Frammenti di Cinema # 92

Dopo aver dedicato un frammento alla pittura nel cinema, la visione de Il quadro rubato (2024) mi ha suggerito l’idea di scriverne uno sui film che abbiano al centro uno o più dipinti. Il film di Pascal Bonitzer al centro della vicenda ha I girasoli di Egon Schiele, bandito nel 1939 come esempio di arte degenerata dai nazisti. Un esperto d’arte lo ritrova per caso nella casa di un giovane operaio francese. La donna in oro (2014) di Simon Curtis racconta una storia vera simile, ma dentro una narrazione drammatica, quella di Maria Altman che vuole recuperare il ritratto della zia,  Adele Bloch-Bauer, realizzato da Gustav Klimt e sottratto alla sua famiglia durante le deportazioni degli ebrei. Un anno prima era uscito Monuments Men diretto e interpretato da George Clooney. Durante la Seconda Guerra Mondiale gli americani arruolarono un gruppo di esperti d’arte per supportare il recupero di opere d’arte saccheggiate dai tedeschi.

Anche la comicità demenziale talvolta si è focalizzata su un dipinto rubato. In Animal Crackers (1930), forse il miglior film dei fratelli Marx, diretto da Victor Heerman e titolato in italiano Matti dal legare, al centro dei funambolismi verbali e fisici di Groucho, Harpo e Chico è il dipinto, Dopo la caccia, del pittore immaginario Beugard, molto prezioso e acquistato dalla padrona di casa, Mrs. Rittenhouse. Non viene rubata, ma distrutta dall’impacciato Mr. Bean in L’ultima catastrofe (1997) di Mel Smith, la celebre opera di James Abbot McNeill Whistler, La madre. E’ curioso che lo stesso quadro faccia capolino per qualche istante in capolavoro della commedia americanaa, The Fortune Cookie – Non per soldi… ma per denaro (1966) di Billy Wilder con la coppia più brillante che strana di Jack Lemmon e Walter Matthau.

In Una storia senza nome di Roberto Andò (2018) si torna al dipinto rubato. Il film, infatti, ricostruisce, avanzando anche ipotesi fantasiose ma plausibili, la storia della scomparsa della Natività del Caravaggio trafugata dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo nel 1969 in circostanze che restano ancora oggi misteriose. Ne La migliore offerta di Giuseppe Tornatore del 2013, a scomparire in modo rocambolesco è un’intera collezione di quadri. Il film, tuttavia, con un’intuizione geniale, attraverso la pittura riscrive cinematograficamente il mito kafkiano della Legge individuando in Praga il paradigma del mistero della creazione artistica e della sua insondabilità. Se si fosse più attenti ai quadri, infine, sarebbe stato più facile scoprire l’assassino seriale di Profondo rosso (1975) di Dario Argento. Per di più avremmo scoperto che le pitture orrorifiche nella casa dei delitti erano state realizzate ad hoc da un pittore autentico. Se si sia trattato del torinese Enrico Colombotto Rosso, al quale il regista aveva commissionato le opere, oppure un suo amico, dopo la rottura tra i primi due, questo resta un altro mistero.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *