di Luca Pizzolitto
- Io ti dico “Poesia” e tu, in cinque righe, scrivi cosa vuoi…
In alcune tradizioni orientali il simbolo della poesia sono le foreste di bambù: quando soffia il vento, una musica meravigliosa si leva nell’aria. Ma le canne da sole non possono nulla, e anche il vento per tramutarsi in musica ha bisogno di uno strumento. Il vento è l’ispirazione, la canna il poeta. Da questa segreta relazione nasce il mistero della poesia.
- Tu sei una delle pochissime persone che conosco che “vive di poesia”. Cosa vuol dire, questo, nella quotidianità? A livello di impegni, attività che svolgi, sacrifici…
La poesia è diventato lo strumento attraverso il quale vivo. Per me la poesia non è il fine, è il mezzo attraverso il quale prendermi cura del prossimo, e vivere è questo per me: aver cura.
Ho il desiderio irresistibile di far innamorare tutti della bellezza, perché a me questo ha salvato la vita. Allora tengo moltissimi laboratori, anche nelle scuole, e vado ovunque mi chiamino. Credo di occuparmi molto più della poesia che scrivono gli altri, che della mia. Presento spesso altri poeti e i loro libri, organizzo incontri, letture.
Non so cosa sia il tempo libero, soldi quasi non se ne vedono, fatico a pagare le bollette, ma non potrei fare altro. Senza la poesia, sinceramente, non so se mi interesserebbe granché vivere.
- Che relazione c’è tra il tuo percorso di ricerca poetica ed il tuo percorso di vita?
Una relazione strettissima! Non riuscirei mai a separare. Una parte molto importante della mia vita è dedicata alla ricerca spirituale e alla pratica della meditazione profonda. La preghiera è il centro della mia vita. Non avverto distanza, differenza, fra la preghiera e la poesia. E la ricerca che conduco, la vita contemplativa che cerco di vivere, sono il cuore della mia vita poetica.
Per me la poesia non è mera letteratura fine a sé stessa, non saprei cosa farmene di una roba così! O trasforma la vita o non mi interessa. Non è un concetto intellettuale, è carne e sangue e spirito. Se non vivessi quello che predico e scrivo sarei un bugiardo. E il poeta della tradizione Celtica, Oisìn, dice che “dare del bugiardo a un poeta è il più grande insulto possibile, poiché la poesia è l’incarnazione della verità e il poeta è l’ideatore e l’artefice di tale incarnazione. Se un poeta dice una menzogna perde la capacità di vedere la verità e di essere un poeta”…
4) Tre poeti (e relative opere) imprescindibili, secondo te, per chi si avvicina ama o scrive poesia.
Permettimi di fare una cosa un po’ anomala: ti faccio il nome di tre poeti che sono stati e sono per me assolutamente fondamentali e senza i quali non sarei chi sono e forse non sarei nemmeno vivo: Rumi, David Maria Turoldo e Emily Dickinson.
Però permettimi di segnalare tre libri di poeti viventi e giovani, tre libri che reputo davvero importanti anche per cominciare a fare i conti con il mistero della poesia:
Domare il drago, di Isabella Leardini.
L’Amuleto, appunti sul potere di guarigione della poesia, di Valerio Grutt.
La parola buona, di Eleonora Ines Nitti Capone.