Tiziana Colusso, Ogni respiro un mondo. Lettura critica di Letizia Leone

Tiziana Colusso, Ogni respiro un mondo, La Vita Felice edizioni, Milano, 2022

Lettura critica di Letizia Leone

Quanto mai adeguato ai versi di Tiziana Colusso, l’assunto del Nobel Tomas Tranströmer che interpreta la poesia quale meditazione attiva. E certo a leggere i versi di un discorso poetico calibrato sul nitore e la limpidezza della parola, e che parte dalla ‘messa a fuoco’ dell’atto della respirazione, si intuisce subito l’influsso di dottrine buddiste o perlomeno di un certo atteggiamento spirituale. Inoltre non può certo sfuggire il profondo legame analogico tra respiro e verso. Ogni verso entra nel ritmo della respirazione, tanto che l’endecasillabo (verso principe della tradizione italiana) è calibrato perfettamente sulla frequenza di un respiro, avvicinando la lettura metrica alla recitazione sacra di un mantra. 

La parola inaugurale di questo ultimo libro di Tiziana Colusso è proprio ‘respiro’, un respiro cosmico declinato, o squadernato direbbe Dante, in ogni creatura o angolo della creazione.  Sebbene tutta la prima sezione della raccolta “Ogni respiro un mondo” si configuri come un’analitica della fisiologia poetica dell’aria, del silenzio, dell’inspirazione ed espirazione. E qui una poetessa che lavora con le partiture malinconiche dell’organetto del respiro, se tautologicamente rivela un discorso metalinguistico su accenti, prosodie, cesure o vibrazioni della parola, in profondità cerca l’essenza stessa dell’elemento aria vivificato proprio nell’atto della respirazione.   Il respiro diventa allora la legge sacra che unifica i vari aspetti della realtà, né sono casuali le allusioni alchimistiche a cui sono riportati gli elementi pitagorici, terra acqua, aria e fuoco. Ma ancor di più, ritroviamo in un dettato denso di significazioni, quei filosofi della natura, Telesio o Campanella, così fuori moda in tempi di catastrofe permanente e di acclarato nichilismo. 

Scrive ad esempio la Colusso:

il respiro unisce i continenti –

non esistono acque territoriali

per la placenta salina del pianeta

 

Qui l’allusione all’universalità degli elementi, acqua o aria, sorta di sensorio comune, è in consonanza con il pensiero ‘magico’ di Tommaso Campanella, il quale confessa di intuire i pensieri di chi gli sta di fronte attraverso le impressioni dell’aria espirata dall’altro. Un’aria senziente che «per li pori e per respirazione comunica con lo spirito della testa».

La consonanza universale, insieme al concetto rinascimentale dell’anima mundi, e cioè il mondo infuso di anima, (anima, parola antica esiliata dal nominalismo tecnico-scientifico) è motivo centrale del libro. Scrive Hillman: «la risposta estetica lega direttamente l’anima individuale con l’anima del mondo;(…) Mi reimmetto nel cosmo platonico che non dimentica mai come l’anima individuale non possa sopravanzare l’anima del mondo, perché sono inseparabili, l’una implica sempre l’altra.»

Si è parlato, a ragione, di poesia sapienziale, e in effetti si potrebbe dire che nella Colusso la poesia opera come una seconda vista. Così nella sezione “Pastora di Parole” molti testi trovano l’innesco in occasioni esistenziali (la visita al Tempio della Grande Contemplazione sul monte Amiata o alla chiesa ucraina di Santa Sophia a Roma all’inizio della guerra), caricando di storia i passi di una sofferta meditazione. Eppure senza rinunciare all’impegno civile, qui la finalità ultima sembra quella di inseguire una visione di pace, come a chi arrida, anacronisticamente, una visione viva, alchemica e maestosa del mondo:

 

……………………………

Una singola briciola di pace

è aurum alchemico sulla bilancia

del destino. In attimi di bonaccia

tra onde incessanti che scuotono 

il cuore, mi sorprendo a guardare 

le ombre sul muro con attenzione

soave, come al principio del tempo

le ombre fluttuanti sulla culla –

il mondo è di nuovo luce e pace

 

Se è vero che la poesia attiva un’attenzione fervente, nella nostra poeta l’approccio è alchemico ma anche forte di un ampio sincretismo spirituale. Percepire gli Alfabeti vegetali, significa empaticamente (poeticamente) sentire la presenza vivificante che va plasmando le materie del mondo, ma l’alchimista va oltre, assaggia e ingloba da illuminato gli elementi. Nel pane che va mangiando, ad esempio, vi percepisce il sole che ha maturato il grano, quale luce che torna a se stessa: «La Specialità sta nel vedere le cose del mondo materiale come quelle del mondo spirituale nelle loro ramificazioni originarie e conseguenti…Gesù era uno “specialista”: vedeva il fatto nelle radici e nelle produzioni, nel passato che l’aveva generato, nel presente in cui si manifestava, nell’avvenire in cui si sviluppava…» (Honoré De Balzac)

La Colusso, dunque, non allestisce esercizi metaforici, ma con tensione alchemica, può sentire dall’interno il movimento vitale delle spighe, la totale perdita di luce e sacralità, e il dramma storico e contingente del bombardamento del grano stipato nei silos ucraini. E può aprire il sipario sullo spettro del caos e della fame o sullo smarrimento dell’uomo contemporaneo: i sacchi che dovevano correre / verso i forni del mondo / si stanno bucando, e noi marciamo / della marcia stagione delle guerre. 

Eppure ogni antica disciplina spirituale è dottrina dell’unità. La realtà è un tutt’uno dove aspetto materiale e spirituale, terrestrità e trascendenza si compenetrano. Con la parola necessaria e fondante della poesia si possono vedere, ed esprimere, anche certe connessioni nascoste  care  agli antichi maestri:

 

Eppure quando agli incroci sfioro i tronchi

Snocciolando i vostri nomi antichi

Paltanus occidentalis, Salix fragilis, Betilla alnus,

Quercus petraea, larix decidua, Acer campestris

Ritrovo il respiro grande, l’orgoglio

Di sentinelle vegetali, 

il ligneo irriducibile lignaggio

la cabala diagrammatica dell’Albero della Vita

abitato dai S?firot e dagli uccelli migratori,

e nel maelstrom cittadino mi soccorre

la vostra segnaletica frondosa.

 

Tiziana sa quanto gli antichi cabalisti insistano sulla cura da prodigare agli alberi. L’uomo della qabbalah parla con l’albero e prova una profonda compassione alla morte violenta di un albero, tanto che il suo abbattimento viene equiparato all’omicidio. 

Qui la Poesia è alta disciplina della mente, sorveglianza di ogni lessema o cesura, consapevolezza del ritmo e del respiro, specchio riflettente informazioni spirituali o messaggi angelici. Un movimento creativo nell’alternanza di pieni e vuoti, sistole e diastole, esultante contemplazione e sconforto, tecnica e magia.

Echeggiano i dubbi: il faut imaginer Sisyphe heureaux, recita la citazione di Camus posta a suggello dell’ultima sezione del libro: “A nuoto nel vuoto (e sulfureo atterraggio)” dove la nota ci ragguaglia sugli episodi ispirativi. Un viaggio ‘terrestre e celeste’, un’immersione nei quattro elementi pitagorici. Trascendenza e radicamento sulfureo verso la via del ritorno per aspri sentieri e asperità, smemorata di ogni atrofizzata / ala. Un Sisifo che ha perso la sua visione, il suo miraggio, forse.  Ma il miraggio è la perfezione della vita interiore, direbbe qualche prisco poeta.

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