Dedicato a mia mamma
Persefone a Demetra
Fu stupore la porta
l’accesso all’abisso
che da sotto mi afferra.
Ebbi colpa?
Un istante: dalla terra
(la stessa
sulla quale hai il più biondo, materno
potere)
spuntò un fiore
diverso da ogni tua parola
che mi spiegava il mondo
e lo rendeva eterno.
Fu la gioia
di chi scopre che ignora
nell’attimo il mistero.
Dallo strappo
uno strappo più fondo
il cieco piacere
voragine
immagine del crollo.
E nel corpo fremente
il silenzio.
Quel silenzio
s’impasta anche adesso
col respiro.
Io lo so, tu lo senti
che sale
tra pietre e radici
oltre strati di assorte visioni
e di inerte materia
e ritorna ritorna ti cerca
cerca il sole nella tua voce
una terra
dentro la terra
un’urgenza di pace
ti dice:
non ho male
perdona l’assenza.
***
Demetra a Persefone
Non seppi all’inizio. Il tuo vuoto
un precipizio, silenzio
senza fondo senza appigli
germoglio strappatomi dal petto
poi l’orrore di chi crede
qualcuno più potente del suo amore
infine la vendetta
nel lutto esteso al mondo
nel buio delle messi.
Ma adesso
sono vecchia sono nuova
e questo lutto
è un fiume che disseta
ciò che io stessa un giorno ho prosciugato
unisce fonte a estuario
capisce
il giusto costo di ogni cosa
fa posto, sa ritrarsi
perché il mondo accada anche in sua assenza
e in cima a tutto
rischiara le sue acque
rallenta, illumina le sponde
già ti sente
non teme più per te
non ha più fretta
solo scorre
e scorrendo ti aspetta.