20 righe (per niente) facili di Pasquale Vitagliano

Qual è l’Etica della parola dolce (Arcipelago Itaca, 2023) di Claudia Fofi? Non certo la consolazione. Che a questo ci pensa il sole e il mare. La poesia, questo è l’assist dell’autrice, deve fare il suo lavoro di sommossa. Deve scoperchiare il mondo, immergersi nel sale delle nostre vite, muoverci dalle nostre posture ingobbite dall’immobilità. Deve aiutarci a restare umani. Ma che significa essere umani? Amare le canzoni, forse. E per farlo non aver paura di scrivere poesie divertenti nelle quali la vita si alterna con la cottura del carciofo, la sciandone intravedere la forma corrucciata. Ancora una volta, m’imbatto in poesie senza maiuscole e capoversi. Sarà che si tratta di poeti-musicisti. Qui è il corsivo che distingue l’incipit di questo album di parole liberate e cantate.

La nota caratteristica di questo libro è l’ironica rinuncia a qualsiasi aspettativa nei confronti della poesia. Non ce n’è e non ci serve neppure in questo nostro tempo abitato da mostri, nel quale la realtà sociale ci frana addosso come una montagna di nulla. Questo è il disincanto. Con lucida coscienza, ogni nostro tentativo di essere poetici è destinato al fallimento. Dentro il nostro tempo e dentro le nostre mura le nostre canzoni diventano lagne. Dobbiamo prenderne uscire fuori, andare lontano. Prendere le distanze come fa il gioco con la realtà. Tanto il non esserci affermati come poeti non ci fa morire di fame.

Allora, prendiamo atto che questo non è un libro di poesie ma di parole. All’inizio c’era la poesia. Poi, ha prevalso la tristezza che spesso e muta e non sa cantare.  L’invito della Fofi è invece a mettere in salvo le parole che sono necessarie per scrivere canzoni. Tanto poi, all’improvviso, la poesia può tornare, stupendoci alle sei di un mattino di maggio.

 

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