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Dante: il pane nel Convivio e “lo naturale amore alla propria loquela”

di Antonio Sparzani

una spiga d’orzo


Dante morì stanotte, settecento anni fa, della malaria contratta sulla strada che percorse andando a Venezia. Con la testarda idea di ricordarlo sempre e comunque, voglio oggi ricordare che dopo le molteplici e multiformi rime di cui ci siamo occupati (l’ultima qui) egli si dedica, secondo quanto egli stesso afferma, a cose leggermente più serie. Il Convivio è un vero convito, nel quale l’autore dibatte un tema che gli sta sommamente a cuore: quello della lingua. Come vedrete se avrete la pazienza di leggere i brani che ho scelto dal trattato primo dell’opera, si parla molto di pane, ovvero del cibo di quel convito, che non è il pane raffinato bianco di puro frumento (noi diremmo di farina doppio zero), perché quello rimane il latino, la lingua dei dotti, di quelli che se lo possono permettere, non della gente comune, della maggioranza delle persone che non se lo possono invece permettere, ma è “quello pane orzato del quale si satolleranno migliaia, e a me ne soperchieranno le sporte piene” (guardate la fine del capitolo XIII). Continua a leggere

Pane

Per essere vivi, servono tre cose: la pace, l’amore e l’umiltà. Quando ne parlo, la gente annuisce: sente che lì c’è un segreto. Perché l’io va in direzione contraria: orgoglio, risentimento e antagonismi, il pane quotidiano. Un pane che avvelena, invece di nutrire.

C’è tempo (ha ragione chi ha fame)

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da qui

Qualcuno raccomandò di raccogliere gli avanzi, perché non andassero perduti. Un valore simbolico, dice l’esegeta, nel senso che chi credeva non sarebbe stato abbandonato. Ma il pane stesso può essere un simbolo nell’unica preghiera che Gesù ha insegnato ufficialmente: dacci oggi il nostro pane, come dire, quello che basta, non chiediamo oltre. Da noi invece ne avanza a tonnellate, e nessuno lo raccoglie. Sarà un simbolo anche questo? Quale preghiera potrebbe risolvere il problema? Fa’ che i fornai di buona volontà producano lo stretto necessario, noncuranti delle smorfie dei clienti. Il cliente non ha sempre ragione. Ha ragione chi ha fame e forse non sa che in qualche posto del mondo si getta ciò che salverebbe la sua vita. Perché non ne parliamo, perché non risolvere presto questo assurdo? C’è tempo, dice qualcuno, c’è tempo.

METROMORFOSI 19

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