Archivi tag: Poesia

Saverio Bafaro, “Osicran o dell’Antinarciso”

Recensione introduttiva di Antonio Fiori

Saverio Bafaro, Osicran o dell’Antinarciso (Il Convivio Editore, 2024)

Saverio Bafaro, in questa ‘eroica’ raccolta poetica, si dimostra psicoterapeuta di sé. La parola, all’inizio, fatica a restituire le memorie più lontane, a raccontare l’enigma dell’identità e le lusinghe indecifrabili del mondo. L’archetipo fondamentale è lo Specchio, davanti al quale la nostra identità prende forma per essere ogni volta riscoperta, smentita e ritrovata. Poi, seguendo i tracciati lungo i quali conduce il testo, la parola si fa più consapevole e il discorso più filosofico: «Di questa epoca divisa / tra massa e persona / migrazioni e scomparse / possediamo il disumano / limite dello sguardo / l’impossibilità del volto» (dalla poesia Cuori svuotati, a pagina 42).

La poesia tenta interpretazioni del volto e interpretazioni dei sentimenti, indaga le trasformazioni secondo l’età e secondo il cuore, tenta di esorcizzare lo sguardo auto-seduttivo di Narciso, il peso enorme del Nome proprio, ma alla fine si arrende al mistero, nonostante gli strumenti della mitologia e della psicoanalisi.  D’altra parte, anche tre grandi scrittori del Novecento – Fernando Pessoa, Luigi Pirandello e Jorge Luis Borges – hanno affrontato il tema dell’identità, e anche per loro, nonostante i lasciti monumentali, è rimasta indecifrabile.

Antonio Fiori

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Filippo D’Eliso, “Lì un tempo fioriva il mio cuore”

Recensione di Giovanni Agnoloni

Filippo D’Eliso, Lì un tempo fioriva il mio cuore (RP Libri, 2020)

Conosco Filippo D’Eliso come musicista, poeta e uomo di cultura, e posso dire che raramente ho trovato un autore che sapesse esprimere con altrettanta intensità e direi quasi compresenza molteplici sfaccettature di una stessa sostanza artistica. I versi raccolti nella silloge Lì un tempo fioriva il mio cuore lo dimostrano. Qui il vissuto dell’autore si riversa mediato dal filtro della sua vocazione umanistica e della sua competenza di compositore, accompagnandosi a risonanze cosmiche che echeggiano la sua passione per la fisica.

Leggiamo ad esempio i primi versi di Miserabili pellegrini:

Miserabili pellegrini
di un universo ignoto
vaganti nel buio
della notte amica
in cerca di verità
nel cosmo dissanguato
dalla cieca cupidigia
di mani insensibili
ai dolori
delle umane genti
occhi selvaggi
bagnano
l’asfalto grigio
strade vuote.

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Quattro poesie di Roland Orcsik

Quattro poesie di Roland Orcsik 

Traduzione dalla versione inglese di Giovanni Agnoloni

Foto di Kira?ly Farkas

Roland Orcsik ritratto fotograficamente da Farkas Király

Roland Orcsik, di cui qui sotto potete trovare quattro poesie da me tradotte, tratte da una silloge in lingua inglese, croata e ungherese, è nato a Becse (Serbia) nel 1975. Dal 1992 vive a Szeged (Ungheria). Insegna all’Università di Szeged presso l’Istituto di Studi di Slavistica. Fa parte della redazione del mensile letterario ungherese Tiszatáj. Scrive poesia e critica letteraria e traduce in ungherese da diverse lingue dell’area ex-jugoslava. La sua ricerca accademica si concentra appunto sulle connessioni tra la cultura magiara e quella dell’ex-Jugoslavia.

Finora ha pubblicato cinque volumi di poesia, e il suo libro Mahler downloaded è stato pubblicato anche in serbo. Il suo primo romanzo è uscito nel 2016 col titolo di Phantomcommando (pubblicato anche in rumeno nel 2018 e in serbo nel 2019). Ha vinto prestigiosi premi letterari per le sue opere, che sono state tradotte in ceco, inglese, francese, croato, tedesco, greco, rumeno, sloveno, francese e serbo. Suona in una band di punk psichedelico di nome Lajka.

Una nota personale. Ho conosciuto Roland e la sua famiglia nel 2014 durante una residenza letteraria in Croazia, presso Zvona i Nari. Nel giugno 2023, poi, al termine di un’altra mia residenza letteraria in Ungheria (a Pécs, tramite lo Hungarian Writers’ Residence Program), ci siamo ritrovati nella sua città, Szeged, dove abbiamo tenuto un reading da lui organizzato in un bel caffè letterario, con la partecipazione della poetessa Orsolya Bencsik.

Seguono le quattro poesie.

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Poesie di Dušan Gojkov

Dušan Gojkov è poeta, autore di racconti, romanziere, saggista, giornalista, regista di drammi radiofonici, nonché fondatore e capo-redattore del Balkan Literary Herald .

Ha pubblicato 15 libri di prosa e uno di poesia. Ha inoltre drammatizzato e diretto circa 240 opere in prosa e poetiche ed è stato un corrispondente per la stampa jugoslava e serba da 37 paesi.

È segretario generale dell’organizzazione PEN aromena, e vive tra la Serbia e la Grecia.

La foto che vedete è stata scattata dallo scrittore, giornalista e fotografo a margine della residenza letteraria di Gojkov a Pécs, in Ungheria, questo marzo, presso lo Zsolnay Kulturális Negyed, per lo Hungarian Writers Residence Program.

Qui di seguito trovate alcune sue poesie in lingua inglese, tradotte da Giovanni Agnoloni, che a giugno è stato ospite della stessa residenza.

L’amore è follia, di Dušan Gojkov

N° 1

lei
ripone triste gli abiti invernali nell’armadio
cercando di ricordare
dove ha smarrito l’anno precedente
che è stato il primo e l’ultimo per molte cose
lui
appoggiato al letto
scrive versi patetici senza senso che non fanno neppure rima
ma in realtà si sforza di ricordare
come e dove si è perso l’anno prima
si avvicina alla finestra, è primavera
la strada è buia e il lampione in legno non fa più quella luce
dorata e granulosa
quella luce che odora di pane caldo appena sfornato
e d’inverno
ricordi che qualche tempo fa progettavamo di andare a Parigi
e non l’abbiamo ancora fatto
insieme
dici che il tuo tè si sta raffreddando
è una buona cosa scrivere poesia
hai sempre a portata di mano un pezzetto di carta su cui mettere
i semi degli gnocchi di susine

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Carlo Magitto, poesie dal Ponente ligure

Una migrazione mediterranea di un bimbo isolano sradicato dalla sua terra e gettato nella piazza di un villaggio alpino nel confronto con la lingua dei suoi novelli coetanei. I versi dedicati al Ponente Ligure sono un omaggio a questa terra che lo accolse e lo adottò.

Un innamoramento col mare tra silenziosi pescatori, un contatto senza rituali con una natura contratta dal mare e il suo infinito e la montagna impervia che sbarra lo sguardo.

Questi versi di Carlo Magitto ci dicono che l’adattamento fu scuola con la secca tradizione del vecchio che conosce funghi e raccoglie erbe medicinali e il tanfo del gozzo colmo di reti e di nasse nel porticciolo di Cervo scavato tra le rocce di Capo Mimosa. Ma c’è la fata morgana che manda al mattino al vecchio poeta ora il suo miraggio: la Corsica perduta dalla storia e il desiderio di riportarla. La sfida nel dopoguerra con la gioventù di Mentone e il desiderio di essere accettati come fratelli, forzando nel bistrot un aperitivo con il pastis, calice amaro di ogni odissea per uno scambio in patois. Questa terra lui canta, ultimo mohicano, che vede la fine di una epoca nella tiritera di motori correre sulla tangenziale, una fila smisurata di uomini a cavallo e moschetti colmi di fumo. Continua a leggere

Poesie di Giuseppe Raudino

 

 

 

 

Il vostro seme viene da lontano,
da una terra in cui gli aranci
profumano le notti azzurre
e sono afflato e tregua breve
dopo il torrido del giorno.
I vostri occhi, prima di fiorire,
videro cieli
tanto blu e abbacinanti
che lo sguardo a stento
riesce a sostenere,
e per mille volte
il turchese della riva
è sfumato innanzi a voi
fino all’orizzonte d’oltremare.
Le vostre bocche
ancor prima che nasceste
ebbero assaporato
la mandorla verde e nuova
e il fico dolce e bruno
senza toglierne la buccia.
L’isola da cui venite
può essere mangiata e bevuta
così
prendendo i doni benedetti
senza parsimonia,
ché il suo sortilegio è tale
da offrire frutti e abbondanza
là dove si ricambia
con astio e dannazione.

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Matera in alcune poesie di Danila Marchi

Danila Marchi è un’insegnante imperiese di scuola primaria. Come poetessa, ha ricevuto il riconoscimento della giuria nel concorso poetico letterario del ponente ligure ( Arma Di Taggia) “Ossi di Seppia” negli anni 2015, 2016 e 2017, e quello al concorso Engels Von Bergeiche nel 2015. Nel 2016 e nel 2017  è entrata tra le  finaliste al concorso Magnificat a Falconara Marittima e, nel 2016, ha conseguito il primo premio per il racconto “La ragazza del blues”in Basilicata. Ha partecipato al premio Poseidonia Paestum e nell’estate del 2022 ha ottenuto una menzione di merito per una poesia in vernacolo.

Seguono alcune sue poesie ispirate da Matera.

LE ANIME TRA I SASSI

Mentre raminga vago tra i sassi
smuovo dalle rocce nitidi i ricordi
candore di anime scolpite sulla pietra

Vedo ancora grandi quegli occhi assorti
indugiare invocando ai piedi delle grotte
pane pietà e la misericordia di Dio

Avvolti nello spesso specchio vitreo bianco
assenti al vagito che fluisce dal mondo
agli sguardi ignari ai volti indifferenti

Malati di vita nel glaucoma antico
che opacizza il limpido cristallo
mentre moscerini mosche e pece
si posano sulle pupille imbrunite
retine vuote di laghi prospicienti
orli di anime senza sensibile sentire

E in quegli sguardi madidi mi perdo
tra quei destini amari avari mi protendo
nella viuzza all’uscio della spelonca al chiuso
che il buio della notte ingoia e inghiotte

E mi sento addosso gli affanni di quelle brevi vite
di quei tempi di quegli anni nelle rocce intrise
di quei corpi dolci amati avvolti di incolore
su quegli usci aperti in quelle vite acerbe di dolore Continua a leggere

Mauro Catani, “Almeno fino a qui”. Una selezione

Testo introduttivo di Giovanni Agnoloni

Una selezione dalla silloge poetica Almeno fino a qui. Cinquantatré piccole storie (ed. 96, Rue de La Fontaine) di Mauro Catani, scrittore originario di Massa Marittima e già autore per Aracne Editrice di un saggio sul tema dello sviluppo sostenibile.

Ho scelto queste poesie, in particolare, perché ben evidenziano la principale qualità dei versi di Catani, che è quella di raffigurare la quotidianità con le sue piccole (ma fortemente significative) epifanie, fotografie dell’eterno racchiuso nella fuggevolezza del momento.

Figlia di suggestioni realistiche appartenenti alla miglior tradizione narrativa italiana – penso soprattutto ai racconti del toscano di adozione Carlo Cassola -, questa silloge, non a caso, viene indicata come una raccolta di “piccole storie”. Si tratta di micro-cronache della vita di ogni giorno, anche rivisitata col filtro della memoria, e ha un che dello spleen dell’Antologia di Spoon River, tenacemente impastato con l’oggettualità delle cose e degli incontri. Come a ribadire che la vita è qui, in corso e con il risultato apertissimo. Il punto è quanto riusciamo a immergerci nel succo dell’attimo e a trarne la forza di procedere vivendolo coscientemente, ogni volta, ancora e ancora. Continua a leggere

La torta di compleanno

Una poesia di Monica Mazzitelli dalla futura raccolta “Poesia della prosa”

Io e la mia nipotina prepariamo la torta
del suo compleanno
nella cucina di casa sua.

Lei legge
e rilegge
da capo ogni volta
tutta la lista degli ingredienti
di entrambi gli strati
ogni volta da capo –
anche se glieli chiedo separati;
eterna filastrocca
con l’indice segue le parole sulla carta.

Versa troppo poco zucchero
o troppa farina
nel misurino
le dico.
Allora rilegge,
da capo.
Aspetta, ti aiuto,
faccio io.
Le dico e sorrido.

Misuro, e le sorrido.
Verso e impasto e le sorrido,
lei mi sorride, seria e intenta.
La istruisco e la guido,
decifro i simboli che non conosco
sulla manopola del forno di casa sua,
ché lei non è capace.

Ci vuole il doppio del tempo a preparare questa semplice torta
ma lei è così orgogliosa di averla realizzata,
piccina.

 

Ma non ho nipotine.
E lei non è una bambina, ma la mia cara,
cara amica
che oggi compie sessant’anni
ubriachi di Alzheimer
e di terrore.

Cieli augurali

I Cieli augurali di Giovanna Menegùs sono un canto alla natura, alla circolarità del tempo che alla stessa natura si adegua, in barba al tempo lineare di un positivismo occidentale che non dà tregua per l’attenzione e la cura. Questa breve raccolta di 12 poesie inedite si stringe attorno allo stupore per la bellezza del mondo, che si trova nei paesaggi e nei boschi, persino sui cigli della strada come sulle rive dei corsi d’acqua. Sono cieli augurali perché portano doni di luce, con le loro stagioni, le loro aurore che aprono l’alba e spalancano il giorno, i loro tramonti che s’inchinano al crepuscolo e raccolgono la notte.
(a&b archibiblio ferrara – Strenna Natale 2021 delle Biblioteche di Ferrara)

Immagini: AS MI, 2021 Continua a leggere

“Piazzale senza nome”, di Luigia Sorrentino

Recensione di Gisella Blanco

Luigia Sorrentino, Piazzale senza nome, Collana Gialla Oro, Pordenonelegge-Samuele Editore 2021

Leggendo la nuova raccolta poetica di Luigia Sorrentino ci si ritrova, quasi involontariamente, al centro di uno sconfinato Piazzale senza nome (Collana Gialla Oro, Pordenonelegge-Samuele Editore 2021). Nel cuore di un inverno archetipico, l’umanità è radunata al cospetto di una grande morte, nello spazio atemporale di un piazzale in cui i destini umani, pur non conoscendosi, si incrociano.

La poeta pone in esergo un frammento di Plutarco dal quale si evince la dicotomia esistenziale che attraversa l’intera opera: “La morte dei vecchi è come un approdare al porto, /ma la morte dei giovani è una perdita, un naufragio”. Sullo sfondo dei versi, infatti, esiste e insiste il parallelismo fra il morire da vecchi e il morire da giovani di una sola, identica morte. Mentre, però, la morte del vecchio uomo è una morte d’approdo che esprime la pienezza di una vita vissuta senza difficoltà, le vite dei giovani si sono spezzate prematuramente nell’ebbrezza della dipendenza, nella chimera della gioia. Il libro della Sorrentino è dedicato al padre ed è stato scritto in un periodo cronologico ben preciso (2017-2018) che, però, sembra espandersi e inerire a un presente, il nostro, in cui il passato non ha mai smesso di pulsare e di operare una costante contaminazione dell’attualità. Continua a leggere

Maria Novaro, “Kairòs”

Recensione di Marino Magliani

Maria Novaro, Kairòs, ed. 1000eunanotte

Significa il momento giusto, quello giudicato opportuno. Kairòs.

La raccolta poetica di Maria Novaro, uscita per la collana Nuvole di 1000 e una notte, è una di quelle opere annunciate. Sapevamo perfettamente che prima o poi quest’opera sarebbe transitata. Transitata è una delle parole più mi vengono in mente rileggendo (il libro è uscito nel 2020) i versi di Kairòs e ragionandoci da tempo. Quanto all’autrice, poche persone al mondo, in grado di curare, organizzare, dirigere, decidere progetti culturali importanti, mi hanno fatto sentire a mio agio come Maria Novaro. La conobbi in occasione di un convegno su Elio Lanteri, e poi di un premio, il Premio Novaro, e ascoltandola, che parlava di un secolo di poeti ed eccellenze della cultura, ligure e non, di riviste che hanno fatto la storia editoriale e letteraria, mi dicevo: ecco, una intellettuale che sicuramente ha scritto, ha quaderni pieni e taccuini di note di viaggio, di versi, immagini, racconti, di opere transitanti, giunte attraverso la frequentazione degli scritti di suo nonno Mario Novaro, della cura dei carteggi con Boine, Palazzeschi, Dino Campana, della pubblicazione di una rivista come La Riviera Ligure e della rivisatazione magistrale di marginali e dimenticati artisti (ultimo il prezioso studio su Vico Faggi di Taggia). Di una cosa ero certo: quando Maria Novaro (perché prima o poi succederà: lo diceva Blanchot, prima o poi la parola deve bruciare e farsi carta) darà alle stampe i suoi versi; quando verrà il momento giusto, Kairòs, sarà come ritrovare quel mondo transitato, passato attraverso altri occhi, un’Alpicella abitata da altri io, un’impossibile e solitaria moltidune, diceva Tabucchi per Pessoa e i suoi eteronimi… Ecco, forse Maria Novaro senza accorgersene, ma senza poterne fare a meno, darà involontariamente vita a un catalogo di suoi imperdibili e impossibili eteronimi.                                                                                  Continua a leggere

Poesie di Giulia Chianese

Mi chiamo Giulia Chianese e sono napoletana di nascita. Dopo anni in giro per l’Italia, sono
tornata a vivere ai piedi del Vesuvio, terra dove mi sono formata artisticamente e dove ho
cominciato a incontrare parole e versi nel caos armonico e infuocato dei figli della lava. Di
questa città mi sento parte evocativa e scollata (come molti di noi) ed ho vissuto sempre divisa
tra la scrittura e le arti figurative a fasi alterne e, a volte, in una sovrapposizione non sempre
facile. Sono un’illustratrice e arredatrice, frequento la poesia da che ho memoria, poesia come
luogo che mi raggiunge nel luogo fisico che mi accoglie e che mi soccorre. Ho pubblicato i
miei versi e racconti in varie collane e su diversi blog come Formicaleone di Valentina di
Cesare e Un marziano a Roma, su Comunità provvisorie di Franco Arminio e Poesia in azione.
Ho fede nell’arte e in tutto quello che nell’arte trova accoglienza.

Certi pensieri sono vicoli
pericolosi e malfrequentati
Se entri può cambiare il corso
di una giornata
ed è una guerra
Dovresti
dovrei
evitarli
Prendere quell’autostrada
al centro del cervello
Dovremmo essere nella fatica
di una corsa
da qui alla spiaggia
la riva dei nervi
Morire di stanchezza
ed arrivare a domani
Quasi amanti Continua a leggere

Andrea legge nel tubo: Canti delle Oasi, di Arturo Onofri.

Le ‘letture’ di Andrea Sciuto.

Nato in provincia di Bergamo da genitori siciliani, Andrea Sciuto vive tra Catania e Bergamo, dove lavora come insegnante di lettere. Fa parte del Circolo dei Narratori di Bergamo, gruppo di volontari che organizza iniziative di promozione della lettura insieme alle biblioteche pubbliche.
Oggi Andrea legge tre poesie di Arturo Onofri:

– da Canti delle oasi, I;

– da Canti delle oasi, “Per vivere soltanto”;

– da Arioso, “Mattinata”.

“Tra parola e mondo”, Angelo Andreotti

di Giovanna Menegùs

Tempo, silenzio-dialogo, mondo.
Questi mi paiono i nuclei del nuovo libro di versi di Angelo Andreotti, che quanto o più dei precedenti vive tutto di variazioni tenui come increspature sul pelo dell’acqua, sfumature indistinte e sommesse come le nebbie della città in cui egli è nato e risiede, Ferrara – tra gli orizzonti distesi della pianura e il respiro del Po e della laguna veneta: un paesaggio e un’atmosfera che sono anch’essi protagonisti pervasivi, sottili della sua poesia. E in Tra parola e mondo si ritrovano quella «dizione piana e meditativa», quella «fragilità e sospensione» e le «figure d’ombra», «presenze lievi e discrete» che Antonio Prete segnalava nella prefazione a L’attenzione (ed. puntoacapo, 2019).

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“Collezione privata”, Elisabetta Sancino. (Sete, o poesia 2)

di Giovanna Menegùs

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«Pittura, mi mancavi. Infine, eccolo, / è forte, è nell’aria, / lo captano a uno a uno / i miei sensi magati / il desiderio / … / delle cose / tutte, di natura e d’arte / che… / anelano…» La nostalgia per l’arte – così viva in noi nonostante i musei chiusi a causa della  pandemia organizzino tour virtuali –, l’anelito della voce di Simone Martini-Mario Luzi sono ben adatti a introdurre la Collezione privata di Elisabetta Sancino. Matura raccolta di versi che nasce dalla sollecitazione dell’arte, a partire da quella sete-desiderio come dimensione antropologica e poetica di cui nella precedente recensione ho parlato a proposito de La sete di Sergio Bertolino.

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Cinque poesie giovanili di Gianmarco Parodi

Voi

Siete le sostanze primitive,

le carezze, gli occhi.

Siete i nervi saldi

e le fiaccole nel tumulto.

Le disuguaglianze

e le guerre senza rivali,

le tane delle vipere,

i sogni a scadenza.

Siete una parte

in un mondo senza divisioni,

dove noi non abbiamo terra

se non la vostra.

Siete le solitudini di cui sopra.

Ci raccontano del vostro passo,

delle vostre gesta

ma mai dei vostri dubbi.

La vostra mano è sempre alzata.

Sulla punta delle dita avete il potere

del disappunto, della correzione,

dell’indifferenza che cade

in controsenso, silenzio, invidia.

Siete il rifugio degli anni più delicati,

poi la prigione, poi l’umana nostalgia

di tutto ciò che pensavamo fosse stato

e in realtà non è mai accaduto.

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Ilaria Palomba, “Città metafisiche”

Recensione di Francesco Improta

Ilaria Palomba, Città metafisiche, Edizioni Ensemble 2020

Dinanzi a questa silloge, pubblicata da Ensemble (12€), sono rimasto folgorato ed esterrefatto. Folgorato dalla bellezza di questi versi, dalla luce abbacinante che emana da essi ed esterrefatto dinanzi alla loro perfezione. Tralasciando alcune prove giovanili (I buchi neri divorano le stelle) questa è la terza raccolta di poesie di Ilaria Palomba dopo Mancanza e Deserto e ne costituisce il suggello e al tempo stesso, come dice Gabriele Galloni nella bella e succinta prefazione, l’apertura verso nuovi orizzonti. La Palomba ha raggiunto un livello di concentrazione e di condensazione lirica diffi­cilmente immaginabile.  Ciò che di composito e di farraginoso l’urgenza del dire portava con sé viene qui completamente accantonato o si scioglie magicamente in un dettato lirico di straordinaria efficacia e resa artistica. Questa silloge nasce da un processo di prosciu­gamento e di politezza. Eliminato, come ho già detto, tutto il superfluo, prevalgono la brevitas alessandrina e al contempo la condensazione ungarettiana. Splendida sintesi di antico, nel senso di classico, e di moderno, che non può e non deve meravigliarci, vista la padronanza con cui maneggia coppie oppo­sizionali e a livello concettuale e a livello figurativo.

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