Archivi categoria: Kika Bohr

La signora Flaminia

di Kika Bohr

Un’apparizione nel corridoio piuttosto buio del nostro terzo piano di via Cirillo: la nostra vicina Flaminia. Il suono strascicato delle pantofole e i movimenti lenti di una persona molto robusta che camminava a fatica aiutandosi con un bastone. E improvvisamente nella luce del pianerottolo un viso tondeggiante con un sorrisetto un po’ malizioso dietro occhiali neri assai spessi. Poi, dopo essersi fermata per un istante, ci salutava con la voce roca e con un bel sorriso in gran parte sdentato. Le sue passeggiate giornaliere si erano ridotte a quel corridoio che portava da casa sua al servizio igienico comune dove vuotava il suo pitale. Le mie figlie all’inizio ne avevano una gran paura e anche anni dopo non riuscirono mai a entrare completamente in confidenza con lei, sembrava troppo una strega, molto di più della signora Adele che a volte portava foulard e chignon di capelli bianchi. Lei i capelli, li portava corti, ricci e nerissimi. Sicuramente era abbastanza anziana: aveva una figlia che veniva spesso a prendere il the con lei e un nipote già al lavoro. I componenti di quella famiglia erano allegri, ogni tanto sentivo belle risate venire dal loro bilocale in fondo al corridoio. Usavano metafore popolari come “vado a fare una telefonata” per dire che andavano ai servizi. Continua a leggere

10

Un presepe africano

di Kika Bohr

Anche a luglio, come durante tutto l’anno, il lunedì e giovedì, sotto casa nostra abbiamo uno storico mercatino di frutta e verdura. Negli anni si sono aggiunte alcune bancarelle di vestiti nuovi ed usati, prodotti per la casa, libri e due bancarelle di bric-à-brac, che mi incuriosiscono sempre. Ma l’ultima bancarella arrivata in ordine cronologico, proprio sotto la nostra finestra, è quella di un venditore africano che vende soprattutto ceste, bellissime ceste di ogni grandezza, con coperchio o senza, di paglia di colori meravigliosi. A volte espone anche stoffe del Mali e statuette in legno di animali. Mi è stato impossibile resistere al fascino di alcune di queste e così ho cominciato col comprare prima una pantera con un orecchio difettoso ma dalla forma molto sinuosa assieme a un lepre seduto, dall’aspetto serio, poi una giraffa con lo sguardo dolce rivolto all’indietro. Qualche mese dopo non ho resistito a un rinoceronte rugoso e scuro. Infine un bufalo africano rossiccio e panciuto, anche lui con le orecchie poco ortodosse. Avevo già in casa due “ombre”, magrissime figure in legno di donne africane stilizzate con un bambino sulla schiena, acquistate davanti alla Statale quando ero ancora studentessa, una testa scura di ragazza con le treccine, comprata dieci anni fa per due euro da Emmaus (mi sono vergognata di averla pagata così poco) e un “albero della vita” con cinque figure umane che si arrampicano, piccolo prodigio di scultura artigianale – meraviglia di stilizzazione e di equilibrio tra pieni e vuoti – comprata da un robivecchi egiziano (anche lì, cinque euro!). Continua a leggere

La Signora Adele

di Kika Bohr
Questa mattina, camminando al parco tra le foglie secche, guardando le meravigliose chiome gialle dei tigli e rosse degli aceri e i rami spogli che spuntano sopra il fogliame, mi sono sentita propensa ad evocare ricordi belli. E improvvisamente mi è venuta in mente la Signora Adele: “Adeladle” come la chiamava la bambina del primo piano. La nostra vicina di pianerottolo Salvagni Adele come stava scritto sulla casella delle lettere. Sulla sua porta in fondo al ballatoio invece non c’era scritto nulla, non c’era il campanello, le persiane sempre chiuse erano foderate con carta di giornale. Per salutarla quand’era in casa si doveva bussare forte perché era un po’ sorda. Ma non era spesso in casa perché andava al parco con la sua borsetta nera, un po’ di rossetto rosa e un cappello di lana a turbante grigio, e si sedeva a guardare la gente che passava. Continua a leggere

5
0

Damietta 1219

 

di Kika Bohr

Molti aspetti della vita di Francesco d’Assisi ci affascinano ancora dopo otto secoli. Uno di questi è il suo incontro a Damietta, in Egitto, con il sultano Malik-al-Kamil nel 1219 proprio mentre infuriava la quinta crociata. Il fatto è confermato dalle cronache arabe del tempo.

Quali congiunture di costellazioni ci saranno mai state ad assistere a un tale evento eccezionale?

In un periodo di incertezze e di minacce di guerra come il nostro, il coraggio di un uomo di pace ci sembra di buon auspicio. Continua a leggere

Ritratti femminili

di Kika Bohr

Ritratti femminili

Questa galleria di ritratti di ragazze e di donne che sono state assunte a servizio da mio nonno Paul a Ginevra, è il frutto di racconti che mi sono stati fatti da mia madre Chris. Per chiarezza vi dirò che la famiglia era così composta: Nonno Paul (separato, molto occupato col suo negozio, una parafarmacia), J.P. il figlio maggiore (fino alla maturità messo a studiare in collegio, poi diventato farmacista), mia zia Mo (poi diventata fisioterapista) e Chris. Mia nonna Al non era con loro perché separata, e in quegli anni le donne che avevano “abbandonato il tetto coniugale” non avevano pressoché nessun diritto. Ma torniamo a ricordare questa serie di persone che per quasi due decenni hanno svolto il ruolo di governanti, cuoche, donne-tutto-fare, a volte di sorelle maggiori. Come nella bella canzone di Stromae, Santé, in cui il famoso cantante belga brinda a tutte le persone che non possono farlo, io qui vorrei ringraziarle tutte e immaginarle con dei quadri che fanno parte del nostro immaginario collettivo.

ÉMILIE era giovane e robusta. Quando, carponi, stendeva la cera sul pavimento, permetteva alle bambine di salirle in groppa. (La possiamo immaginare come una bellezza alla Renoir). Continua a leggere

Buon compleanno Giulia (Niccolai)!

di Kika Bohr

Giulia nel 2007 al compleanno di mio padre Olaf

Oggi sarebbe il compleanno di Giulia e mi suona veramente strano non poterle mandare quel “messaggino” (sms) o brevissima mail che ero solita mandarle. Da alcuni anni eravamo d’accordo tra di noi che quel giorno non le telefonavo per non “intasarle le orecchie”. La data era facile da ricordare tanto più che nell’87 avevo tradotto Autoritratto, un “Frisbee” di Giulia per la rivista francese Doc(k)s, (che qui trascrivo nella versione originale):

Sono nata il 21 – 12 – ‘34
21 e 12 sono anagrammati
e poi abbiamo anche 1,2,3,4,
Potrebbe essere elegante morire a 56 anni
per poter fare 1, 2, 3, 4, 5, 6.
Avrò 56 anni nel ’90.
Il 1991 però andrebbe meglio.
Farebbe da pendant al 21 – 12.
In questo caso sarei favorevole
a una lapide così concepita:
Nata il 21 -12 – 1934
Morta il 3 – 4 – 1991.
Difficile scegliere tra 56 anni
e il 1991.
Ma Giulia,
non si può avere tutto dalla vita!

Questo l’ha scritto negli anni ottanta. Alla fine però è morta a quasi 88 anni, nel 2021. Continua a leggere

Gli abitanti del quinto piano

di Kika Bohr

La casa di via Cesarini 81 apparentemente mostra quattro piani ma in realtà sul quarto pianerottolo si può vedere una gigantesca porta di metallo ben camuffata con una piccola maniglia girevole. Aprendola appare una scala di granito molto ripida e storta con in cima una semplice ringhiera in legno. Porta ai solai, al terrazzo e portava alle abitazioni della famiglia Mucci e dei Biro.

La famiglia Mucci, originaria di Brennero, era composta da una nonna che parlava principalmente tedesco, una mamma che lavorava in un albergo e una bambina dalle treccine bionde, Rinalda. I Mucci erano imparentati con i portinai. Rinalda aveva un anno più di Lancillotta Biro ed era considerata da quest’ultima la sua amica del cuore, la sua “gemella” o perlomeno “sorella”. Continua a leggere

Cronaca di un sabato di luglio (vent’anni fa)

di Kika Bohr

Avevo prenotato da tempo tre posti sul pullman per partecipare alla manifestazione finale di sabato contro il G8 e contro i danni della globalizzazione. Dopo gli scontri del venerdì e dopo la notizia del ragazzo ammazzato, Carlo Giuliani, per prudenza ho chiesto a un’amica di tenermi la figlia di sette anni.
Siamo dunque partite io e mia figlia più che ventenne col pullman del sindacato. Colazione al sacco, due panini salati a testa e uno con la marmellata, per merenda, (non si sa mai con i prezzi dei bar in Liguria, e con la gente affamata che ci sarà, non troveremo più né gelato né brioche) bottiglia grande di acqua minerale (limone? per un attimo, ricordando gli anni ’70 ci ho pensato, poi mi sono messa quasi a ridere, e, quale errore, non l’ho preso!).
Il nostro pullman era pieno, nessuno aveva disdetto. L’atmosfera era gioiosa ma senza eccessi perché con una bella giornata del genere essere veramente tristi non sembrava possibile. Ci si passava i giornali, molti si conoscevano bene tra loro, altri solo di vista, forse si erano intravisti a qualche congresso. Continua a leggere

La terza gabbia è per te

di Kika Bohr

“Il tema è complesso…” come ama ripetere stamattina la giornalista alla radio. A volte le cose che fai ti vengono immediatamente e con una certa soddisfazione puoi dire a te stessa “buona la prima!”, ma altre no, solo una lunga stratificazione di azioni a zig zag ti portano a un risultato. Qualche volta anche inaspettato.

“La terza gabbia è per te” si è andata costruendo e modificando negli anni.

Come per la gran parte delle mie opere tutto è cominciato con un ritrovamento: Continua a leggere

Sherazade e il suo racconto infinito

di Kika Bohr

Wunderkammer Sherazade, 2019


Qualcuno ha detto che il sessantotto col suo “la fantasia al potere!” sia stato possibile solo perché prima c’era stato un certo boom economico. Penso che anche più in piccolo, nella vita di un artista, alcune cose si siano potute fare solo perché c’era una particolare situazione, mentre in altre diventano impossibili e quasi inconcepibili. Questo parallelo che ha la fantasia come costante, mi è venuto in mente guardando la foto di un’opera che ho fatto nel 2019, Wunderkammer Sherazade, un’installazione che mi sembra ancora abbastanza interessante ma lontana anni luce dal nostro vissuto di questi tempi. Nel 2019 mi ero appena sposata con Antonello, avevo un nuovo lavoro, ma soprattutto non c’era la pandemia da Covid 19 e non la potevo nemmeno immaginare, quindi eravamo piuttosto felici. Mi era venuta la voglia di raccontare storie e quale storia più affascinante di quelle orientali raccolte nelle Mille e una notte? Continua a leggere

Il lavoro più bello

di Kika Bohr
Padroni, servi e specchietti per allodole (arazzo 4m30 x 1m93 con 45 cravatte, 15 calze e 7 “specchietti per allodole”).

uno specchietto


Domanda: – Qual è il lavoro più bello? Risposta: – Quello che si sta facendo!
Oggi vi racconto un lavoro che mi sta occupando da più di un anno. E’ un lavoro di cucito e di pazienza, di pazienza per forza, per me che non so e non ho mai voluto imparare a cucire come si deve. Quindi ho passato momenti di euforia (l’impresa va avanti!) e momenti di scoramento quando vedo quanto mi manca ancora per portare a termine il mio progetto. Ma ora che sono abbastanza a buon punto provo a descrivervi la mia idea: una serie di quarantacinque cravatte e quindici calze cucite su un’enorme tela a righe orizzontali che ha riempito dapprima il pavimento poi la parete intera di una stanza di casa. Continua a leggere

Costruire mondi (possibili e impossibili)

di Kika Bohr

Ordine e Caos: installazione, legno e cartone (42x42x20 cm) 2013

Premessa

Mi piacciono i presepi! Non che sia particolarmente religiosa, ma, belli o brutti che siano, i presepi mi entusiasmano. I piccoli presepi provenzali multicolori in terracotta dipinta, quelli peruviani in mollica di pane, minuscoli, rinchiusi in una scatola di cerini dai colori squillanti, quelli grandi e raffinati, napoletani…. Ricordo della mia infanzia quelli bellissimi dei miei nonni materni e paterni che però non potevano fare concorrenza a quello dei vicini di casa, con le sue figurine di plastica dipinta anni cinquanta, capanna di cartone dal tetto grigio, gallinelle e oche ben piantate nel muschio comprato dall’ortolano sotto casa. Continua a leggere

Come fu possibile tirar fuori i “Mille cavalli per Garibaldi”

di Kika Bohr

Mi chiedo come mi sia stato possibile partecipare, seppure in ritardo, ai festeggiamenti per il duecentesimo anniversario della nascita di Garibaldi.
Gli eroi, e a maggior ragione i conquistatori, non mi sono mai stati simpatici.
Avevo anche un piccolo conto in sospeso con il Risorgimento: uno spiacevole ricordo della scuola elementare, quando la maestra si scusò con me di dover “parlare male del tuo paese, perché gli austriaci sono proprio stati cattivi!” Io non ero certa di essere austriaca e non invece francese o svizzera o tedesca, (o forse un po’ svedese, o russa…) perché a casa si parlava molto di questi paesi e i miei dicevano sempre che eravamo internazionali. In fondo mi dispiaceva un po’ di non poter essere contemplata tra gli italiani che erano quelli bravi e si liberavano; e poi avevano quelle belle giubbe rosse che si vedevano sul libro. Ma forse ancor più delle giubbe era il cavallo bianco di Garibaldi che mi attirava… Continua a leggere

Mia madre non sopporta le installazioni

di Kika Bohr

Ma cos’è un’installazione?

“Ah! Hai fatto ancora un’installazione, lo sai che non mi piacciono le installazioni!” Un gentile rimprovero che suona come quando, da bambina, facevo troppo disordine con i miei giocattoli, magari mischiando vari giochi come gli animaletti dello zoo di plastica, i cubi di legno della sorellina, i vestiti delle antiche bambole della zia e anche qualche elemento del Meccano di mio fratello. Era proprio necessario?
Sì, un installazione artistica è una cosa seria, dovrebbe avere la stessa serietà entusiasta e giocosa (e spesso la stessa complessità) che si nota nei giochi infiniti di alcuni bambini quando non sono davanti alla tele.
C’è in effetti nell’installazione una parte ludica, il “facciamo che…” o “come se…” e combiniamo elementi nello spazio lasciando poi navigare la fantasia come Alexander Calder già faceva col suo circo alla fine degli anni ‘20. (vedi qui o anche qui per la sua storia).

Ma l’arte non è solo fantasia è anche necessità di comunicazione,

Conversazioni di fondo di Charlotte Menin (installazione con oggetti rinvenuti su una spiaggia di Ponza, 2014)


Continua a leggere

La Pizia ti legge il futuro

di Kika Bohr

Giugno 2002: condivido uno spazio alla “Casa degli Artisti” di Milano, una bellissima struttura dell’inizio del Novecento costruita apposta per gli artisti della città. Però abbiamo problemi di infiltrazioni di acqua dal soffitto. Il tetto è piatto e per ovviare al problema dobbiamo ricoprirlo con una guaina catramata di protezione. Il materiale costa e abbiamo anche bisogno di un professionista capace di saldare a caldo la guaina di cui servono molti metri quadri. Come fare a finanziare tutto ciò? Continua a leggere

Un’installazione per le “madri snaturate”

di Kika Bohr

foto di R. Menin


Una ghiacciaia e una scultura africana in legno scuro mi ricordano il difficile tema della generazione. Non è facile pensare alla maternità senza inciampare negli stereotipi dell’istinto materno e dei ruoli troppo rigidi dettati dalla tradizione.
Appena una madre non entra negli schemi – e quale madre sincera non scopre a volte in sé contraddizioni, frustrazioni e ambivalenza – viene tacciata di “madre snaturata”. In realtà in natura le madri degli animali sono molto libere e imprevedibili e a ben guardare se le osservate da vicino, non vi sono due gatte o due cagnoline che si comportino esattamente nello stesso modo con la prole. Continua a leggere

Piedi 2: A piedi in città

di Kika Bohr

Dalla struttura alla scultura

Il mio studio in viale Jenner ha per tre quarti un soppalco in cemento armato che lo divide esattamente in due. L’entrata invece ha più di quattro metri d’altezza. Per un anno intero vi ho ospitato un enorme piede in tondino e tubi di ferro che era collocato lì proprio davanti alla porta, sicché per entrare ci passavo attraverso. Quel piede l’avevo disegnato alcuni anni prima ed era stato realizzato dal fabbro Parisi e dal suo aiutante trasponendo il modellino in scala 1:10.

Dancio salda il piede

Nell’officina del fabbro

Ogni pomeriggio, con uno scooter elettrico dei primi modelli che aveva un’autonomia di quaranta chilometri, andavo a Ponte Lambro, che è vicino all’aeroporto di Linate, dove questo Gennaro Parisi aveva una bella officina vicino al fiume in un non luogo bellissimo tra capannoni di lamiera e campi ancora coltivati e lì, dopo aver messo in carica lo scooter, abbiamo costruito quattro grandi strutture. Misuravamo, tagliavamo e piegavamo tondini secondo delle sagome di carta da pacchi che avevo disegnato e ritagliato a misura. Dancio (Iordan Neicev), l’aiutante bulgaro, saldava tutto. Continua a leggere

Piedi 1: i piedi di terra

di Kika Bohr

piede a Castelmella (Bs)


Cinquemila euro! Un bel gruzzoletto! Il cospicuo premio promesso per quel progetto mandato in extremis alla “Brescia Art Marathon” mi sembrò caduto dal cielo. In compenso però dovevo in pochi giorni organizzare, secondo quanto avevo proposto, la costruzione di quattro giganteschi piedi alti tre metri. Un’installazione provvisoria, giusto per il tempo della maratona del 30 aprile 2006. Così parve all’inizio. Poi però quando andai a parlare con loro, questi organizzatori bresciani esternarono le loro esigenze, non volevano qualcosa di troppo effimero come la cartapesta, ad esempio, e mi lasciai allettare molto facilmente quando mi fecero balenare la possibilità, anzi la probabilità, divenuta presto quasi-sicurezza, di un ricollocamento delle sculture (ora dovevano essere “sculture”!) in un parco della città. A patto però che fossero trasportabili, naturalmente, cosa non facile viste le dimensioni richieste… Continua a leggere

Sessantaquattro cappellini da donna in feltro degli anni quaranta

di Kika Bohr

“Kosuth dice ciao a Ensor” (foto di Mauro Meschino)

Da piccola sempre col berretto di lana. Negli anni del liceo sempre a testa nuda, capelli al vento. All’università indossavo ampi cappelli di feltro da uomo, ereditati dai nonni o comprati alla fiera di Senigallia. In camera mia ho una cappelliera – dono di un’anziana vicina di casa – in cui custodisco ancora gelosamente quella decina di cappelli cui sono legati vari ricordi. Non avrei mai pensato di fare qualcosa con i cappelli che consideravo un significativo capo di vestiario – perché copre la testa – ma comunque capo di vestiario e basta.
Tutto è cambiato nel giro di pochi giorni. Continua a leggere