Guido Michelone dialoga con Remo Bassini sul romanzo “La suora”


Tra le novità letterarie, il nuovo romanzo di Remo Bassini, La suora, spicca per il felice impasto di narrativa gialla e realismo psicologico, dal momento che, come rivela il critico Massimo Novelli “Ciò che racconta Bassini, quasi sempre sul filo di trame all’insegna del noir, non ha molto in comune con le narrazioni di grandi romanzieri provinciali italiani, da Lucio Mastronardi a Pietro Chiara, ma un’affinità notevole con le storie di Georges Simenon e con certi romanzi, gli ultimi, di Giovanni Arpino (si pensi a Il fratello italiano). Dunque si traccia una provincia sentina più di vizi che di virtù…”.

In quest’intervista in esclusiva per “La poesia e lo spirito” l’Autore svela alcuni tratti significativi della propria opera.

La suora può definirsi come il romanzo di un rapporto a distanza tra un uomo (Romolo) e una donna (Nora)?

È una definizione che ci sta. Distanza di tempo e di spazio. Il libro inizia infatti con questa frase: Le ossessioni non sono mai belle, eccetto Nora. I due si incontrano una sera, poi, una volta che Nora è diventata Suor Beatrice, nell’arco di un decennio, si vedranno cinque, sei volte e si sentiranno per brevi telefonate. Ma Nora è sempre nella testa del protagonista, Romolo Strozzi, che la sogna e arriva al punto di parlare con lei, di notte. Ecco la distanza c’è, ma il sogno non ha distanze.

Fra l’altro è una coincidenza il nome del protagonista con il tuo (Romolo e Remo)? È il tuo alter ego o il rovescio della stessa medaglia o altro ancora?

Ho cercato di creare, scrivendo, un personaggio diverso da me, molto diverso, e così ho pensato a Romolo… Romolo che uccise Remo, già. Ma rimarranno per sempre fratelli.

Hai detto che in fondo non è attratto, in senso biblico, da Nora (e viceversa). Ma allora che cosa li lega dall’inizio alla fine del romanzo (e forse oltre)?

A Romolo, quando incontra Nora per la prima volta, basta un’occhiata per capire che Nora ha un viso che gli dà la sensazione del già visto e ha un corpo, diciamo, che non attrae. È una sera di gennaio, sono entrambi soli, lui non pensa di portarsela a letto. Due ore dopo, però, sente che quella donna gli è entrata in testa, insomma lo ha… penetrato. E lui vorrebbe che quell’incontro, quella notte non finisse mai.

Come in tutti i tuoi romanzi, dietro l’apparente semplicità (che li rende leggibili e popolari anche al grosso pubblico), si nascondono realtà complesse: sei d’accordo? Cosa c’è dietro a Romolo e Nora?

La vita è complessa. Siamo esseri imperfetti e ci portiamo dietro il passato con i nostri errori e i nostri rimpianti. Il passato di Nora e di Romolo non è semplice da ricostruire: come non lo è di nessuno di noi.

Dietro La suora c’è la tragedia della guerra che si riflette nei destini dei personaggi. Ci spieghi questo collegamento storico?

Nel libro incontriamo una vicenda d’amore ambientata nella piana vercellese tra il 1945 e il 1946. È la storia di un amore contrastato, destinato però a diventare il rimpianto di tutta una vita della donna che l’ha vissuto. La storia di questo amore si intreccia con quella di Romolo Strozzi e Nora. E gli scenari hanno delle analogie: Romolo Strozzi pensa a Nora nelle strade deserte del primo lockdown, la protagonista della storia d’amore ambientata nel 1946, cerca il suo perduto amore nelle strade deserte del coprifuoco dopo le 22.

Hai affermato di sentirti senza radici (nel tuo caso né cortonese né vercellese) come il tuo personaggio: ti va di approfondire?

Ho detto prima che Romolo e Remo, in fondo, sono fratelli. Romolo Strozzi è un pugliese, ma si sente un profugo, e sceglie di vivere in Valsesia con la consapevolezza di non avere radici. Io ho due città, che sono i miei riferimenti: Cortona, dove sono nato, e dove torno, appena posso, e Vercelli, dove ho vissuto per una vita. Spesso mi chiedo: dove sono le mie radici? Non ho risposte.

I luoghi del libro sono acquatici, Vercelli (la Sesia), Orta (il lago), la Valsesia (i torrenti): che ruolo attribuisci all’elemento acqua?

È l’elemento magico della narrazione. Romolo Strozzi, mentre conduce la sua indagine a Vercelli, durante il lockdown nell’inverno del 2021, rimpiange di non essere nella sua piccola, sgangherata baita tra i monti della Valsesia. Se fosse lì, pensa, potrebbe addormentarsi ascdoltando il “suono” dell’acqua. Lui, che è un solitario, ha imparato ad ascolare l’acqua e a parlarci (anche Jung voleva vivere accanto all’acqua). C’è dell’altro. Romolo Strozzi sceglie l’acqua della Valsesia perché vuol cancellare il ricordo del mare, che ha segnato un capitolo triste della sua infanzia.

Altro elemento costante è il colore, in questo caso il grigio o meglio tante sfumature di grigio: come lo usi?

Ho iniziato a scrivere il libro respirando il grigio di Vercelli del primo lockdown. Una sera, tornando a casa, ho cominciato a scrivere La suora. E da subito, dal primo capitolo, c’era un altro grigio, quello di Orta, che è un grigio diverso però, perché lo sguardo può comunque indovinare il lago, sentirne i rumori e soprattutto immaginare l’isola di San Giulio che, avvolta dalla nebbia, sembra sospesa. E, sempre nel primo capitolo, s’intravvede il grigio della Valsesia. Un grigio di nebbia e neve e monti… il grigio della montagna, insomma, che sa di quiete.

Dici che qui sei riuscito a “prendere le distanze”, ad allontanarti da te stesso: perché questo “desiderio”?

Nei libri cerco di non mettere il mio vissuto: mi annoierei. Chiaro, poi, a livello incoscio la nostra vita, le nostre esperienze danno vita a personaggi, fantasmi, storie. Quando scrissi il mio primo libro ricordo  che, prima, dissi a me stesso: Raccontami una storia. Non è sempre facile, ma con La suora (e altri libri, penso a Bastardo posto) ci sono riuscito.

Dici anche che il lettore maschile ha recepito il romanzo diversamente dal pubblico femminile: puoi farci qualche esempio.

Rispetto tutte le percezioni, dico sempre che il libro è un incontro. Su Nora ho notato percezioni diverse, ma è Nora l’elemento che divide: in genere piace ai lettori maschi, meno alle donne. E io, che l’o inventata, creata, la percepisco come la donna del mistero. Difficile da spogliare, in tutti i sensi.

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