Archivi tag: Giorgio Linguaglossa

La fine della poesia di accademia

 

di Giorgio Linguaglossa

È noto che la poesia italiana ed europea durante gli anni settanta ha subito l’invasione della vita privata e del quotidiano nella forma-poesia.
In Italia questa moda prende inizio con il libro di Patrizia Cavalli, Le mie poesie non cambieranno il mondo (1975) e, successivamente, con il libro di Valerio Magrelli, Ora serrata retinae (1980). La versione storiografica accademica però trascura che negli anni novanta ci sono stati poeti che hanno seguito una via del tutto diversa: Giorgia Stecher (1936-1996) con Altre foto per Album (1996), Maria Rosaria Madonna con Stige (1992), Helle Busacca (1915-1996) con I quanti del suicidio (1973), Niente poesia da Babele (1980), Anna Ventura di cui si ricorda il volume delle Poesie scelte Tu quoque (2014) e Mario Lunetta (1934-2017) con una fluviale produzione poetica, narrativa e saggistica che lo contraddistinguerà come la punta di diamante della opposizione permanente alla deriva minimalista della poesia italiana. Continua a leggere

Francesco Varano “Il gabbiano inattuale”.

di Giorgio Linguaglossa

Francesco Varano, Il gabbiano inattuale (Poesie 1982-1985), ilfilorosso, 2023

 

La poesia modernista in Europa ha avuto un merito: quello di mettere fine alla poesia orfica, epifanica, intuizionista che intendeva il «lirico» come la categoria centrale del novecento poetico italiano. La poesia modernista europea ha avuto il merito storico di porre fine alla poetica dell’implicito e del soggetto, ha reso l’implicito, esplicito. Mandel’stam in Russia e Eliot in Europa introducono il dispositivo modernista nella poesia occidentale cambiandola in profondità. La poesia italiana del Dopo Eliot cadrà però in un equivoco, intenderà il «correlativo oggettivo» come «comunicazione», al punto che oggi tra la «comunicazione» del linguaggio relazionale e la «comunicazione» del discorso poetico non c’è differenza alcuna, si è solidificata promiscuità e complicità.  Continua a leggere

Geneviève de Hody, La casa del dolore. Nota di Giorgio Linguaglossa

Geneviève de Hody, La casa del dolore, Passigli Editori – febbraio 2023, pp. 318 € 25, traduzione di Edith Dzieduszycka, titolo originale,  La maison des souffrances, Editions du Roure – 2011

 

Queste memorie dal carcere militare di Clermont-Ferrand, tradotte qui per la prima volta, offrono ai lettori italiani un commovente spaccato di quella che è stata la Resistenza in una Francia che, a partire dal 25 giugno del 1940, ha conosciuto la brutale occupazione nazista e il vergognoso collaborazionismo del governo di Vichy. Il 2 novembre del 1943, Camille de Hody e la moglie Geneviéve Utard vengono arrestati e tradotti in prigione, a causa della denuncia del padrone di casa, membro della Milizia filotedesca. Da quel giorno, Camille e Geneviève, che hanno dovuto lasciare le loro tre figlie, condividono il destino di tanti altri prigionieri, vivendo la dura realtà della prigione, in attesa di una liberazione più volte preconizzata ma sempre irrimediabilmente delusa, fino alla tragica separazione, quando Geneviève lascia il carcere e Camille viene invece mandato in quanto prigioniero politico al campo di deportazione Royallieu-Compiègne e da lì Mauthausen, dove troverà la morte il 12 aprile del 1945, a tre sole settimane dall’arrivo degli americani. Continua a leggere

Davide Cortese, Zebù bambino Terra d’ulivi edizioni, 2022. Con una missiva di Giorgio Linguaglossa

Caro Davide,

ho letto in questi giorni la tua silloge e ne sono rimasto sorpreso, ammaliato dalla ariosa cantabilità delle poesie; tu sai trascinare il lettore con grazia aristocratica nelle spirali sinuose dei versi brevi (settenari e novenari) arricchiti da rime alterne mai telefonate e sempre esattamente calibrate al gioco fonico; tu, come il pifferaio di Hamelin, sai modulare le note voluttuose e smemoranti per poi all’improvviso spalancare davanti al lettore il precipizio del coinvolgimento liquoroso, psicologico, empatico. L’onirico è sempre intessuto con il simbolico, con il quotidiano e con lo psicologico; in un certo senso così ringiovanisci il quotidiano in quanto lo rivesti di nuovo simbolico. Queste 21 poesie sono ventuno salvataggi nel mare in tempesta del cattivo gusto oggi imperante e della mala grazia del nostro tempo. Ma dove conduce il viaggio? Le figure che si susseguono in visionarie fantasmagorie (specchi, statue, ombre, arabeschi e merletti) sono in realtà tutti miraggi, illusioni della Musa sapiente. Già il titolo, Zebù bambino, è quasi un gioco fiorito, un gioco infantile, ma quanta verità nel tuo gioco, quanto mistero in quell’enigma! Riaffiorano immagini ed echi di antica esoterica psicocosmica poesia, ritornano alla mente, in filigrana, le strofe brevi del più grande lirico del novecento: Sandro Penna, ma come rivisitate e posposte nel nostro tempo post-utopico e post-storico. Forse il sigillo più accattivante di questa tua silloge sta proprio nella capacità che hai di trasfigurare le situazioni solitarie del “poeta fingitore” in una nuova poesia delle situazioni quotidiane.

 

(Giorgio Linguaglossa) Continua a leggere

Una poesia di Gino Rago da “I platani sul Tevere diventano betulle” (2020)

di Giorgio Linguaglossa

Il linguaggio poetico di Gino Rago preferisce gli «stracci». Il linguaggio poetico della «nuova poesia» preferisce gli stracci.

Quando si sale su un podio, qualsiasi podio, la Musa fugge a gambe levate. Questo principio Gino Rago lo vorrebbe scolpito nel marmo.

Ormai per fare poesia ci dobbiamo rivolgere al rigattiere, al robivecchi e, possibilmente, alle discariche abusive che spuntano come funghi dal territorio disastrato di questo paese. Penso che dobbiamo falcidiare tutti i cippi, funerari o meno, tutti i podi, tutte le stele e le colonne di marmo, la poesia la dobbiamo fare con gli stracci sporchi, togliere tutte le superfetazioni, tutte le lucidature, tutti i detersivi… «ciò che rimane lo fondano i poeti» diceva Hölderlin, appunto, prendiamo il poeta tedesco in parola: ciò che rimane dalle discariche delle parole è poesia… Continua a leggere

Assiomi kitchen sulla poesia e altro a cura di Giorgio Linguaglossa

La poesia è fare il giro del giorno in ottanta mondi

(Anonimo romano)

 

La poesia è una maschera riuscita per non far scorgere il volto dell’autore

(Maria Rosaria Madonna)

 

È difficile per me dare un giudizio sui miei testi; forse li definirei delle tragicommedie

(Petr Štengl) Continua a leggere

Gino Rago, Storie di una pallottola e della gallina Nanin.

Gino Rago, Storie di una pallottola e della gallina Nanin, Ed. Progetto Cultura,

Roma, 2023, pp. 87, 12 euro

(con Saggio introduttivo di Giorgio Linguaglossa)

 

Brani tratti dal saggio introduttivo Verso un nuovo paradigma di Giorgio Linguaglossa

 

Verso un nuovo paradigma della poiesis Continua a leggere

Due poesie kitchen di Francesco Paolo Intini e Giorgio Linguaglossa

 

Due poesie kitchen di Francesco Paolo Intini e Giorgio Linguaglossa, Commento di Marie Laure Colasson

 

Francesco Paolo Intini

Un Cappotto Taglia 110 per Beethoven

Flex e il violinista si piantano sul balcone.
All’aereo che passa mandano un saluto ultravioletto

È giorno di cieli rotti e rifacimenti in nero.
Mattonelle scendono sugli abeti, riempiono i cortili
Un passero rovista nel riciclabile. Manca un led alla rabbia finale.

Il potere si concentra in un motore poi passa di mano in mano
Ma non saprà dirci, con tutta evidenza,
Cos’è quest’allegrezza nel fil di rame.

Si tratta di prolegomeni. Quello che accadrà ai nervi.
Se interroghi una scocca il parafango brandisce dubbi.

Dentro l’uovo cresce un velociraptor: TRRRRRR…
Spaccherà il guscio dell’Europa
Cosa vuoi che sia un trapano?

Toc..Toc… fa l’inizio di un bussare alla serranda:
che ci fanno i Cristi nella banda?

C’è sempre il lancio dal quinto piano
Previsto per il 15 dicembre.

Si aprono i lapsus e nel fuggi-fuggi dei violini
Beethoven azzanna un violoncello:
per i figli-dice- quelli che verranno.

Sulla bacchetta spunta una rapa
tra le orecchiette, le acciughe al sale
e patacche d’oro da inghiottire all’alba. Continua a leggere

Due Poesie di Giorgio Linguaglossa, Lettura di Marie Laure Colasson

Due Poesie di Giorgio Linguaglossa, Lettura di Marie Laure Colasson

 

 

Stanza n. 73

 

Cogito è in viaggio su un treno blindato

 

Il gioco dell’ombra tra gli hangar. Fasci di luci dai riflettori

posti sulla sommità delle torrette blindate.

 

Sulla terra battuta il passo dell’oca dei soldati.

I gendarmi giocano al gioco delle tre carte.

 

Gli ufficiali puntano alla roulette: sul rosso, sul nero,

sul numero 33.

 

Giocano con le bambole, giocano con le murene.

Accompagnano al pianoforte la bella Marlene

 

Che canta il Lied della nostalgia e della morte.

In alto, le sette stelle dell’Orsa maggiore.

 

Beltegeuse è una stella nana, Enceladon è lontana.

Firmamento stellato.

Cogito è in viaggio su un treno blindato,

 

Sta scrivendo una cartolina ad Enceladon:

«Mia amata, il mio posto è qui».

 

[…] Continua a leggere

Poesie di Marina Petrillo da “materia redenta”. Lettura di Giorgio Linguaglossa 

 

Poesie di Marina Petrillo da materia redenta, Progetto Cultura, 2019, Lettura di Giorgio Linguaglossa 

 

 

Se l’essere svanisce nell’evento, anche le parole di quella patria linguistica svaniscono irrimediabilmente

 

Lettura di Giorgio Linguaglossa

 

 

«La storia dell’essere è alla ?ne».


«Soltanto se il mondo avviene espressamente l’essere – ma con esso anche il nulla – svanisce nel mondeggiare». (Heidegger) 1

 

La fine della metafisica coincide con l’inizio di un qualcosa che non conosciamo, e in questa zona di mezzo, in questo transito su un ponte di corda dobbiamo attendere in quella che Marina Petrillo chiama la «elicoidale memoria» come un salvagente che ci risollevi e ci tenga sul pelo dell’acqua.
L’età della Tecnica richiede imperiosamente un nuovo linguaggio, un nuovo linguaggio poetico.
Se l’essere svanisce nell’evento, anche le parole di quella patria linguistica svaniscono irrimediabilmente, e non c’è modo che esse ritornino ad abitare un essere che è svanito anch’esso… Continua a leggere

Poetry Kitchen Antologia di Poesia contemporanea

Nota di lettura di Gino Rago

Giorgio Linguaglossa (a cura di)
AA. VV. Poetry Kitchen Antologia di Poesia contemporanea
Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2022, pp.277, 18 euro
Nel postscriptum della risposta a una domanda di Roberto Bertoldo sulla natura della Poetry kitchen, a proposito della recentissima Antologia di poesia contemporanea, Giorgio Linguaglossa scrive: «Il fatto è che oggi parlare di «autenticità», di centricità dell’io, di «identità», di «soggetto», di «riconoscibilità» della scrittura poetica implica porre al centro dell’attenzione critica la questione di un’altra «rappresentazione», di un «nuovo paradigma». Il discorso poetico della poetry kitchen passa necessariamente attraverso la cruna dell’ago della lateralizzazione dell’io, della presa di distanza dal parametro maggioritario del tardo Novecento incentrato sulla metastasi dell’io egolalico e su una «forma-poesia riconoscibile». Il capitalismo cognitivo in crisi di identità e di accumulazione genera ovunque normologia e riconoscibilità, quello che occorre è l’«irriconoscibilità», una poiesis che abbia una forma-poesia irriconoscibile, infungibile, intrattabile, refrattaria a qualsiasi utilizzazione normologica». Continua a leggere

Intervista di Marie Laure Colasson a Giorgio Linguaglossa sul libro “Critica della ragione sufficiente”

Intervista di Marie Laure Colasson a Giorgio Linguaglossa sul libro “Critica della ragione sufficiente (verso una nuova ontologia estetica)” (2018)

1) È scomparsa la critica militante?
2)È ancora valida la linea dicotomica tracciata da Gianfranco Contini: la «Linea innica» e la «Linea elegiaca» del Novecento?
3) La Nuova Ontologia Estetica?
4) Il Grande Progetto

Domanda: Ho letto il tuo libro, Critica della ragione sufficiente (verso una nuova ontologia estetica (Progetto Cultura, 2018 pp. 512 € 21), un lavoro monumentale di indagine ermeneutica sulla poesia italiana e sui nuovi orientamenti della «nuova ontologia estetica». Perché quel titolo? Continua a leggere

Intervista di Gino Rago a Giorgio Linguaglossa sul suo ultimo libro saggistico sulla «nuova poesia»

Intervista di Gino Rago a Giorgio Linguaglossa sul suo ultimo libro saggistico sulla «nuova poesia», L’elefante sta bene in salotto (la Catastrofe,l’Angoscia, la Guerra, il Fantasma, il kitsch,il Covid, la Moda, la Poetry kitchen) Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022, pp. 232 con una poesia kitchen da Le risposte del Signor Cogito

 

Domanda: Il retro di cover di L’Elefante sta bene in salotto,  una riflessione sulla «nuova poesia» che si snoda per 222 pagine, recita:

»L’Elefante sta bene in salotto. Intanto, con la sua proboscide fracassa il vasellame, le suppellettili e tutti i ninnoli; ci dice che siamo già oltre i confini del Moderno, che siamo in pieno Dopo il Moderno, nell’epoca del modernariato e del vintage come repertorio permanente di stili defunti che possono essere ripescati riciclati e disusati; ci dice che non c’è alcun elefante, che tutto è a posto, che i nostri dubbi sono in realtà miraggi, prodotto di scetticismo e di cinismo, che abitiamo il migliore dei mondi possibili e ci invita a costruire con uno stile patico le nostre abitazioni di cartapesta ed i lungometraggi con i quali allietiamo le nostre solitudini sociali. Il Signor Capitale ci ammannisce la sordità e la cecità ad obsolescenza programmata, ci dice che l’ultroneo va bene per situazioni ultronee e va bannato, che il reale è razionale e che non esiste nulla di meglio della condizione in cui ci troviamo. Nella realtà viviamo come se fossimo a bordo di un sommergibile: amiamo e odiamo senza le isoglosse del desiderio e della passione, preda di invidie distopiche; in realtà siamo tutti diventati apatici e atopici.  Continua a leggere

Giorgio Linguaglossa. La poesia nell’età della Catastrofe permanente

 

Dalla poesia degli anni Zero alla nuova fenomenologia del poetico, la Poetry kitchen a cura di Giorgio Linguaglossa

 

dal mio libro di critica: Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea (2000-2013), Società Editrice Fiorentina, 2013 Firenze, pp. 150 € 15.

 

Nella poesia [italiana] degli Anni Dieci è evidente che il linguaggio tende a stare dalla parte della «cosa», più vicina alla «vita», e quest’ultima si scopre irrimediabilmente lontana dal «quotidiano»; sembra come per magia, allontanarsi dalla «vita» per via, direi, di un eccesso di intensità e di velocità. La polivalenza polifunzionale degli stili emulsionati raggiunge qui il suo ultimo esito: una sorta di fantasmagoria dialettica della realtà e della fantasia: una dialettica dell’immobilità dove scorrono le parole come fotogrammi sulla liquida superficie del monitor globale-immaginario caratterizzate dalla impermanenza e dalla instabilità. È la forma-poesia che qui né implode né esplode ma si disintegra come sotto l’urto di forze soverchianti e disgregatrici. Continua a leggere

Giorgio Linguaglossa, Blumenbilder (Natura morta con fiori)

Linguaglossa

Giorgio Linguaglossa, Blumenbilder (Natura morta con fiori), Firenze, Passigli, 2013

di Pasquale Vitagliano

Rugiada. Nella lastra gelatinosa/ della fotografia è entrato un bosco/ pieno di foglie… (…) Sono i primi versi della poesia che apre Blumenbilder (Natura morta con fiori) la raccolta che Giorgio Linguaglossa ripropone per Passigli. Tutte le altre poesie iniziano con una sospensione. … è probabile che ci siamo incontrati/ in qualche hall d’albergo di terza categoria,/ tu facevi la ballerina ed io/ il perdigiorno… Per cogliere il senso autentico di questa scelta bisognerebbe chiedere all’autore, al lettore sembra alludere ad una ripresa, ristabilire una continuità con un prima o con un altrove, annunciare una fuoriuscita. Ad esempio, una fuoriuscita dall’oscurità del silenzio attraverso l’illuminazione della parola. Continua a leggere

Lorenzo PEZZATO – Dipendenze, abbandoni e strane forme di sopravvivenza

“Ma un dolore così grande/urla vendetta ai quattro venti”, dicono due versi di Lorenzo Pezzato contenuti nella sua recente raccolta poetica “Dipendenze, abbandoni e strane forme di sopravvivenza”, edita da Lietocolle. Versi che possono indicare, oltre che una chiave di lettura sulla sua poetica, una forma di dolore fortemente sentita in questi anni sciagurati di crisi e di cambiamenti vorticosi, in ogni campo. Crisi in cui il ritrarsi in una dimensione privata, isolata, o di olimpica indifferenza, però, non solo non ha preservato ma, ancora più, ha disgregato e indebolito il corpo sociale nel suo complesso. Continua a leggere

“Sapienziali” di Gianmario LUCINI

Da: Giobbe

Nessun libro contiene la parola
ma la parola tutti li contiene
soltanto così avrà vita e carne;
sarà impeto il libro, impeto e vento.

Nessuna parola contiene il silenzio
ma il silenzio tutte le contiene;
l’uomo che ama il silenzio
è un raffinato oratore.

Lascia il silenzio giacere nel limo
come il chicco d’inverno,
lascia che rimbombi nell’abisso
prima d’ogni sapiente giudizio;

ma non sarà il silenzio a ridarmi
la vita che ho perduto
né il lamento a fermare la sventura,
l’innocenza a proteggermi.

Io sono Giobbe, ho lottato col Silenzio
l’ho chiamato in giudizio per fami giudicare
per questo grido dal passato come il mare
che lambisce la terra e non la può possedere.

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IL TERZO SGUARDO n.17: La poesia sommersa. Giorgio Linguaglossa, “La nuova poesia modernista italiana. Per una critica della costruzione poetica”

La poesia sommersa. Giorgio Linguaglossa, La nuova poesia modernista italiana. Per una critica della costruzione poetica, Roma, EdiLet – Edilazio Letteraria, 2010

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di Giuseppe Panella*

Linguaglossa si prova a tracciare in questo libro un ampio panorama della poesia emergente italiana e mette insieme autrici e autori assai diversi tra di loro utilizzando un ricco e ben costruito ventaglio di categorie critiche. Quello che importa, infatti, e che viene fuori dalla lettura di questo ben nutrito volume di analisi critica della poesia italiana dell’ultimo Novecento non è tanto la sua storia interna ed esclusiva quanto la sua fenomenologia concettualmente intesa. A Linguaglossa importa trovare delle nuove coordinate teoriche che possano sostituire quelle ormai logore e sepolte dello storicismo più frustro o del biografismo autoriale più stantio dato che, come scrive lo stesso critico, ci si trova ormai in una situazione oggi radicalmente diversa:

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