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Dante: il pane nel Convivio e “lo naturale amore alla propria loquela”

di Antonio Sparzani

una spiga d’orzo


Dante morì stanotte, settecento anni fa, della malaria contratta sulla strada che percorse andando a Venezia. Con la testarda idea di ricordarlo sempre e comunque, voglio oggi ricordare che dopo le molteplici e multiformi rime di cui ci siamo occupati (l’ultima qui) egli si dedica, secondo quanto egli stesso afferma, a cose leggermente più serie. Il Convivio è un vero convito, nel quale l’autore dibatte un tema che gli sta sommamente a cuore: quello della lingua. Come vedrete se avrete la pazienza di leggere i brani che ho scelto dal trattato primo dell’opera, si parla molto di pane, ovvero del cibo di quel convito, che non è il pane raffinato bianco di puro frumento (noi diremmo di farina doppio zero), perché quello rimane il latino, la lingua dei dotti, di quelli che se lo possono permettere, non della gente comune, della maggioranza delle persone che non se lo possono invece permettere, ma è “quello pane orzato del quale si satolleranno migliaia, e a me ne soperchieranno le sporte piene” (guardate la fine del capitolo XIII). Continua a leggere