Lucerne nella luce, di Lucio Brandodoro


Domenica delle Palme

Lo Spreco

Entriamo nel mistero. E, alle soglie del mistero, l’uomo ammutolisce. Solo il silenzio è appropriato. Un silenzio abitato dall’unica parola che ha diritto di cittadinanza. La Parola che crea e fonda, stabilisce e provoca.
Il capitolo 14 di Marco, il capitolo della Passione, si apre con una storia di profumo. Si racconta di una donna che versa del profumo prezioso sulla testa di Gesù.

È un atto di affetto, un affetto umano, delicato e dolce.
“Il tuo nome è profumo” dice la sposa, allo sposo del Cantico, giocando sui termini ebraici shem (nome ) e shemen (olio, profumo). E così, il nome, che marca il carattere, e il profumo coincidono. Per sua natura, il profumo è evanescente, è fatto per fare spazio alla memoria di sé. Il profumo è una perdita, uno “spreco”. L’amore non teme lo “spreco” e acconsente alla perdita. Il profumo è una perdita; si perde e si effonde. In questo modo, la donna che versa il profumo sulla testa di Gesù anticipa altra perdita e altra effusione. Il profumo diventa segno e anticipazione dell’effusione del sangue sulla croce e della perdita della vita. Profumo e sangue effuso sono paradigma di dono, dono senza ritorno. L’ amore non può che essere senza ritorno. O è gratis o non è. L’amore è sempre a perdere. Più si effonde, più si perde. Qui è il suo profumo.
Non è, però, un profumo che seduce e lascia le cose come stanno. Questo profumo penetra nei recessi nascosti dell’esistenza e qui crea terremoti, sovvertimenti, ricapitolazioni. Qui crea quel rinnovamento radicale che porta alla considerazione dell’altro come colui che porta la definizione del mio nome. Qui io sono fondato. Qui io sono costituito, nella relazione, nella perdita di me, come profumo versato, effuso, radicato nella memoria.
Che cosa sono disposto a perdere, della mia vita?
Quanto sono disposto a perdere, di me?
Ciò che perdo è il profumo con cui abbraccio la storia. Ciò che di me perdo è il profumo versato, che costituisce memoria, che sfonda il tempo e lo apre, lo dilata, oltre, e ancora oltre.
I miei arroccamenti. La caparbietà con cui difendo ciò che mi appartiene. La mia voglia di conservare strette nelle mie mani le redini di un’esistenza che, sempre più, chiede autenticità. Quando perdo, è allora che sono libero e la mia storia è vera.
Amore è affidarsi, è acconsentire che la mia forza sia la mia debolezza. È forte l’Amore, come la morte e le acque non lo spegneranno. (Cantico)

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Un pensiero su “Lucerne nella luce, di Lucio Brandodoro

  1. Giuliana

    Che cosa sono disposta a perdere della mia vita?
    Quanto sono disposta a perdere di me?
    Risposte difficili da dare. Domande che interrogano e a cui , bene o male è necessario dare un senso e un significato per far si che questa settimana che ci accompagna alla Pasqua non trascorra nel solito affaticato tran tran quotidiano, ma che nel tentativo di dare una risposta possiamo scoprire che di fronte a tanto Amore troviamo anche in noi una pur piccola capacità di dono .

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