un nuovo romanzo, La scrittrice obesa, che sembra unire queste due “vene” dell’autrice. Sì, perché in apparenza si tratta di un romanzo dai tempi e dalle situazioni “comici”, ma in realtà la storia e il personaggio che racconta sono decisamente tragici.

La protagonista, Susanna, è una donna obesa, vittima della solitudine e della tristezza, oltre che, probabilmente, di un caratteraccio in gran parte indipendente dalla sua condizione fisica. Tratta male mamma (finché ce l’ha), vicini e conoscenti, e anche la sua migliore amica, Lorella, quando le prendono i proverbiali cinque minuti. Il suo tormento segreto – ma nemmeno che più di tanto – è il tentativo, continuamente frustrato dalle circostanze, di essere riconosciuta come scrittrice a livello editoriale. Vince concorsi di poco conto, ma non riesce mai a pubblicare, nonostante abbia un grandissimo (e reale) talento, per lo più misconosciuto dai suoi contatti personali e decisamente ignorato dalle case editrici, che subissa di proposte e messaggi pieni di rimostranze. Continua a leggere

“Giovani ci siamo amati senza saperlo”, di Emanuele Pettener

Recensione di Viviana Viviani

Emanuele Pettener, Giovani ci siamo amati senza saperloArkadia Editore, 2022

“Ubriacami d’ironia e sensualità” diceva Carmen Consoli in Parole di burro, e non trovo espressione più adatta per descrivere la scrittura di Emanuele Pettener nell’ultimo romanzo edito da Arkadia, Giovani ci siamo amati senza saperlo. Se nel precedente Floridiana si affrontava, con eguale spirito, l’età matura, qui in primo piano è la giovinezza, pur se già venata di rimpianto. “Avevo compiuto vent’anni e cominciavo a sentirmi vecchio, la classica crisi di mezza età: mi piaceva prendermi in anticipo.”

C’è molta ironia, ma anche erotismo e passione giovanile in questa storia che vede protagonisti tre studenti fuori sede – Ema, alter ego dell’autore, Rodrigo, bello e studioso ma privo di senso dell’umorismo, e Feli, brava ragazza che nasconde un lato malizioso, concupita da entrambi – nella Venezia degli anni 90. Continua a leggere

“Il tornello dei dileggi”, di Salvatore Massimo Fazio

Testo introduttivo e intervista di Marino Magliani

Quarantasette anni dei quali almeno trentadue dediti alla scrittura, senza mai approcciarsi ad un corso o ad una scuola: l’anti accademismo lo coglieva da giovanissimo e quel nichilismo cognitivo, tesi che ha sviluppato e che non pochi problemi gli ha creato, oggi diventato un pessimismo ragionato, trova finalmente la sua azione pragmatica. È con Il tornello dei dileggi, pubblicato nella collana Eclypse di Arkadia Editore, che il filosofo catanese Salvatore Massimo Fazio, si dipana nei meandri della narrativa, dove un miscuglio ordinato di azioni del vivere, viene narrato, con leggerezza e allegria, sino a giungere alla chiusura di un cerchio che a tutti spetta: la differenza è il sapere come spetta. Sembra discostarsi da quelle oscurità ctonie del suo linguaggio intinto di neologismi, che permettevano di affrontare ‘margini’ filosofici quasi si parlasse di calcio, tanto che lo stesso autore asserisce che ‘semmai è il contrario’: la filosofia è la matrice dell’inutilità, del peggiorare il proprio stato di salute; il calcio no! Il calcio è forza, velocità, potenza, determinazione e infine inganno e in quell’inganno l’uomo naviga gioioso.

Non il primo libro, ma il primo romanzo assoluto: quali le circostanze in cui lo hai scritto?

«Non esistono circostanze, così come non esistono ispirazioni o ideazioni: tutto ciò che racconta la storia di Adriana, Giovanna, Paolo, Andrea e altri personaggi, altro non è che una delle forme del vivere che scelgono persone del mondo occidentale». Continua a leggere

Tito Barbini, “Il fabbricante di giocattoli”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Tito Barbini, Il fabbricante di giocattoli, Arkadia Editore, 2021

Il fabbricante di giocattoli è qualcosa di più e di diverso da una biografia e da un romanzo. È sì, in parte, entrambe le cose, ma non la loro semplice sommatoria. Semmai, una combinazione, o un amalgama, che affonda nei territori della storia per estrarne un succo di verità privata – ma quintessenzialmente universale.

Tratta della vita dell’anarchico russo (in seguito divenuto cittadino argentino) Simón Radowitzky e del percorso che lo condusse, a causa dell’omicidio del capo della polizia di Buenos Aires, avvenuto nel 1909, a essere imprigionato nella colonia penale di Ushuaia, nella Terra del Fuoco, dove avrebbe patito condizioni terribili, e quindi a evaderne avventurosamente per riparare in Spagna. Qui avrebbe partecipato alla Guerra civile, e infine si sarebbe nuovamente rifugiato al di là dell’Atlantico, fabbricando giocattoli per bambini a Città del Messico, nei pressi della casa dove viveva e fu assassinato Lev Trockij. Continua a leggere

Alessandro Gianetti, “La ragazza andalusa”

Recensione di Stefano Costa

Alessandro Gianetti, La ragazza andalusa, Arkadia editore, 2020 (180 pagine)

Sono stato sia in Spagna sia in Portogallo, nella mia vita: che poi è come dire tutto e niente, perché i due Paesi, in realtà, restano frantumati, oggi come ieri, in una miriade di spazi sia fisici sia immaginifici che nulla hanno a che fare gli uni con gli altri. Dunque anche la mia Penisola iberica no, non ha nulla a che fare con quella di Gianetti: e proprio per questo quella di Gianetti mi rimarrà addosso. Sarà che io molti dei luoghi di questo romanzo – dall’Andalusia all’Algarve, dall’Estremadura a ciò che uno ha dentro – li ho vissuti nel battito di ciglia di una vacanza o poco più: un’andata tra amici in un Paese straniero a cercare divertimento, e a non trovarlo se non nelle parole degli amici stessi con cui si era là, e con i quali si poteva anche andare solo al bar, a bere una cosa. Continua a leggere

Buona lettura 27: “Il maragià di Firenze” di Paolo Ciampi

Buona lettura è una rubrica curata da Mara Pardini. Uno spazio per “assaggiare” libri buoni, ovvero utili, piacevoli, intelligenti, capaci di lasciare un segno nell’immaginazione di chi li sfoglia. Un taccuino per catturare le impressioni, i messaggi e le parole che escono di pagina in pagina ma anche per incontrare scritture nuove e legate all’attualità. Un angolo per parlare di libri e condividere il gusto di una buona lettura.

Per Arkadia Editore, Paolo Ciampi ci regala una storia piena di vita reale dedicata al maragià di Firenze, detto “l’Indiano“, ovvero a quell’enigma di pietra che sorge nella zona della Cascine, nella periferia fiorentina e che commemora, appunto, il primo maragià arrivato in Europa poco più che adolescente.

L’intento dell’autore de Il maragià di Firenze è che non venga più considerato “l’Indiano di Firenze” venuto in Italia a morire giovanissimo, ma una “persona con vita dietro di sé“, seppur inabissatasi troppo presto. Ciampi ricostruisce così le vicissitudini del sovrano che appartiene al “Paese delle tigri e degli elefanti“, riflettendo su genealogie, successioni e regni che contraddistinguono il 1850 e gli anni successivi. E inizia a cercare l’India a Firenze, in quella Firenze che ancora per poco è capitale d’Italia e che attira il maragià per la sua bellezza, senza mai venire meno al pudore che avvolge le vite che ci hanno preceduto.

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Buona lettura 26. La ragazza andalusa. Alessandro Gianetti

Buona lettura è una rubrica curata da Mara Pardini. Uno spazio per “assaggiare” libri buoni, ovvero utili, piacevoli, intelligenti, capaci di lasciare un segno nell’immaginazione di chi li sfoglia. Un taccuino per catturare le impressioni, i messaggi e le parole che escono di pagina in pagina ma anche per incontrare scritture nuove e legate all’attualità. Un angolo per parlare di libri e condividere il gusto di una buona lettura.

Il protagonista della storia di Alessandro Gianetti ha un occhio speciale per i particolari e i dettagli, come dimostrano i continui tentativi di “tradurre” Beatriz, la misteriosa “ragazza Andalusa” conosciuta un sabato sera a Madrid.

Lui, traduttore di professione, emigrato in Spagna in cerca di fortuna, tenta con ostinazione di trasportare questa giovane donna “leggera, lacrimosa e ferma” nel proprio mondo, quello delle parole italiane, dal momento che tutti i tentativi di interpretarla secondo la lingua e le regole spagnole falliscono miseramente.

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Marisa Salabelle, “Gli ingranaggi dei ricordi”

Testo introduttivo e intervista di Giovanni Agnoloni

Gli ingranaggi dei ricordi (Arkadia Editore, 2020) è il nuovo romanzo di Marisa Salabelle. Ambientato tra la Sardegna e Roma e sospeso tra la seconda guerra mondiale e il presente (per la precisione, il 2015-’16), racconta il dramma degli anni del conflitto bellico dal punto di vista di due famiglie, i Dubois, una cui anziana erede racconta di un lungo viaggio a piedi attraverso l’isola nel 1943 con la sorella e il fratello, e gli Zedda-Serra, che vivono il dramma del bombardamenti che colpiscono Cagliari e – nella persona di Silvio, personaggio realmente vissuto – uno dei più tragici e determinanti eventi della Resistenza, l’attentato di Via Rasella. Il racconto porta, così, a fondere vicende private e grandi scenari storici in un percorso molto vicino all’autrice, come lei stessa ci spiega in questa intervista.

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Paolo Ciampi, “Il maragià di Firenze”

Recensione di Marisa Salabelle

Paolo Ciampi, Il maragià di Firenze, Arkadia Editore, 2020

Nonostante i capelli sale e pepe, Paolo Ciampi ha l’aria di un eterno ragazzo, anche se ragazzo, ormai, non è più. Sorriso aperto, modi affabili, parlantina sciolta, Paolo quando può inforca la bicicletta e i suoi libri assomigliano un po’ a una passeggiata in bici: imbocca una pista, fa una deviazione, prende un sentiero che non si sa dove porti, ritorna sulla ciclabile ma ne esce subito in cerca di qualcosa di diverso. Accade così anche con Il Maragià di Firenze, appena uscito per Arkadia editore, l’ultimo di una serie di libri che parlano di persone più o meno note, delle loro vite più o meno nascoste, e nello stesso tempo parlano anche di Paolo, di come si ingegna per documentarsi sui personaggi che l’hanno incuriosito, dei problemi che le sue ricerche gli pongono, delle domande che gli suscitano. Questa volta si tratta nientemeno che di un Maragià, un giovane indiano sovrano di un piccolo Stato, ai tempi in cui l’India faceva parte dell’Impero britannico, quindi un Maragià sotto tutela, educato e custodito dagli inglesi. Siamo nel 1870 e il Maragià fa un viaggio in Europa: il tipico viaggio di formazione dei giovani di buona famiglia. La sua meta principale è l’Inghilterra, ma il suo tour continua in Olanda, in Francia, in Austria e infine in Italia. Venezia, Firenze. Purtroppo nel corso del viaggio il ragazzo si ammala e l’Italia non riesce a godersela: a Firenze muore, e il Comune autorizza un funerale secondo l’uso indiano, con tanto di pira e di ceneri sparse alla confluenza tra l’Arno e il Mugnone. Qualche anno dopo la madre dello sfortunato principe viene a Firenze e tra le altre cose fa erigere un monumento in ricordo di suo figlio, al parco delle Cascine, vicino al luogo in cui si è svolto il rito funebre.

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Alessandro Gianetti, “La ragazza andalusa”

Introduzione e intervista di Giovanni Agnoloni

Alessandro Gianetti, La ragazza andalusa, Arkadia Editore, 2020

La storia di un italiano trapiantato a Madrid e impegnato in una coscienziosa esplorazione dei locali della movida della capitale spagnola diventa l’innesco di un duetto amoroso e linguistico tra lui e una ragazza sivigliana dal carattere particolare, che, in un brioso e rocambolesco gioco di attrazione magnetica, lo porta a viaggiare verso il cuore della cultura andalusa. Questo il “succo” del romanzo di Alessandro Gianetti La ragazza andalusa, edito da Arkadia per la collana “Senza rotta”, e appena uscito. In questa intervista cerco di scendere più in profondità nel suo lavoro.

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Buona lettura 22: “Viale dei silenzi”, di Giovanni Agnoloni

Buona lettura è una rubrica curata da Mara Pardini. Uno spazio per “assaggiare” libri buoni, ovvero utili, piacevoli, intelligenti, capaci di lasciare un segno nell’immaginazione di chi li sfoglia.
Un taccuino per catturare le impressioni, i messaggi e le parole che escono di pagina in pagina ma anche per incontrare scritture nuove e legate all’attualità.  Un angolo per parlare di libri e condividere il gusto di una buona lettura.

Giovanni Agnoloni, Viale dei silenzi (Arkadia Editore)

Nasce così, da un’insopprimibile esigenza di capire, cresciuta in luoghi diversi e distanti, legati solo dal filo del ricordo: Firenze, Varsavia, Berlino e l’Irlanda  diventano lo sfondo del viaggio della memoria di Giovanni Agnoloni in Viale dei silenzi (Arkadia Editore).

Roberto, il protagonista di questo viaggio, è uno scrittore che affronta il passato e la ricerca del padre che lo ha abbandonato attraverso il libro che sta scrivendo, un “personalissimo viale dei silenzi” pervaso da momenti svigoriti, sopraffatti e destinato ad un futuro incerto, forse inesistente. Continua a leggere

Buona lettura 21: “Caribe”, di Fernando Velázquez Medina

Buona lettura è una rubrica curata da Mara Pardini. Uno spazio per “assaggiare” libri buoni, ovvero utili, piacevoli, intelligenti, capaci di lasciare un segno nell’immaginazione di chi li sfoglia.
Un taccuino per catturare le impressioni, i messaggi e le parole che escono di pagina in pagina ma anche per incontrare scritture nuove e legate all’attualità.  Un angolo per parlare di libri e condividere il gusto di una buona lettura.

Vicende sconvolgenti, episodi affascinanti, personaggi coraggiosi, irrequieti e ingegnosi che non sempre riescono a smascherare il loro lato più oscuro: ecco Caribe di Fernando Velázquez Medina, nella limpida traduzione di Marino Magliani e Riccardo Ferrazzi (Arkadia edizioni).

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“Caribe” di Fernando Velázquez Medina

Recensione di Francesco Improta

Caribe, di Fernando Velázquez Medina (Arkadia Editore, 2020)

Viviamo in un’epoca in cui si è già detto tutto, non ci meravigliamo quindi se in un romanzo affiorano in maniera esplicita o implicita riferimenti, echi e suggestioni che ci riportano ad altre letture, come succede in Caribe di Fernando Velázquez Medina (Arkadia Editore, 17€), del resto per quanto uno scrittore voglia apparire innovatore o trasgressivo non potrà mai del tutto esimersi o sganciarsi dalla tradizione letteraria e culturale, che attraverso letture ed esperienze dirette o mediate è filtrata e sedimentata in lui.

Dopo questa doverosa premessa, su cui torneremo in seguito con esemplificazioni più chiare ed esatte, va detto che il titolo, Caribe, ci catapulta nel Mar dei Caraibi o dei Cannibali, crogiuolo di razze e di civiltà, in un’epoca, per giunta, la seconda metà del 1500, in cui queste isole e le terre dell’America centro-meridionale, o Indie occidentali come venivano chiamate allora, furono scenario di violenze, saccheggi e uccisioni da parte dei Conquistadores. Continua a leggere

Buona lettura 19: “L’ambasciatore delle foreste” di Paolo Ciampi

Buona lettura è una rubrica curata da Mara Pardini. Uno spazio per “assaggiare” libri buoni, ovvero utili, piacevoli, intelligenti, capaci di lasciare un segno nell’immaginazione di chi li sfoglia.
Un taccuino per catturare le impressioni, i messaggi e le parole che escono di pagina in pagina ma anche per incontrare scritture nuove e legate all’attualità. Un angolo per parlare di libri e condividere il gusto di una buona lettura.
Ne L’ambasciatore delle foreste, Paolo Ciampi ha scommesso di camminare sul confine tra un’epoca e l’altra, tra la propria vita e quella di un tale George Perkins Marsh, primo ambasciatore in Italia degli Stati Uniti, e che solo più tardi scoprirà essere l’uomo che, nel secolo del progresso e dell’industria, ancora prima che nasca la parola ecologia e che il destino della natura si imponga all’attenzione dell’opinione pubblica, capisce cosa sta accadendo all’ambiente e al mondo.

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“Stato di famiglia”, di Alessandro Zannoni

Recensione di Giovanni Agnoloni

Alessandro Zannoni, Stato di famiglia (Arkadia Editore, 2019, collana “SideKar”)

Un autoreverse ripetuto che è un intercity nello stomaco. Così ho percepito fin dall’inizio Stato di famiglia di Alessandro Zannoni (Arkadia Editore), una raccolta di racconti imperniati sul tema (ahinoi attualissimo) della violenza più estrema, bieca e strisciante: quella che si annida in seno alla famiglia. Attraverso questa struttura a ritroso, con capitoletti interni che partono dall’ultima, terribile scena e risalgono progressivamente agli atti preparatori, alle premesse mentali e fattuali di quell’esito conclusivo, Zannoni spiega magistralmente la genesi dell’orrore, che inizia da dettagli banali nella loro “normalità” e poi, in un attimo, spiraleggia selvaggiamente verso la tragedia. Continua a leggere

“L’anno che Bartolo decise di morire”, di Valentina Di Cesare

Recensione di Francesco Improta

Valentina Di Cesare, L’anno che Bartolo decise di morire, Arkadia Editore, 2019

Prima di procedere a una disamina di questo libro credo sia doveroso spendere qualche parola per questa giovane casa editrice che nata recentemente ha già conquistato una buona fetta del mercato librario e un numero crescente di lettori con iniziative diversificate ma tutte ugualmente innovative e spregiudicate. La collana cui appartiene questa pubblicazione, “Senza rotta”, deve il suo nome a un libro inedito in Italia fino all’anno scorso, Sin Rumbo, di Eugenio Cambaceres, scrittore argentino del­l’ottocento, e allude a una navigazione a vista, priva di coordinate e quindi capace di spaziare nelle più diverse direzioni. Continua a leggere

Fernando Guglielmo Castanar, “Il postino di Mozzi”

Intervista di Giovanni Agnoloni

Non è stato facile convincere Fernando Guglielmo Castanar, autore-curatore de Il postino di Mozzi (Arkadia Editore) a farsi intervistare. Uomo schivo, friulano doc, uno che per decenni ha fatto il postino sognando di diventare uno scrittore, e facendo la “posta” (è proprio il caso di dirlo) a Giulio Mozzi per poi sottrargli manoscritti e selezionare – come se fosse lui l’editor – le parti a suo avviso più interessanti. Alla fine di tutto, avrebbe formato un collage da sottoporre, forse a mo’ di vendetta, allo stesso Mozzi, che sarebbe diventato un libro con 29 coautori, tra cui il sottoscritto. Forse è per questo che ho qualche ritrosia a porgli delle domande, tuttavia la curiosità è troppa. Già, perché chi è Castanar? Anzi, cominciamo proprio così. Continua a leggere

Valentina Di Cesare, “L’anno che Bartolo decise di morire”

Estratto dal romanzo L’anno che Bartolo decise di morire, di Valentina Di Cesare, appena uscito per Arkadia Editore, nella collana “Senza Rotta”

L’anno che Bartolo decise di morire

Quel giorno il portalettere era stato costretto a lasciare la busta in portineria, perché aveva suonato ripetutamente ma nessuno rispondeva. Il portiere riordinò tutto, considerò che forse Lucio fosse al mare, come faceva spesso di sabato mattina, divise la corrispondenza per ogni inquilino e tornò a sedersi nell’androne. Più volte nei giorni successivi Lucio pensò che proprio mentre il postino gli consegnava la busta, lui veleggiava spensierato con la sua motocicletta sul lungomare e, in quell’esatto momento, non si preoccupava di niente, era libero, pienamente libero con il vento sugli occhi, a sorpassare linee di villette rosa a grappolo sulle colline. Continua a leggere