Raffaela Fazio, tre poesie da “Midbar”

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“…anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri in terra d’Egitto” (Es 23,9).

Nella fatica

il riscatto, la luce

del nascere che si ripete.

Io ti prometto

che godrai

del frutto del tuo sudore.

Ma ancora più se saprai

vedere il vuoto

che ti sazia, il compenso

nello spazio

da cui liberi la mano.

Non mieterai fino ai margini

del campo. Sarà dolce

la tua gloria

come acino

caduto non raccolto

lasciato al forestiero.

***

Giona

L’onda 

cerca una breccia 

assale il fasciame.

Il cielo abbraccia il mare 

e il tempo si rovescia.

Non hai trovato scampo

nella stiva

nel sonno solitario

che sconfessò la prova.

Ora ti credi 

in una morte più sicura.

Non accetti ch’io perdoni

il tuo nemico

e che t’inviti

a un altro inizio, un rinnovo

di creazione.

Ti muovi appena.

Ma io ti vedo anche nel buio,

anche nel ventre

(la balena

è il lutto necessario

prima del parto):


io vedo quello

che ancora non sei 

il ramoscello

che il tuo nome porta

dall’ulivo

fatto di luce.


E ti aspetto sulla riva.

Ti aspetto

dentro la tua voce.

[Yonah in ebraico significa “colomba”] 

***

Dal roveto

“Mi diranno: «Qual è il suo nome?». E io che cosa risponderò loro?»” (Es 3,13).

Io-ci-sono-io-ci-sarò:

non ti lascio

e non sono ancora

tutto.

Come un nido è il mio Nome 

che cresce con l’uomo.

In me

c’è spazio per il grido

la lode 

il dubbio.

Torna se vuoi.

Se puoi spicca il volo.

Se anche mi scordi

non sarai mai

solo.

[da Midbar, Raffaelli Editore 2019]


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