Trabild, Sussurri da Gotland, di Christian Stannow

di Riccardo Ferrazzi

Trabild, Sussurri da Gotland, di Christian Stannow, traduzione di Giovanni Agnoloni, Ortica Editrice.

Questo libretto, che il nostro Giovanni Agnoloni – esperto di lingue e letterature nordiche – ha tradotto da par suo, mi ha messo in crisi. 

Sospetto che la storia narrata sia la cosa meno importante. Subodoro che l’accavallarsi delle diverse narrazioni sia solo apparentemente dovuto a una (sedicente?) raccolta di storie originarie dell’isola di Gotland. Ricordo – con tenerezza, ma anche con un vago fastidio – quanto mi dicevano i nonni a proposito delle storie contadine, che venivano raccontate nella stalla, quando tutta la famiglia si raccoglieva lì nelle sere d’inverno (perché non c’era legna da bruciare nel camino e nella stalla il fiato delle vacche spandeva un po’ di tepore). Ecco: erano storie abbastanza brevi, un po’ gotiche, a volte – come le fiabe – con qualche intento educativo: storie nate con la tradizione orale che stravolge i fatti da cui ha avuto origine, storie comunque slegate fra di loro.

Invece le storie di Trabild, pur avendo gli stessi caratteri, hanno (almeno) due particolarità: la prima è che sono davvero gotiche, e non soltanto perché provengono dall’isola di Gotland, ma perché i personaggi agiscono in uno scenario gotico, fra leggi e superstizioni gotiche, con violenza gotica; la seconda è che, in qualche modo, queste storie convergono in un finale che conferisce unitarietà alla narrazione. E questa seconda particolarità mi fa pensare che solo in parte l’autore abbia attinto a vere leggende gotiche, ma che le abbia raccolte e probabilmente rielaborate per farle diventare romanzo.

A questo punto è stato quasi automatico riandare col pensiero al 1770, quando la letteratura mondiale fu scossa e squassata dall’irrompere dei Canti di Ossian. E ancor più si ritrovò sbilanciata e disorientata quando, dopo aver inneggiato alla “scoperta di un Omero nordico”, venne a sapere che i versi in cui si narravano le gesta di Fingal e di Temora non erano affatto originali, ma erano stati composti da Macpherson, che non li aveva tradotti dal gaelico ma li aveva composti prendendo spunto da leggende raccolte qua e là, forse nelle sere d’inverno in qualche stalla scozzese.

L’effetto, oggi come allora, è contundente. Nessun narratore contemporaneo scrive in un modo così misterioso, addirittura criptico. Neanche il McCarthy di “Meridiano di sangue”, neanche il Faulkner di “L’urlo e il furore”, neanche il Gadda de “La cognizione del dolore”. 

Certo: l’arte è un’altra cosa. Gadda, Faulkner e McCarthy sono pilastri della letteratura anche al di là delle innovazioni che hanno apportato alla tecnica della scrittura. Ma i Canti di Ossian, che in qualche modo riaffiorano in “Trabild – Sussurri da Gotland”, continuano a trasmettere ai lettori un effetto di stupore che non può (e non dovrebbe) essere sottovalutato. 

La letteratura contemporanea ha chiuso l’epica in un ripostiglio. Forse perché la società preferisce rinchiudersi in una esistenza minima, priva di slanci e di orizzonti. Forse non è soltanto colpa della scuola. Forse è anche colpa degli scrittori, che non sanno più proporre una nuova epica. E così abbiamo abbandonato la lettura e l’abbiamo sostituita con l’immagine. Perdendo il gusto di approfondire, ci siamo illusi di trovare senso e scopo belli e fatti online. Abbiamo perso il “vizio” di ragionare e sognare.    

Un pensiero su “Trabild, Sussurri da Gotland, di Christian Stannow

  1. S&R

    Forse perché la società preferisce rinchiudersi in una esistenza minima, priva di slanci e di orizzonti

    Analisi acuta.
    Bellissimo pezzo, grazie!

    Rispondi

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